La Cina chiede l’immediato cessate il fuoco nella crisi di Gaza

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di Giulio Chinappi

La Cina, per bocca del suo rappresentante permanente alle Nazioni Unite, ha chiesto ripetutamente l’immediato cessate il fuoco a Gaza e l’intervento della comunità internazionale per fare pressioni in tal senso sul governo israeliano.

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La crisi in corso tra Israele e la Palestina ha raggiunto proporzioni allarmanti, con un bilancio parziale di oltre 11.000 morti tra la popolazione civile gazawi, richiedendo urgenti azioni da parte della comunità internazionale. Come avvenuto in precedenza per la crisi ucraina, anche in quest’occasione la Cina ha dimostrato di essere una delle poche potenze di primo piano ad esprimere una posizione equilibrata e volta al raggiungimento della pace immediata, mentre altri preferiscono agire in base al proprio tornaconto personale.

A tal proposito, il rappresentante permanente cinese alle Nazioni Unite, Zhang Jun (in foto), ha sollecitato un immediato cessate il fuoco durante l’incontro di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla situazione israelo-palestinese. Zhang ha sottolineato che “un cessate il fuoco e la fine dei combattimenti non possono essere procrastinati” e che rappresentano l’unica speranza per la sopravvivenza della popolazione di Gaza.

La Cina, attuale presidente del Consiglio di Sicurezza per il mese novembre, si è impegnata a collaborare con la comunità internazionale per porre fine tempestivamente ai combattimenti e alleviare la crisi umanitaria a Gaza. Zhang ha anche sottolineato l’importanza di proteggere i civili e condannato tutte le violenze contro di essi, esprimendo preoccupazione per le chiare violazioni del diritto umanitario internazionale a Gaza.

L’ambasciatore cinese ha fatto appello affinché Israele ponga fine alla violenza dei coloni in Cisgiordania e ha chiesto la fine delle punizioni collettive verso i civili, con un riferimento anche alla sicurezza e sui bisogni umanitari degli ostaggi. Ha sottolineato la necessità di un’azione immediata per garantire la sicurezza e le esigenze umanitarie dei prigionieri, nonché per consentire l’accesso di agenzie specializzate a Gaza per operazioni di ricerca e soccorso.

Zhang ha anche sottolineato la necessità di un meccanismo di evacuazione medica per donne incinte e persone gravemente ferite a Gaza. Ha chiesto il ripristino immediato delle fornitureesortando Israele a porre fine all’assedio e a rimuovere completamente le restrizioni sui rifornimenti vitali.

Da un altro fronte, la Cina ha elogiato il contributo dei summit sauditi-africani e arabo-islamici alle chiamate per un cessate il fuoco e per l’assistenza umanitaria nel conflitto in corso. Tuttavia, gli analisti cinesi ritengono che la comunità internazionale debba passare dalle parole ai fatti, imponendo misure concrete per vincolare Israele e fermare la guerra brutale.

La Cina, in sintonia con le posizioni della vasta coalizione di Paesi arabi, islamici e africani, si impegna a proteggere i civili, portare ad una de-escalation della situazione e promuovere il dialogo per la pace. Gli analisti cinesi indicano la necessità di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per imporre restrizioni significative su Israele e mettere pressione sul governo di Tel Aviv.

Tuttavia, per via del forte sostegno degli Stati Uniti a Israele, la mancanza di consenso tra i Paesi arabi e islamici per azioni concrete potrebbe prolungare il conflitto e aumentare il bilancio delle vittime. La comunità internazionale è chiamata a unirsi nel promuovere la pace, proteggendo i civili e affrontando la crisi umanitaria che persiste nella Striscia di Gaza.

In ultima analisi, la risoluzione di questa crisi richiede un impegno globale deciso per porre fine al conflitto, proteggere i civili e lavorare verso una soluzione pacifica basata sul principio della soluzione a due stati, come sottolineato dall’ambasciatore cinese Zhang Jun. La comunità internazionale deve agire ora, prima che la situazione peggiori ulteriormente e Israele possa raggiungere il suo scopo di sterminio della popolazione gazawi e palestinese in generale.

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