Argentina: le misure impopolari del governo Milei e lo sciopero generale

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di Giulio Chinappi

Il governo argentino di Javier Milei ha attuato misure impopolari, aumentando significativamente le tariffe dei trasporti e revocando oltre 27.000 piani sociali. Ciò ha scatenato uno sciopero generale e proteste diffuse.

Sin dalla sua entrata in carica lo scorso 10 dicembre, il nuovo presidente argentino Javier Milei ha annunciato nuove misure impopolari che hanno scatenato una risposta massiccia sotto forma di uno sciopero generale in tutto il Paese. Tra le decisioni più controverse, ad esempio, il governo ha approvato un aumento significativo delle tariffe per i trasporti pubblici, causando un incremento del 459% nel costo del biglietto minimo per autobus e treni nell’Area Metropolitana di Buenos Aires (AMBA).

Secondo la Risoluzione 1/24 pubblicata sul Bollettino Ufficiale, inoltre, il prezzo del biglietto minimo per gli autobus urbani e suburbani sotto la giurisdizione nazionale salirà a 270 pesos argentini per il tratto iniziale (da zero a tre chilometri) a partire dal prossimo mese, rappresentando un aumento del 251%.

L’implementazione di tali tariffe è stata contestata dall’opposizione politica e dai settori popolari, poiché si prevede che colpirà pesantemente i cittadini, già afflitti da un aumento del costo della vita. A tal proposito, il giornalista Santi Corei di TeleSUR ha sottolineato che i nuovi aumenti nel prezzo dei trasporti pubblici raggiungeranno il 250%, e ha consigliato agli utenti di registrare le loro carte SUBE (Sistema Unico di Biglietto Elettronico) per evitare ulteriori aumenti.

Questa situazione si inserisce in un contesto economico difficile, con il 70% dei lavoratori statali argentini considerati poveri secondo il segretario generale dell’Associazione Lavoratori dello Stato (ATE), Rodolfo Aguiar. Aguiar ha evidenziato che l’aumento rapido dei prezzi negli ultimi tre mesi ha portato a un aumento del 10% nel numero di nuovi lavoratori poveri.

Inoltre, la crescita della violenza repressiva da parte delle forze di polizia al servizio del nuovo governo di estrama destra è diventata un problema urgente. La Coordinadora Contra la Represión Policial e Institucional (Correpi) ha riportato che, nei primi 35 giorni del governo di Javier Milei, le forze di sicurezza hanno ucciso 32 persone, di cui 12 sono state vittime di “gatillo fácil” (grilletto facile).

Il malcontento della popolazione ha raggiunto il culmine con l’annuncio del governo di porre fine a oltre 27.000 piani sociali. Il Ministero del Capitale Umano ha informato che i programmi Potenciar Trabajo e Potenciar Empleo, implementati in precedenza per favorire l’occupazione, subiranno una verifica dei dati, con l’intenzione di eliminare più di 27.000 piani sociali. Queste decisioni sono state giustificate dalla considerazione di tali benefici come incompatibili con la nuova visione del governo di Milei, che esige più requisiti e un maggiore impegno dai cittadini per ottenere assistenza sociale, ma fanno invero parte del solito piano della destra neoliberista per colpire il popolo a vantaggio della classe dominante.

La protesta contro queste misure ha trovato un’eco significativa nel sistema legislativo e nell’opposizione politica, con il governo argentino che ha ottenuto un voto di maggioranza per la cosiddetta “Ley Ómnibus”, ma incorrendo in numerose opposizioni. La proposta, che include oltre 500 articoli, è stata sostenuta da 55 firme, di cui 21 provengono dalla coalizione La Libertad Avanza. Tuttavia, 34 firme sono state in dissenso, indicando che alcuni articoli cruciali potrebbero essere respinti durante la discussione parlamentare. L’opposizione, rappresentata di centro-sinistra dalla Unión por la Patria, ha invece raccolto 45 firme contro la proposta di legge.

La Ley Ómnibus è stata criticata per vari motivi, tra cui l’aumento delle ritenute fiscali, il modello di privatizzazioni e l’aggiornamento delle pensioni. La sua approvazione rappresenta una delle principali ragioni alla base dello sciopero generale organizzato dalla Confederación General del Trabajo (CGT), il principale sindacato del Paese sudamericano, contro le politiche neoliberiste del governo di Milei.

Lo sciopero generale, svoltosi in diverse città dell’Argentina, ha visto la partecipazione delle principali centrali sindacali, tra cui CGT, CTA de los TrabajadoresCTA Autónoma e Unión de Trabajadores de la Economía Popular. Molti settori, inclusi trasporti, banche, personale sanitario e pubblica amministrazione, hanno aderito allo sciopero, causando notevoli disagi alle attività quotidiane.

Nel corso della manifestazione, il leader del sindacato dei camionisti, Pablo Moyano, ha criticato aspramente le politiche del governo di Milei, chiedendo spiegazioni al ministro dell’Economia Luis Caputo ed esortando i legislatori a respingere la Ley Ómnibus. Altri leader sindacali hanno denunciato il tentativo del governo di privatizzare imprese statali e hanno sottolineato il rischio di lasciare milioni di lavoratori senza lavoro.

L’opposizione alle misure del governo si è estesa oltre i confini nazionali, con manifestazioni di solidarietà in diversi Paesi, tra cui Italia e Spagna. La CGT ha dichiarato che questo sciopero generale è il primo dal 2019 e rappresenta un record, sottolineando il forte dissenso della popolazione rispetto alle politiche del governo di Milei.

In risposta al crescente malcontento, la giustizia argentina ha dichiarato invalidi sei articoli della riforma del lavoro inclusi nel DNU (Decreto de necesidad y urgencia) di Milei, in seguito a un’azione legale avviata dalla CGT. Questa decisione della magistratura mette in dubbio la legittimità di alcune delle misure chiave del governo, sollevando ulteriori domande sulla stabilità politica e sociale del Paese.

Mentre scriviamo, il governo di Milei in Argentina sta affrontando una crescente opposizione a causa delle sue politiche impopolari. Lo sciopero generale e le proteste in tutto il Paese indicano un malcontento diffuso tra la popolazione, mentre la giustizia mette in discussione la validità di alcune delle misure chiave del governo.

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