Un ponte tra l’Est e l’Ovest: i crescenti legami tra la Belt and Road Initiative e l’Europa

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Nel 2013, quando il Presidente Xi Jinping presentò in Kazakhstan l’iniziativa della Nuova Via della Seta, l’Europa non costituiva un fulcro strategico della sua visione. Inizialmente, la Belt and Road Initiative era strettamente connessa alle priorità interne della Cina, particolarmente considerando il delicato momento di transizione economica. La diplomazia cinese, allora, poneva l’accento soprattutto sulle tensioni regionali con nazioni come Giappone, Filippine e Vietnam, in risposta alla strategia di “pivot asiatico” degli Stati Uniti[1]. La BRI si proponeva, dunque, di conseguire due obiettivi principali: inizialmente, estendere la Grande Strategia di Sviluppo Occidentale al di là dei confini cinesi, migliorando così le connessioni con l’Asia Centrale; successivamente, sviluppare una strategia per controbilanciare l’influenza degli Stati Uniti promuovendo legami economici con regioni non allineate agli interessi statunitensi. In questa fase iniziale, l’Europa assumeva un ruolo marginale nel contesto della BRI, possibilmente limitato a evocare simbolicamente l’antica Via della Seta. Tuttavia, con l’avanzare del progetto sotto la guida di Xi Jinping, si è notevolmente accresciuta l’importanza dell’Europa all’interno della visione della BRI.

“La Cina è un gigante che dorme. Lasciatelo dormire! Perché, quando si sveglierà, scuoteràil mondo”
(Napoleone, 1816)

“Today, the lion has woken up, but it is peaceful, pleasant and civilized.”
(Xi Jinping, 2014)

Il seguente articolo fa parte del progetto di ricerca del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo “Cina: una potenza responsabile nella crisi geopolitica mondiale”

L’ingresso della BRI nel Vecchio Continente

Nel 2013, quando il Presidente Xi Jinping presentò in Kazakhstan l’iniziativa della Nuova Via della Seta, l’Europa non costituiva un fulcro strategico della sua visione. Inizialmente, la Belt and Road Initiative era strettamente connessa alle priorità interne della Cina, particolarmente considerando il delicato momento di transizione economica. La diplomazia cinese, allora, poneva l’accento soprattutto sulle tensioni regionali con nazioni come Giappone, Filippine e Vietnam, in risposta alla strategia di “pivot asiatico” degli Stati Uniti[1]. La BRI si proponeva, dunque, di conseguire due obiettivi principali: inizialmente, estendere la Grande Strategia di Sviluppo Occidentale al di là dei confini cinesi, migliorando così le connessioni con l’Asia Centrale; successivamente, sviluppare una strategia per controbilanciare l’influenza degli Stati Uniti promuovendo legami economici con regioni non allineate agli interessi statunitensi. In questa fase iniziale, l’Europa assumeva un ruolo marginale nel contesto della BRI, possibilmente limitato a evocare simbolicamente l’antica Via della Seta. Tuttavia, con l’avanzare del progetto sotto la guida di Xi Jinping, si è notevolmente accresciuta l’importanza dell’Europa all’interno della visione della BRI.

In particolar modo, dal 2014 in poi, in concomitanza anche con il progredire dei negoziati tra Unione Europea e Stati Uniti tramite il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP)[2], Pechino ha iniziato a investire, in maniera strategica, nel Vecchio Continente, in primis in Italia. Quest’ultima ha rappresentato un’ottima porta d’ingresso per gli investimenti cinesi anche in considerazione della forte crisi finanziaria che vi era in corso nonché dal fatto che, dal luglio 2014, l’Italia ricopriva anche il ruolo di Presidente di turno del Consiglio dell’UE. A ricevere per primi i finanziamenti sono state le aziende più strategiche del Paese, quali ENI, ENEL Telecom Italia[3], ma non solo. Con il passare del tempo, dunque, la BRI ha guadagnato sempre più importanza in Europa e diversi Paesi europei, tra cui Regno Unito, Germania, Francia e Italia, hanno aderito alla Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture[4], segnalando il riconoscimento e l’accettazione del ruolo e dell’impatto positivo che la Cina stava ottenendo nello sviluppo globale.

Con il trascorrere degli anni, la BRI ha attraversato una fase evolutiva che ha visto il suo impatto potenziale sull’Europa concentrarsi sullo sviluppo di progetti infrastrutturali. In particolare, si sono evidenziate iniziative riguardanti ferrovie – soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali europee – e porti, data la preferenza verso rotte marittime in termini di rapporto costo-efficacia. Parallelamente, l’energia è emersa come un ambito di interesse nell’ambito della BRI. L’influenza di quest’ultima sulle dinamiche commerciali ha rapidamente indicato un potenziale significativo nell’abbassamento dei costi di trasporto e nell’incremento dei volumi di scambio tra Cina ed Europa. Questa valutazione non trascura, ovviamente, altri fattori cruciali come le dinamiche geopolitiche globali e la capacità dell’Unione Europea di coordinare politiche e strategie.

