Cina e Italia: la cooperazione strategica tra i due Paesi può migliorare grazie all’uso sapiente dei social networks

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di Lucia Gentili

In Cina le persone trascorrono in media 29,5 ore a settimana connesse online e il 99% di queste sono trascorse su dispositivi mobili, gestendo diversi media e device contemporaneamente, secondo una ricerca della CNNIC (China Internet Network Information Center) riportata sul China South Morning Post.

Il seguente articolo fa parte del progetto di ricerca del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo “Cina: una potenza responsabile nella crisi geopolitica mondiale”

Per poter comunicare con qualcuno bisogna sapere come, dove e quanto questo comunica e soprattutto cosa fa. I cinesi sono molto bravi a navigare nel web, a scambiare tweet con gli amici mentre magari, con l’auricolare, parlano al telefono e guardano un programma televisivo sulla Smart TV connessa ad internet. Sono decisamente multitasking e l’ambiente esterno stimola questa caratteristica: mentre sorseggiano un bubble tea possono trovarsi in un centro commerciale galattico, con un centro di equitazione al ventesimo piano, stando seduti davanti ad un maxischermo che gli proietta un video di un brand o di un negozio presente nel centro commerciale che li invita a scannerizzare il QR-code per iscriversi all’account WeChat e ricevere un coupon sconto. Questo ruolo è perfettamente vissuto dai 网民 wǎngmín, ossia i nativi digitali (netizens o cyber-netizens): accomunati da questa enorme capacità di multitasking mediatica.

In Italia e in tutto il mondo occidentale, Instagram e Facebook non servono solo a scambiare quattro chiacchiere con gli amici. Gli operatori di marketing li usano per comunicare con noi, che lo vogliamo o meno.

Questo succede in tutto il mondo, anche in Cina, cambia solo il mezzo. Infatti, i social come Weibo, WeChat, RED, Douyin fanno subire al popolo cinese la stessa sorte di un utente occidentale. Quindi non sono altro che strumenti diversi per raggiungere nuovi pubblici. Le aziende non si devono chiedere se è il caso di utilizzarli, ma quando utilizzare questi mezzi. Risulta evidente che i social media possono e devono trovare posto nell’armamentario delle imprese che voglio esportare in Cina nel ventunesimo secolo.

Nonostante l’ecosistema cinese sia sempre in continua e frenetica mutazione, ci sono quattro aspetti che rimangono sempre presenti e invariati in ogni piattaforma:

· Social community: l’aggregazione sociale sui nuovi media

· Social commerce: i nuovi consumi nati sui social media

· Social publishing: la pubblicazione e divulgazione di informazioni

· Social entertainment: il business e il divertimento che si uniscono.

Ogni piattaforma ha una preferenza verso ciascuna di queste funzionalità o caratteristiche ma non vanno pensate come scollegate. Inoltre, allo stesso tempo, non è nemmeno obbligatorio che siano tutte presenti; però per gli operatori di marketing cinesi è normale averne due o tre contemporaneamente su una stessa piattaforma.

Volendo continuare ad esplorare il ruolo centrale dei social media nelle politiche di comunicazione e di marketing delle imprese, si possono prendere in considerazione altri due aspetti, che apparentemente sembrano in conflitto ma che sono resi convergenti dalla tecnologia:

· L’artificializzazione dei comportamenti naturali, già evidenziata nella cultura cinese classica del giusto mezzo confuciano e dalla giusta ‘maniera’, portata all’estremo nei dettagli e precisione delle gestualità dei personaggi dell’Opera teatrale di Pechino;

· La naturalizzazione della tecnologia, palesata dalle superiori possibilità di accesso e fruizione interattiva, smart-city, metaverso, virtual-idol1 ecc.

Grazie all’ICT2 Social sono stati aperti nuovi scenari di consumo caratterizzati da illimitate alternative d’acquisto, ma anche e soprattutto dalla possibilità dello stesso acquirente-consumatore di co-produrre la propria offerta, e di permeare la propria esperienza di consumo con qualsivoglia significato. Il giveaway3 è un esempio di co-produzione generata dall’alto, attraverso delle iniziative aziendali. Dall’altro lato invece, si parla di azioni dal basso che coinvolgono argomenti o proteste sia online sia offline generati dagli utenti stessi, che vanno a creare significato con l’azienda.

Grazie al tessuto connettivo su cui si basa la società cinese, nato dagli insegnamenti di Confucio, ossia la rete delle connessioni interpersonali e di interdipendenza del guanxi 关系4, e grazie alla possibilità tecnologica di intervenire in tempo reale nella conversazione, si sono sviluppati i mercati-forum: sistemi iperconnettivi e di dialogo tra utenti che acquistano. Un esempio pratico si trova nella piattaforma di social commerce per gli acquisti di gruppo di nome Pinduoduo.

