La Russia non è una minaccia per la NATO o per gli Stati neutrali. Punto e basta.

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di Jan Oberg

Perché l’onnipresente, massiccia e uniforme propaganda che vuole la Russia come minaccia contro la NATO è un’assurdità. Come si fa invece un’analisi della minaccia credibile e di qualità professionale. Perché decidere le spese militari in percentuale del PIL è un’assurdità esemplare. Perché la NATO non può essere definita “difensiva” e 17 ragioni per cui la Russia non è una minaccia per la NATO o per gli Stati neutrali.

FONTE ARTICOLO

La NATO compirà presto 75 anni – nel mezzo della sua crisi più profonda di sempre, checché se ne dica. In tutti questi anni, abbiamo sentito ripetere che i “russi” – l’Unione Sovietica/Patto di Varsavia e la Russia di oggi – stanno arrivando!

Ma mentre i sovietici/russi hanno invaso altri Paesi, non hanno mai invaso un Paese della NATO o un Paese neutrale in Europa. E quando la Prima Guerra Fredda finì – ben 30 anni fa – e gli archivi furono aperti, presumibilmente non fu trovato alcun piano per un attacco improvviso e per l’occupazione di uno di questi Paesi – ma c’erano, piuttosto, piani su come respingere le forze occidentali in caso di attacco.

Se le vostre previsioni si sono rivelate così costantemente sbagliate nel corso di sette decenni, non sarebbe allora una cosa di buon senso chiedersi perché ci siamo sempre sbagliati? Perché spendiamo trilioni per difenderci da una minaccia permanente che non si verifica mai – un po’ come aspettare Godot nell’altrettanto assurdo dramma di Beckett? L’obiettivo intellettualmente insensato (vedi più avanti) della NATO, secondo cui tutti i membri devono spendere almeno il 2% del PIL, percentuale che una volta era considerata un tetto massimo, si è rapidamente trasformata, invece, nella base di partenza.

E perché in questi anni i Paesi della NATO si muovono in direzione di un’economia di guerra in cui le armi hanno la priorità sul burro a tal punto che le loro economie e il loro benessere saranno fondamentalmente minati? Questo sarà uno dei motivi principali per cui perderanno più rapidamente di altri a favore dei nuovi attori emergenti del mondo multipolare, in particolare Cina, India e Africa?

Praticamente tutto ciò che serve per sostenere queste previsioni e politiche militariste – pericolosamente sbagliate – sono una o più di queste quattro affermazioni/mantra:

  • I russi stanno arrivando;
  • Putin è un dittatore, un uomo malvagio;
  • Guardate la sua invasione su larga scala dell’Ucraina, improvvisa e non provocata;
  • Dopo aver conquistato l’Ucraina, Putin non si accontenterà ma cercherà di conquistare altri Paesi.

Questo viene ripetutamente affermato senza alcuna prova o probabilità; semplicemente viene postulato.

Questo è anche lo scenario dichiarato dal Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, all’inizio di marzo 2024 – da cui ha concluso che “se l’Ucraina cadesse, la NATO si troverebbe a combattere contro la Russia“. Così, anche il capo della Difesa svedese ha sostenuto che Putin potrebbe effettuare un’invasione parziale della Svezia meridionale (Scania).

Vignetta satirica: “I Russi stanno arrivando!”


Invece della propaganda della paura di oggi: come fare un’analisi decente delle minacce?

I quattro mantra di cui sopra non hanno alcuna validità; i politici, i media e gli esperti accademici che li promuovono li affermano, infatti, costantemente, senza alcuno scenario di riferimento, argomento o probabilità plausibile.

Questo perché non si basano su alcuna analisi mentre la loro funzione non è quella di dire la verità, ma di spaventare a sufficienza i cittadini e far sì che a) sostengano le “nostre” politiche di armamento e di confronto e b) accettino spese militari sempre più elevate, prelevate dalle loro tasse.

Inoltre, la maggior parte dei cittadini non è in grado di guardare oltre la propaganda. La minaccia russa è dichiarata dalle élite, alcune in uniformer militare di alto rango, tutti civili con un’uniforme interna politicamente corretta: chi avrebbe abbastanza conoscenze per alzarsi e dire che l’imperatore non indossa vestiti?

C’è un termine per questo: fearology.

