L’evoluzione delle relazioni Sino-Indonesiane alla luce della Belt and Road Initiative e il Global Maritime Fulcrum

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Lo scorso 27 luglio, in occasione della sua partecipazione alla cerimonia di apertura della 31a edizione estiva dei FISU World University Games, in Cina, il Presidente cinese Xi Jinping ha accolto il Presidente indonesiano Joko Widodo a Chengdu. Durante questo significativo incontro, le due parti hanno tirato le somme dei risultati maturati nel corso del decennio del Partenariato Strategico Globale tra i due paesi e, allo stesso tempo, hanno lavorato per gettare solide fondamenta per un florido futuro di cooperazione proficua.

Nell’occasione, il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping ha sottolineato e ribadito al suo omologo indonesiano la determinazione cinese nel cogliere questa occasione come uno strumento per approfondire ulteriormente la cooperazione strategica con l’Indonesia.

Alla base di questa dichiarazione si cela l’intenzione di Xi Jinping di presentare la Cina come un modello per le nazioni in via di sviluppo, ponendo in risalto l’importanza di condividere un destino congiunto all’interno di una “comunità con un futuro condiviso” (“a comunity with a shared future”), allo scopo di promuovere la solidarietà e la collaborazione, catalizzando, così, le energie e le sinergie verso uno sviluppo che sia condiviso e non conflittuale.

Relazioni Sino-Indonesiane

Per decenni, l’Indonesia è stato uno dei più forti sostenitori del “Movimento del non allineamento” e di un approccio di de-escalation dei conflitti; pur attraversando periodi altalenanti, questo atteggiamento ha consentito il mantenimento di buone relazioni con gli attori presenti nella regione, inclusa la Cina.

Dopo aver stretto i legami che hanno caratterizzato le relazioni bilaterali tra i due paesi, negli ultimi anni della presidenza del leader indonesiano Sukarno Cina e Indonesia hanno conosciuto un lungo periodo di congelamento delle loro relazioni diplomatiche (1967-1990).

Sebbene il presidente Soeharto avesse già normalizzato le relazioni con la Cina nel 1990, le relazioni tra Giacarta e Pechino sono migliorate in modo significativo soltanto in seguito alla caduta di quest’ultimo, avvenuta a metà del 1998. Le relazioni tra i due paesi, allora, hanno conosciuto un significativo slancio sotto la presidenza Yudhoyono (2004-2014) anche grazie alla elaborazione di linea di tenuta in politica estera volta ad una maggiore integrazione e cooperazione nel contesto internazionale, ben sintetizzata dalla locuzione “A Million Friends e Zero Enemies”, “un milione di amici, zero nemici“.

Così, nel 2005 Giacarta e Pechino firmarono un “Partenariato strategico”, in seguito rinnovato nel “Partenariato strategico globale” (2013).

È sotto la leadership dell’attuale presidente Joko Widodo (noto anche come Jokowi) che le relazioni sino-indonesiane sono diventate ancora più strette, soprattutto in campo economico.

Negli ultimi anni, infatti, la Cina è diventata uno dei principali partner commerciali dell’Indonesia nonché una delle principali fonti di investimenti esteri da destinare al finanziamento dei progetti infrastrutturali promossi e programmati dal Governo indonesiano; la privilegiata posizione geografica che rende l’Indonesia uno snodo marittimo strategico fa di questo importante Paese del sudest asiatico un partner chiave per la Cina nel contesto dello sviluppo della Belt and Road Initiative.

Segnale di quest’andamento è sicuramente il fatto che mai nella storia delle relazioni tra i due paesi un presidente indonesiano si è incontrato così spesso con il suo omologo cinese.

Il fiorire delle relazioni G2G (Government to Government) tra Indonesia e Cina si riflette anche nel significativo aumento del numero di trattati internazionali firmati tra le due parti in vari ambiti, tra cui l’importante settore marittimo. Queste interazioni positive e intensi contatti tra i rispettivi leader indicano la vivacità del “nuovo capitolo” delle dinamiche relazioni sino-indonesiane.

Questo allineamento di interessi fonda le sue radici nell’intersezione di due iniziative di politica estera promosse l’una da Pechino e l’altra da Giacarta, rispettivamente, la Belt and Road Initiative (BRI) e il Global Maritime Fulcrum (GMF).

Nella prospettiva della modernizzazione e dello sviluppo delle due nazioni, Cina e Indonesia si vedono convergere su visioni ampiamente affini che offrono prospettive di sviluppo mirante ad un reciproco beneficio e delle rispettive popolazione, oltre che alla realizzazione dei propri interessi nazionali.

Global Maritime Fulcrum (GMF) indonesiana             

In netto contrasto con l’era dell’ex presidente Susilo Bambang Yudhoyono, l’avvento al potere di Jokowi ha portato un radicale cambiamento nella politica estera dell’Indonesia – almeno nella sua elaborazione teorica – visto che il consueto approccio relativamente passivo nelle questioni internazionali è stato sostituito da uno più assertivo.