Esigenze infrastrutturali nell’Europa centrale e orientale e ruolo della BRI

Il rafforzamento dei legami economici tra Cina ed Europa, grazie anche alla BRI, hanno segnato un cambiamento nelle relazioni bilaterali e nello scenario geopolitico globale. È in questo contesto in evoluzione che possiamo analizzare le crescenti esigenze infrastrutturali dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale e il ruolo assunto dalla Belt and Road Initiative.

Il ventunesimo secolo ha assistito a una trasformazione di vasta portata nelle dinamiche economiche e geopolitiche globali, con un’enfasi particolare sui rapporti tra Est e Ovest. In questo scenario, la Belt and Road Initiative si manifesta come un catalizzatore di significativi mutamenti. L’Europa, specialmente la regione centrale e orientale, rappresenta il fulcro di questo processo di trasformazione, affrontando sfide e prospettive uniche per soddisfare le esigenze infrastrutturali, richiedenti una risposta strategica.

I Paesi dell’Europa Centro-Orientale hanno affrontato negli ultimi decenni imponenti esigenze di ammodernamento e potenziamento delle proprie infrastrutture di trasporto, energetiche e digitali. Le ragioni di tale gap vanno ricercate principalmente nella passata condizione di Paesi satellite dell’Unione Sovietica, che non ha permesso lo sviluppo di collegamenti moderni con il resto del continente. Inoltre, il processo di integrazione europea ha portato a un netto spostamento dell’asse economico verso Ovest, riducendo gli investimenti verso Est. Il deterioramento delle infrastrutture ereditate dal periodo socialista, combinato con le sfide emergenti dall’integrazione europea, ha posto la necessità di investimenti mirati e su larga scala nel settore delle infrastrutture. La BRI, con la sua vasta portata di progetti, si è presentata come una risposta potenzialmente trasformativa a queste esigenze. In particolar modo, l’espansione degli investimenti e dei progetti infrastrutturali in settori cruciali come trasporti, porti ed energia ha creato nuovi legami economici tra Cina ed Europa, ridefinendo le relazioni bilaterali e il quadro geopolitico globale. Il quadro politico ed economico dell’Europa centrale e orientale è eterogeneo, così come lo è la varietà di approcci nei confronti della BRI. Mentre alcuni Paesi abbracciano attivamente l’iniziativa, altri sono più cauti, preoccupati delle implicazioni politiche ed economiche di un avvicinamento troppo stretto alla Cina.

Non vi è dubbio dell’importanza strategica che l’Europa centro-orientale ricopre: essa, infatti, funge da snodo fondamentale per le rotte che collegano i mercati dell’Europa e dell’Asia, sia via mare che via terra, svolgendo un ruolo chiave nel facilitare il transito dei flussi di merci. La posizione geografica consente il passaggio delle merci provenienti dalla Cina occidentale attraverso la Russia o l’Asia centrale verso l’Europa occidentale. Questa strategia permette alla Cina di ridistribuire parte delle sue forniture marittime, riducendo la dipendenza dallo Stretto di Malacca. Inoltre, dal punto di vista commerciale, questo percorso terrestre accelera i tempi di trasporto rispetto al tradizionale metodo marittimo con transito ferroviario e offre un costo più vantaggioso rispetto al trasporto aereo[5].

L’interesse della potenza asiatica nell’Europa Centrale e Orientale è manifestato attraverso la creazione, nel 2012, dell’iniziativa “16+1” (divenuta “17+1” con l’adesione della Grecia nel 2019), un anno prima del lancio della BRI. Tale iniziativa ha delineato il suo obiettivo fondamentale nel documento presentato durante il primo summit a Varsavia nel 2012[6]: raggiungere un elevato livello di coordinamento politico e reciproca comprensione tra Pechino e sedici Paesi dell’Europa Centrale e Orientale (undici Stati membri europei e cinque dei Balcani occidentali)[7]. Il nucleo dell’iniziativa si concentra sull’incremento delle infrastrutture e delle tecnologie avanzate. Questo si svolge considerando la complementarietà geopolitica tra la Cina e i Paesi dell’Europa centro-orientale, in termini delle rispettive capacità offerte e delle esigenze reciprocamente soddisfatte.

