La Francia sposta la sua attenzione dall’Ucraina al Niger

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di Giulio Chinappi

Le recenti dichiarazioni di Emmanuel Macron non vanno lette come un rinsavimento sulla questione ucraina, ma come una modifica degli obiettivi di Parigi in base ai suoi interessi prioritari.

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Il 28 agosto, il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto la sua conferenza annuale con gli ambasciatori francesi nel mondo. In quest’occasione, il capo dell’Eliseo ha rilasciato importanti dichiarazioni che lasciano capire quali siano gli obiettivi della Francia in politica estera, andando a toccare alcuni degli argomenti più caldi, come la crisi ucraina e il colpo di Stato in Niger.

Dalle dichiarazioni di Macron si evince come la Francia sia oggi costretta a rivedere la propria politica nei confronti della crisi ucraina, nel momento in cui i suoi interessi prioritari vengono messi a repentaglio in Africa. Certo, anche in passato Macron aveva espresso opinioni parzialmente in contrasto con i dettami guerrafondai di Washington, ma alla fine era sempre stato richiamato all’ordine dai capi dell’imperialismo occidentale. La realtà è che la Francia ha interessi molto limitati in Ucraina e, anche se meno di altri Paesi (Germania, Italia, Ungheria…), comunque necessita dell’apporto del gas russo.

Al contrario, Parigi non può permettersi di perdere i suoi avamposti neocoloniali in Africa, dove, come noto, ha mantenuto una forte influenza anche dopo la decolonizzazione formale. Il colpo di Stato in Niger, che fa seguito a quello di altri Paesi limitrofi (Mali, Guinea, Burkina Faso) rischia infatti di assestare un duro colpo alla cosiddetta Françafrique, per questo il governo di Parigi è chiamato a correre ai ripari al più presto, anche usando la forza militare se necessario, e non può permettersi di perdere tempo ed energie in Ucraina.

Secondo quanto affermato dallo stesso Macron, “le attuali politiche della Francia escludono qualsiasi possibilità di coinvolgimento diretto del Paese nel conflitto ucraino in corso”. “Ci sforziamo di escludere qualsiasi partecipazione diretta [delle forze armate francesi] al conflitto con la Russia“, ha detto il capo di Stato, aggiungendo che la Francia sta facendo ogni sforzo “per evitare qualsiasi potenziale escalation del conflitto ucraino“.

Naturalmente, questo non significa che la Francia abbia completamente cambiato la propria visione sulla questione ucraina, ma, come detto, si tratta di fare delle scelte prioritarie. Se Macron esclude qualsiasi intervento diretto delle truppe francesi in Ucraina, non fa altrettanto quando parla del Niger, affermando di voler sostenere un’eventuale azione militare della CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) nel Paese. “Noi sosteniamo l’attività diplomatica e, se si deciderà, anche l’attività militare della CEDEAO“, ha affermato Macron, aggiungendo che Parigi non rinuncerà al suo sostegno al presidente legittimamente eletto Mohamed Bazoum.

Con fare paternalistico e neocoloniale, il leader francese ha invitato i residenti del Niger a non lasciarsi ingannare dalla narrativa della giunta secondo cui la Francia è un nemico del Niger. Il problema per la popolazione del Niger, nelle sue parole, è che i ribelli la mettono a rischio “rifiutandosi di combattere il terrorismo e allontanandosi da una politica economica benefica”. Questo è il motivo per cui il Paese “sta perdendo i finanziamenti internazionali che potrebbero aiutarlo a uscire dalla povertà“, ha detto Macron, mascherando il fatto che il taglio della cooperazione da parte degli Stati occidentali rappresenti in realtà una forma di ricatto nei confronti di Niamey, nella speranza di richiamare all’ordine il nuovo governo golpista e di esasperare la popolazione.

Secondo il leader francese, la regione del Sahel è colpita da “un’epidemia di colpi di Stato che derivano dalla debolezza e dalla mancanza di efficacia del suo sistema militare“. Tuttavia, Macron dimentica di sottolineare che la maggioranza di questi colpi di Stato sono stati organizzati proprio per rovesciare governi giudicati eccessivamente genuflessi agli ordini provenienti da Parigi e Washington. Non a caso, questi eventi si sono verificati proprio nei Paesi dove maggiore era la presenza militare degli eserciti occidentali, e dunque potremmo dire che il problema non risiede nei sistemi militari dei Paesi africani, ma nella surrettizia occupazione militare operata da forze straniere.

Va detto che, con uno slancio di realismo, lo stesso Macron ha ammesso come il mondo occidentale stia perdendo credibilità e potere di fronte all’emergere di nuove potenze che richiedono di essere trattate da pari a pari. “La situazione sulla scena internazionale si complica e c’è il rischio che l’Occidente, e in particolare l’Europa, perdano forza. Dobbiamo adottare un approccio sobrio, senza cedere a un eccessivo pessimismo“, ha affermato il presidente in occasione della stessa conferenza. Macron ha anche ammesso che “il ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, così come quello di molte altre organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario internazionale e la Banca mondiale, è costantemente messo in discussione“.

“Sempre più paesi ritengono che queste organizzazioni non abbiano la legittimità per imporre loro determinate regole, che queste regole siano state create in un mondo in cui questi Paesi non esistevano e che non tengono conto delle realtà geopolitiche, demografiche e militari. Ciò si dimostra in linea con ciò che abbiamo visto negli ultimi giorni con i tentativi di espandere i BRICS“, ha affermato. “Questa [espansione dei BRICS] mostra il desiderio di stabilire un ordine alternativo per sostituire quello che chiamiamo ordine mondiale, che oggi è visto come troppo occidentale“, ha aggiunto.

Naturalmente, il fine di Macron è quello di lanciare l’allarme per tentare di correre ai ripari e preservare i privilegi di cui i Paesi occidentali continuano a godere, sebbene l’epoca della colonizzazione sia da tempo terminata. Al contrario, l’obiettivo dei Paesi di Asia, Africa e America Latina è quello di creare un nuovo sistema di relazioni internazionali che risulti più giusto ed equo, dove tutti i Paesi possano avere la propria voce in un ambiente di rispetto reciproco e mutuo vantaggio.

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