Nel 2014 il presidente Jokowi lanciò il Global Maritime Fulcrum, una nuova strategia il cui obiettivo era (ed è) rendere l’Indonesia un leader negli affari marittimi regionali, un fulcro tra l’Oceano Indiano e il Pacifico. Tre anni dopo aver presentato il GMF al vertice dell’Asia Orientale, i suoi principi dottrinari sono stati codificati e ampliati con un regolamento di emanazione presidenziale sulla politica marittima nazionale.

La strategia che forma la Global Maritime Fulcrum si basa sulla volontà di rafforzare la posizione marittima del Paese attraverso lo sviluppo della cultura marittima indonesiana, lo sviluppo infrastrutturale marittimo e di connettività oltre che con la costruzione delle capacità di difesa necessarie per controllare e pattugliare al meglio le acque nazionali e quelle circostanti. A questo si aggiunge la promozione di una solida cooperazione con gli Stati vicini da realizzare attraverso la promozione della pace e della stabilità delle relazioni tra Paesi e il raggiungimento di una prosperità condivisa e diffusa nella regione dell’Asia-Pacifico.

Eppure è importante sottolineare che il GMF non dovrebbe essere interpretato solamente come una linea guida in politica estera, ma piuttosto – e forse soprattutto – come un substrato, una base sulla quale il Presidente Jokowi intende migliorare l’attuale situazione infrastrutturale ed economica dell’intero Paese;
in altre parole, più che una dottrina di politica estera ben sviluppata e articolata, si può affermare che la GMF si tratta di una strategia pragmatica volta al conseguimento di performance di livello per l’economia domestica.

Nella concezione politica di Jokowi questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto attraverso una maggiore connettività interna tra le isole dell’arcipelago indonesiano, una spinta allo sviluppo dei trasporti marittimi e il rafforzamento della sicurezza marittima del paese. È infatti da notare come gli sforzi principali siano sempre stati indirizzati verso il raggiungimento di un progresso economico nazionale piuttosto che l’ottenimento di un ruolo di spicco negli affari regionali – anche se questo aspetto non viene trascurato.

Se, dunque, è vero l’assunto per cui la maggior parte del GMF si concentra sul raggiungimento di obiettivi afferenti la sfera economica, allora Pechino non può che essere il partner privilegiato di Giacarta e di una strategia nazionale che punta ad una maggiore cooperazione con attori stranieri al fine di ottenere vantaggi interni.

Belt and Road Initiative (BRI)

La Belt and Road Initiative (BRI), l’ambizioso progetto di sviluppo infrastrutturale e connettività globale che mira a collegare paesi attraverso una serie di vie terrestri e marittime, venne lanciato nel 2013 dal presidente cinese Xi jinping. La BRI si compone di due principali componenti: la Silk Road Economic Belt (la Cintura Economica della Via della Seta) e la 21st Century Maritime Silk Road (la Via della Seta Marittima del XXI secolo), comunemente chiamata Marittime Silk Road.

La Marittime Silk Road si concentra sul miglioramento delle rotte di navigazione marittima tra l’Asia, l’Africa e l’Europa. Questo scenario comprende e implica l’espansione e l’ammodernamento dei porti, la creazione di zone economiche speciali e la promozione della cooperazione tra i paesi lungo questa via marittima. L’obiettivo è quello di agevolare una prosperità basata sullo scambio di merci, energia e risorse, e facilitare, di conseguenza, il commercio internazionale e il flusso di investimenti.

Per molti aspetti, dunque, gli obiettivi e la concezione del braccio marittimo della Belt and Road Initiative somigliano all’elaborazione teorica del GFM indonesiano.


Confluenza degli Interessi

Osservando i due progetti, emerge una consonanza nelle finalità che essi si prefiggono. In modo analogo ai pilastri del GMF, le priorità sottese alla MSR presentano obiettivi di natura economica; entrambi i progetti orbitano attorno a concetti quali sviluppo, crescita, prosperità e connettività e la componente economica-infrastrutturale costituisce l’elemento centrale in entrambe le iniziative.

In quest’ottica diviene, ora, evidente come la cooperazione in campo economico – soprattutto nel contesto dello sviluppo infrastrutturale – abbia svolto – e continuerà a farlo – un ruolo cruciale nel recente miglioramento delle relazioni sino-indonesiane. Da un lato, la Cina promuove la BRI soprattutto per fronteggiare sfide economiche interne e riequilibrare eventuali crisi di produzione, dall’altro, l’Indonesia focalizza pragmaticamente i propri sforzi nel miglioramento delle infrastrutture nazionali. In altre parole, la volontà di ricercare opportunità di sviluppo interno ed esigenze di carattere strategico e internazionale hanno spinto entrambi gli attori verso una collaborazione sempre più profonda.

