Storia e sviluppo dello Xinjiang, dall’antichità ai giorni nostri

I Focus del CeSE-M

Il focus

 La Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang è una delle suddivisioni amministrative cinesi meno conosciute. 

 Fulcro strategico della Nuova Via della Seta, lo Xinjiang è anche un’area cruciale del pianeta per logistica, comunicazione e biodiversità. 

 La regione è oggetto di pressioni internazionali dovute alla sua posizione geopolitica; pur minacciata del terrorismo islamista, essa ha compiuto evidenti progressi economici e sociali grazie agli investimenti promossi dal Governo di Pechino. 

 Lo Xinjiang è altamente misconosciuto in Italia, ma si tratta di una zona dall’alto potenziale turistico e dai paesaggi spettacolari, in cui coesistono etnie e culture molto differenti.



Storia dello Xinjiang 

Lo Xinjiang è una regione della Cina nordoccidentale tra le più grandi del Paese: si trova tra Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la Regione Autonoma del Tibet e le province del Qinghai e del Gansu. Lo Xinjiang, ceduto dal Guomindang all’Esercito Popolare di Liberazione nel 1949, ha acquisito lo status di autonomia nel 1955 per la presenza sul territorio della minoranza uigura, uno dei cinquantasei gruppi etnici riconosciuti da Pechino. Come già si è intuito nei precedenti capitoli, la regione dello Xinjiang per tutto il corso della sua storia ha rappresentato un crocevia multiculturale unico, fatto di migrazioni, conflitti, riappacificazioni tra le popolazioni dell’Asia centrale, ponendosi al centro di due diversi poli culturali e politici, ovvero quello cinese ad oriente e quello turco e arabo ad occidente. L’intreccio tra questione etnica, questione religiosa e questione territoriale nella Cina antica è assai complesso. Nell’immaginario collettivo occidentale la Cina è spesso erroneamente percepita come una nazione costituita da un’unica nazionalità – quella Han – del tutto omogenea. In realtà la Repubblica Popolare Cinese sancisce già nel preambolo della propria Costituzione che essa “è uno Stato unitario multietnico alla cui creazione hanno contribuito i popoli di tutte le sue nazionalità”.1 Secondo il quadro normativo vigente, il Governo cinese riconosce ufficialmente 56 nazionalità e tra queste i cinesi Han rappresentano la maggioranza della popolazione e gli Hui (in larghissima maggioranza musulmani) costituiscono la terza grande minoranza nazionale, dopo gli Zhuang e i Manciù, ben prima dell’altra comunità islamica di cui si parla, ovvero quella degli Uiguri. Da un punto di vista antropologico, diversi studiosi si sono occupati del tema delle minoranze etniche in Cina, e possiamo ricordare almeno Dru Gladney, Michael Dillon e Jean Berlie. Nello Xinjiang l’Islam esercita un’influenza notevole nella vita sociale e culturale locale. Attualmente nelle varie parti della regione esistono 23 mila fra moschee e altri centri dediti ad attività religiose, quali templi lamaisti e chiese, in grado di soddisfare le esigenze dei fedeli. La popolazione uigura della Regione è raddoppiata da 5,55 milioni a oltre 12 milioni negli ultimi 40 anni e le persone di tutti i gruppi etnici godono di vari diritti garantiti alle autonomie secondo la legge. Possiamo perciò affermare che nello Xinjiang si stia realizzando – certamente con le difficoltà del caso legate al territorio, ai sabotaggi terroristici, alle interferenze straniere – quel processo di “unità nella molteplicità” sancito costituzionalmente nella Cina odierna, in cui convivono, lavorano e collaborano ben 12 comunità etniche differenti (Han, Uiguri, Kazaki, Hui, Kirghizi, Mongoli, Russi, Xibe, Tagichi, Uzbechi, Tartari e Mancesi) e differenti culti religiosi.

a LATERE

RAPPORTO “XINJIANG. CAPIRE LA COMPLESSITÀ, COSTRUIRE LA PACE” PROMOSSO DAL CESEM CON EURISPES E ISTITUTO DIPLOMATICO INTERNAZIONALE


