Panorama geopolitico del mondo attuale: crisi nell’Unione europea

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European flags in front of the Berlaymont building, headquarters of the European commission in Brussels.
European flags in front of the Berlaymont building, headquarters of the European commission in Brussels.

PANORAMA GEOPOLITICO DEL MONDO ATTUALE: CRISI NELL’UNIONE EUROPEA di Clemente Herrero, Fabregat Rivista di Didattica specifica, nº15, PP. 167-172

Didácticas Específicas, ISSN: 1989-5240 167 www.didacticasespecificas.com

PANORAMA GEOPOLITICO DEL MONDO ATTUALE. Crisi nell’Unione europea1

Uno dei gruppi di ricerca riconosciuti dall’Università Autonoma è quello denominato Ricerche geopolitiche ed educative (PROF, 10). I suoi obiettivi sono:

– Informare sulle politiche educative e sul contesto geopolitico in cui si sviluppano.

– Implementare lo spirito critico nell’analisi della società,

– Sviluppare strategie, metodi, risorse e materiale didattico nel processo insegnamento-apprendimento delle scienze sociali e più specificatamente nella geopolitica, tarando quest’ultima ai differenti livelli d’insegnamento.

– ricerca-azione: la didattica delle scienze sociali trasferita al practicum.

– Trasferimento ed implementazione delle attività di ricerca in internet.

A tal proposito si pubblicano in questa rivista studi il cui tema tratti il panorama geopolitico attuale che comprendano progressivamente tutti gli obiettivi che il gruppo di ricerca si è prefissato: riflessioni, attività didattiche, proposte di laboratori, etc., tutto ciò con lo scopo di fare in modo che allievi e docenti si inseriscano con spirito critico nella società attuale.

Iniziamo questa sessione con una riflessione sulla crisi nell’Unione Europea che va inserita nel contesto del recente referendum britannico che ha fatto uscire la Gran Bretagna dall’Unione Europea, e che potrebbe fungere come catalizzatore per l’Euroscetticismo, ci sono una serie di avvenimenti che l’hanno situata in uno dei momenti più drammatici della sua storia.

Tra quest’ultimi segnaliamo il funzionamento tecnocratico della stessa Unione, aggravato, a cominciare dal 2008 da una crisi finanziaria che determinò politiche di assestamento e programmi di risanamento per alcuni Paesi come Grecia, Portogallo o Irlanda. La Spagna fu costretta a richiedere un piano di aiuti finanziari per risanare il settore bancario. Queste politiche di austerità provocarono un aumento della disoccupazione e tagli che, in molti casi minarono il cosiddetto Stato sociale.

Per questo il progetto europeo fu presentato davanti alla gran parte dei cittadini non come il miglior sistema per migliorare il loro livello di vita ma, al contrario, come un progetto che lo peggiorava, dato che si applicarono misure restrittive che minarono il cosiddetto Stato sociale.

Inoltre, l’egemonia tedesca ha accresciuto gli euroscettici che reclamano una maggior sovranità nazionale. A tutto ciò bisogna aggiungere il cosiddetto “deficit democratico” della UE visto che i cittadini europei non hanno la possibilità di incidere sulle attività e sulle decisioni delle istituzioni comunitarie. Questo deficit è, innanzitutto, ascrivibile all’attività del Banco Centrale Europeo, che non dispone di regole democratiche. Ciononostante, le politiche di questa Istituzione giocarono un ruolo fondamentale per la soluzione della crisi finanziaria avvenuta tra il 2009 e il 2012.

A questo sistema, la maggior parte delle volte ad insaputa della popolazione, bisogna aggiungere l’impatto delle ondate migratorie conseguenti alle guerre in Irak, Afganistan e, specialmente, del conflitto in Siria.

Centinaia di migliaia di persone decisero di emigrare in Europa passando per il confine colabrodo della Grecia dopo essere passati dalla Turchia.

L’Unione Europea impiegò mesi nel reagire davanti alla valanga umana:

Si imposero quote di accoglienza proporzionali alla dimensione e al livello di ricchezza degli Stati membri dell’Unione.

I disaccordi nella politica migratoria portarono alla sospensione del trattato di Schengen 2, uno dei pilastri della costruzione dell’Europa. Si offrì alla Turchia un accordo affinché filtrasse gli arrivi dei rifugiati in cambio di 6.000 milioni di euro, visti per i loro cittadini e un’accelerazione di negoziati di adesione nell’UE. Il recente e insolito tentativo di colpo di Stato, nella metà di giugno del 2016, e la politica repressiva del presidente turco Erdogan può rappresentare un problema a questa trattativa, ancora di più di fronte alle misura repressive adottate e il tentativo di istituire la pena di morte, e le minacce di aprire le frontiere turche all’Europa. Il cittadino europeo prova un senso di inquietudine davanti a questa pressione migratoria2.