Sebbene l’iniziativa “16+1” fosse stata lanciata precedentemente alla BRI, quest’ultima ha fornito ulteriore slancio a questo forum, consentendo alla potenza asiatica di ampliare e rafforzare le proprie relazioni con i Paesi orientali e i Balcani. Tuttavia, risulta interessante osservare che la maggior parte dei Paesi dell’ex blocco sovietico fa parte di questa piattaforma. Ancora più significativo è il coinvolgimento di dodici Stati dell’Unione Europea[8], circostanza che potrebbe eventualmente generare rallentamenti procedurali. Un esempio riguarda uno dei progetti principali finanziati dalla Cina, vale a dire il progetto di ammodernamento della linea ferroviaria ad alta velocità Budapest-Belgrado, nel quadro della BRI, la cui fine dei lavori sarebbe prevista per il 2025[9]. Alcuni ritardi si sono verificati a seguito di obiezioni da parte della Commissione Europea per quanto riguarda una gara d’appalto riguardante la parte ungherese dell’investimento[10]. Nonostante le complessità attuative e i cambi di programma, il progetto dimostra l’impegno cinese nel co-finanziamento di progetti infrastrutturali di ampio respiro lungo gli assi strategici della BRI. Il collegamento ferroviario presenta infatti una grande importanza strategica per la Cina e si basa su quattro principali fattori. In primo luogo, connette i Balcani all’Unione Europea, offrendo quindi un accesso diretto al mercato comune. In secondo luogo, fa parte di una linea più lunga che collega il porto di Pireo a Budapest, diventando così un canale importante per le merci cinesi che arrivano in Europa. In terzo luogo, il progetto funge da pilastro di supporto per la Cooperazione 17+1 e, infine, il collegamento ferroviario serve come esempio delle capacità cinesi nella costruzione di ferrovie, aprendo la strada a futuri progetti cinesi all’interno dei confini dell’Unione Europea.

Più recentemente, una considerevole porzione degli investimenti infrastrutturali cinesi è stata destinata ai Balcani occidentali. La Serbia si è collocata al primo posto per l’entità degli investimenti ricevuti, seguita da Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Macedonia del Nord, tutte nazioni che hanno attratto progetti di notevole portata e che hanno registrato una forte presenza cinese[11]. È da sottolineare che nessuna di queste nazioni fa parte dell’Unione Europea, agevolando così Pechino nella conduzione di trattative bilaterali, evitando l’ingombro della burocrazia dell’UE.

Tra i progetti di rilievo figura la costruzione in corso, ad opera della Cina, di un’autostrada nel piccolo Montenegro, volta a collegare il suo principale porto all’entroterra e successivamente alla Serbia. Fin dalla sua fase iniziale, non sono mancate controversie, con i critici dell’UE preoccupati per il peso del debito associato. Tuttavia, il Governo montenegrino sostiene di poter gestire il debito e che l’autostrada è un’urgente necessità per stimolare l’economia. Nel 2023, è stato siglato un ulteriore contratto con un’altra azienda cinese per la costruzione di una seconda autostrada lungo la costa montenegrina[12].

Per quanto riguarda la Serbia, i progetti includono la già menzionata ferrovia da Belgrado a Budapest e un “ponte dell’amicizia” sul fiume Danubio aperto nel 2014. Nel 2022, è stato firmato un contratto per la realizzazione di un altro ponte, una nuova autostrada e un sistema fognario multimilionario. Inoltre, il 17 ottobre 2023, i due Paesi hanno firmato uno storico accordo di libero scambio[13]. Dalla prospettiva serba, sembra che la cooperazione sotto l’etichetta degli investimenti infrastrutturali BRI stia procedendo in modo positivo.

In un policy paper pubblicato nel 2021[14], è stata condotta un’analisi approfondita rivelando dati interessanti su altri due Paesi europei impattati dalla BRI: la Repubblica Ceca e la Polonia[15]. In questi ultimi anni, entrambi questi Paesi si sono profilati come destinazioni inizialmente favorevoli agli investimenti provenienti dalla Cina all’interno dell’Unione Europea. Sebbene la Repubblica Ceca abbia registrato un notevole aumento degli investimenti cinesi in quel periodo, la situazione in Polonia si è rivelata più complessa, caratterizzata da decisioni strategiche divergenti.

Nel settore dei trasporti, la Repubblica Ceca lamenta una carenza di investimenti, mentre la Polonia riveste un ruolo cruciale come hub ferroviario dell’Europa centrale. Nonostante i dibattiti intorno alla possibilità di investimenti cinesi nel 2017, la Polonia ha deciso di non ricercare il capitale cinese per lo sviluppo delle proprie infrastrutture. Tuttavia, nel 2020, la Polonia ha inaugurato un nuovo collegamento ferroviario merci con la Cina, senza coinvolgere direttamente investimenti cinesi. Nel settore energetico, la Cina ha partecipato a progetti fotovoltaici in Ungheria e ha investito nella Repubblica Ceca tramite la China Energy Company Limited[16]. In Polonia, gli investimenti cinesi nel settore energetico risalgono al 2014/2015, principalmente antecedenti all’adesione al BRI.