Nel corso dell’ultimo anno, molti media occidentali hanno dato notevole risalto alla Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang. Carta stampata, programmi televisivi e, soprattutto, social media si sono concentrati in particolare sulle presunte repressioni di cui sarebbe vittima la locale comunità uigura, un gruppo etnico di lingua uralo-altaica (turcofona) e di religione islamica che risiede da secoli nella regione, rappresentando poco più della metà della popolazione complessiva…

I FOCUS del Centro Studi Eurasia e MedIterraneo

HONG KONG. IL “PORTO PROFUMATO” DELLA RPC TRA STORIA, ECONOMIA E INGERENZE STRANIERE


Un libro, scritto da tre ricercatori del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo, che pone al centro della trattazione le vicende – più o meno recenti – che hanno reso così peculiare lo sviluppo di Hong Kong, il “Porto profumato” della Repubblica Popolare Cinese, mettendone in risalto l’importanza storica, economica e geopolitica di questa regione amministrativa speciale, unitasi nuovamente nel 1997 alla madrepatria dopo gli anni del colonialismo britannico. Il Focus si compone di tre parti che affrontano la specificità di Hong Kong alla luce della lunga colonizzazione britannica, i temi legati all’economia e alla finanza nella logica “un Paese, due sistemi”, insieme a tematiche più recenti nel tempo muovendo dall’analisi della nuova Legge sulla sicurezza nazionale.

Xinjiang: economia e “Belt and Road Initiative”

Lo Xinjiang è una regione della Cina nordoccidentale tra le più grandi del Paese: si trova tra Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la Regione Autonoma del Tibet e le province del Qinghai e del Gansu. Lo Xinjiang, ceduto dal Guomindang all’Esercito Popolare di Liberazione nel 1949, ha acquisito lo status di autonomia nel 1955 per la presenza sul territorio della minoranza uigura, uno dei cinquantasei gruppi etnici riconosciuti da Pechino. Lo scorso 26 marzo le autorità locali della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang hanno annunciato la pianificazione di investimenti pari ad oltre 240 miliardi di yuan (36,8 miliardi di dollari) per la realizzazione di 350 progetti nel 2021. Secondo Zhang Yongliang, funzionario della pianificazione economica regionale, i progetti nel settore della cultura e del turismo vedranno aumentare gli investimenti di oltre 1,3 volte rispetto allo scorso anno, poiché la regione mira ad attrarre più di 200 milioni di turisti nel 2021 e più di 400 milioni nel 2025. Zhang ha sottolineato anche un aumento significativo del numero di nuovi progetti infrastrutturali rispetto agli anni precedenti e una forte crescita di quelli nei settori emergenti; nel solo 2020, lo Xinjiang ha visto gli investimenti a capitale fisso crescere del 16,2% su base annua nel 2020, 13,6 punti percentuali al di sopra della media nazionale1. Nonostante la pandemia COVID-19, lo Xinjiang ha registrato una crescita del PIL positiva del 3,4% nel 2020, raggiungendo 1379,76 miliardi di RMB (circa 210,5 miliardi di dollari)… Nel XXI secolo sempre più geopoliticamente multipolare, le tradizionali vie di comunicazione tornano in auge a fianco di nuove rotte e destinazioni. Nel 138 A.C. l’Imperatore Wudi della dinastia Han inviò il generale e diplomatico Zhang Qian nel bacino del fiume Tarim, cuore dell’odierno Xinjiang, da cui poi raggiunse il Lago Balqash, nell’odierno Kazakhstan, la Valle del Fergana e la Battriana. Le conquiste della dinastia Han aprirono così la rotta della Via della Seta verso Ovest, negli stessi luoghi dove due secoli prima si era inoltrato, partendo dalla Macedonia, Alessandro Magno…

IL FUTURO ECONOMICO DELLO XINJIANG


La povertà estrema è stata sradicata, nonostante nell’era contemporanea fattori storici e naturali abbiano portato lo Xinjiang a essere a lungo sottosviluppato, con una grande fetta di popolazione economicamente disagiata. Le misure adottate dal Governo centrale, in collaborazione con le Autorità locali, si sono dimostrate efficaci e hanno ottenuto i risultati sperati. Lo Xinjiang è una regione multietnica e l’unità della popolazione è stata fondamentale per preservare l’unificazione nazionale a lungo termine e la convivenza. A parte le eccezioni rappresentate dalle infiltrazioni esterne, tutti i gruppi etnici comunicano regolarmente e difendono la frontiera e lo Stato in generale, condividono le risorse e rendono complementari i rispettivi vantaggi. Gli scambi culturali all’interno dell’XPCC hanno aumentato la comprensione reciproca tra persone di diversi gruppi etnici, facilitato lo sviluppo di una cultura avanzata nello Xinjiang e rafforzato la coesione della nazione nelle aree di confine della Cina.