I social network sono ciò che fa emergere e sviluppare all’ennesima potenza la relazione interpersonale cinese del guanxi 关系, ma allo stesso tempo anche la tradizione della mianzi 面子5, che in italiano si traduce letteralmente come faccia. Questi due aspetti emergono come concatenati e danno ai social network il ruolo di strumenti di confronto e di supporto delle scelte di acquisto e di consumo e più in generale della condivisione di esperienze, facendo emergere il ruolo del post-consumatore.

Il post-consumatore cinese che raccoglie informazioni, contratta ed effettua transazioni online, accoppiando nelle scelte d’acquisto e consumo aspetti virtuali e reali, tangibili e intangibili, astratti e concreti; in un perfetto equilibrio fra opposti complementari e gestione dei controsensi, come spiega la filosofia del Daoismo, che influenza la cultura cinese da millenni con il concetto di Yin e Yang. Inoltre, il consumatore cinese è estremamente influenzato e influenzabile dalle diverse community alle quali partecipa per una complessa e articolata concatenazione di motivazioni: economia, amicizia, trovare e condividere informazioni ed esperienze ben oltre i confini più “locali” e stretti.

In questo contesto socioculturale molto articolato, le imprese sono chiamate a intercettare i competitor, le community, micro-gruppi nascosti e i diversi vissuti dei partecipanti, che vanno al di là degli originari motivi di adesione e delle modalità di partecipazione, che sono sempre più attive e sempre meno passive. Il consumatore vuole essere parte del processo di acquisto. Tutto questo richiede lo sviluppo di strategie e politiche di marketing multicanale basate sull’ascolto, sull’osservazione dei comportamenti, sull’analisi dei linguaggi e del “non detto”, poiché la cultura cinese basa la sua comunicazione su uno stile indiretto e collegato al contesto, sia per caratteristiche prettamente linguistiche, vista la presenza di numerosi omofoni, sia culturali legati agli insegnamenti di Confucio; come il 听话 tīnghuà6, letteralmente ascolta, parla. Si va a creare un meccanismo continuo. In altre parole, l’azienda ascolta il proprio consumatore e riesce poi ad anticipare i suoi bisogni che sono in costante mutamento, per poter rimanere più competitiva sul mercato. Le aziende costruiscono con il mercato un dialogo continuo interagendo con la community, facendo “dialogare e sovrapporre” le proprie reti con quelle dei consumatori, in una sorta di catena del valore allargata tra mondo fisico e mondo virtuale, tra concretezza e astrazione.

Le differenze del social media marketing fra Occidente e Cina

In occidente molte imprese gestiscono e vedono il social media marketing come una semplice “funzione aggiuntiva” alle loro attività promozionali già in uso: un modo più efficace ed efficiente di comunicare e gestire le relazioni con i propri clienti.

In Cina questo modo di pensare non solo è riduttivo, ma anche controproducente e dannoso per l’azienda che sta pensando di aprirsi a questo mercato. Le motivazioni che portano a questa conclusione sono diverse, legate sia alla strutturazione dei social media, che alla cultura cinese specifica. Infatti, l’intrinsecità e l’essenza stessa dei social media hanno trovato un terreno molto fertile nella società cinese, che oggi è la più connessa al mondo. Quando sentiamo parlare di social media, creiamo associazioni immediate con altri concetti quali: il web 2.0, web 4.0, algoritmi, intelligenza artificiale, metaversi, open source e maker – creatori di contenuti. L’anello di giunzione fra tutti questi aspetti è la “condivisione”. I social media, al di là delle loro specifiche caratteristiche, sono tutti luoghi di condivisione. Proprio in questo aspetto la Cina è riuscita a creare una rapida ed esponenziale naturalizzazione della tecnologia.

Le radici socioculturali che rendono i social media così presenti nella società cinese

La cultura cinese, come abbiamo detto, ha radici ancestrali in concetti confuciani quali il guanxi 关系, che ci permette di trovare una spiegazione socioculturale della grande efficacia delle catene di condivisione di contenuti per ottenere sconti, i gruppi e chat di gruppo su WeChat sempre molto attive e nelle quali c’è sempre un continuo scambio di dare ed avere mianzi 面子, ossia la faccia.

In occidente esiste l’idea del mercato astratto, ossia un non luogo o uno spazio asettico in cui le cose hanno un valore per la semplice ragione che esistono in quanto tali. Il prezzo si definisce solo attraverso ciò che è definibile e codificabile in modo impersonale perché il mercato “calcola ma non giudica”, effettua un’analisi costi benefici. In Cina non esiste proprio questa idea, perché la “personalità” e l’inter-personalità sono intrinseche nella psicologia del popolo cinese a causa dei concetti confuciani di guanxi e mianzi. Infatti, nel mercato cinese il prezzo viene definito solo all’interno di uno scambio personale, in cui l’identità delle parti coinvolte e le relazioni tra di esse sono molto influenti ai fini sia del loro comportamento reciproco nello scambio, sia della definizione di valore di ciò che è scambiato. Il tutto è influenzato anche dalla rete che circonda i soggetti dello scambio, il mercato cinese non solo calcola ma dà anche un giudizio. Quindi in Cina il concetto di valore non esiste a prescindere, ma è co-costruito e condiviso attivamente nella rete di relazioni interpersonali di guanxi, in modo da bilanciare o aumentare la propria mianzi o faccia in continuo movimento fra astratto e concreto della situazione che sta generando o definendo un nuovo “valore”.

