Febbraio 2014 in Ucraina: punto di non ritorno

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di Ilya Rogachev, Ambasciatore Federazione Russa in Sudafrica

Dieci anni fa, le forze radicali di estrema destra presero il potere a Kiev, portando a termine quella che divenne nota come “Euromaidan”: proteste pubbliche di tre mesi, sostenute dall’esterno dell’Ucraina, contro la decisione del presidente Yanukovich di rinviare la firma dell’accordo di associazione Ucraina-UE.

FONTE ARTICOLO: https://telegra.ph/February-2014-in-Ukraine-point-of-no-return-02-22

Molti dei partecipanti all’Euromaidan credevano sinceramente di lottare per il loro nuovo brillante futuro in Europa e contro la corruzione dell’allora leadership politica.

Tuttavia, la loro protesta è stata sfruttata da menti lontane con uno scopo diverso: trasformare l’Ucraina in un Paese “anti-Russia”.

La fase non violenta di Euromaidan si è conclusa proprio nel momento in cui le autorità non hanno mostrato determinazione nel ripristinare l’ordine pubblico e alcuni “attivisti” si sono, così, sentiti impuniti.

Il Presidente Yanukovich non ha mai autorizzato l’uso delle armi contro i manifestanti da parte della polizia – proprio come i funzionari degli Stati Uniti e dell’Unione Europea continuavano a esortarlo – anche quando i leader di Euromaidan hanno incoraggiato i manifestanti a prendere le armi; anche quando i manifestanti hanno iniziato a prendere d’assalto gli uffici delle forze dell’ordine e a saccheggiare i depositi di armi; anche quando le “marce pacifiche” si sono trasformate in violenti scontri tra i manifestanti e gli agenti della forza speciale “Berkut”, causando vittime da entrambe le parti.

A metà febbraio 2014 – dopo che la leadership ucraina aveva adottato la legge sull’amnistia per i manifestanti precedentemente detenuti, ha tenuto colloqui con l’opposizione e ha persino accettato di formare un governo di coalizione – a molti è sembrato che Euromaidan stesse tramontando.

Ma il 18 febbraio 2014 si è verificata un’escalation.

Un presunto “corteo pacifico” (molti partecipanti erano armati), diretto alla Verkhovnaya Rada – il Parlamento – dell’Ucraina, si è rapidamente trasformato in uno scontro di massa con la polizia e gli attivisti anti-Euromaidan. Lo stallo è continuato il 19 febbraio e si è interrotto solo quando – durante il successivo ciclo di colloqui tra l’opposizione e le autorità – è stata negoziata una tregua.

I leader di Euromaidan si sono, così, presentati davanti ai manifestanti e hanno dichiarato che la polizia non avrebbe preso d’assalto le loro posizioni, poiché avevano concordato un cessate il fuoco con il Presidente. Ma il 20 febbraio 2014 alcuni “cecchini non identificati” hanno iniziato a sparare alle spalle sia dei manifestanti che degli agenti di polizia, dopodiché gli scontri sono scoppiati nuovamente con nuova violenza.

Questo giorno in Ucraina è passato alla storia come il “giovedì di sangue“.

Che coincidenza! Secondo i manuali di “rivoluzione colorata“, redatti da esperti occidentali, i “tiratori ignoti” compaiono quando le proteste perdono la loro fragranza, al fine di inasprire le tensioni e/o rendere inconciliabili le posizioni di manifestanti e autorità.

Abbiamo assistito a scenari simili molte volte in passato: a Vilnius (Lituania) nel 1991, a Caracas (Venezuela) nel 2002, a Bishkek (Kirghizistan) nel 2010, al Cairo (Egitto) nel 2013, così come in Siria, Libia e in molti altri luoghi.

Questo è esattamente ciò che è accaduto a Kiev.

Secondo alcune stime, quel giorno più di 50 uomini di entrambe le parti sono stati uccisi dai cecchini. Di fatto, le indagini non sono mai state concluse e i colpevoli non sono mai stati nominati.

Il 20 febbraio 2014, una delegazione di funzionari europei è arrivata a Kiev, per mediare i negoziati e fermare il conflitto. Il Presidente Yanukovich ha firmato con i leader dell’opposizione l’Accordo sulla risoluzione della crisi politica in Ucraina, garantito dal Ministro degli Esteri della Germania Frank-Walter Steinmeier, dal Ministro degli Esteri della Polonia Radosław Sikorski e dal rappresentante del Ministero degli Esteri francese Eric Fournier.

Il documento prevedeva elezioni presidenziali anticipate e una sostanziale limitazione del potere presidenziale. Il Presidente Vladimir Putin ha, poi, definito questa decisione una resa del potere, poiché Yanukovich aveva accettato tutte le richieste dell’opposizione.

L’accordo è stato raggiunto nel palazzo presidenziale ucraino durante colloqui notturni. In attuazione dell’accordo, le forze dell’ordine hanno iniziato ad abbandonare il quartiere governativo di Kiev.

