Via della Seta terrestre: una storia di civiltà e progresso

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Ponte Marco Polo a Wanping (Foto dell'autore, settembre 2015)
Ponte Marco Polo a Wanping (Foto dell’autore, settembre 2015)

Prefazione
Più di 2.000 anni fa Zhang Qian, delegato imperiale della Dinastia Han, fu spedito nelle Regioni Occidentali cinesi, a Xiyu, in missione diplomatica.

Egli tracciò la rotta partendo da Chang’an (oggi Xian, nella provincia dello Shanxi) fino all’Asia centrale e occidentale, attraverso il Gansu e lo Xinjiang e connettendo la Cina con i Regni che si trovavano lungo il Mar Mediterraneo.

Questa strada fu definita la Via della Seta Terrestre; nei secoli che seguirono, essa servì da canale di trasmissione e scambi culturali e di materie prime tra Oriente ed Occidente, accompagnati dal solo rumore dei cammelli nel vasto deserto e dall’eco delle loro campanelle.

Nel settembre 2013 il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha tenuto un importante discorso all’Università Nazarbayev del Kazakhistan e ha deliberato sulla grande idea di costruzione della Cintura Economica della Via della Seta.

Egli ha così delineato un grande disegno di amicizia e cooperazione tra la Cina e le nazioni dell’Europa e dell’Asia ispirandosi proprio a quanto accaduto migliaia di anni fa, quando la Via della Seta costituì un sistema integrato di scambi economici e interculturali basato sulla pace, lo sviluppo, la cooperazione e il reciproco vantaggio.

La Cintura Economica, connettendo la regione dell’Asia Pacifico ad oriente a quella Europea ad occidente, è considerata il corridoio economico più lungo con il maggiore potenziale sviluppo del mondo; la Nuova Via della Seta interessa una popolazione di 3 miliardi di persone e rappresenta un mercato di grandezza ineguagliabile.

 

La Via della Seta Terrestre nell’antichità

La Via della Seta, che per lungo tempo ha connesso il Continente euroafroasiatico, attraversò la Cina, l’Afghanistan, l’India, l’Iran, l’Iraq, la Siria e la Turchia, per giungere infine a Roma attraverso il Mediterraneo.

Più di 5.000 anni fa i cinesi iniziarono a produrre la seta, in particolare presso le rive dei fiumi Giallo e Azzurro (Yangtze); queste fabbriche giocarono un ruolo importante nel mettere in comunicazione Oriente e Occidente, producendo il tessuto con cui venivano ricoperte le vesti delle élites in Grecia e a Roma.

Fu all’incirca nel VI secolo che le tecniche della sericoltura (allevamento del baco da seta e sua lavorazione) e della filatura vennero introdotte in Europa, in particolare nel 552 a Costantinopoli (allora capitale dell’Impero Romano d’Oriente) dove la seta iniziò ad essere prodotta su larga scala per essere poi diffusa sul resto del Continente.

La sericoltura, alla base della florida economia cinese del tempo, prosperò durante la dinastia Han, la quale oltre a stabilire relazioni ufficiali con le nazioni occidentali inviò messaggeri in Iran, India e zone confinanti, contribuendo a temperare i seri contrasti tra Bizantini e Persiani.

Intorno al III sec. A.C. l’Ambasciatore dell’Imperatore, costeggiando il deserto del Taklimaklan (il più grande della Cina e il secondo deserto di sabbia più ampio al mondo) fino a Samarcanda, percorse il primo tratto della Via della Seta.

Il lungo percorso che i mercanti dovevano compiere, oltre 6.000 km per tre anni di viaggio, prevedeva la spola tra Cina, Samarcanda, Bukhara, Persia e Mediterraneo; la Via della Seta partiva nelle vicinanze di Xi’an per risalire il corridoio del Gansu, quindi si divideva in due tronconi principali per riunificarsi a Kashgar, oasi obbligata fra Oriente e Occidente e passaggio che permetteva poi di affrontare i passi montani dell’Hindu-Kush o del Pamir.

Da qui la Via della Seta proseguiva verso ovest (toccando l’attuale Tashkent, in Uzbekistan) anche se due diramazioni minori deviavano verso nord (attraverso il Kirghizistan) e verso sud (attraverso il Pakistan).

