FOCUS SICUREZZA LIBIA – Gli attori interni del conflitto: nazionalisti, islamisti, salafiti-jihadisti

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articolo originale: http://www.asrie.org/associazione/libia-gli-attori-interni-del-conflitto-nazionalisti-islamisti-salafiti-jihadisti/

ASRIE FOCUS – SICUREZZA LIBIA

A quattro anni dall’inizio della rivoluzione contro Gheddaffi la Libia rimane un paese profondamente diviso. Il Congresso nazionale generale (GNC), costituito con le elezioni del luglio 2012, e i governi che ne sono stati espressione fino al giugno 2014, hanno fallito nella transizione del paese verso un regime democratico. La ragione principale è stata l’incapacità di disarmare le milizie che, alla caduta di Gheddafi, contavano in totale circa 200-250mila uomini[1]. Senza un esercito regolare per contrastarle, i governi post rivoluzione hanno affidato alle milizie armate compiti di polizia e sicurezza nel tentativo di integrarle a servizio del nuovo regime, stipendiandole attraverso i vari ministeri, in particolare quello degli interni.

La strategia è naufragata di fronte alla forza dei conflitti tra città e città, tra tribù e tribù, di fronte agli attriti tra regioni indipendentiste e potere centrale. La rivoluzione ha liberato tutte le tensioni che il regime di Gheddafi reprimeva con la forza ma non è stata capace di governarle. Così, a condizionare gli equilibri politici nazionali sono stati, e sono ancora oggi, attori locali (città, tribù, milizie), coesi, determinati e, soprattutto, armati.

Già dalla prima metà del 2013, tuttavia, era chiara una frattura di fondo tra attori locali radicalmente rivoluzionari, decisi a rinnovare le elitè politiche ed economiche del paese e a cambiarne gli equilibri di potere, e attori locali più moderati e conservatori, decisi a chiudere la fase rivoluzionaria per timore di perdere la loro influenza nel paese.

Il quadro si è complicato a metà del 2014. A maggio, il generale Khalifa Haftar ha lanciato l’operazione Dignità contro le milizie salafite di Ansar al-Sharia a Bengasi, giustificandola con la lotta al terrorismo. L’offensiva militare si è poi allargata contro i salafiti a Derna e contro gli islamisti a Tripoli. Haftar, ex generale di Gheddafi poi esiliato e ritornato in Libia per combattere il colonello nel 2011, nel febbraio 2014 si era già pubblicamente scagliato contro il GNC e, tre mesi dopo, ha lanciato un attacco di terra, appoggiato da caccia-bombardieri, alla città di Bengasi. Contemporaneamente, le milizie della città di Zintan, alleate di Haftar, hanno attaccato l’edificio del parlamento islamista di Tripoli. Tutti i movimenti islamisti e salafiti-jihadisti si sono sentiti nel mirino del generale, considerato vicino agli Stati uniti e ai militari nasseriani al potere in Egitto, che nel 2013 hanno deposto con un colpo di stato il presidente egiziano Morsi, espressione della Fratellanza musulmana. Nel luglio 2014, contro l’operazione Dignità, le forze islamiste si sono unite nell’operazione Alba. Il conflitto politico tra rivoluzionari radicali e rivoluzionari moderati è diventato così anche conflitto militare.