Abbiamo così parlato del concetto di condivisione, che oltre ad essere una delle caratteristiche base su cui funziona il sistema dei social media, trova anche radici antiche nella cultura cinese. Per comprendere queste radici bisogna prendere in esame la grande capacità che ha il popolo cinese di gestire i paradossi e di accettare gli opposti, proprio come gli insegnamenti del Taoismo che vengono inconsciamente tramandati da millenni. Questo aspetto trova le sue radici più profonde nei concetti di Yin e Yang. La parola condivisione vuol dire condividere valori non sempre standardizzati o approvati. Sui social questo avviene sempre anche quando si è in conflitto: nel momento che commentiamo negativamente un post, lo condividiamo inconsciamente, anche se va in conflitto con la nostra idea valoriale e morale di ‘’condividere’’.

Quando si compie una qualunque attività sui social media, non si tratta di una semplice distribuzione, ma di una condivisione partecipata, che richiede il contributo di tutti, ossia del proprio guanxi. Così che il modo in cui il bene sia stato distribuito diventi significativo e abbia valore per la comunità nel suo complesso, aumentando, migliorando o consolidando la mianzi. Anche se si agisce individualmente, si sale sul piano del “bene comune”.

Il concetto di condivisione genera così un contesto di relazione e spesso nuova conoscenza. Utilizzando l’esempio delle parole e degli omofoni della lingua cinese, la scoperta o comprensione di un messaggio o significato “indiretto” genera valore perché indica l’appartenenza alla rete di guanxi. I social media esaltano tutto questo grazie ai gruppi, le chat, i tag, gli #, i like e le funzioni “condividi”. Sotto questo punto di vista permettono di generare tantissimo valore se usati bene, ma allo stesso tempo possono diventare un’arma pericolosissima per le aziende, proprio come è successo a Dolce&Gabbana. La condizione che il mondo digitale cinese impone inconsciamente è che il valore creato sia sempre superiore al valore di cui ci si appropria per dare e costruire la propria mianzi. Quest’ultimo concetto permette di rappresentare la crescita continua e movimentata che vediamo nel mercato cinese. Questo equilibrio fra mianzi, guanxi e conversazioni legate al contesto hanno portato i social media a diventare il luogo che meglio di tutti mostra come in Cina sia fondamentale avere un processo storico che dia significato, valori e valore all’essere parte di una comunità di prodotto, di consumo, di brand, ma soprattutto di intelligence oltre che di emozioni e di passioni condivise.

La viralità di un contenuto digitale diventa la massima espressione di questa condivisione ed è l’aspetto che porta gli utenti ad essere sempre più connessi e radicati con il contesto ed il momento dell’istante, e meno nell’interezza o periodicità di una situazione. La massima espressione di questo concetto sono i contenuti virali che nascono e muoiono in tempi brevissimi; si tratta di conversazioni e contesti estremamente connessi e vincolati a quello specifico momento. Un esempio è il fenomeno ‘me too’ 米兔 mǐtù7, un semplice gioco di omofoni per parlare di tematiche complicate e spesso censurate. Questo sistema porta sui social cinesi movimenti globali di rivendicazione e dimostrazione sociale virali in occidente, anche se il web cinese si trova separato da quello occidentale a causa del Great Firewall8. La lingua cinese è estremamente ricca di omofoni9 e per questa sua caratteristica si trova a essere estremamente connessa al contesto del parlante per avere un significato. I social media rappresentano lo spazio perfetto per esprimere al meglio questa peculiarità grazie alle attività degli utenti per evitare censura, esprimere disaccordo oppure enfatizzare ed esaltare ancora di più un concetto o una situazione. Gli utenti fortificano il loro legame di guanxi grazie ad una comunicazione “indiretta”, o legata al contesto, che solo loro riescono a comprendere evidenziando ancora di più un’altra caratteristica della cultura cinese: il concetto di gruppo o comunità, distinguendo sempre un noi da un loro.

Considerando questo contesto le aziende che vogliono interfacciarsi con il mercato cinese possono considerare due percorsi.

Da un punto di vista B2C: per i consumatori cinesi, appropriazione e godimento di un bene non possono avvenire in assenza di partecipazione e coinvolgimento emotivo proprio e dell’altro, che può essere sia di un altro individuo che dell’azienda stessa: non può avvenire da fuori di un contesto. Quando vuoi proporti online devi considerare che devono esistere: appropriazione, godimento con coinvolgimento emotivo.