Instillare la paura nelle persone rende molto più facile far loro credere a ciò che sentono dire e accettare politiche che – presumibilmente – le proteggeranno da ciò che viene fatto loro temere; questo ha il carattere del perpetuum mobile e non serve alla sicurezza delle persone quanto alle élite di quello che io chiamo il Complesso Militare-Industriale-Mediatico-Accademico, MIMAC.


— Jan Oberg

Contrapponiamo ora a questa baggianata paurosa una vera e propria analisi della minaccia. Come dovrebbe essere condotta un’analisi di questo tipo?

1 – Si riuniscono le migliori competenze civili e militari del Paese e le si fanno lavorare come commissione per almeno un anno;

2 – Si esaminano tutti i fattori, i rischi, le tendenze e gli eventi che potrebbero minacciare il Paese, dall’interno e dall’esterno, con mezzi sia civili che militari.

3 – Si sviluppano degli scenari su come il mondo, l’ambiente circostante e il vostro Paese si muoveranno – dal migliore al peggiore dei casi, forse 5-10 scenari diversi di ciò che possiamo aspettarci, in queste o quelle circostanze, di dover incontrare e da cui doverci difendere – e, anche se è difficile: cosa possiamo immaginare quale sarà uno scenario molto sorprendente?

4 – Si decide l’arco temporale: ad esempio 5, 10, 20 o 50 anni nel futuro.

5 – Si decidono, poi, quali tipi di minacce siano più probabili in ciascun arco temporale. Si valuta anche quali minacce sono così grandi (se diventano realtà) che non ha senso premunirsi contro di esse, come una guerra nucleare totale o una catastrofe ecologica totale. Inoltre, vengono decise quali minacce probabili, invece, siano così piccole da poterle ignorare e gestire con breve preavviso.

6 – A questo punto, si dispone di una serie di scenari di minaccia più o meno complessi, ciascuno con una propria probabilità: qual è la probabilità che X si verifichi nei prossimi 5 o 20 anni?

7 – Si decide, quindi, per quali di questi eventi pianificare. Cioè, si selezionano quegli eventi che rientrano in una fascia media di probabilità e le cui risorse consentono di fare qualcosa per prevenirli o soddisfarli.

8 – Il passo successivo consiste nell’esaminare le risorse di cui disponiamo oggi e che possiamo mobilitare in caso di necessità. Tutti i Paesi devono fare economia con ciò che hanno (risorse scarse) e stabilire delle priorità: hanno solo una quantità di denaro da spendere per la stabilità, la difesa, la sicurezza e la pace – non risorse illimitate, poiché anche altri settori hanno bisogno di fondi.

9 – Attraverso il dialogo politico che interessi tutta la società e il processo decisionale democratico, viene elaborata e finanziata una politica di difesa sulla base di un’analisi completa delle minacce che i politici hanno ricevuto dagli esperti di cui al punto 1. Si decide, allora, su quali misure adottare, e su quali di queste per la difesa e la pace. Si decide, quindi, cosa, nei limiti delle possibilità del Paese, si può fare per difendersi dalle minacce, quando e da chi.

Ecco come si fa un’analisi di qualità della minaccia nazionale, qui semplificata in 9 punti.

Tutte le altre costruzioni di minacce – come i mantra riportati sopra nel testo – sono semplicemente sciocche. O si spenderà molto per far fronte a minacce che non hanno alcuna realtà o probabilità di verificarsi, oppure si trascureranno rischi e minacce reali perché non si è fatto il necessario – e si perderà il giorno in cui si manifesterà una minaccia imprevista.

L’emotività e le decisioni prese in preda al panico da piccole élite “che pensano in gruppo” e che elaborano lo stesso tipo di pensieri costituiscono una ricetta completa per essere colpiti, prima o poi, da un disastro imprevisto.

Tuttavia, tragicamente, i Paesi della NATO stanno ora optando per la determinazione della minaccia in modo sciocco/emotivo piuttosto che razionale-analitico poiché in seno alla NATO c’è bisogno di a) coprire il suo errore di cercare di far entrare l’Ucraina nell’Alleanza mentre b) non ha la capacità intellettuale necessaria per fare altrimenti – per ragioni che ho trattato in dettaglio nell’articolo dal titolo “Abolire la NATO o convertirla per servire la pace – 30 argomenti e 100 ispirazioni“.