Nel giugno 2014, inoltre, si sono svolte le elezioni per rinnovare il GNC. In mezzo ad atti di feroce violenza, sono andati a votare solo 630mila elettori sui circa 1,5 milioni registratisi, pari al 42%[2]. A prevalere sono stati i candidati vicini alle forze moderate, ottenendo 50 seggi sui 200 in palio. Solo una trentina di seggi sono andati ai candidati dei movimenti più radicali, in particolare alla Fratellanza musulmana. Il nuovo parlamento si è dato il nome di Majlis al-Nuwaab (Camera dei rappresentanti)[3], ma il risultato delle elezioni non è stato riconosciuto dalle forze radicali che, attraverso l’azione politica della Fratellanza musulmana, erano riuscite ad avere la maggioranza tra i membri del vecchio GNC. I parlamentari del Majlis sono stati cacciati da Tripoli nel luglio 2014 dalle milizie islamiste di Misurata, e hanno trovato rifugio a Tobruk, sotto la protezione del generale Haftar. Nel novembre 2014, una contestata sentenza della Corte suprema di Tripoli ha definito “illegittimo” il parlamento di Tobruk mentre le milizie islamiste riportavano in vita il GNC[4]. Da quel momento in poi, la Libia ha cominciato ad avere due parlamenti contrapposti: quello di Tripoli, che rappresenta le istanze più radicalmente rivoluzionarie ed è controllato da forze islamiste (prima di tutto la Fratellanza musulmana), e quello di Tobruk, che rappresenta lo schieramento rivoluzionario più moderato, più conservatore e nazionalista.

I persistenti conflitti tra attori interni hanno reso la Libia facilmente penetrabile da parte di attori esterni, siano essi Stati o gruppi terroristici. Si assiste così all’appoggio aperto che Egitto, Emirati arabi uniti e Arabia saudita offrono al parlamento nazionalista di Tobruk e alla truppe di Haftar; all’appoggio che Qatar e Turchia offrono al parlamento islamista di Tripoli; al comparire di gruppi jihadisti-salafiti con collegamenti diretti con Al-Qaeda o con lo Stato islamico (IS).

Per schematizzare, si può quindi passare a mappare i vari attori presenti sul proscenio libico raggrupandoli in tre categorie generali: nazionalisti, islamisti, salafiti-jihadisti. Con il termine nazionalisti si farà riferimento allo schieramento di forze che si riconosce nel parlamento di Tobruk, nelle forze armate impegnate nell’operazione Dignità e controllate dal generale Haftar e nelle milizie sue alleate (la principale delle quali è la milizia di Zintan). Per islamisti si intenderà invece lo schieramento che appoggia politicamente il parlamento di Tripoli e che ha dato vita all’operazione Alba. In questa coalizione il peso della Fratellanza musulmana è preponderante, perchè controlla il GNC e perchè le più forti milizie armate dello schieramento (quelle di Misurata) sono ad essa legate. Infine, il termine salafiti-jihadisti sarà utilizzato per indicare i gruppi salafiti presenti nelle città di Bengasi e di Derna che hanno legami accertati o presunti con Al Qaeda o con lo Stato Islamico.

 

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I nazionalisti

Composizione

Lo schieramento militare nazionalista è composto dall’Esercito nazionale libico guidato dal generale Haftar, dalla Petroleum Facilities Guard (comandata da Ibrahim Jadhran), dal Army of Cyrenaica, dalla Cyrenaica Protection Force, dall’Esercito regolare libico, dalle Forze speciali, dalla brigata Al-Sawaiq, dalla brigata Al-Qaqa, dalle brigate di Zintan, da varie forze regionali e tribali. Lo schieramento nazionalista ha come principali alleati a livello internazionale l’Egitto, gli Emirati arabi uniti, l’Arabia saudita[5].

Ideologia

Lo schieramento è molto variegato dal punto di vista ideologico. L’esercito nazionalista di Haftar si rifà alla tradizione nasseriana del nazionalismo arabo. Il Majlis di Tobruk è controllato dal partito dell’Alleanza delle forze nazionali (NAF) che raccoglie circa sessanta movimenti di ispirazione moderata, favorevoli ad un sistema politico democratico e liberale, che garantisca le libertà politiche ed economiche[6]. Vi sono comprese anche forze islamiste moderate. Gli eletti dell’Alleanza appartengono a classi economicamente privilegiate, provengono da famiglie locali radicate e molto influenti e tra di loro non figura alcun esponente di spicco dell’opposizione in esilio durante il regime di Gheddafi. Si tratta di élite già presenti in Libia prima del colpo di stato di Gheddafi e che con il regime del colonnello avevano trovato un equilibrio di convivenza[7].