Lo scambio proficuo di relazioni economiche e culturali tra queste regioni continuò ininterrottamente per 140 anni, fino a quando le invasioni degli Unni le interruppero per alcuni decenni; gli Han riuscirono a riprendere il controllo militare delle comunicazioni e ad instaurare a partire dall’anno 92 A.C. contatti amichevoli con più di cinquanta Paesi.

Nell’anno 53 A.C. Marco Licinio Crasso, Governatore della provincia siriana dell’Impero Romano, aspirava a realizzare il sogno dell’Impero eurasiatico di Alessandro il Grande ed entrò in ostilità con i Parti che controllavano l’altopiano iranico.

La battaglia per il controllo della Via della Seta fu decisamente sfavorevole per i Romani (disfatta di Carre), ma l’ascesa dell’Imperatore Augusto cambiò le carte in tavola.

La seta, peraltro, divenne un tessuto usufruibile anche dalle classi medio basse e si accentuò la necessità della sua diffusione nella società romana.

Pur essendo divenuta la merce più richiesta, soltanto nel 1877 il geografo tedesco Ferdinand von Richtofen designò quali Vie della Seta gli itinerari terrestri, marittimi e fluviali, estesi per circa 8.000 km che erano collocati tra l’Impero degli Han e l’Occidente.

Due rimanevano allora gli ostacoli all’approfondimento del commercio: l’aumento della pirateria lungo le coste del Mediterraneo e il semi monopolio dei traffici che i Parti, ancora ostili a Roma, mantenevano nelle proprie mani.

Fu proprio la Cina, che con i Parti aveva invece mantenuto rapporti amichevoli, a fungere da mediatrice nel commercio tra le due potenze eurasiatiche, incrementando notevolmente e per diverso tempo le sue proficue relazioni con l’Impero Romano.

Senonché le lotte intestine alla dinastia Han causarono più di trecento anni di guerre distruttive che misero fine alla prosperità della Via della Seta, fino a quando la dinastia Tang riuscì a rilanciarla quale rotta strategica internazionale.

La città di Loulan era una delle più importanti oasi della Via della Seta, in quanto abbondava di risorse naturali ed era ricca di acqua; all’inizio il suo percorso si snodava lungo il corridoio dello Hexi (Gansu) e una volta giunto a Lolan l’itinerario si divideva in due direzioni: una nel Nord-Ovest verso Yanqi, Kizil e Shule, una nel Sud-Ovest verso Charkhlik e Yutian.

Nel 77 A.C. il Governatore Han uccise l’erede al trono legittimo consegnando la corona al principe Wei Tuqi, mentre Loulan fu rinominata Shanshan; la capitale della Via della Seta fu così spostata a Qian Ni ma i profitti commerciali non ripagarono questa decisione.

L’impasse non impedì comunque che gli scambi economici e culturali tra Oriente e Occidente proseguissero in entrambe le direzioni, in particolare nella diffusione della danza, delle tecniche di lavorazione dei metalli e nell’importazione del vino dall’Italia.

Fu appunto solo con l’ascesa della dinastia Tang che la Via della Seta conobbe una nuova età dell’oro, mentre la città di Chang’an (antico nome di Xi’an), con i suoi dodici cancelli d’ingresso, divenne il punto di partenza dei commerci e la capitale del mondo allora conosciuto dopo aver instaurato rapporti di amicizia con più di settanta nazioni.

via della seta

Una grande varietà di drammi, spettacoli, giochi e danze arrivarono alla corte cinese provenienti dall’Asia Centrale e gli influssi reciproci ricevettero un impulso ineguagliabile.

Chang’an fu la capitale durante le dinastie Han (206 A.C. – 9 D.C) e Tang (618-907), la città di Dunhuang, a sua volta, situata nella parte occidentale del corridoio di Hexi, fu trasformata nell’anello di congiunzione tra la sezione settentrionale e quella meridionale della Via della Seta; inoltre essa fu la prima ricevere l’influenza culturale dall’India e a divenire uno dei più importanti centri religiosi del Buddismo cinese.

I commercianti provenienti da Chang’an raggiunsero, per mezzo di due direttrici, gli odierni Turkmenistan, Iran, Turchia e Siria; il percorso terrestre attraversava la regione dello Yunnan e quella di Ayeyarwady fino a Mogagung (nel nord dell’attuale Myanmar).