Per quanto concerne le telecomunicazioni, la questione dello sviluppo della rete 5G ha avuto un impatto rilevante sui paesi dell’Europa orientale. Mentre la Repubblica Ceca e la Polonia hanno adottato misure limitative nei confronti di Huawei per motivi di sicurezza nazionale, l’Ungheria costituisce un’eccezione, mantenendo una stretta collaborazione con l’azienda cinese. La pressione esercitata dagli Stati Uniti e i dibattiti europei sulla rete 5G hanno guidato le decisioni caute della Repubblica Ceca e della Polonia, allineandosi con l’approccio prudente adottato da altri paesi dell’UE.

Queste questioni mettono in luce le differenze di approccio dei Paesi nei confronti della BRI, confermando che l’adesione ad essa non garantisce automaticamente una leva di influenza cinese nei paesi dell’Europa centrale ed orientale. La finalità della cooperazione sino-europea con i Paesi dell’Europa centrale e orientale va oltre il semplice uso continuato di tali nazioni come semplice via commerciale. L’obiettivo principale è coniugare le esigenze di sviluppo industriale di queste regioni con l’ampia capacità produttiva della Cina. Tale sinergia mira a sfruttare il potenziale intrinseco dei Paesi dell’Europa centrale e orientale all’interno del mercato cinese. Nel caso in cui i prodotti cinesi si avvicinino al mercato dell’Europa centrale, diviene imperativo garantire la presenza di prodotti ad alta tecnologia provenienti dai Paesi dell’Europa centrale e orientale nei mercati cinesi. La collaborazione è quindi orientata a un reciproco beneficio, in cui entrambe le parti contribuiscono con le proprie forze complementari a favorire uno sviluppo industriale e commerciale equilibrato[17].

La BRI nell’Europa meridionale

Rispetto alle loro controparti dell’Europa orientale, le nazioni dell’Europa meridionale, in particolare Grecia, Portogallo e Italia, sono entrate nell’ambito formale della BRI in un momento successivo: Grecia e Portogallo nel 2018 e Italia nel 2019 (uscendo poi dall’accordo nel 2023). Nonostante la novità delle loro affiliazioni alla BRI, questi Paesi avevano in realtà già assistito agli investimenti cinesi in settori come i trasporti e l’energia ben prima di allinearsi formalmente all’iniziativa. La genesi di molti di questi investimenti può essere fatta risalire agli sforzi di privatizzazione accelerati dalla crisi finanziaria globale e dalla successiva crisi dell’euro. Analogamente all’Europa dell’Est, il fascino dell’Europa meridionale per gli investimenti cinesi rimane circoscritto, con l’Italia che è emersa come il principale beneficiario grazie alla sua formidabile statura economica.

Una caratteristica distintiva condivisa con le controparti dell’Europa centrale e orientale è la preoccupazione dei vertici di Bruxelles prevalente riguardo al radicamento della Cina nei Paesi dell’Unione europea meridionale. Questi dubbi ruotano attorno all’ascesa delle fazioni populiste che sostengono legami più stretti con la Cina, spesso intrecciati con l’euroscetticismo. Inoltre, la fragilità economica a seguito della crisi finanziaria del 2008 e la crisi dell’euro, insieme alle preoccupazioni sulla proprietà di infrastrutture e beni critici con potenziali implicazioni per la sicurezza dell’intera UE, hanno suscitato apprensioni. I casi in cui i Paesi si discostano dal consenso dell’UE per allinearsi con la Cina, inclusa l’adesione alla BRI, contribuiscono ulteriormente alle complessità.

Un esempio cospicuo di questa dinamica si trova in ambito ellenico, dove il porto del Pireo in Grecia ha assunto un ruolo di primaria importanza. Considerato da Pechino come un nesso indispensabile nella sua rete commerciale BRI che collega l’Asia e l’Europa attraverso il Canale di Suez, il Pireo ha registrato un aumento esponenziale dei volumi commerciali in seguito all’acquisizione di un segmento del porto container da parte di un’entità cinese. Il conseguente guadagno inaspettato ha prodotto profitti record nel 2021 e il Governo greco rimane fermo nel sostenere la privatizzazione del porto. Tuttavia, sono emersi mormorii di malcontento tra la popolazione locale, che citano lamentele relative a condizioni di lavoro non ottimali e investimenti ritardati. L’interazione tra Cina e Grecia è antecedente a questo allineamento, in particolare all’indomani della crisi dell’euro, quando la Cina, nel tentativo di guidare l’economia globale attraverso le turbolenze, ha esteso il sostegno alla Grecia. Il conseguente investimento di COSCO, la China Ocean Shipping Company[18], nel porto del Pireo, sebbene inizialmente previsto per una proprietà del 67%, ammonta attualmente al 51%, con dibattiti in corso sulla potenziale cessione di un ulteriore 16% a COSCO. Allo stesso tempo, le aspirazioni di COSCO di investire anche nelle ferrovie greche hanno subito un rallentamento quando l’offerta è stata assicurata dalle Ferrovie italiane[19].