Le spese militari legate ai risultati economici sono un’assurdità intellettuale

Uno dei tanti indicatori di questa incapacità all’interno della NATO è il fatto di legare gli investimenti militari al PIL, cioè alla performance economica di uno Stato così che se un Paese che va bene nella sua economia civile destina automaticamente più risorse alle sue spese militari, o a quelle dell’Alleanza.

Al contrario, un Paese in crisi economica rende meno di quando andava bene.

L’assurdità di tutto ciò è che la percentuale di GDF è totalmente avulsa da qualsiasi analisi delle minacce – e certamente dal metodo classico e completo in nove punti proposto in precedenza. È legata, invece, alla performance economica, non a una seria e complessa analisi delle minacce e, quindi, le spese militari – almeno potenzialmente – non avranno nulla a che fare con l’aumento o la diminuzione del livello di minaccia generale.

L’unica cosa rilevante è se l’economia sale o scende.

Ancora una volta, ciò si basa sull’idea altrettanto assurda – o sul presupposto implicito – che spendere più soldi per acquisire più armi sia l’unica o la migliore strada per la sicurezza.

Tale ragionamento, inoltre, si basa sul dubbio presupposto che più è meglio. Però, ad esempio, se si investe tutto il denaro extra in armi ma non si fa nulla per garantire l’importazione o la produzione di energia non si possono rifornire di carburante i propri aerei da combattimento, che rimarranno bloccati a terra.

Tutto questo è insensato come lo sarebbe sostenere che più investiamo in medicina, più la nostra società sarà automaticamente sana. È possibile – sia empiricamente che filosoficamente – sostenere che non c’è una correlazione immediata o automatica tra investimenti in armi e sicurezza o in medicine e salute; anzi, potrebbe essere proprio il contrario: più armi (in particolare di tipo offensivo e minaccioso) ci renderanno meno sicuri semplicemente perché saranno percepite come minacciose dagli avversari e stimoleranno o costringeranno questi ultimi ad armarsi ancora di più contro di noi – ovviamente in nome della loro difesa.

L’adozione della misura della percentuale del PIL è espressiva del pensiero dell’economia di mercato. Più denaro significa risolvere un problema. Tutto diventa un prezzo sul mercato, non una questione di pensiero, di valutazioni analitiche o di possibili soluzioni alternative – ed è una misura quantitativa, non qualitativa. Viene in mente il personaggio di una commedia di Oscar Wilde che dice qualcosa del genere: oggi siamo una società in cui la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di niente – la quantità contro la qualità.

Inoltre, se c’è una cosa che la storia della guerra ci dice, è che i Paesi con forze e spese militari enormi hanno sistematicamente perso le guerre contro avversari più piccoli – ad esempio, il Vietnam – perché questi Paesi più piccoli anche se sono stati attaccati avevano un morale migliore, strategie e dottrine migliori, conoscevano la loro cultura e la loro società meglio dell’invasore – e conoscevano l’invasore meglio di quanto l’invasore conoscesse loro.


— Jon Oberg

Tra parentesi, questo potrebbe ripetersi con la Russia in Ucraina (anche se la Russia conosce l’Ucraina per ottime ragioni storiche e culturali) e con la NATO, nettamente superiore che combatte la Russia (direttamente o indirettamente attraverso l’Ucraina).

Il tempo lo dirà.

La semplice conclusione è che questo legame tra spese militari e risultati economici è indicativo di un disarmo intellettuale e di un pensiero meccanico che, con ogni probabilità, porterà all’autoinganno. Dopotutto, è la qualità/valore di ciò che facciamo e non solo il suo prezzo a determinare la sopravvivenza, la sicurezza e la pace. Qualcuno ha visto una critica all’adozione della percentuale del PIL per la spesa in armi da qualche altra parte?


Perché la Russia non è una minaccia per la NATO o per gli Stati neutrali?

Torniamo ora alla minaccia russa che non lo è. Ecco alcuni argomenti – esposti senza alcuna priorità.

1 – La Russia ha perso almeno 25 milioni di persone nella seconda guerra mondiale. I russi sanno meglio di molti altri cosa significa la guerra.

2 – La Russia vede la necessità di una zona di sicurezza di qualche tipo perché è stata invasa tre volte dal 1812 – da Napoleone, dalla Rivoluzione Bianca e da Hitler – e non il contrario, ma gestire un membro occupato dalla NATO non è produttivo o possibile.

3 – La Russia ha il più grande bacino in termini di risorse naturali e non ha bisogno di cercare di accaparrarsi quelle di altri – come gli Stati Uniti e altri Paesi fanno con il petrolio in Medio Oriente.