Superato il fiume Chindwin, l’itinerario prevedeva di arrivare a Manipur (nell’India Nord-Orientale) e attraverso il fiume Brahmaputra di entrare in Bangladesh, mentre a Dacca si congiungeva con il percorso marittimo.
A Xi’an si affiancò la città di Yutian, capace di fondere le peculiarità culturali cinesi, indiane, persiane, arabe, mongole, tibetane e perfino cristiane.

Il cristianesimo fu introdotto in Cina intorno al 3°- 4° secolo, così come ricorda lo scrittore romano Arnobio nel suo libro Adversus gentes; nel V secolo la comunità monastica nestoriana stabilitasi a Chang’an diffuse rapidamente questa religione con il nome di “Jingjiao”, approfittando del clima di tolleranza vigente nell’Impero di Mezzo.

Tuttavia, dal momento dell’introduzione del buddismo nessun’altra religione fu pienamente accettata in Cina, al punto che nel 845 il Governo impose fortissimi limiti e divieti alle fedi straniere.

Fu proprio Xuan’zang (602-664), uno dei massimi traduttori di testi buddisti ed emblema del pellegrino cinese che viaggiava in India ed Asia centrale per diffondere questa filosofia, a favorire indirettamente l’ampliamento dei commerci in quell’area.

Ben venti Stati e numerose dinastie dettero il loro contributo per la costruzione della Grande Muraglia, una linea militare fortificata che doveva impedire le incursioni mongole.

Tre dinastie ne edificarono tratti per oltre 5.000 km e precisamente: la dinastia Qin (221 – 206 a.C.) oltre 5.000 km; la dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) circa 10.000 km; la dinastia Ming (1368 – 1644) 6350 km.

Li Yuan, fondatore della dinastia Tang, unificò nuovamente il Paese nel 625 e implementò un sistema di registrazione in base al quale tutti i viaggiatori per ricevere un lasciapassare lungo la Via della Seta dovevano dichiarare nome, età, effetti personali e pagare una tassa; in cambio l’esercito cinese garantiva la loro salvaguardia e la sicurezza del passaggio dei commercianti.

La stessa regione dello Xinjiang assunse ad importante rotta commerciale tra Cina, India ed Occidente non solo per l’esportazione della seta ma per gli altri numerosi prodotti che venivano scambiati.

Tra il 650 e il 755, sotto i regni di Tang Gaozong, Wu Zetian e X’uanzong l’Impero cinese entrò nel periodo più florido della propria storia e pur venendo inevitabilmente in collisione con l’Impero arabo che si stava espandendo in Asia Centrale vi riuscì a convivere pacificamente per molto tempo.

La città di Turpan, che già sotto la dinastia Han aveva rivestito un’importanza strategica nella lotta contro gli Unni, dopo essere stata occupata per un lungo periodo dai Turchi venne riconquistata proprio dai Tang e assunse un ruolo centrale nel rilancio della Via della Seta.

Tuttavia dal X secolo fino alla conquista mongola del XIII secolo (quando ripresero intensi gli scambi tra la dinastia Yuan e l’Europa) la Via della Seta rimase sotto il controllo di popolazioni di fede islamica.

Durante l’Alto Medioevo l’Europa conobbe grandi difficoltà commerciali e dilapidò importanti energie nell’organizzazione delle Crociate contro gli Arabi; nel frattempo i Mongoli guidati da Gengis Khan costruivano un Impero eurasiatico che influenzò profondamente la Russia e alcuni viaggiatori europei.

Tra questi il mercante italiano Marco Polo, rappresentante di una Venezia che nel XIII secolo prosperava nel Mediterraneo e fungeva da riferimento commerciale per quanti trafficavano tra Medio Oriente, Nord Africa ed Europa.

Dopo aver compiuto su incarico di Kublai Khan la prima missione eurasiatica della storia insieme al fratello Niccolò, Marco Polo raggiunse nel 1275 la capitale della dinastia Tang e rimase in Cina ben 17 anni ricevendo l’incarico di governatore dello Yangzhou.

