“Tre zeri” per la nuova Banca di Sviluppo dei BRICS

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L’obiettivo della Banca dei BRICS non è solo quello esibire il potere politico e finanziario dei paesi emergenti. La ragione per cui è stata creata, è molto importante.

Nel loro summit annuale tenutosi in Russia in questa settimana di luglio, i leader dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) annunceranno la formazione della più nuova e grande banca per lo sviluppo multilaterale a livello globale – la Nuova Banca per lo Sviluppo (NDB) che disporrà di 100 miliardi di dollari come capitale iniziale come fondo per lo sviluppo di infrastrutture e di progetti per lo sviluppo sostenibile, sia nei loro Stati che anche al di fuori.
Ovviamente la NDB non dovrà diventare una nuova Banca Mondiale che finanzi gli stessi tipi di progetti, negli stessi Stati, usando gli stessi strumenti e la stessa forma mentis. Allo stesso tempo il suo obiettivo non deve semplicemente essere quello di simbolizzare il desiderio degli Stati emergenti di mettere in mostra il loro potere politico e finanziario. La ragione della creazione dell’ente deve essere estremamente concreta.

La NDB dovrebbe basarsi su obiettivi completamente nuovi, che devono esser portati avanti con nuove strategie. Sarebbe facile per la NDB cadere nel solco del percorso già tracciato dalla Banca Mondiale, dal momento che si trovano nello stesso ambito. La NDB dovrà opporre resistenza a partire dal suo primo giorno di vita.
Propongo in questa sede 3 obiettivi centrali per la NDB, che personalmente considero rilevanti a livello globale: la NDB dovrà raggiungere entro il 2050 tre “zeri”: zero povertà, zero disoccupazione, e zero emissioni di CO2. La NDB potrebbe pubblicare ogni anno un report in cui indicare i passi in avanti fatti dai BRICS per portare avanti questi obiettivi.

La NDB dovrebbe essere in grado di perseguire questi obiettivi grazie a 4 strategie:
la prima strategia sarebbe quella dar sfogo al potere creativo e all’impegno delle nuove generazioni. Se i BRICS riuscissero a mobilitare le forze dei giovani, sarebbe molto più facile conseguire gli obiettivi.

La seconda sarebbe quella di focalizzarsi sulle innovazioni tecnologiche per risolvere i problemi dell’uomo. La tecnologia, oggi è nelle sole mani dei businessman e dei signori della guerra. La tecnologia, dovrebbe diventare prerogativa di persone socialmente impegnate, oggi totalmente invisibili. La combinazione gioventù-tecnologia creerebbe una forza irremovibile.

Tutto ciò, ci porta alla terza strategia, ossia costruire un vero social business per mobilitare il potere creativo finalizzato a risolvere problemi di vecchia data a livello sociale, economico e ambientale.

Il social business è una nuova varietà di business scollegata dalle logiche del profitto. Si tratta di un business basato su obiettivi e su compagnie senza dividendi, unicamente focalizzate nella risoluzione di problematiche umane. Dopo che la compagnia ne ha tratto profitto, l’investitore recupera il capitale investito, ma non ne ha, a cose avvenute, profitto di alcun tipo. Profitti addizionali vengono tratti solo dall’espansione e dal miglioramento del business.

Gli affari fatti nella maniera tradizionale non sono in grado di risolvere le problematiche sociali. Attori terzi come lo Stato e le organizzazioni caritatevoli private, risulterebbero, per questo fine, insufficienti ed inefficienti. I social business sono sostenibili, efficienti, replicabili e trasferibili.

Ho creato e promosso questo tipo di business in tutto il mondo con ottimi risultati. Credo che il modello del social business debba essere la pietra fondante della struttura istituzionale e del pacchetto politico della NDB. Questo modello può essere agevolmente replicato nei più diversi contesti.

La disoccupazione può essere portata a zero attraverso le iniziative di social business. La disoccupazione è il prodotto di un’interpretazione fallace e speculativa dell’essere umano. Gli esseri umani non sono per natura “in cerca di lavoro”, ma sono “imprenditori” fin dalla nascita. L’imprenditoria è nel DNA dell’essere umano, in quanto “carrieristi” e portati alla “risoluzione dei problemi”. Il social business può trasformare i “disoccupati” in “imprenditori”. Lo stiamo facendo ora in Bangladesh e la NDB può adottarlo come suo programma primario.

Una volta che la NDB avrà creato una nuova finestra per finanziare e promuovere il social business, attrarrà giovani, anziani, uomini, donne, individui e organizzazioni con in mente un’idea di social business. Tutto ciò può essere un incoraggiamento anche per gli attori del business convenzionale, ad intraprendere il social business affiancandolo alle loro attività convenzionali.

La NDB potrebbe creare dei fondi per il social business a livello di Stati come joint ventures con partner locali. Potrebbe creare un livello provinciale di fondi per il social business di cui possa detenere una piccola porzione di capitale, lasciando la parte più sostanziosa agli investitori locali.
Assicurare servizi finanziari ai poveri, assistenza sanitaria ai poveri e alle persone difficilmente raggiungibili, potrebbe essere conseguito attraverso la creazione di social business.

Mentre la NDB intraprenderà la costruzione di diversi tipi di progetti di infrastrutture, bisognerà anche considerare a chi sarà affidata la proprietà ed il mantenimento delle suddette strutture. Oggi abbiamo un chiaro esempio del possesso delle maggiori infrastrutture da parte degli affaristi. Nel passato, ciò era prerogativa esclusiva del governo. Un caso a parte, oltre al possesso da parte del governo o della proprietà commerciale, troviamo un nuovo tipo di proprietà: quella del social business. Nella prospettiva degli utenti che ne usufruiscono, la proprietà basata sul social business è un’opzione molto più allettante delle due precedenti.

Infine, i diritti umani ed una buona governance dovrebbero stare alla base delle scelte operative della NDB.
Adesso, la NDB ha l’opportunità di creare obiettivi equi e strategie appropriate per la loro implementazione.
Auguro all’NDB tutti i successi possibili nel riprogettare il mondo e renderlo sostenibile.

Muhammad Yunus

(Traduzione per CeSEM di Marco Nocera)

Fonte:

crisisaction.org
http://fahamu.org/node/2060

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