“Behind The Smokescreen”

Report Behind The Smokescreen” | G. Dumoulin, J. Oberg, T. Vestby


Behind The Smokescreen” è un report redatto da Gordon Dumoulin Jan Oberg e Thore Vestby, ricercatori presso il The Transnational Foundation for Peace & Future Research. Il report “Behind the Smokescreen” è un lavoro approfondito sull’agenda da Guerra Fredda che l’Occidente sta portando avanti nei confronti della Cina, spiegandone i meccasinismi che ne stanno alla base e mettendone in luce le contraddizioni.

Le ingerenze straniere nello Xinjiang

Nel novembre del 2016, il Governo della Repubblica Popolare Cinese è stato premiato dall’International Social Security Association (ISSA) per i risultati eccezionali raggiunti nel campo della sicurezza sociale, uno dei maggiori riconoscimenti internazionali per Pechino che, soprattutto a partire dalle politiche di riforma e apertura volute dal Deng Xiaoping nel 1978, ha compiuto ragguardevoli progressi nella sicurezza sociale. Nell’occasione, Errol Franck Stové, presidente di ISSA, ebbe a dichiarare che “la Cina ha compiuto progressi senza precedenti nello sviluppo del suo sistema di sicurezza sociale negli ultimi dieci anni e ha esteso con successo pensione, salute e altre forme di copertura a beneficio della sua popolazione attraverso una combinazione di impegno governativo sostenuto e significative innovazioni amministrative…” Il concetto di diritti umani riguarda l’ordine del mondo, è una proposta per strutturarlo ed esprime una particolare concezione relazionale sia tra lo Stato e l’individuo che, in una prospettiva più allargata, tra gli Stati: “come le grandi potenze precedenti, noi, gli Stati Uniti, possiamo identificare il presunto dovere dei ricchi e dei potenti di aiutare gli altri con le nostre convinzioni su come un mondo migliore dovrebbe essere. L’Inghilterra ha affermato di portare il fardello dell’uomo bianco, la Francia parlava della sua missione moralizzatrice. Con spirito simile, noi diciamo che agiamo per fare e mantenere l’ordine mondiale. Per i Paesi al vertice, questo è un comportamento prevedibile”. La chiusa del precedente I Diritti Umani e lo Xinjiang: il cavallo di Troia occidentale per destabilizzare la Repubblica Popolare Cinese richiamava lo stralcio di un articolo redatto dal giornalista Shane Quinn in cui si affermava che “la scala dell’influenza americana negli affari interni della Cina è stata limitata nella migliore delle ipotesi, ma continua comunque a ritmo sostenuto. Washington ha attuato una serie di politiche nella speranza di destabilizzare e frammentare la Cina. Le strategie del Pentagono nei confronti della Cina hanno in qualche modo rispecchiato quelle che hanno diretto contro l’URSS: utilizzo di gruppi per procura, estremisti e minoranze etniche, insieme a Stati clienti”. Il seguente articolo fa da raccordo con il precedente incentrato sulla lotta al terrorismo nello Xinjiang e comincia a sviluppare la narrazione del “genocidio” che verrà eviscerata soprattutto nell’ultimo articolo, quello dedicato ai media e ONG. In questo breve saggio si parla delle accuse di genocidio degli uiguri rivolte dalle forze anti-cinesi al Governo di Pechino introducendo il concetto di macrocausa ed analizzando le motivazioni per le quali è stato introdotto il concetto di genocidio, utilizzato come strumento di politica estera e pressione verso la Repubblica Popolare senza che siano fornite prove concrete di tali accuse. In questo articolo, l’ultimo del focus, si chiude il cerchio andando a trattare il tema relativo a come le vicende dello Xinjiang vengono trattate dai media occidentali e cercando di capire quali sono le fonti di questo racconto distorto, con particolare attenzione al lavoro di documentazione – propaganda svolto dalle organizzazioni non governative occidentali.

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