Crisi dell’imperialismo occidentale, golpe anche in Gabon

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di Giulio Chinappi

Il colpo di Stato militare verificatosi in Gabon contro il presidente Ali Bongo Ondimba assesta l’ennesimo duro colpo all’imperialismo occidentale in Africa, indebolendo anche le possibilità di un’azione militare contro il Niger.

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L’imperialismo occidentale in Africa continua a subire duri colpi d’arresto, l’ultimo dei quali ha avuto luogo in Gabon, Paese dell’Africa centrale poco popolato, ma ricco di risorse naturali, in particolare di petrolio, che rappresenta oltre il 70% delle esportazioni gabonesi. Lo scorso 26 agosto, hanno avuto luogo le elezioni presidenziali, nelle quali Ali Bongo Ondimba andava alla ricerca di un terzo mandato consecutivo. In effetti, il capo di Stato in carica ha ottenuto il 64,27% dei consensi secondo i dati ufficiali, relegando il suo sfidante Albert Ondo Ossa al 30,77%.

Tutto dunque faceva presagire una continuazione del dominio della dinastia Bongo Ondimba, visto che il padre di Ali, Omar Bongo Ondimba, aveva guidato il Paese dal 1973 fino al 2009, anno della sua morte. In questi decenni, la famiglia al potere ha sempre mostrato la propria accondiscendenza alle politiche imperialiste dei Paesi occidentali, prime fra tutte la Francia, ex potenza colonizzatrice, che in Gabon mantiene grandi interessi, senza dimenticare i buoni rapporti con gli Stati Uniti. Proprio per queste ragioni, i militari hanno deciso di prendere le redini della situazione, deponendo Ali Bongo Ondimba subito dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali delle elezioni, il 30 agosto.

Tra le accuse mosse alla famiglia Bongo Ondimba, c’è anche quella di non garantire un’equa redistribuzione dei proventi del petrolio, che vanno ad arricchire unicamente la famiglia al potere e la sua cricca. Secondo i dati macroeconomici, infatti, il Gabon sarebbe uno dei Paesi più ricchi del continente africano per reddito annuo medio, superato solamente da Seychelles e Mauritius. Eppure, circa un terzo della popolazione continua a vivere sotto la soglia della povertà, secondo i dati ufficiali pubblicati dalla Banca Mondiale nel 2022, palesando un elevato tasso di disuguaglianza.

Dopo aver arrestato Ali Bongo Ondimba ed averlo trattenuto nella sua residenza, i militari autori del golpe hanno scelto il nome del proprio leader, il generale Brice Oligui Nguema, capo della Guardia Repubblicana, nominato leader di transizione e dunque attualmente capo di Stato de facto del Gabon, che tra l’altro è anche cugino del presidente deposto. Intervistato dal quotidiano francese Le Monde, il leader della giunta militare ha spiegato che, oltre al malcontento generale per la gestione dell’economia, la malattia del capo di Stato deposto rappresenta un altro dei motivi che hanno spinto i militari ad agire, visto che Ali Bongo era stato colpito da un ictus nell’ottobre 2018, che lo ha lasciato indebolito: “Non aveva il diritto di restare in carica per un terzo mandato, la Costituzione è stata violata, il metodo elettorale in sé non era buono. Così l’esercito ha deciso di voltare pagina, di assumersi le proprie responsabilità”, ha detto il leader militare.

Come anticipato, il golpe di Gabon va ad assestare un altro duro colpo alle politiche neocoloniali in Africa, dell’Occidente in generale e della Francia in particolare. Dopo questo evento, appare sempre meno probabile un intervento militare per sedare il golpe precedentemente verificatosi in Niger, con Parigi che ora si trova con un’altra gatta da pelare. Dopo il Mali, la Repubblica Centrafricana, la Guinea, il Burkina Faso e il Niger, quello in Gabon è il sesto golpe militare che colpisce un’ex colonia francese negli ultimi anni, tutti con l’obiettivo di scardinare le fondamenta della Françafrique. A questi Paesi andrebbe aggiunto in parte anche il Ciad, dove il presidente Idriss Déby è rimasto ucciso in una sparatoria le cui dinamiche non sono mai state del tutto chiarite, nell’aprile del 2021.

C’erano meno presupposti per un colpo di stato in Gabon rispetto al Niger“, ha spiegato Vsevolod Sviridov, esperto russo di studi africani, intervistato dall’agenzia TASS. “Il Gabon era relativamente stabile e ricco, è ricco di risorse idriche, esporta petrolio, il che, considerando la piccola popolazione di 2,3 milioni di persone, ha permesso di garantire stabilità politica ed economica e ha permesso alla famiglia Bongo di rimanere al potere per quasi 70 anni. Inoltre, il Gabon ha ottimi rapporti con gli Stati Uniti e la Francia“, ha continuato l’accademico. “Questi avvenimenti giocano contro la Francia, perché il Gabon era relativamente filofrancese, e gli affari francesi vi hanno mantenuto posizioni forti“.

Al momento, i militari saliti al potere in Gabon non hanno ancora espresso una posizione chiara in politica estera, ma la tendenza evidenziata dagli altri eventi regionali appare alquanto chiara. Attualmente, la Francia ha un contingente di 400 uomini in Gabon, soprattutto con il compito di addestrare l’esercito del Paese africano. Fino ador, sembra che i militari francesi stiano continuando a svolgere il proprio ruolo in Gabon, secondo quanto riportato da Associated Press. Dal punto di vista militare si tratta comunque di un Paese molto meno strategico per gli interessi francesi rispetto al Niger, grande crocevia dell’Africa occidentale.

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