Eppure, è da sottolineare come – nonostante gli obiettivi comuni delle due iniziative – l’Indonesia abbia dimostrato esitazione nel coinvolgimento totale nell’iniziativa guidata dalla Cina. Mettendo a confronto la portata e il ritmo della collaborazione con altri paesi partner della Cina nella BRI, come il Pakistan o la Malesia, si nota chiaramente che la cooperazione tra Giacarta e Pechino è stata limitata nei primi anni dall’avvio dell’Iniziativa voluta da Xi Jinping. Solo in anni recenti, quando il governo di Jokowi ha affrontato evidenti ostacoli economici nello sviluppo dei progetti infrastrutturali pianificati e ha riconosciuto i vantaggi che il paese poteva ottenere dall’iniziativa cinese, l’Indonesia ha intrapreso passi significativi verso una maggiore cooperazione con la Cina nel contesto della BRI.

In altre parole, Jokowi ha affrontato in modo pragmatico il problema ricercando la soluzione in quella che è è divenuta il fulcro della politica estera del suo Paese: una diplomazia economica incentrata sugli investimenti. In seguito a questo aumentato coinvolgimento, l’Indonesia ha registrato un notevole aumento degli investimenti cinesi a partire dal 2016. Tra i primi 10 investitori stranieri in Indonesia, la Cina è salita dalla nona alla terza posizione in un solo anno. In aggiunta, per quanto riguarda gli scambi commerciali, nel 2018 il volume bilaterale ha raggiunto un nuovo apice storico di 77,4 miliardi di dollari.

L’aumento di investimenti cinesi e di scambi commerciali tra i due paesi e, in generale, un trend positivo della cooperazione economica bilaterale, ha avuto la conseguenza di migliorare anche le relazioni tra i due Paesi, portandoli sempre più vicini in altri ambiti come la dimensione People-to-People, la dimensione diplomatica e lo scambio culturale.


Preoccupazioni

La ragione che ha indotto l’Indonesia a non aderire completamente all’iniziativa condotta dalla Cina e che impedisce una completa sinergia tra BRI e GMF riguarda piuttosto la complessa problematica legata alla sovranità e all’indipendenza strategica del paese. I continui investimenti cinesi – funzionali alla costruzione dei progetti infrastrutturali pensati nell’ambito del GMF dal Governo indonesiano – portano con sé il rischio di generare una dipendenza eccessiva dell’Indonesia dalle risorse finanziarie provenienti da Pechino.

In particolar modo, Giacarta è preoccupata che l’implementazione di progetti marittimi condivisi possa conferire a Pechino una dose eccessiva di influenza su asset strategici di importanza cruciale per la salvaguardia della sovranità marittima del paese.

L’ex ministro coordinatore per gli affari marittimi Rizal Ramli è uno dei principali sostenitori della prospettiva. Nel 2019 Ramli metteva in guardia il presidente Jokowi riguardo ai rischi connessi all’eventualità di consentire alla Cina di costruire e controllare progetti strategici vitali, come i porti.

È verosimile che in futuro, tali inquietudini continueranno a costituire un freno per l’Indonesia sulla strada verso l’armonizzazione delle due iniziative. Se Giacarta ambisce a mantenere un equilibrio sottile tra lo sviluppo economico del paese e, al contempo, l’evitare un’iperbolica dipendenza dalla Cina, la sua strategia dovrà abilmente conciliare l’esistente collaborazione economica con Pechino – indispensabile per garantire gli investimenti essenziali alla crescita infrastrutturale nazionale – con le aspirazioni di quest’ultimo a un maggiore coinvolgimento nella BRI e un’attenzione scrupolosa nella gestione e cessione delle quote relative ai progetti di cruciale importanza strategica.


Punto di arrivo nel mare?

Se è vero che, almeno nella sua concezione teorica, il GMF ha come proposito l’ascesa dell’Indonesia a una posizione di primo piano come potenza marittima regionale, emerge intrinsecamente un corollario di riflessioni e considerazioni riguardo il suo atteggiamento nelle dispute territoriali del Mar Cinese del Sud e, con conseguente rilevanza, nelle dinamiche relazionali con la Repubblica Popolar Cinese.

Infatti, sebbene le relazioni tra i due paesi stiano attraversando una fase di cooperazione, le dispute territoriali da anni presenti nel Mare Cinese Meridionale e la nuova postura più assertiva dell’Indonesia hanno posto in potenza nuove sfide significative e future alle relazioni sino-indonesiane.