Da un punto di vista B2B: si tende a realizzare progetti di vita, di senso e relazione personale per raggiungere la profittabilità dell’impresa aziendale.

I grandi cambiamenti avvenuti nella vita di una generazione

Le trasformazioni avvenute nel giro di una sola generazione nell’approccio ai consumi sono lo specchio di una mutazione sostanziale nei fattori e nei modelli di produzione. Oggi le principali risorse nella produzione non sono più le macchine e la forza lavoro umana. Questo per il governo cinese risulta sempre un problema molto grande da dover gestire per garantire la stabilità di una nazione con una popolazione così elevata. Quindi c’è un’elevata presenza di persone impiegate nell’ambiente pubblico con le mansioni più disparate e settoriali accompagnato dalla dematerializzazione del lavoro stesso. La Cina vive in un equilibrio tutto suo come lavoro dato in energia, conoscenza e persone; infatti, il successo di un’impresa è dato dalle relazioni lavorative ed extra-lavorative come apportatrici di opportunità e intelligenza. In questo contesto la conoscenza diventa una risorsa economica e strategica chiave e fondamentale, anche come bene di consumo, che però da un punto di vista economico risulta molto particolare e ricco di controversie per tre ragioni principali:

  1. Non si tratta di un bene rivale: il suo consumo non genera scarsità, utilizzare una teoria matematica non vincola gli altri a non usarla, sfruttare una conoscenza interpersonale non limita gli altri nei confronti dello stesso contatto.
  2. Si tratta di un bene non escludibile: l’utente di una conoscenza può attribuirgli valore solo dopo averla testata e sperimentata, e successivamente non avrà più bisogno di acquistarla. Questo implica che, da un punto di vista occidentale, la conoscenza è un bene scarsamente difendibile e facilmente copiabile o trasferibile.
  3. Da un punto di vista cinese si tratta di un bene cumulativo perché accresce il proprio valore con la diffusione.

Quello che sui digital media cinesi e all’interno delle comunità online si nota è l’adozione di standard e prassi comuni che facilitano il coordinamento interno e riducono i costi e gli sforzi di comunicazione. Le persone sfruttano la conoscenza comune della lingua cinese e il non detto connesso alla stratificazione di significati come prassi comunicativa confuciana; ne deriva il 火星文 huǒxīngwén “linguaggio di Marte’’10 che permette di affrontare tematiche altrimenti non consentite dalla censura, esattamente come il caso 米兔 mǐtù che abbiamo descritto sopra. È possibile inserire all’interno di questo macro-gruppo anche la creazione di meme e gif all’interno di chat formali e informali. Su questo aspetto della diffusione e condivisione non solo nascono i trend originati dagli utenti, ma anche diverse strategie aziendali di instant marketing per riuscire ad inserirsi nelle conversazioni dei propri pubblici.

La rapida e ampia diffusione di una conoscenza all’interno di una comunità fa sì che la stessa possa essere rielaborata e migliorata continuamente, proprio grazie all’aspetto di collettività della cultura cinese, fornendo la base per la creazione e la produzione di nuova conoscenza e innovazione. È il caso di Douyin/Tik-Tok di Bytedance, una piattaforma social di video brevi, dove i TAG in combinazione con l’algoritmo riescono ad esprimere questa tendenza in termini di contenuti generati dagli utenti, dando origine dai trend nuovi trend concatenati fra loro, di continua citazione e plagio, ma in continua re-interpretazione e nuova contestualizzazione della medesima “conoscenza”.

La natura peculiare di questa risorsa contestualizzata all’interno della situazione cinese obbliga le aziende a dover trasformare radicalmente i fattori che sono alla base della competitività imprenditoriale e della sua capacità di creare valore per il proprio pubblico. Questo perché in occidente il vantaggio competitivo dell’impresa risiede nella sua capacità di esercitare un controllo esclusivo su risorse e competenze distintive, che generano un valore di mercato. In Cina siamo messi davanti sia da un punto di vista di social media, che di mero business alla necessità di dover condividere all’interno di una comunità differenziata di attori per poter generare valore. Tutto questo ricade anche nelle dinamiche di guanxi e mianzi. Ad esempio, lo scambio continuo di contatti e favori fra i vari manager d’azienda, oppure le grandi attività di co-branding estremamente efficaci, come la collaborazione fra la casa di prodotti di cosmetica MAC e il videogioco cinese Honor of King.

Diventa evidente che le aziende sono alla continua ricerca e necessità di generare valore e per questo in Cina sono costrette ad andare contro le loro abitudini culturali, ad aprirsi e condividere in ambiti inter-contestuali. Da un punto di vista di persone ed utenti, è doveroso riflettere su quanto sia ampia e articolata in Cina la comunità dei maker, del crowdsourcing, dell’open source.