Attori politici

Dal 2012 il leader dell’Alleanza delle forze nazionali e Mahmud Jibril. Nato nel 1952 nella città di Beni Walid, Jibril ha perfezionato i suoi studi negli Stati Uniti, e ha lavorato a lungo anche a Il Cairo. Gli ambienti diplomatici americani lo descrivono come “un interlocutore serio che comprende il punto di vista americano”[8]. Appartiene alla tribù dei warfalla, convinti sostenitori del regime di Gheddafi, di cui lo stesso Jibril è stato collaboratore ricoprendo la carica di presidente dell’Ufficio per lo Sviluppo economico nazionale fino all’inizio del 2011. Il 23 marzo del 2011 il Congresso nazionale di transizione lo ha nominato primo ministro ad interim del governo transitorio, carica che ha lasciato il 23 ottobre 2011. Jibril è un personaggio molto accreditato presso tutte le cancellerie occidentali.

Con la fiducia del Majlis opera il governo presieduto da Abdullah al-Thani, primo ministro dal settembre 2014. Al-Thani ha frequentato e concluso con successo l’Accademia militare di Bengazi, la stessa frequentata da Gheddafi, e sotto il regime del colonnello è stato più volte imprigionato. Tra marzo e aprile 2014 è stato primo ministro ad interim dopo la caduta del governo di Ali Zeidan, di cui era ministro della difesa dall’agosto 2013.

Il parlamento e il governo di Tobruk sono le uniche istituzioni libiche riconosciute dalla comunità internazionale.

Gruppi armati

Il nucleo delle forze militari nazionaliste è costituito dall’Esercito nazionale libico, composto da circa 6mila paramilitari fedeli al generale Haftar[9], che ha pubblicamente dichiarato di ricevere armi e munizioni dall’Egitto, dall’Arabia Saudita, dagli Emirati arabi uniti, dall’Algeria[10].

Fanno parte dell’esercito nazionalista anche decine di unità delle forze armate regolari libiche, circa 20mila soldati, con poca esperienza ed equipaggiati con strumenti d’arma obsoleti, che però sono in grado di fornire appoggio aereo alle operazioni militari di Haftar e una brigata di carri armati. Stanno con i nazionalisti le Forze speciali dell’esercito libico, 5mila commando guidati dal colonnello Wanis Boukhamda. Gruppi armati irregolari alleati di Haftar sono la brigata Al Qaqa (di base a Zintan), con circa 18mila combattenti molto ben equipaggiati, composta da ex soldati della 32esima brigata, che era posta alle dirette dipendenze di Ghedaffi, e la brigata Al Sawaiq (di base a Tripoli) con circa 2mila uomini con armi pesanti, compresi cannoni anti-aerei mobili. Incerto il numero complessivo dei combattenti agli ordini di Haftar, che può variare dai 35mila ai 70mila[11].

Nell’ovest del paese, in Tripolitania, zona prevalentemente controllata dagli islamisti, lo schieramento nazionalista può contare su milizie legate alle tribù warfalla e warshefana, già sostenitrici del regime gheddafiano. La più importante di tutte è la coalizione delle milizie di Zintan, città a 150 chilometri a sud-ovest di Tripoli. Si tratta di 23 gruppi che dal 2011 coordinano gli sforzi militari attraverso il Consiglio militare dei rivoluzionari di Zintan. Le milizie di Zintan sono considerate il secondo più forte gruppo armato del paese (dopo il gruppo di miliziani islamisti di Misurata), dispongono di circa 7 mila uomini, di artiglieria e mezzi corazzati e sono guidate da Mukhtar Khalifah Shahub.[12] Fino all’agosto 2014 hanno controllato l’aereoporto di Tripoli, poi perso dopo la battaglia contro le milizie di Misurata[13].