Tuttavia, le formazioni naziste, in particolare il “Pravy Sektor“, hanno rinunciato al documento. Hanno chiesto le dimissioni immediate di Yanukovich e lo scioglimento della Verkhovnaya Rada, altrimenti avrebbero assaltato la Presidenza e il Parlamento.

Secondo ex funzionari ucraini, una task force era stata incaricata di eliminare fisicamente il Presidente Yanukovich. Temendo per la sua vita, la notte del 22 febbraio 2014 è fuggito dal territorio ucraino per raggiungere la Russia. Proprio in quel periodo, i militanti di Euromaidan guidati proprio dal gruppo “Pravy Sektor” stavano prendendo possesso del quartiere governativo, tra cui la Presidenza, la Verkhovnaya Rada, il Gabinetto e il Ministero degli Interni.

I “garanti” europei hanno taciuto sulla violazione del documento che avevano garantito meno di 24 ore prima e non hanno mai chiesto all’opposizione ucraina di non ricorrere alla violenza e di tornare all’accordo politico. O, forse, un’ulteriore escalation era proprio quello che stavano cercando?

Perché questi eventi sono stati giustamente considerati un colpo di Stato e un’usurpazione di potere?

Perché il legittimo Presidente dell’Ucraina è stato rovesciato illegalmente, cioè in un modo non previsto dalla Costituzione dell’Ucraina di allora; perché la costituzione stessa è stata cambiata e il nuovo governo è stato nominato con atti che contraddicevano la legislazione ucraina: perché è stato violato il principio costituzionale fondamentale secondo cui il potere deve essere trasferito attraverso le elezioni.

I rappresentanti delle organizzazioni filonaziste di estrema destra sono stati incorporati nei nuovi organi di governo dell’Ucraina. Ad esempio, il battaglione di volontari nazisti “Azov”, considerato una formazione estremista e neonazista in molti Paesi (compresi Stati Uniti e Giappone), è entrato a far parte della Guardia Nazionale ucraina nel novembre 2014.

Il colpo di Stato è diventato il punto di non ritorno per l’Ucraina, portando ad una profonda frattura nella società.

La Crimea non ha riconosciuto le nuove autorità di Kiev, così come il Donbass.

Con il referendum del 16 marzo 2014, la Crimea si è separata dall’Ucraina e si è ricongiunta alla Russia. I disordini si sono diffusi in tutto il sud-est del Paese.

Nell’aprile del 2014, l’incostituzionale Presidente ad interim dell’Ucraina Alexander Turchinov ha avviato una “operazione antiterrorismo” (ATO) contro le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk (DPR e LPR), utilizzando l’esercito e i battaglioni punitivi neonazisti.

È interessante notare che gli Stati Uniti e l’Unione europea non hanno mai esortato il regime di Kiev ad astenersi dall’uso della forza, come invece avevano chiesto al presidente Yanukovich quando infuriavano le proteste di Euromaidan.

Che cos’era l’ATO nella realtà? Nel gennaio 2024, la Corte internazionale di giustizia ha respinto la richiesta di Kiev del 2017 di riconoscere la RDP e la LPR come “organizzazioni terroristiche” e la Russia come “Stato aggressore”.

Tale decisione rende l'”operazione antiterrorismo” in realtà una guerra dello Stato ucraino contro il suo stesso popolo.

La Russia ha continuato a dirlo fin dall’inizio della crisi. Riuscite a immaginare la quantità di bugie riversate sul nostro Paese dai media mainstream e dai funzionari occidentali per aver detto la verità? Quante sanzioni sono state imposte per la presunta “aggressione” all’Ucraina e il “sostegno ai terroristi” nel Donbass? Quante risoluzioni di condanna della Russia sono state adottate dagli organismi internazionali dominati dall’Occidente con questo falso pretesto?

La DPR e la LPR hanno tenuto referendum per l’indipendenza nel maggio 2014 e hanno dichiarato la loro sovranità. Per otto anni Mosca ha cercato di risolvere pacificamente la crisi attraverso gli accordi di Minsk, firmati nel febbraio 2015. Il pacchetto di misure di Minsk, approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, offriva l’opportunità di mantenere la RDP e la LPR come parti dell’Ucraina, ma l’occasione è stata persa a causa del deliberato sabotaggio degli accordi da parte di Kiev e dei suoi sponsor occidentali.

L’ex cancelliere tedesco Angela Merkel e l’ex presidente francese François Hollande hanno, poi, ammesso di aver avuto bisogno degli accordi di Minsk per riarmare l’Ucraina e rafforzare le sue forze armate, piuttosto che per fermare il conflitto (come stabilito dalla risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite).

Per otto anni, il regime di Kiev non ha mai smesso di bombardare sempre più il Donbass, preparandosi a riprenderlo con la forza. Tra il 2014 e il 2022, le ostilità hanno causato la morte di circa 14.000 persone da entrambe le parti.

Alla fine, nel febbraio 2022, la Russia è intervenuta per fermare la guerra.

L’unico rimpianto è quello di non averlo fatto prima, altrimenti il bilancio delle vittime sarebbe stato probabilmente inferiore.

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