Un esempio pratico e semplice del movimento dei maker sono tutti coloro che, su piattaforme come Xiumi o 699, mettono a disposizione i loro progetti di grafiche ed impaginazioni WeChat, oppure di immagini e design. Cedendo questi contenuti sulla base di licenze ‘creative commons’, chiunque può usarli, modificarli, migliorarli o prenderne una parte, a condizione di citare la fonte; ergo sono a disposizione di tutti in modo quasi gratuito. Questo tipo di modello è in parte applicato ed utilizzato da Xiaomi per la creazione dei suoi prodotti. L’azienda, infatti, raccoglie tantissime proposte di progetto all’interno del suo sistema di “incubatore” per poi riuscire ad accorparli, delegarli e ottimizzarli più facilmente. Attraverso questo modello di business, all’interno del sistema imprenditoriale si sviluppa e trova una comunità variegata di attori che abbatte e condivide i costi di ricerca e sviluppo.

Il caso delle strutture a gamefication

I social media hanno fatto emergere un fattore connesso alla creatività e conoscenza che permette di sfruttare al meglio ed allo stesso tempo inserirsi con facilità all’interno di un ecosistema in equilibrio fra fiducia e controllo: il gioco. In Cina si sta sfruttando il concetto di migliorare la propria reciprocità e posizione di mianzi e le relazioni di guanxi aziendali, sociali e non solo attraverso la gamefication.

Se da una parte in Cina nel 2021 si è limitato rigorosamente il tempo di gioco per i minori di 18 anni, resta altrettanto vero che i sistemi di gamefication vengono sfruttati per migliorare le prestazioni imprenditoriali, grazie ai risultati raggiunti visibili e condivisibili nel sistema di gioco aziendale e sui propri profili social. Allo stesso tempo si migliorano le relazioni di guanxi e le opportunità di carriera, proprio in un contesto dove la creatività è uno dei fattori competitivi, perché ha la capacità di coinvolgere e di attivare la nostra sfera emozionale. È per questo motivo che, soprattutto nelle imprese Hi-Tech, c’è stata una rivoluzione nell’organizzazione.

Uno degli esempi più storici è la nascita di WeChat, la super App della grande corporate cinese di nome Tencent. L’azienda in questione, fino alle attività di sviluppo precedenti a WeChat, ha sempre utilizzato tecniche top-down di sviluppo ed ha creato: QQweibo, QQmusic, ecc. Al momento di sviluppare WeChat, il direttivo di Tencent ha ideato un sistema di gamefication in cui i team di lavoro dovevano sfidarsi fra loro, trasformando il gioco in parte del lavoro stesso. I “giocatori” rispettavano scadenze a cui presentare livelli di sviluppo in ciascuno dei quali si premiava la squadra migliore; in queste occasioni avevano modo di vedere la concorrenza e di confrontarsi con gli altri gruppi per poi tornare a lavorare separati, fino a che uno dei team non avesse ideato e completato il sistema di WeChat diventando vincitore.

Un altro esempio in cui il gioco diventa parte del business è nelle campagne marketing, come quella sviluppata da Alibaba nel 2020 per il Single Day Festival (11.11). È stata sviluppata sulla sua piattaforma e-commerce di proprietà Taobao e aveva lo scopo di far rimanere gli utenti connessi 4 o 5 ore per aumentare i propri premi, prendendosi cura del loro gattino virtuale, in modo da accedere a più opportunità di acquisto scontate. Il fenomeno è stato talmente sentito che un utente ha deciso di investire per trasformare il suo gattino in un virtual idol e influencer.

Le opportunità di crescita sociale che i social media offrono in Cina

Parallelamente alle tendenze e alla gamefication si sta sviluppando anche un’altra corrente che si basa tutta sul concetto della responsabilità sociale d’impresa e delle tecnologie. L’importanza della conoscenza e della creatività hanno trasformato il modo di intendere l’impresa sia quando si è parte di essa, sia quando il popolo dei consumatori cinesi si sente spettatore, pubblico o consumatore dell’impresa stessa e dei suoi prodotti/servizi. L’impresa oggi in Cina vive un equilibrio tra un classico sistema gerarchico rigido e uno dogmatico, mentre si sviluppa come comunità gameficata di persone dedite alla creatività, allo sviluppo di conoscenza e di benessere sia personale che collettivo, anche dal punto di vista di creazione di contenuti per l’entertainment globale, che hanno poi dato sviluppo ai corsi per diventare content creator, podcaster, streamer o influencer. Questa trasformazione riguarda anche il modo in cui l’impresa si rapporta con l’esterno e le attese che sono espresse nei suoi confronti.