In ogni caso, dal momento dell’acquisizione da parte di COSCO nel 2008, il panorama del porto ha vissuto una crescita senza precedenti, catalizzata dall’introduzione di tecnologie innovative e miglioramenti infrastrutturali concomitanti. In un arco temporale di sei anni, il traffico portuale ha registrato una crescita vertiginosa del 300%, elevandosi a una posizione di preminenza tra i porti europei e consolidandosi come il principale punto di accesso per la denominata Land-Sea Express Route[20] secondo la nomenclatura cinese. Quest’ultima costituisce una rete intricata di collegamenti ferroviari concepiti per connettere il porto alle regioni dei Balcani occidentali e al Nord Europa[21].

Un altro target strategico della BRI, dovuto in primis alla sua posizione geografica, è il Portogallo. I due Paesi hanno condiviso un forte legame storico grazie alla storia di Macao, enclave sul Mar Cinese Meridionale in mani portoghesi dal XVI secolo fino alla sua restituzione nel 1999 attraverso un accordo, a dimostrazione di una riconosciuta cooperazione e profitto reciproco. Il Portogallo, nonostante la sua posizione strategica sull’Atlantico, ha assistito a modesti investimenti cinesi nei suoi porti. Uno sviluppo degno di nota nel 2019, successivo all’allineamento del Portogallo alla BRI, riguarda una gara pubblica per un nuovo terminal container nel porto di Sines. La vicinanza di questo porto al Canale di Panama lo rende attraente per le imprese cinesi, con COSCO e Shanghai Port Group che ne hanno espresso interesse. Tuttavia, a partire dal 2021, non si sono ancora concretizzate offerte.

L’ultimo Paese dell’Europa meridionale ad aver avuto una risonanza importante nel contesto della BRI è certamente l’Italia. L’adesione del Bel Paese agli accordi sulla Belt and Road Initiative rappresenta un passaggio significativo nel contesto delle relazioni internazionali e degli investimenti economici, segnando un importante interesse strategico reciproco. Questo coinvolgimento italiano ha catturato l’attenzione della Cina per diverse ragioni. Innanzitutto, per il suo status di potenza globale, nonché di membro del G7, ma anche per le numerose relazioni diplomatiche globali rendendolo, agli occhi della potenza asiatica, attrattivo nei confronti degli investimenti. Inoltre, la posizione geografica degli importanti porti italiani sul Mar Mediterraneo ha suscitato l’attenzione strategica di Pechino per facilitare il commercio con l’Europa centrale, rendendo l’Italia un hub di rilevanza. Questi sviluppi hanno alimentato un interesse reciproco tra i due Paesi. L’Italia, in un momento in cui cercava di consolidare la propria economia e reputazione internazionale, ha visto nella BRI un’opportunità per stimolare lo sviluppo economico nazionale ma, sebbene tale interesse si sia palesato già nel 2017, durante il governo Gentiloni, è durante il primo governo Conte, nel 2019, che l’interesse si è concretizzato in azioni[22]. In questo anno, la firma del Memorandum of Understanding, in occasione della visita del Presidente Xi Jinping, ha segnato una nuova fase nelle relazioni tra Italia e Cina, con implicazioni significative sia dal punto di vista economico che culturale. Tuttavia, tale accordo, il cui rinnovo era previsto nel marzo 2024, non vedrà un proseguo. Il 6 dicembre 2023, infatti, il Governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha annunciato il suo ritiro dall’iniziativa. L’annuncio di questa notizia non era poi così tanto inaspettato, in quanto tale decisione rappresenta una chiara opportunità per il governo Meloni di perseguire gli interessi più ampi della nazione. In primo luogo, tale mossa offre la possibilità al Governo di allinearsi più apertamente con Washington, sottolineando la posizione dell’Italia come solido alleato degli Stati Uniti e della NATO in un momento in cui le tensioni economiche, di sicurezza e politiche stanno ridefinendo gli scambi internazionali, gli investimenti e le catene di approvvigionamento. È indubbia l’intenzione italiana di supportare le rotte commerciali promosse dagli Stati Uniti, come dimostrato dalla firma di un memorandum d’intesa su un nuovo Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa, considerata da alcuni come un’alternativa alla BRI. In secondo luogo, l’Italia, in procinto di ospitare il prossimo summit del G7, dovrà collaborare con Bruxelles e altri alleati per affrontare le priorità dichiarate del governo, quali la gestione dei flussi migratori e il piano di ripresa post-pandemia. È evidente che l’azione del governo Meloni si colloca in un contesto internazionale complesso, in cui le dinamiche geopolitiche e le sfide globali richiedono un’attenta navigazione diplomatica. Il posizionamento dell’Italia a favore di alleanze consolidate, quali quelle con gli Stati Uniti e l’UE, rappresenta una strategia volta a garantire una posizione negoziale solida, sia in termini economici che politici. Il prossimo G7 sarà un banco di prova cruciale per l’abilità del Governo italiano nel conciliare le proprie priorità nazionali con le esigenze e le aspettative dei suoi partner internazionali[23].