Con i nazionalisti si battono per l’autonomia della Cirenaica diversi gruppi armati. Il più consistente è la Petroleum Facilities Guard, la milizia di Ibrahim Jadhran, già nota per aver bloccato, nell’estate nel 2013, i porti petroliferi della Cirenaica, impedendo di fatto l’esportazione del greggio, e per poi aver cercato di rivenderlo alla Corea del nord attraverso la petroliera Morning Glory. Le forze ai comandi del poco più che trentenne Jadhran sono stimate in circa 20mila uomini, di cui solo 2mila ben addestrati. Altri attori armati ma meno consistenti che si battono per una maggiore autonomia della regione sono l’ Army of Cyrenaica e la Cyrenaica Protection Force.

Nel sud della Libia il riferimento dell’alleanza nazionalista è la tribù semi nomade dei Tebu. I Tebu da alcuni mesi stanno conducendo una sanguinosa guerra contro un’altra tribù seminomade, i Tuareg, per il controllo del deserto di Murzuq, a sud e a ovest dell’oasi di Ubari. Si tratta di una vasta zona che si estende fino ai confini con Algeria, Niger e Ciad, dove sono presenti i pozzi petroliferi di Sharara (i secondi per importanza in Libia) e da dove passano redditizie vie di contrabbando[14].

 

Gli Islamisti

Composizione

Lo schieramento islamista nasce nel luglio 2014 con l’operazione Alba[15]. E’ composto dai seguenti gruppi armati: le milizie di Misurata, la Libyan Revolutionaries Operations Room (LROR) e la Libya Shield Force (LSF). Lo schieramento riconosce come legittimo parlamento della Libia il GNC, con sede a Tripoli, e il governo di “salvezza nazionale” guidato da Omar al Hassi. Attori internazionali che appoggiano questo schieramento sono il Qatar e la Turchia.

Ideologia

Tre sono i fattori ideologici che accomunano gli islamisti. Il primo è l’islamismo come modello politico cui ispirarsi, in particolare quello della Fratellanza musulmana. Il secondo è l’aspirazione democratica, che si manifesta nel supporto al GNC, considerato l’unica istituzione investita del “vero” mandato popolare, quindi l’unica davvero democratica. L’elemento democratico distingue gli islamisti dai gruppi salafiti-jihadisti che, invece, rigettano il sistema della rappresentanza democratica. Il terzo è il richiamo agli ideali della rivoluzione, nel nome dei quali cambiare radicalmente i vecchi equilibri di potere ed estromettere dalle nuove istituzioni gli esponenti compromessi con il vecchio regime. Si tratta di una frattura dirimente tra islamisti e nazionalisti, visto che il generale Haftar è riuscito a far ritirare al parlamento di Tobruk la legge sul cosiddetto “isolamento politico”, che impediva ai funzionari che avevano servito durante l’era di Gheddafi di prestare servizio nelle nuove istituzioni[16].

Attori politici

Il GNC è stato istituito nel luglio 2012, a seguito delle prime elezioni dopo la caduta di Gheddafi, vinte dall’Alleanza delle forze nazionali (ANF) di Mahmoud Jibril. Tuttavia, di fronte agli insuccessi nel gestire la fase di passaggio verso la democrazia, l’assemblea è progressivamente passata in mano al Partito della giustizia e della costruzione (JCP), ala politica dei Fratelli musulmani in Libia, con circa 60 deputati “indipendenti” che si sono sempre più orientati sulle posizioni islamiste-conservatrici della Fratellanza.

Il governo di “salvezza nazionale” di Tripoli è guidato Omar Al Hassi, esponente della Fratellanza musulmana, 55 anni, professore di scienze politiche all’università di Bengasi[17]. Al Hassi è stato proposto a guidare l’esecutivo di Tripoli dalle milizie dell’operazione Alba[18].