L’azienda è sempre più vista come un attore sociale che ha delle responsabilità specifiche nella comunità in cui vive e a cui fa riferimento. In un caso studio risalente al 2021, in occasione della Festa delle Donne, due brand cinesi hanno fatto co-branding collaborando in una attività di promozione, invitando le donne a lottare contro la vendita ingannevole e illegale di uova per proteggere i diritti e gli interessi delle donne. Ed è qui che si inserisce la campagna digitale in collaborazione fra l’ospedale 丁香医生 Dīngxiāng yīshēng11 con Ukiss, un marchio di cosmetica cinese, che ha creato la campagna intitolata 是红妆,亦是武装 Shì hóngzhuāng, yì shì wǔzhuāng12 dedicata alle donne. L’ospedale è un’azienda sanitaria digitalizzata che offre servizi ambulatoriali ed ospedalieri. Già dal 2017 in Cina diversi pazienti sono visitati in videochiamata o tramite app; questo tipo di servizi si concentra sull’attività di consapevolizzazione della cittadinanza e nel fare prevenzione, che vedremo essere anche una parte principale e preponderante di questa attività di co-branding sui social media. Ukiss è un brand cinese nel settore beauty di gamma medio-bassa che si rivolge a un pubblico giovane, parlando e coinvolgendo le donne cinesi. È caratterizzato da colori carichi e lucenti e spesso con un tocco di kawaii13 sulle confezioni dei prodotti. Questa campagna specifica avviata dai brand è iniziata con delle pubblicazioni sui profili ufficiali di immagini, di porte di bagni pubblici con scritte cancellate con il colore rosso e un testo del posto nel quale si riportava che sarebbero stati regalati rossetti rossi a tutte le donne che volevano aiutare altre donne a proteggerle da queste truffe in cui si offrivano grandi guadagni attraverso la donazione di ovuli, compiendo azioni di cancellazione e sabotaggio degli annunci illegali come quelli delle immagini condivise sui profili social aziendali. Questa campagna comprende diverse strategie di marketing e dimostra quale sia il giusto modo di trovare equilibrio tra promozione, sensibilizzazione, prevenzione ed educazione, in combinazione a tutti i fattori caratteristici dei social media visti fino ad ora come: i prosumer o consumatori attivi, condivisione e conoscenza. Molte donne hanno apprezzato e partecipato condividendo le foto delle loro gesta sui profili social, spostandosi così dalla posizione di spettatrici di una campagna di comunicazione aziendale a quella di produttrici di contenuto connesso alla campagna stessa e parte attiva della sua condivisione. Questa campagna è nata ed ha avuto successo grazie alla capacità di ascolto dei brand verso il loro pubblico; infatti, poco prima diversi gruppi di donne sulla piattaforma di DouBan hanno condiviso le loro azioni indossando rossetti per smascherare queste truffe chiedendo ai marchi femminili maggiore attenzione e supporto a tale tematica. Il saper ascoltare e osservare quello che gli utenti producono online può fare la differenza nella creazione dei contenuti e nel posizionamento e l’apprezzamento che il pubblico può avere verso il tuo brand e quindi fare la differenza verso i tuoi competitor.

Quello che emerge è che la massimizzazione del risultato economico include anche quella del risultato sociale prodotto dall’impresa, come ingrediente fondamentale della sua capacità di realizzare i profitti nel medio e lungo termine, restituendo al contesto socio-ambientale almeno parte di ciò che ha ricevuto, accrescendo le esternalità positive. Alcune imprese lo fanno per opportunismo e per cogliere le opportunità di mercato che derivano da una sempre maggiore attenzione dei consumatori, investitori e Stato-governo, nei confronti dell’impatto socio- ambientale dei propri consumi e investimenti. Vi sono anche imprenditori e manager che hanno intrapreso la strada della sostenibilità e responsabilità sociale per convinzione. Ritengono che lo sviluppo sostenibile e duraturo della propria impresa passi per un dialogo aperto e trasparente con i propri stakeholder.

Un secondo esempio interessante legato a questo mondo digitale e di responsabilità sociale è la proposta di Ant Forest14 di Alipay15 . Nel 2016 è stato lanciato un progetto in cui gli utenti, ogni qualvolta effettuavano una azione a favore dell’ambiente, venivano ricompensati con dei green points, che permettevano di piantare un albero nella realtà (una specie di Treedom integrato ad Alipay). Un esempio finale di atteggiamento a responsabilità sociale in Cina si è verificato in occasione della festa tradizionale cinese del 2021: il Laba festival. È l’ultimo giorno festivo del calendario lunare che si celebra l’ottavo giorno del dodicesimo mese. In origine fu creato per celebrare il raccolto, poi cominciò ad avere una data fissa a causa delle influenze buddhiste, visto che coincide con il giorno in cui il Buddha ha ricevuto l’illuminazione. Il piatto tipico di questa festa è il Laba congee: porridge composto da riso, fagioli rossi e frutta secca, noto fin dai tempi della dinastia Han16. La leggenda racconta che quando il Buddha stava digiunando per lasciarsi morire di fame cercando la via dell’illuminazione, una bambina, scambiandolo per uno spirito che aveva esaudito un suo desiderio, gli offrì questo piatto e pochi giorni dopo il Buddha ottenne l’illuminazione. Questa introduzione culturale diventa utile per capire l’iniziativa di marketing portata avanti in occasione di questa festa da parte dell’azienda cinese Maxge electric che lavora principalmente nel B2B. L’azienda ha infatti finanziato un evento di beneficenza nella quale sono state distribuite centinaia di ciotole di Laba Congee nelle scuole e ai più bisognosi, condividendo poi l’attività svolta di volontariato finanziato dall’azienda sui suoi profili social ufficiali ed aziendali.