Sfide e opportunità nella collaborazione Cina-UE nel contesto della BRI

Le connessioni tra la Cina e l’Unione Europea attraverso la Belt and Road Initiative possono aprire una serie di opportunità e sfide in settori dell’economia ormai chiave, quali quello dell’energia, delle telecomunicazioni 5G, e dei trasporti. Questi legami strategici offrono possibilità di sviluppo economico, ma anche sollevano questioni cruciali per entrambe le parti coinvolte.

In primo luogo, le iniziative infrastrutturali connesse alla BRI offrono opportunità nel settore energetico, divenuto ormai un elemento integrante e fondamentale all’interno dell’iniziativa. Gli investimenti cinesi in Europa, iniziati con la crisi del debito nel 2008, sono cresciuti significativamente, con un’attenzione particolare verso settori strategici come le infrastrutture energetiche. La Cina ha lavorato molto al fine di collegare le reti elettriche cinesi ed europee tramite progetti come la Global Energy Interconnection Initiative[24], mirando a un sistema energetico globale interconnesso e sostenibile basato sulla transizione verso sistemi energetici moderni. La partecipazione cinese nell’infrastruttura energetica europea, specialmente nei settori delle reti elettriche, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla sicurezza energetica dell’UE e all’influenza straniera in settori vitali. Alcuni Paesi europei stanno accogliendo positivamente questi investimenti come opportunità economica, mentre altri Paesi, come Germania e Francia, stanno adottando una posizione più cauta o addirittura ostile verso gli investimenti cinesi nel settore energetico[25].

Inoltre, recentemente, la transizione nei progetti energetici nel contesto della BRI è stata significativa, con un aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili rispetto ai progetti legati ai combustibili fossili. La Cina ha annunciato un cambiamento nel suo impegno, enfatizzando il supporto per le energie pulite e l’abbandono dei progetti di centrali a carbone all’estero. I dati[26] mostrano che una percentuale significativa degli investimenti della BRI nei primi mesi del 2023 è stata destinata a progetti solari e eolici, riflettendo il crescente interesse della Cina verso le energie rinnovabili. Tuttavia, nonostante questa transizione verso energie più pulite, gli investimenti complessivi cinesi nel settore energetico all’estero sono diminuiti, anche a causa di sfide finanziarie e nuovi modelli di finanziamento per i progetti energetici sostenibili, nonché lo scetticismo da parte di alcuni Paesi europei. Non mancano dunque le sfide ma sarebbe fondamentale ricordare che l’elevata capacità produttiva cinese di energia green potrebbe influenzare positivamente la transizione verso energie rinnovabili lungo la BRI.

Non solo l’energia ma anche il settore delle telecomunicazioni è fondamentale: lo sviluppo della rete 5G attraverso iniziative legate alla BRI può portare a importanti avanzamenti tecnologici. Tuttavia, ciò solleva sfide in termini di sicurezza e di rispetto delle normative europee sulla protezione dei dati. La necessità di bilanciare il progresso tecnologico con le preoccupazioni sulla sicurezza informatica rappresenta una questione critica per entrambe le parti coinvolte.

Non per ultimo, la cooperazione nel settore dei trasporti, sia terrestri che marittimi, può offrire opportunità significative. Progetti di infrastruttura mirati a migliorare le vie di comunicazione tra Cina ed Europa, come i collegamenti ferroviari e le rotte commerciali, infatti, possono facilitare lo scambio commerciale e aumentare la connettività tra le regioni. Ad esempio, investimenti cinesi nei corridoi commerciali terrestri hanno contribuito a rafforzare i collegamenti tra l’Europa centrale e orientale e i mercati asiatici. Un esempio è il meglio noto Middle Corridor, una delle principali vie di trasporto multimodali che collega la Cina all’Europa attraverso una serie di collegamenti ferroviari e marittimi attraverso Kazakistan, Azerbaijan e Georgia. Recentemente, ha guadagnato maggiore attenzione geopolitica a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina. Questo percorso, sebbene offra un’importante connessione tra due continenti, presenta delle sfide significative in termini di efficienza e tempi di trasporto, richiedendo molto più tempo rispetto ad altre rotte alternative come quella settentrionale attraverso la Russia o la rotta marittima. A causa delle molte transizioni tra modalità di trasporto, dei numerosi confini attraversati e delle inefficienze operative, il Middle Corridor attualmente sperimenta tempi di transito più lunghi, rendendolo meno attraente per il commercio a lunga distanza rispetto ad altre opzioni disponibili[27].