Lungo un percorso di oltre 12.000 km. il viaggiatore veneziano incontrò tagiki (gli unici gruppi etnici in Cina, insieme ai russi, ad essere di origine europea), uiguri, mongoli, han e tanti altri popoli, osservandone lo stile di vita e analizzandone i differenti comportamenti; egli attraversò regioni come lo Xinjiang, il Qinghai (lambendo il Tibet), il Gansu, la Ningxia, la Mongolia interna e l’Hebei.

Per esempio Sa-chau, che è oggi chiamata Dunhuang, incastonata tra le province del Gansu e dello Shaanxi, colpì Marco Polo per la sua ardente fede buddista, testimoniata dalle numerose reliquie, mentre oggi è una città caratterizzata soprattutto da una fiorente agricoltura.

Lo stesso può dirsi per Erginul, ai nostri giorni conosciuta come Wuwei, dove Polo studiò l’animale Yak caro al popolo tibetano; lasciata la provincia di Ningxia (allora chiamata Egrigaia), il veneziano giunse a Tenduc, capitale dell’omonima provincia ad est di Hohhot, centro principale della regione cinese della Mongolia Interna.

Nel 1275, dopo aver superato il deserto del Taklimakan e aver attraversato il corridoio dell’Hexi egli giunse a Shang-tu, capitale della dinastia Yuan, dove omaggiò l’Imperatore Kublai Khan che accompagnò poi a Pechino..
La sua dettagliata descrizione di Pechino (Khan-balik) non lascia spazio a dubbi: “I grandi saloni nel palazzo sono maestosi e magnifici. Il disegno e l’architettura sono perfetti, pieni di competenze ed arti, la Cina è ricca e prosperosa” 1.

A Shang-tu, secondo Marco Polo, il Gran Khan Kublai rimaneva infatti solo nei tre mesi estivi per fuggire dal caldo della capitale, una tradizione ripresa anche dai sovrani successivi.

Le foreste vicine, sede di numerose specie animali esotiche, erano adibite a riserve di caccia per le scorribande dello stesso Khan e dei suoi ospiti privilegiati come il viaggiatore veneziano.

Spinto dalla sua grande curiosità e da notevoli capacità di ambasceria riconosciutegli dallo stesso Imperatore, Marco Polo attraversò in lungo e in largo l’Impero di Mezzo, attingendone le numerose innovazioni; egli fu il primo occidentale ad introdurre il carbone e la cartamoneta per le transazioni finanziarie in Europa.

Recentemente, una banconota della dinastia Yuan è stata scoperta a Tenduc all’interno di una pagoda bianca risalente al periodo che va dal 1265 al 1294, con note manoscritte di viaggiatori han, mongoli, uiguri e siriani; il Gran Khan utilizzava il denaro contante negli scambi internazionali per pagare le merci e le forniture dei soldati.
A meno di 20 chilometri da Pechino, in direzione sud ovest, la città di Wanping è oggi meta di un buon numero di visitatori per il suo ponte, citato da Marco Polo ne Il Milione.

La sua struttura in marmo, lunga 267 metri, collega le due sponde del fiume Yongding; eretto nel XII secolo, esso fu ricostruito a seguito di fortissime inondazioni ed è stato delimitato alle due estremità da stele fatte incidere dagli imperatori della dinastia Qing.

Al ponte è legato anche il ricordo di un sanguinoso scontro tra giapponesi e cinesi avvenuto il 7 luglio 1937, un incidente militare che Tokio utilizzò come pretesto per invadere il Regno di Mezzo.

Il veneziano fu anche spedito in numerose missioni diplomatiche in Giappone, Birmania, Vietnam, Siam, Indonesia e India.

A causa dell’ignoranza dell’epoca soltanto pochissime persone credettero ai racconti di Marco Polo e si dovettero attendere le scoperte geografiche di Cristoforo Colombo, duecento anni dopo, per rivalutarne il suo grande ruolo di pioniere dell’integrazione eurasiatica.

Lo stesso può dirsi per le vicende del Tibet, il cui altopiano ricoperto da 46.000 ghiacciai rappresenta il luogo di nascita dei maggiori fiumi asiatici come il Mekong, lo Yangtze, l’Indo e il Brahmaputra.

Ritenuto inaccessibile per molti anni, il Tibet affascinò generazioni di viaggiatori e fece sognare i circoli esoterici del Pianeta.