La Fratellanza musulmana è considerata il movimento più organizzato nel paese. E’ presente con migliaia di sostenitori nelle più importanti città. I suoi leader sono in maggior parte accademici o uomini d’affari[19] , che finanziano varie associazioni civili e fondazioni benefiche[20]. Dopo la sconfitta alle elezioni del 2012 il JCP e la Fratellanza hanno saputo riorganizzarsi. Le milizie collegate alla Fratellanza sono diventate tra le più potenti del paese e il JCP, guidato da Mohamed Sowan, originario di Misurata, prigioniero politico nelle carceri di Gheddafi per otto anni, ha gradualmente ottenuto la maggioranza nel GNC. La Fratellanza ha quindi avviato la decisa epurazione dell’apparato amministrativo contro i funzionari del vecchio regime e la creazione di un esercito parallelo. Le due misure hanno alimentato il risentimento degli avversari, costringendo il JCP ad accettare l’indizione delle elezioni del giugno 2014, poi perse a beneficio dell’ANF. Tutto questo mentre il lancio dell’operazione Dignità rafforzava il principale dei timori della Fratellanza musulmana: un colpo di stato dei nazionalisti che li allontani dal potere, come avvenuto nel 2013 in Egitto[21].

 

Gruppi armati

Le brigate di Misurata (o Unione dei rivoluzionari di Misurata) è il più forte gruppo armato della Libia. Si stima che siano composte da oltre 200 milizie, per un numero complessivo di effettivi che varia dai 36mila ai 40mila uomini. Sono dotate di ingenti capacità militari, ottenute dagli arsenali di Tripoli e di Sirte durante la rivoluzione, tra cui 800 carri armati, 2mila veicoli, 30mila armi leggere, 16 cannoni, 13 lanciarazzi mobili, 2.480 colpi di mortaio e 202 proiettili di artiglieria. Sono guidate da Ali Mousa e sono vicine alla Fratellanza musulmana. Alcune milizie non partecipano all’operazione Alba, e preferiscono mantenere il controllo del territorio nella zona di Misurata[22].

La Libyan Shield (o Scudo libico) è una milizia affiliata a quelle di Misurata e anch’essa molto vicina alla Fratellanza musulmana. Fu istituita nel 2012 per reprimere gli atti di violenza e garantire la sicurezza del governo. Le stime parlano di effettivi che possono andare dai 6mila ai 12mila uomini, dotati di circa 1.200 veicoli leggeri. Il gruppo è articolato in quattro brigate presenti a Misurata, Bengazi, Khoms e Tripoli. La principale è quella di Misurata (la Libya Central Shield) guidata da Muhammed Musa.

La Libya Revolutionaries Operations Room (LROR) è considerata una milizia forte sostenitrice della Fratellanza musulmana. Conta qualche centinaia di membri, è dotata di armi pesanti ed è molto ben addestrata. La LROR nell’ottobre 2013 rapì l’allora primo ministro Ali Zeidan. Guidato da Adel al-Tarhouni, il gruppo ha forti legami con il JCP.

 

I salafiti-jihadisti e i salafiti-nazionalisti

Composizione

In Libia esistono diversi gruppi salafiti presenti soprattutto a Bengasi e a Derna. A Bengasi opera Ansar al-Sharia Bengasi (affiliata ad Al Qaeda), che è alleata di tre gruppi armati islamisti ma non salafiti: il Libya Shield One, la Brigata martiri 17 febbraio, la Brigata Rafallah al-Sahati. L’alleanza si è resa necessaria per contrastare l’offensiva dell’operazione Dignità. I quattro gruppi sono riuniti nel Consiglio dei rivoluzionari di Bengasi. A Derna operano Ansar al-Sharia Derna (affiliata ad Al Qaeda e probabilmente anche allo Stato islamico, il Consiglio della gioventù islamica (affiliata allo Stato islamico) e la Brigata martiri di Abu Salim.

Ideologia

Il salafismo è una forma di fondamentalismo islamico sunnita, che rigetta la democrazia, è anti occidentale e aspira all’applicazione letterale della legge islamica (la Sharia). In Libia sono attivi sia gruppi salafiti-jihadisti, che perseguono gli obiettivi che il movimento salafita si è dato a livello globale, sia gruppi salafiti-nazionalisti che, pur condividendo con i primi la stessa ideologia, perseguono obiettivi strettamente legati al contesto libico[23]. Dato il loro rifiuto per la pratica democratica, i gruppi salafiti non hanno partiti politici che competono alle elezioni.