Tuttavia, sebbene le evidenti opportunità che una maggiore collaborazione può offrire, non mancano diverse sfide. Una delle principali è rappresentata dalla necessità di bilanciare i rapporti tra le due potenze. In particolar modo, l’Europa occidentale teme un orientamento troppo spinto verso la Cina da parte dei Paesi dell’Europa orientale, creando uno squilibrio che, agli occhi di Bruxelles, potrebbe minare l’unità dell’UE stessa. Inoltre, l’asimmetria delle necessità strategiche tra le due parti rappresenta un’altra sfida significativa: mentre la Cina cerca opportunità di investimento e di espansione delle rotte commerciali, i Paesi dell’Europa centrale e orientale potrebbero non avere necessità strategiche fondamentali di cooperare strettamente con la Cina. Le questioni legate alla sicurezza, poi, come la stabilità politica nei Balcani e alle frontiere dell’Europa centrale e orientale, così come le tensioni economiche tra l’UE e la Russia, rappresentano ulteriori sfide, in grado di influenzare le decisioni di cooperazione con la Cina[28].

In conclusione, negli ultimi anni, nell’UE si sta osservando un crescente discernimento delle implicazioni di carattere politico e commerciale connesse all’iniziativa della Belt and Road Initiative. Alcuni Stati europei esprimono riserve riguardo alla trasparenza e all’impatto geopolitico dell’iniziativa, contribuendo ad influenzare l’atteggiamento complessivo dell’UE nei confronti della Cina e delle sue attività in questa direzione. È essenziale contestualizzare tale dinamica nel panorama geopolitico attuale: gli eventi scaturiti dalle tensioni tra Ucraina e Russia, unitamente alla situazione instabile a Gaza, hanno spinto verso un rafforzamento delle relazioni con la NATO e, di conseguenza, con Washington. Questo scenario ha comportato una distanza e un incremento dello scetticismo nei confronti di una cooperazione più stretta con un partner che adotta ideologie differenti da quelle occidentali. Tuttavia, queste differenze non necessariamente escludono la possibilità di una collaborazione fruttuosa e necessaria, bensì richiedono un approccio equilibrato e consapevole delle diversità ideologiche che non devono per forza precludere opportunità di collaborazione costruttiva.


NOTE AL TESTO

[1] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/obama-asia-un-nuovo-impulso-al-pivot-degli-stati-uniti-10323 (ultimo accesso: 20/12/2023)

[2] https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2015/549074/EXPO_IDA(2015)549074_IT.pdf (ultimo accesso: 20/12/2023)

[3] https://eng.globalaffairs.ru/articles/the-belt-and-road-initiative-and-its-impact-on-europe/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[4] Istituzione finanziaria regionale il cui obiettivo è promuovere uno sviluppo economico sostenibile in Asia attraverso investimenti nell’infrastruttura. https://www.eda.admin.ch/deza/it/home/partenariati-commesse/organizzazioni-multilaterali/istituzioni-finanziarie-internazionali/aiib.html#:~:text=La%20Banca%20asiatica%20d’investimento%20per%20le%20infrastrutture%20.

[5] https://www.ifimes.org/en/researches/belt-and-road-in-the-central-and-eastern-eu-and-non-eu-europe-obstacles-sentiments-challenges/4659 (ultimo accesso: 20/12/2023)

[6] http://www.china-ceec.org/eng/msc_1/dsj/201610/t20161020_6828873.htm (ultimo accesso: 20/12/2023)

[7] https://www.geopolitica.info/the-161-initiative/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[8] Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica  Ceca, Repubblica  Slovacca, Ungheria, Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Albania, Serbia, Macedonia, Romania, Bulgaria e Grecia.

[9] Tale linea ferroviaria Budapest-Belgrado è composta da due tratti separati, uno ungherese e l’altro serbo. Il tratto ungherese misura 152 chilometri e i piani prevedono di migliorare la velocità dei treni a 160 km/h e aggiungere una seconda linea ferroviaria. La maggior parte dei costi per la costruzione del tratto ungherese sarà finanziata tramite prestiti dalla Banca di Import-Export cinese. L’Ungheria, del resto, è risultata nel 2022 tra i primi destinatari globali di investimenti BRI, a riprova della centralità del corridoio ferroviario Budapest-Belgrado quale asse di collegamento sino-europeo. https://www.eias.org/wp-content/uploads/2019/07/EIAS-Briefing-Paper-The-BRI-in-Europe-and-the-Budapest-Belgrade-Railway-Link-Final.pdf (ultimo accesso: 20/12/2023).