Di passaggio in Tibet nel XII secolo, il francescano Guglielmo di Rubrouk parlò di una terra dove bastava scavare per trovare l’oro ma fu lo stesso Marco Polo a tracciarne una minuziosa descrizione dopo essere rimasto sorpreso dai rituali occulti e religiosi delle popolazioni che ne abitavano l’altopiano.

Per secoli venne coltivata l’idea che tra le vallate del Tibet esistesse un antico regno cristiano e questa convinzione spinse moltissimi missionari a dirigersi verso gli altipiani himalayani; le catene dell’Himalaya e del Karakorum totalizzano da sole una cinquantina di vette di oltre 7500 metri, mentre tra quelle oltre gli 8000 spiccano l’Everest e il K2.

Nel 1450, comunque, due italiani Stefano Turchi e Bartolomeo Nari crearono l’industria della seta a Lione, città che ottenne il monopolio della produzione dallo stesso Re di Francia.
Allo stesso tempo, se è vero che le idee confuciane cinesi permearono la corte di Parigi, i preti cattolici assunsero eccessiva influenza presso i regnanti a Pechino.

I missionari gesuiti erano rimasti ammirati dal sistema politico ed economico cinese, basato su un’agricoltura produttiva ed un’industria avanzata, una classe dirigente selezionata secondo criteri meritocratici e un sovrano che agiva in maniera etica. 2

Quando con le due guerre dell’oppio l’imperialismo britannico invase e sottomise con ignominia la Cina, la cultura orientale e quella occidentale entrarono decisamente in conflitto, scavando un solco tra le due civiltà e mettendo in crisi l’industria della seta a spese della stessa Europa.

La fabbricazione della carta, ad esempio, era stata appresa dagli europei dopo che la dinastia Tang l’aveva introdotta in Asia Centrale e in Medio Oriente; già dal VI secolo la Cina aveva inventato l’incisione a stampa ma solo nell’XI secolo grazie agli scambi lungo la Via della Seta la tipografia era arrivata prima in Asia e successivamente in Europa (XV secolo).

La polvere da sparo fu inventata in Cina più o meno nello stesso periodo, quando gli alchimisti scoprirono il materiale naturale contenente i nitrati e solfati che dovevano essere fusi per ottenerla; gli Arabi la diffusero tra il XII e il XIII secolo in Europa grazie alla Via della Seta.

L’astronomia cinese era sviluppata fin dai tempi antichi e durante la dinastia Yuan i massimi esponenti di Pechino furono invitati in Azerbaigian per lavorare nel principale Osservatorio astronomico del Paese 3.
Nell’ottavo e nono secolo la medicina cinese raggiunse le regioni arabiche grazie allo sviluppo dell’alchimia, una scienza che influenzò profondamente il medico Avicenna; solo nei secoli XVI e XVII gli italiani Matteo Ricci, Giulio Aleni e altri europei arrivati in Cina, iniziarono a tradurre i libri di medicina nella loro lingua.

Nel XIX secolo il Tibet divenne la terra promessa dei maggiori sodalizi esoterici del Nord America, una credenza che favorì la diffusione di molti saggi e romanzi tra i quali spicca Orizzonte perduto di James Hilton.

Si può pertanto affermare che fu solo grazie al commercio e agli scambi culturali con l’Asia che l’Europa riuscì a compiere la propria rivoluzione industriale e a divenire una grande potenza militare.

Verso la fine dell’anno 1895, l’esploratore e geopolitico svedese Sven Hedin condusse una missione geografica tra il Kashgar (Xinjiang) e lo Yutian lungo la sezione meridionale della Via della Seta, riportando alla luce documenti e mappe che lo condussero fino al misterioso Tibet.

Grazie alle sue ricerche, egli attestò come Lolan fosse stato il principale centro di comunicazione tra Oriente ed Occidente durante la dinastia Han, così come confermato poco dopo da altri due grandi esploratori europei quali Marc Aurel Stein e Paul Pelliot.

Stefano Vernole

Note

1 Zhang Yiping, Story of the Silk Road, China Intercontinental Press, Pechino, 2005, p. 141.
2 Sara Nardi, Dalla Via della Seta alla collana di perle, in AAVV, “La Via della Seta”, Anteo edizioni, Cavriago (RE), 2012, p. 31.
3 Wang Miao e Shi Baoxiu, Tracing Marco Polo’s China Route, China Intercontinental Press, Pekin, 2004.

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