Gruppi armati

Il gruppo Libya Shield One è una componente islamista (non salafita) del più ampio gruppo “Scudo libico” ed è guidato da Wisam Bin Hamid. Caratterizzato da forti componenti tribali, la forza del gruppo è stimata in non più di 1.000 combattenti[24].

La Brigata Rafallah al-Sahati, islamista e non salafita, è guidata da Ismail al-Sallabi e Salahadeen Bin Omran. Ha una forza stimata in 1.000 combattenti che operano a Kufra, in tutta la Libia orientale, ma soprattutto a Bengasi.

La Brigata martiri 17 febbraio, anch’essa islamista (e non salafita), è capeggiata da Fawzi Bukatef ed è presente a Bengasi e a Sirte. Alcuni dei suoi componenti hanno probabilmente combattuto a fianco dei ribelli in Siria. Radicalmente rivoluzionaria, la brigata ha tra i suoi principali obiettivi quello di epurare la nuova Libia da ogni figura o personaggio legato all’ex regime di Gheddafi.

Rientra tra i gruppi salafiti-nazionalisti Ansar al-Sharia Bengasi, affiliata ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) e con l’obiettivo di instaurare un regime salafita a Bengasi. Tra i suoi membri combattenti vi sono elementi provenienti da Tunisia e Algeria. Non se ne conosce l’attuale leader, dopo le notizie della morte di Mohamed al-Zahawi, rilasciate dallo stesso gruppo[25]. Con ogni probabilità organizza campi di addestramento per jihadisti ed è un punto di smistamento per i combattenti stranieri che si dirigono in Siria, Iraq e Afghanistan. L’organizzazione è nota per essere stata coinvolta nell’attacco al consolato statunitense a Bengasi del luglio 2012, nel quale morì il console americano Chris Stevens.

Anche Ansar al Sharia Derna è affiliata ad AQIM. A differenza dei suoi omologhi salafiti -nazionalisti di Bengasi, quello di Derna è un gruppo salafita-jihadista. E’ guidato da Sufian bin Qumu, ex detenuto a Guantanamo e molto vicino a Osama bin Laden. Non è chiaro se il gruppo sia affiliato anche allo Stato islamico.

La Brigata martiri di Abu Salim è comandata da Shâykh Salim Derby. Si tratta di un gruppo armato locale che cerca di instaurare a Derna la legge islamica. Non sono confermati i legami del gruppo con Al Qaeda.

Il Consiglio della gioventù islamica (Shura Council of Islamic Youth) è invece un gruppo affiliato allo Stato islamico dall’ottobre 2014 ed uno degli attori più forti che opera a Derna. Formatosi nell’aprile 2014, il Consiglio è composto da combattenti di Derna, combattenti provenienti dal resto della Libia e combattenti tunisini, algerini e stranieri con esperienze in Siria e Iraq. Usa, come lo Stato islamico, decapitazioni, fustigazioni pubbliche e assassini politici. E’ considerata l’organizzazione che più di ogni altra può trasferire l’ideologia salafita-jihadista globale all’interno della rivoluzione libica.

Dall’aprile 2014 a Derna sono rientrati circa 300 combattenti libici della brigata al Barrat, dello Stato islamico, protagonista delle battaglie a Dayr az Zor, in Siria, e poi a Mosul, la capitale dello Stato islamico[26].

Report a cura di Daniel Pescini 

Giornalista e blogger, si è specializzato in Storia delle relazioni internazionali alla Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze, analizzando le connessioni tra le crisi petrolifere e la politica estera americana in Medio Oriente. Dopo il Master in Comunicazione Pubblica e Politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Pisa, ha curato gli uffici stampa di diversi enti pubblici. E’ stato analista politico per la rivista Equilibri.net, per la quale si è occupato in particolare della sicurezza energetica dell’Unione europea. Dall’ottobre 2012 cura il blog “Geopolitica italiana”, i cui articoli sono stati pubblicati su vari siti di settore e utilizzati anche come testi dei seminari dell’Istituto Alti Studi della Difesa.

