Sulla posizione dei governi militari in Niger e Gabon

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di Giulio Chinappi

Mentre il golpe in Niger ha assunto immediatamente un carattere di opposizione all’imperialismo occidentale, il governo militare del Gabon per ora mantiene una posizione ambigua che sta portando gli osservatori internazionali a temporeggiare prima di darne un giudizio definitivo.

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Il Niger e il Gabon sono gli ultimi Paesi ad essersi aggiunti alla lista di colpi di Stato militari che hanno avuto luogo in Africa negli ultimi anni. In generale, questo susseguirsi di eventi che hanno portato alla destituzione di numerosi governi filo-occidentali, legati sia alla Francia che agli Stati Uniti, può essere considerato come un chiaro segnale dell’indebolimento delle posizioni dell’imperialismo occidentale nel continente africano. Tuttavia, alcuni analisti hanno fatto notare che, mentre il golpe nigerino ha immediatamente acquisito una chiara posizione antimperialista, quello gabonese potrebbe in realtà rivelarsi un fuoco di paglia.

Indubbiamente, il governo militare del Niger, dal 26 luglio sotto la guida di Abdourahamane “Omar” Tchiani, ha assunto posizioni decisamente contrarie alla prosecuzione delle politiche neocolonialiste che caratterizzavano il precedente governo del presidente Mohamed Bazoum. Per lo stesso motivo, la reazione dei media e dei governi occidentali, in particolare in Francia, è stata molto netta nel condannare l’operato dei militari, al punto da prospettare un possibile intervento militare nel Paese saheliano. Nonostante le minacce, tuttavia, il governo di Niamey non sembra intenzionato a cambiare rotta, come dimostrano le decisioni prese negli ultimi giorni.

Il 6 settembre, in particolare, il governo militare ha chiesto alla Francia di fissare un calendario per il ritiro del suo personale militare dal Paese. Secondo quanto riportato dall’emittente Al Arabiya, Parigi e Niamey stanno attualmente discutendo soltanto del ritiro delle truppe francesi impegnate nell’operazione antiterroristica Barkhane nella regione del Sahel. Questa mossa arriva dopo il tentativo di espulsione dell’ambasciatore francese dalla capitale Niamey, al quale è stato impedito di partecipare ai colloqui sul ritiro delle truppe francesi. Secondo gli analisti, la Francia potrebbe decidere di dislocare le proprie truppe nel vicino Ciad, dove il governo di Mahamat Déby resta fedele all’ex potenza coloniale.

Inoltre, il governo militare di Niamey ha apertamente accusato il presidente francese Emmanuel Macron di intromettersi negli affari interni del Paese e di cercare di spingere la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO) all’invasione armata. Secondo il comunicato del governo nigerino, “Macron sta usando la CEDEAO per costringere la comunità a prendere parte al progetto coloniale e a invadere il nostro Paese“. Il testo si riferiva in particolare alle dichiarazioni rilasciate dal capo dell’Eliseo lo scorso 28 agosto, quando Macron aveva affermato che la Francia è determinata a sostenere qualsiasi sforzo della CEDEAO, compresa l’azione militare, per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger.

Al momento, segnali così netti non sono ancora arrivati dal nuovo governo militare del Gabon, che secondo alcuni analisti sarebbe unicamente figlio delle faide interne alla cricca al potere. Come detto nel nostro precedente articolo, il leader dei golpisti Brice Oligui Nguema è effettivamente il cugino del presidente destituito Ali Bongo Ondimba, ed indubbiamente ha occupato ruoli di rilievo nei precedenti governi. Per questo, non sorprende il fatto che abbia intrattenuto buone relazioni con la Francia e che possegga delle proprietà negli Stati Uniti. Altrettanto evidente è anche il fatto che la reazione dell’Occidente non sia stata netta come quella in risposta al golpe nigerino, tendendo quasi a far passare in sordina i fatti di Libreville.

Il generale Oligui ha per ora solamente promesso di riorganizzare le istituzioni governative per renderle più democratiche: “Stiamo parlando di una riorganizzazione per renderli strumenti più democratici, più in linea con gli standard internazionali in termini di rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, della democrazia e dello Stato di diritto, nonché di lotta alla corruzione, divenuta un luogo comune nel nostro Paese“, ha dichiarato il presidente de facto all’agenzia stampa AFP. In precedenza, il leader dei golpisti aveva fatto sapere che i militari avevano deciso di prendere il potere di fronte all’inefficace azione economica del governo ed alla salute cagionevole del presidente Ali Bongo. Insomma, per il momento il golpe gabonese sembra essere principalmente dettato da questioni interne, e non da politiche internazionali.

Eppure, negli scorsi giorni il ministro delle Forze Armate francesi Sébastien Lecornu ha fatto sapere che Parigi ha sospeso l’assistenza militare al Paese dell’Africa centrale: “Per quanto riguarda la nostra presenza [in Gabon], gli ufficiali militari sono di stanza lì per addestrare le truppe gabonesi. Il loro lavoro è stato sospeso fino a quando la situazione politica non sarà chiarita“, ha dichiarato il ministro al quotidiano Le Figaro. Allo stesso tempo, con un classico esempio di doppio standard, Lecornu ha messo in guardia dall’equiparare la situazione in Niger, “dove i militari hanno spodestato illegalmente un presidente democraticamente eletto“, a quella del Gabon, dove gli sviluppi derivano da “un mancato rispetto delle leggi elettorali e della costituzione“. Questa posizione ambigua potrebbe significare che la stessa Francia al momento non ha ben chiaro il quadro della situazione gabonese, e sta aspettando i prossimi sviluppi per capire quale atteggiamento assumere nei confronti del nuovo governo di Libreville.

Fino ad ora, l’unica reazione negativa nei confronti del golpe gabonese è giunta dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEEAC, secondo la denominazione ufficiale in francese e portoghese), che ha sospeso il Gabon dall’organizzazione multilaterale, stessa sorte precedentemente imposta al Niger dalla CEDEAO. Istituita nel 1983, la CEEAC comprende undici Paesi della regione, vale a dire Angola, Burundi, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Equatorial, Ruanda, e São Tomé e Príncipe, oltre al Gabon.

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