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Parzialmente collegata all’arrivo dei migranti, la maggio parte di origine islamica, un altro fatto che spiega la crisi europea è la minaccia terrorista.

Gli attentati di Parigi nel novembre 2015, Bruxelles nel marzo 2016 e quelli di Nizza nel giugno del 2016 insieme a quello di Monaco dello stesso mese hanno sollevato un problema che si aggiunge alla politica migratoria europea.

I governi della UE presero coscienza della debolezza delle sue istituzioni davanti alla sfida rappresentata dal terrorismo jihadista. Migliaia di cittadini nati in Francia, Germania o Belgio, partirono per la guerra in Siria arruolandosi nelle file dello Stato Islamico e, successivamente, tornarono alle proprie città d’origine senza che i servizi d’intelligence e di sicurezza li avesse sotto stretta sorveglianza.

Le falle nella sicurezza hanno reso evidente la mancanza di coordinamento dei servizi d’intelligence e dei distinti corpi di polizia, oltre all’esistenza di un quadro legislativo che finisce per facilitare gli spostamenti e il rifugio dei terroristi.

L’Europa, in poco tempo, ha smesso di essere un posto sicuro. Provocando una certa disillusione

su un progetto che non riesce a garantire una lotta efficace contro il terrorismo internazionale.

Un altro fatto che ha contribuito alla crisi dell’UE è la politica economica degli Stati Uniti i quali manifestano il loro interesse nei confronti dell’area del Pacifico, malgrado il recente trattato Transatlantico sul Commercio e gli investimenti (TTIP) accordo commerciale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Benché il presidente Obama abbia manifestato il suo desiderio di amicizia e collaborazione con l’Europa, l’irruzione della Cina come superpotenza ha fatto si che le priorità degli Stati Uniti si dirigano definitivamente verso il Pacifico. Il focus della politica estera degli Stati Uniti durante gli otto anni del suo mandato non è mai stato l’Europa.

Bisogna sottolineare i viaggi di Obama in Germania e in Inghilterra alla fine dell’aprile 2016 per dare impulso al TTIP, con l’intento di equiparare le normative in ambo i lati dell’Oceano e a tal proposito tentò di perorare la permanenza britannica nella UE.

La Commissione Europea, il governo statunitense e le grande corporazioni internazionali esibiscono l’accordo come la soluzione definitiva contro la crisi. Tuttavia essi nascondono una cancellazione ed una riduzione di diritti senza precedenti per il cittadino europeo, oltre ad una crescita esponenziale delle privatizzazioni.

Si vogliono eliminare le barriere commerciali per creare un grande mercato che favorisca le grandi corporazioni. Dal giugno 2013, la Commissione Europea, il governo statunitense e le grandi lobby imprenditoriali si riunivano alle spalle della società civile per negoziare le condizioni del trattato che comporterà un abbassamento dei diritti del lavoro. Questa situazione di espansionismo statunitense può cambiare dopo il trionfo di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel novembre del 2016 d’America e le misure protezioniste annunciate durante la sua campagna elettorale.

Tutti questi fattori hanno determinato un rigurgito del nazionalismo e l’avanzata dell’estrema destra nel continente, oltre all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (Brexit) approvata dopo il referendum del giugno 2016.

All’interno della UE e in riferimento all’avanzata dell’estrema destra bisognerebbe distinguere tra i Paesi che hanno quest’ultimo tipo di governo ed altri in cui crescono i partiti estremisti e xenofobi.

Nazioni con governi di destra che virano verso l’estrema destra sono: Ungheria e Polonia. L’Austria arrivò ad un passo dalla nomina del primo capo di Stato di questa ideologia poiché nelle elezioni per il presidente della Repubblica nel maggio del 2016, vinte con uno scarto minimo di voti dal partito dei Verdi vennero annullate all’inizio del luglio 2016 per irregolarità.

Nel dicembre dello stesso anno si rifecero e vinse di misura l’indipendente Alexander Van der Bely sul candidato di estrema destra Norbert Hofer, leader del Partito della Libertà. Precedentemente Jörg Haider nel 1999 si candidò alla cancelleria federale austriaca per le elezioni del 2000, però l’Unione Europea pretese il ritiro della sua candidatura a causa delle tendenze di ultradestra, cosa che accadde puntualmente.