L’interdipendenza di un sistema complesso come il mercato cinese va anche valutata dal punto di vista del consumatore; non tutte le scelte seguono la stessa logica. Un individuo compie azioni logicamente connesse: quando un consumatore o una consumatrice cinese preferisce acquistare frutta secca direttamente venduta da un contadino in streaming su TaoBao, dal suo punto di vista vi sono delle scelte logiche con delle motivazioni chiare; oppure preferisce acquistare latte in polvere importato dall’Europa perché è a conoscenza che vi sono delle legislazioni più attente a zuccheri, conservanti, additivi, ecc. che inconsciamente comprendono una serie di ideali all’interno di questa scelta d’acquisto.

In questo senso, il popolo cinese non si limita ad acquistare un prodotto, ma un sistema di valori e di relazioni con l’ambiente, coerente con le proprie scelte di vita etico-morali. Fare responsabilità sociale in modo serio significa riconoscere che esite una molteplicità di punti di vista che non solo hanno una loro dignità ma contribuiscono a dare luogo al significato e al sistema. Le aziende o personalità che vogliono affermarsi nel mercato cinese devono aumentare la loro consapevolezza del sistema di relazioni che lega l’uno all’altro, ed allargare la base della governance a tutti coloro che riconoscono di avere un interesse nella vita di lungo periodo del sistema e del progetto, prodotto o azienda che intendono portare all’interno del mercato cinese.

Molte imprese sono solite pensare la responsabilità sociale come la pubblicazione di rapporti di sostenibilità o giustificativi delle azioni, in modo da spiegare le loro azioni socio-ambientali. Di fronte a questo documento, la sua trasparenza e validità è dibattuta quasi sempre online fra il pubblico cinese: le aspettative sono che le azioni svolte abbiano un legame con il core business dell’impresa, siano connesse con la realtà delle persone; non che siano solo azioni di circostanza richieste per legge.

In questo quadro di riferimento, la cultura cinese e i social media rappresentano un modo diverso di fare impresa, che va conosciuto e sviluppato se si vuole fare business in questo mercato. I diversi stakeholder non sono coinvolti una volta ogni uno o due anni, ma in modo proattivo e continuativo, proponendo soluzioni in modo reciproco e anticipando problemi a partire dalle proprie esperienze e conoscenze di network, accompagnati da un continuo lavoro di ascolto e dialogo con le community online come esplorazione fondamentale del futuro possibile dei potenziali emergenti. La cross-culturalità del marketing si va a inserire in questa relazione tra consumatore e impresa, in cui si costruiscono filoni narrativi differenti che si devono adattare agli spazi e strumenti specifici del mercato cinese e alle peculiarità sociali e culturali dei consumatori locali.

NOTE AL TESTO

1 Sono influencer digitali creati e animati attraverso il computer e che ora spesso vengono anche integrati con algoritmi e intelligenze artificiali o riproduttori vocali, a ciascuno di queste figure vengono creati, gestiti e arricchiti dei profili social per essere poi trattati e gestiti dalle agenzie come dei veri e propri influencer.

2 Information and Communications Technology.

3 Letteralmente “dare via”, sono dei concorsi a premio sui social media molto ingaggianti per il pubblico e che ottengono sempre molta interazione e visibilità.

4 Si traduce con la parola relazione o legame interpersonale: una stretta e forte rete di persone che crea un interscambio reciproco per ottenere mutuo o personale vantaggio, che si muove dentro a regole non scritte, condivise fra loro e costruite nel tempo che può creare un forte senso di appartenenza ed esclusione.

5 Con il termine faccia in Cina si intende la cosa più rappresentativa e importante per la società, la faccia va data e rispettata per poterla ricevere. Per un cinese perdere la faccia significa ricevere il più grande affronto e mancanza di rispetto possibile.

6 Si tratta di una parola di uso comune che significa “obbedire”, ma allo stesso tempo è uno dei principali precetti confuciani che esplicita l’atteggiamento che le persone devono assumere, ossia non quello di obbedienza ma di porsi in una posizione di ascolto ed apprendimento prima di parlare e compiere azioni.

7 Letteralmente significa “riso coniglio”, ma con la pronuncia cinese ha un suono molto simile alla pronuncia originale del fenomeno femminista #MeToo. Queste tematiche in Cina sono molto delicate e spesso non è possibile parlarne apertamente e quindi gli utenti trovano soluzioni strategiche per condividere e promuovere aspetti delicati o non permessi dalla censura e regolamentazioni di governo, attraverso l’uso di parole simili per suono ma con un significato totalmente diverso. Questo crea nuovi orizzonti narrativi, immagini differenti di uno stesso fenomeno spesso globale.