Sin dal lancio della nuova dottrina estera indonesiana, infatti, Giacarta ha inviato una serie di segnali più incisivi, delineando un impegno più marcato nella tutela della propria sovranità nazionale. Questa determinazione è particolarmente evidente in relazione alle intrusioni da parte di pescatori cinesi nelle isole di Natuna, le cui acque territoriali lambiscono quelle della Cina storica e comprese nella linea dei nove tratti, una linea di demarcazione tracciata per delimitare le acque che la Cina ritiene essere suo diritto storico controllare. L’importanza della presa di controllo sulle isole di Natuna non è solo legata al dominio dell’Zona Economica Esclusiva (ZEE), ma si estende alla ricchezza delle risorse lì presenti.

Nel 2016, dopo che si erano registrati una serie di scontri tra la marina indonesiana e i pescherecci cinesi, il presidente Jokowi aveva lanciato una campagna senza precedenti che aveva impagnato la marina e l’aeronautica indonesiana al fine di rafforzare le attività di pesca, esplorazione petrolifera e difesa nelle acque delle isole di Natuna. Più recentemente, nel 2020, il governo indonesiano ha schierato otto navi da guerra e quattro caccia a reazione per pattugliare le isole e scoraggiare i pescherecci cinesi dei mari di Natuna.

Tuttavia, al momento, è improbabile che queste divergenze spingano Indonesia e Cina verso posizioni di conflitto, principalmente in virtù della consapevolezza – sia di Giacarta che di Pechino – che questa questione non sia di sufficiente rilevanza da giustificare il deterioramento di un rapporto divenuto ormai saldo e amichevole. In particolare, per la Cina, minare la stabilità dei legami con l’Indonesia comporterebbe il rischio di instabilità nello Stretto di Malacca, arrecando nocive conseguenze al flusso globale degli scambi commerciali cinesi.

D’altro canto, per Giacarta, la Cina ha assunto un ruolo cruciale quale fonte di investimenti esteri, indispensabili per il pieno dispiegamento della strategia del Presidente Jokowi al fine di finanziare il miglioramento e l’ampliamento delle infrastrutture in stato di declino nel paese. La prospettiva di guadagnare un ruolo di primo piano come potenza regionale non sembra essere sufficiente per spingere Jokowi a rischiare la solidità delle relazioni con la Cina o a deviare risorse dallo sviluppo a favore di una spesa militare crescente.


Impatto Regionale

Il recente miglioramento nelle relazioni tra Cina e Indonesia non è certamente accolto con favore dagli Stati Uniti, tradizionale partner militare dell’Indonesia. Se i legami tra Cina e Indonesia sono prevalentemente di natura economica, i rapporti con Washington si sono sviluppati soprattutto attraverso la collaborazione in campo militare e della sicurezza.

Le forze armate di entrambi i paesi svolgono esercitazioni congiunte, come la “Garuda Shield”, da oltre un decennio. Per Giacarta, la presenza militare statunitense nelle acque contese del Pacifico assicura la protezione delle rotte marittime che attraversano una regione segnata da decenni di dispute territoriali.

Tuttavia, sebbene la cooperazione tra i due paesi sia tutt’oggi stabile, quello che viene percepito da Washington come un eccessivo avvicinamento dell’Indonesia alla Cina, potrebbe mettere in futuro a repentaglio le buone relazioni con Giacarta e di conseguenza anche la presenza americana nell’Indo-pacifico.

Segnale di questa tendenza potrebbe essere considerata la decisione, nel 2020, dell’Indonesia di negare l’apertura di nuove basi aeree a Washington attraverso le quali la marina militare statunitense tiene sotto controllo il Mar Cinese, snodo centrale nel confronto con Pechino.
Ciò che in quell’occasione aveva spinto Giacarta a rifiutare la richiesta americana era, appunto, il timore che l’eventuale accettazione potesse essere percepita dalla Cina in modo negativo, generando così possibili ritorsioni indesiderate.

Inoltre, nel 2021 l’amministrazione Widodo criticò apertamente Washington per una serie di mosse provocatorie nei riguardi della Cina e destabilizzanti per l’intera regione, come la decisione di dotare l’Australia di sottomarini a propulsione nucleare.

Tuttavia, in un futuro prossimo, piuttosto che un continuo scivolamento dell’Indonesia vero il polo cinese, è molto più probabile che il tradizionale equilibrismo diplomatico e la costante oscillazione fra Washington e Pechino rimangano il tratto predominante della politica estera indonesiana.

In questa prospettiva, le future elezioni presidenziali indonesiane – febbraio del 2024 – giocheranno un ruolo fondamentale nell’evoluzione della posizione del paese tra Cina e Stati Uniti. Se Washington vuole tenere l’Indonesia al suo fianco ed evitare un eccessivo allineamento di Giacarta con il Dragone cinese, dovrà essere abile nel corteggiare i futuri candidati, specialmente alla luce del fatto che due dei tre favoriti sembrano avere una particolare inclinazione verso Pechino.

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