Fonti

[1] Francesco Finucci, Libya: military actors and militias (pdf), Global Security, 2013; J. Pack, K. Mezran, M. Eljarh, Libya’s Faustian Bargains: Breaking the Appeasement Cycle (pdf), Atlantic Council, maggio 2014

[2] Libia, violenze nel giorno delle elezioni, La Repubblica, 26/06/2014.

[3] http://www.ipu.org/parline-e/reports/2185_A.htm

[4] Libia, la Corte suprema scioglie il parlamento, La Stampa, 6/11/2014

[5] Jon Mitchell, War in Libya and its Futures: State of Play – Nationalist Forces (1), Red (Team) Analysis, 03/11/2014

[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Alleanza_delle_Forze_Nazionali

[7] Wolfram Lacher, Fault Lines of the Revolution. Political Actors, Camps and Conflicts in the New Libya, German Institute for International and Security Affairs, maggio 2013.

[8] Libya: profile of Mahmoud Jibril, head of the NTC, The Telegraph, 24/08/2012.

[9] Profile: Libyan ex-General Khalifa Haftar, Bbc, 16/10/2014. Haftar ha fatto parte dei quadri militari che nel 1969 parteciparono al golpe di Gheddafi. Come capo di stato maggiore ha condotto la guerra contro il Ciad dal 1983 al 1987. Catturato dai ciadiani, fu disconosciuto da Gheddafi e diventò uno dei principali oppositori al Colonnello dal suo esilio negli Stati uniti, circostanza che ha alimentato voci di suoi possibili legami con la CIA, che avrebbe avuto un ruolo anche nella sua liberazione. Con la rivoluzione, Haftar è tornato in Libia combattendo con i ribelli, ma il suo passato di gheddafiano e la sua reputazione di filo americano ne hanno oscurato la figura subito dopo la caduta di Gheddafi.

[10] Francesco Battistini, «Combatto il terrorismo anche per voi: se vince in Libia arriva in Italia», Corriere della Sera, 28/11/2014

[11] Camille Tawil, Operation Dignity: General Haftar’s Latest Battle May Decide Libya’s Future (pdf), Terrorism Monitor, Vol. XII, Issue 11, 31/05/2014

[12] Libia 1.0: i protagonisti, Cesi, 23/10/2014

[13] Jacqueline Lacroix, Al-Zintan Revolutionaries’ Military Council, The Libyan Insider, 13/06/2014

[14] Libya oil production plummets as tribes fight to control field in south, McClatchyDC, 23/01/2015

[15] Libia, la mappa delle milizie, Ansa, 16 feb 2015; Libya Dawn: Maps of allies and enemies, Al Arabiya, 24/08/2014.

[16] Di Ernesto, “Libia, il ritorno del generale Haftar“, Cesem, 13 feb 2015

[17] Libya pro-Islamist figure presents rival cabinet lineup, Libya News Today, 3 set 2014; Libia: la mappa delle milizie in un Paese spaccato, Ansa, 16 feb 2015

[18] Libia, leader Fajr Lybia al-Hassi: servono nuove elezioni, Internazionale, 4 nov 2014.

[19] The knack of organisation, The Economist, 12/01/2013

[20] Muslim Brotherhood forms party in Libya, Al Jazeera, 4 mar 2012

[21] Libya: Muslim Brotherhood’s tenuous hold, IISS, 5 giu 2014

[22] Jon Mitchell, War in Libya and its Futures: State of Play – Islamist & Misrata forces (1), The Red (Team) Analysis, 5 gen 2015

[23] Jon Mitchell, War in Libya and its Futures: State of Play – Islamist Forces (2), Red (Team) Analysis, 26/01/2015

[24] Frederic Wehrey, Ending Libya’s Civil War, Carnegie Endowment for International Peace, settembre 2014

[25] Libia: fonti, morto leader di Ansar al Sharia, Ansamed, 23/01/2015

[26] Derna, capitale del Califfato libico, Ansa, 18/02/2015

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