[10] Damian Wnukowski, Central and Eastern Europe in the Belt and Road Initiative and Other EU-Asia Connectivity Strategies, Konrad-Adenauer-Stiftung, (2019), https://www.kas.de/documents/288143/10822438/Panorama_2019_02_4c_v5d_DamianWnukowski.pdf/9cf6c9ef-8432-ed32-e0b8-36a7ddd6b863?t=1606102326086 

[11] Tamás Matura, Chinese Investment in Central and Eastern Europe – A reality check, Central and Eastern European Center for Asian Studies, Budapest, (2021), https://www.china-cee-investment.org/ (ultimo accesso: 20/12/2023).

[12] https://balkaninsight.com/2023/07/12/chinas-crbc-keen-to-build-montenegrin-highways-next-stretch/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[13] https://www.china-briefing.com/news/china-and-serbia-sign-free-trade-agreement-bilateral-trade-and-investment-outlook/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[14] Francesca Ghiretti, The Belt and Road Initiative in the Eastern and Southern EU, European University Institute, EUI RSC PP; 2021/07; Global Governance Programme; EU-Asia Project; [Europe in the World], (2021), https://cadmus.eui.eu/handle/1814/71780 

[15] https://ecfr.eu/article/beyond-business-as-usual-a-china-strategy-for-poland/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[16] Per maggiori informazioni: https://www.ceic.com/gjnyjtwwEn/jtgk/chnjtjs.shtml 

[17] https://www.ifimes.org/en/researches/belt-and-road-in-the-central-and-eastern-eu-and-non-eu-europe-obstacles-sentiments-challenges/4659 (ultimo accesso: 20/12/2023)

[18] Si tratta di una compagnia di Stato cinese, con sede a Pechino, che fornisce servizi di spedizioni e di logistica a copertura globale. Secondo i dati pubblicati da Statista Research Department, a dicembre 2021, COSCO aveva investito un totale di 64,2 miliardi di yuan in paesi e regioni lungo la Belt and Road Initiative. Il valore totale del commercio tra la Cina e i Paesi della BRI nel 2021 è stato pari a 11,6 trilioni di yuan. https://www.statista.com/statistics/1345945/investment-amount-of-china-cosco-shipping-group-in-bri/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[19] https://www.fsitaliane.it/content/fsitaliane/it/media/comunicati-stampa/2017/9/14/grecia–fs-italiane-acquisisce-il-pieno-possesso-di-trainose.html (ultimo accesso: 20/12/2023).

[20] Il China-Europe Land-Sea Express Route è una nuova via commerciale che collega la Cina all’Europa. Si compone di due rotte: una terrestre, che è una linea ferroviaria tra Budapest in Ungheria e il Porto del Pireo in Grecia attraversando Serbia e Macedonia, e una marittima che connette il Porto del Pireo a porti cinesi costieri passando per diversi mari e oceani come il Mediterraneo, il Mar Rosso, il Golfo Persico, l’Oceano Indiano, lo Stretto di Malacca, il Mar Cinese Meridionale, il Mar Cinese Orientale e il Mar Giallo. https://www.routledgehandbooks.com/doi/10.4324/9780429203039-87#:~:text=In%20its%20marine%20transportation%20route,South%20China%20Sea%2C%20the%20East (ultimo accesso: 20/12/2023)

[21] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/nuove-vie-della-seta-tra-ue-e-cina-scontro-o-integrazione-21667 (ultimo accesso: 20/12/2023).

[22] https://hdl.handle.net/20.500.12608/42783 (ultimo accesso: 20/12/2023)

[23] https://www.csis.org/analysis/italy-withdraws-chinas-belt-and-road-initiative (ultimo accesso: 20/12/2023).

[24] https://www.renewable-ei.org/pdfdownload/activities/GEIDCO_191126.pdf (ultimo accesso: 20/12/2023)

[25] https://geopolitique.eu/en/articles/chinas-at-the-gate-of-the-european-power-grid/ (ultimo accesso: 20/12/2023)

[26] https://energypost.eu/chinas-belt-and-road-initiative-is-now-building-more-renewables-less-coal/ (ultimo accesso: 20/12/2023).

[27] World Bank, Middle Trade and Transport Corridor: Policies and Investments to Triple Freight Volumes and Halve Travel Time by 2030, Washington, DC, (2023) World Bank, http://hdl.handle.net/10986/40626.

[28] https://www.ifimes.org/en/researches/belt-and-road-in-the-central-and-eastern-eu-and-non-eu-europe-obstacles-sentiments-challenges/4659 (ultimo accesso: 20/12/2023).


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