4 – La Russia ha imparato dal crollo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia – 1990/91 – che non è possibile seguire i Paesi della NATO in termini di spese militari senza militarizzarsi a morte, cioè minando la propria economia civile.

5 – Ciò dimostra che l’economia russa è molto piccola rispetto a quella dei 32 Paesi della NATO.

6 – Le spese militari della Russia erano l’8% di quelle della NATO fino all’invasione dell’Ucraina. È vero che le spese militari non si traducono direttamente in capacità di iniziare guerre, combatterle e sostenerle. D’altra parte, iniziare una guerra contro un avversario con una spesa militare 12 volte superiore e un’economia molto più grande sarebbe una follia, un suicidio o un errore di calcolo himalayano, fatale e basato sulla completa irrazionalità.

Putin e le persone che lo circondano non soffrono di queste malattie.

7 – Queste limitazioni rendono estremamente improbabile che la Russia riesca, se ci provasse, a costruire qualcosa di vagamente simile all’impero globale degli Stati Uniti o ad essere un “imperialista”, come spesso viene chiamato. Ha alcune basi all’estero, ma non più di 600 come, invece, dispongono gli Stati Uniti.

La Russia, dunque, non è una potenza imperialista.

8 – Se invadesse un Paese della NATO (o qualsiasi altro, se è per questo), si troverebbe di fronte a un nuovo problema: i popoli occupati lavoreranno invariabilmente contro i loro occupanti. Come potrebbe la Russia, con le sue risorse militari relativamente limitate, essere in grado di amministrare, proteggere e sviluppare un certo numero di paesi che potrebbero venire recuperati dal resto dei Paesi della NATO?

9 – Se l’aggressione contro la NATO o gli Stati neutrali – o contro uno degli Stati di tutto il mondo – era, per così dire, nei geni dei russi, perché non ne hanno fatte molte di più? Negli anni ’60 e ’70, la portata globale dell’Unione Sovietica, in particolare in Africa e in Medio Oriente, dal punto di vista politico e militare, era molto maggiore di quella della Russia di oggi.

10 – La Russia post-Guerra Fredda di Putin ha investito prevalentemente per rimettere in piedi la Russia dopo la completa e disastrosa disintegrazione di allora, ha creato una società ammirevole con un’economia più forte di quanto molti avessero previsto ed è anche rimasta abbastanza resistente alle più intense e ampie sanzioni della storia imposte dai Paesi dell’UE e della NATO.

Invadere un Paese della NATO minerebbe o distruggerebbe tutto questo processo.

11 – Vladimir Putin è Presidente da più di 20 anni. Se fosse un vero espansionista o “imperialista”, come mai non ha invaso un Paese dopo l’altro – ispirato anche dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO che hanno fatto questo genere di cose in modo permanente, non ultimo sulla scia degli eventi dell’11 settembre?

12 – Se la Russia è una minaccia così formidabile perché non ha costruito più di 600 basi militari in tutto il mondo come, invece, hanno fatto gli Stati Uniti e altre centinaia per eguagliare Francia e Regno Unito in questo campo? (Si veda la risposta al punto 13).

13 – Mentre l’Unione Sovietica ha rappresentato un’altra ideologia concorrente fino alla sua dissoluzione – comunismo sovietico, economia statale pianificata, un unico partito comunista, ecc. – la Russia di oggi non può essere percepita come una minaccia sistemica o ideologica.

14 – Tutti i leader russi, compresi Gorbaciov, Eltsin, Putin e Medvedev, hanno espresso interesse a lavorare con la NATO, a costruire “una casa europea“, come l’ha definita Gorbaciov.

L’ex Segretario Generale della NATO Robertson ci ha raccontato di aver discusso con l’Unione Sovietica una sorta di adesione alla NATO e, quando Putin ha sollevato la questione, la NATO gli ha risposto che la Russia avrebbe dovuto mettersi in coda, dopo il piccolo Montenegro.

L’Unione Sovietica chiese di diventare membro della NATO nel 1954, fu respinta e poi fondò il Patto di Varsavia nel 1955. Questi tentativi russi – peraltro vani – difficilmente possono essere visti solo come negativi, piuttosto, forse, vanno letti come il tentativo di un piccolo fratello occidentale che vuole unirsi al fratello maggiore piuttosto che ucciderlo.