La Polonia dal 2015 è governata dal partito Legge e Giustizia (PiS) con Beata Szydlo come leader e, attualmente, primo ministro.

I tratti distintivi di quest’ultima sono: euroscetticismo, nazionalismo, contro l’accoglienza dei migranti e rifugiati.

Non appena saliti al potere il suddetto partito cominciò a criticare aspramente il precedente governo per aver accettato di dare asilo a 7000 immigrati come parte del piano di ridistribuzione dell’Unione Europea.

Sul versante economico il partito ha adottato una serie di misure per compiacere la società polacca: aumento delle tasse per le multinazionali e le banche per poter garantire benefici sociali quali l’assistenza sanitaria gratuita a tutte le persone con più di 75 anni di età.

Fin dall’inizio questa forza politica ha mostrato la propria ostilità nei confronti delle istituzioni e delle politiche comunitarie ritirando la bandiera dell’UE. In un certo senso, la componente cattolica del partito spiega parte dei cambiamenti avviati su temi come l’omosessualità e l’aborto.

Se la Polonia aveva già, rispetto all’interruzione volontaria della gravidanza, una tra le normative più restrittive d’Europa gli sforzi dell’esecutivo di Szydlo si sono focalizzati sulla proibizione di tutti i casi in cui l’aborto era precedentemente permesso, compreso la violenza sessuale.

Il Governo è contrario anche alle coppie dello stesso sesso e alle unioni civili tra uomini e donne.

L’Ungheria è governata dal partito Fidesz-Unione Civica ungherese alleato con il partito Democratico Cristiano (2014), che ha suscitato timori nell’Unione Europea per alcune dichiarazioni e azioni del suo leader e primo ministro, Viktor Orban, le quali sono arrivate ad essere qualificate come dittatoriali.

La Commissione Europea in alcune occasioni è arrivata a censurare i cambi legislativi, e l’esecutivo comunitario si oppose alla misura proposta da Orban il quale pretendeva di mandare in quiescenza i giudici che considerava più fastidiosi obbligandoli a ritirarsi a 62 anni. Così come si vuole costruire un muro al confine sud della Serbia, per evitare il flusso dei migranti.

Vi è un altro gruppo di nazioni in cui si sviluppano partiti estremisti ed euroscettici. In Danimarca, le leggi sull’immigrazione sono tra le più dure d’Europa, fatto che riflette il potere sempre più importante del Partito del Popolo danese (DPP), stando alle ultime elezioni. Anche la Finlandia con la costituzione nazionalista del Partito Finnico ha visto il consolidamento dell’estrema destra come seconda formazione politica. Di fatto, il leader del partito, Timo Soini, è il ministro degli esteri nella coalizione di Governo. In Svezia vi è una componente parlamentare con il Partito democratico di Svezia. In Germania è cresciuta la formazione Alternativa per la Germania, un partito nato nel 2013 per mano di economisti contrari all’euro.

Di fatto, il caso più recente e in rapida ascesa è quello del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, in Francia, che sta tentando di prendere le distanze dalle proposte antisemitiche lasciate in eredità dal padre, Jean Marie Le Pen. Tuttavia altri partiti, come il partito della libertà olandese, ritengono che la propria politica di stampo xenofobo ne accresca il consenso.

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Altre nazioni che hanno una componente della rappresentanza parlamentare dell’estrema destra, così come si evince dalla mappa sottostante, sono: Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Grecia. In cambio nel sud del continente: Italia, Spagna e Portogallo sono immuni davanti a questa ondata di estremismo.

Se è vero che questi governi e partiti non rappresentano un grave problema per l’Unione Europea il referendum del giugno del 2016 che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dalla UE può rappresentare un’alterazione del suo funzionamento con la conseguente difficoltà per i lavoratori procedenti dal resto d’Europa, i cambiamenti dei centri finanziari, etc.

Clemente Herrero Fabregat

1Questo lavoro è parte integrante del libro: El mundo hace crac: una crisis de pensamiento, económica y política che sarà pubblicato prossimamente dalla casa editrice Última línea.

2L’accordo di Schengen (1985) firmato dai diversi Paesi europei stabilisce uno spazio comune attraverso il quale può circolare liberamente qualsiasi persona che sia entrata regolarmente da un confine o risieda in uno dei Paesi che hanno sottoscritto i suddetto trattato.

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