8 Con questo termine si fa riferimento al Golden Shield Project, un progetto di censura e sorveglianza indetta dal Ministero di pubblica sicurezza della Repubblica Popolare Cinese per filtrare, controllare e valutare quali informazioni posso entrare nell’ecosistema digitale cinese o meno.

9 La lingua cinese è una lingua tonale con un alfabeto fonetico limitatamente ricco di varietà sonore; quindi, spesso capita che ci sono sillabe identiche che variano semplicemente per il tono pronunciato ma hanno un significato totalmente differente o sono proprio parole e concetti differenti. Questo viene spesso sfruttato dagli utenti come descritto nella nota precedente.

10 Si tratta di un fenomeno linguistico cinese nato nel web nei primi anni 2000, coinvolge principalmente simboli, numeri, ideogrammi e sfruttando la loro omofonia per esprimere concetti complessi, arricchirli di più significati, assegnare valori superstiziosi e spesso sfuggire alla censura. Fra gli esempi più famosi c’è l’usanza di regalare una tazza alla persona amata per dichiarare amore eterno perché i caratteri “una tazza” 一杯子 yībēizi in cinese sono omofoni di “una vita/tutta la vita” 一辈子 yībèizi

11 Nome del brand letteralmente tradotto con “Dottor Lilla”

12 Trucco/make-up rosso e armato

13 Questo termine è particolarmente importante in Giappone ma che in Cina ha trovato terreno fertile e grande apprezzamento, in inglese viene tradotto e paragonato alla parola cute, ma Kawaii ha una sua traslitterazione fonetica cinese 卡哇伊 kǎwayī e non ha limitazioni di tematiche e settori di utilizzo, dalle pietanze, alle persone, ai vestiti, gli accessori, in generale si utilizza per descrivere qualche cosa di affascinante, vulnerabili, infantile e amabile, con un aspetto carino.

14 Ant Forest è il nome della campagna lanciata da Ant Financial Service Group, un’azienda della fintech del gruppo Alibaba, nell’agosto 2016 connessa al cambiamento climatico e alla riduzione delle emissioni di carbonio.

15 Il nome cinese è 支付宝 Zhīfùbǎo, si tratta di una piattaforma di pagamento online lanciata nel 2004 da Alibaba Group, che può essere paragonata al nostro sistema di pagamento PayPal.

16 La dinastia Han ha governato in Cina dal 206 a.C. al 220 d.C.

FONTI

  1. CNNIC sondaggio riportato dal South China Morning Post 2021
  2. https://www.statista.com/topics/1170/social-networks-in-china/#dossier-chapter2 – Statista 2023/09/28
  3. Cindy Chiu, Chris Ip, and Ari Silverman, Understanding social media in China marketing and sales practice, McKinsey Quarterly 2020 – https://www.mckinsey.com/~/media/McKinsey/Business%20Functions/Marketing%20and%20Sales/Our%20Insights/Understanding%20social%20media%20in%20China/Understanding%20social%20media%20in%20China.pdf
  4. Muyang Liu, Xiaowei Luo, Wei-Zhen Lu, Public perceptions of environmental, social, and governance (ESG) based on social media data: Evidence from China, “Journal of Cleaner Production”, 10 febbraio 2023
  5. Yun-Peng Yuan, Yogesh K. Dwivedi, Garry Wei-Han Tan, Tat-Huei Cham, Keng-Boon Ooi, Eugene Cheng-Xi Aw, Wendy Currie, Government Digital Transformation: Understanding the Role of Government Social Media, Government Information Quarterly Volume 40, Issue 1, January 2023, 101775
  6. Candy Lim Chiu, Han-Chiang Ho, Impact of Celebrity, Micro-Celebrity, and Virtual Influencers on Chinese Gen Z’s Purchase Intention Through Social Media, “Sage Journal”, 31 marzo 2023
  7. Muh-Chyun Tang, Yu-En Jung, Yuelin Li, Exploring the sociotechnical system of Chinese internet literature online forums: a social network analytical approach, Online Information Review Volume 47 Issue 3, 4 ottobre 2022
  8. Lijuan Bai, Xiangbin Yan, Impact of social media capability on firm performance: new evidence from China, Asian Business & Management volume 22, pages118–136 (2023)
  9. Man Lai Cheung, Guilherme D. Pires, Philip J. Rosenberger, Wilson K.S. Leung, Hiram Ting, Investigating the role of social media marketing on value co-creation and engagement: An empirical study in China and Hong Kong, Australasian Marketing Journal, 1 agosto 2020
  10. Shubin Yu, Yangjuan Hu, When luxury brands meet China: The effect of localized celebrity endorsements in social media marketing, Journal of Retailing and Consumer Services Volume 54, May 2020, 102010.

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