15 – Il Presidente Putin ha ripetutamente affermato di considerare la Russia – almeno anche – come uno Stato e una cultura europei, sostenendo che senza gli scambi tra l’Europa occidentale e la Russia nel corso della storia, la Russia non sarebbe stata ciò che è oggi.

Gli europei occidentali della NATO e dell’UE non hanno mai avuto un atteggiamento simile nei confronti della cultura russa ma non hanno avuto alcun problema o esitazione a tagliarla fuori dopo l’invasione dell’Ucraina.

16 – Vladimir Putin non ha mai detto alla NATO che “se succede questo o quello – o se fate questo o quello – la Russia invaderà il vostro Paese“. Il suo stile è stato quello di fare appello alla NATO affinché non continui la politica di espansione; un esempio è il suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007. Nel complesso, l’atteggiamento della Russia nei confronti della NATO è stato molto più difensivo dopo la fine della guerra fredda che durante la stessa.

17 – Qualunque cosa si possa pensare del Presidente russo, non è né inesperto né una testa calda né un pazzo suicida. E non si è ammalato né è diventato un maniaco durante la giornata del 23 febbraio 2022.

La NATO non è “difensiva” e negli ultimi 25 anni ha operato in grave violazione del suo stesso Trattato

Se alcuni (o tutti) dei 17 punti di cui sopra sono ragionevoli, la NATO ha un solo compito ora: farsi gli affari propri.

Se leggete il Trattato della NATO del 1949 – e potete farlo qui – è fondamentalmente una copia della Carta delle Nazioni Unite.

Il trattato afferma che i conflitti devono essere trasferiti all’ONU e risolti con mezzi pacifici, e poi aggiunge l’articolo 5, il quale stabilisce che se un membro della NATO viene attaccato, gli altri devono intervenire in sua difesa.

Le parole dell’Alleanza sono effettivamente difensive, ma sin dalla sua prima operazione fuori area – gli spietati 78 giorni di bombardamenti sulla Jugoslavia dal 24 marzo al 10 giugno 1999 – ha perseguito politiche e operazioni offensive in grave violazione del suo stesso Trattato.

Il coinvolgimento massiccio dei Paesi della NATO in Ucraina, usata come testa di ponte o proxy per indebolire la Russia – o per cercare di sconfiggerla una volta per tutte – è il punto più alto di questa politica criminale lungo un pendio scivoloso.

Coloro che definiscono la NATO come alleanza “difensiva” non hanno le conoscenze di base in materia – o praticano un’opportuna ignoranza.

Un’alleanza – e i suoi membri – che

1) agisce molto al di fuori della propria cerchia di membri,
2) conduce operazioni militari offensive a grande distanza,
3) manca di un mandato legale, come in Jugoslavia,
4) si basa sulla deterrenza offensiva piuttosto che su quella difensiva,
5) persegue la difesa e il dispiegamento in avanti,
6) si basa su armi nucleari e
7) insiste sull’uso di armi nucleari anche contro un attacco convenzionale

non può essere definita “difensiva” da nessuna definizione del concetto.

Questo è un altro esempio di umorismo militarista. Il termine “difensivo” è destinato al consumo interno; ovviamente, non si può ammettere ai propri cittadini che si è offensivi e minacciosi per gli altri. E nessun Paese che fronteggia un confronto con la NATO la percepirebbe come “difensiva”. Quindi, “difensivo” è valido per il mondo della NATO, non per il resto del mondo.

Allora perché sentiamo dire che la Russia è comunque una formidabile minaccia per la NATO?

Che cosa ne pensiamo di questa formidabile minaccia russa quando ascoltiamo anche la schietta e sensazionale dichiarazione dell’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen dopo l’inizio della guerra in Ucraina: “Putin sarà ridotto in poltiglia dalla NATO. Quando la NATO si muoverà, lo farà con una forza enorme. Bisogna ricordare che gli investimenti che facciamo nella difesa sono dieci volte superiori a quelli di Putin“, ha dichiarato alla TV 2 della Danimarca.

Questo per quanto riguarda la minaccia del formidabile avversario della NATO. C’è qualcosa che semplicemente non ha senso.

Parafrasando Shakespeare, c’è qualcosa di marcio nell’alleanza ‘difensiva’ della NATO. E questo marcio potrebbe farci finire in un “non essere” piuttosto che in un “essere“.

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