La Via Cinese alla tecnologia: il predominio Cinese dai Semiconduttori alle Criptovalute

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di Veronica Vuotto

Da Mao a Xi, la Cina ha subito una radicale trasformazione, non solo nel suo panorama politico ed economico, ma anche nella sua abilità tecnologica, divenendo, oggi, una forza preponderante nel lotto delle potenze leader del settore tecnologico globale; al centro della sua ambizione in questo campo troviamo l’industria dei semiconduttori, quella che – a ragione – viene considerata come la componente vitale dell’elettronica moderna. Così come per la rivoluzione energetica, il percorso della Cina alla ricerca dell’autosufficienza tecnologica è stato lungo e difficile: da isolata dal resto del mondo sotto la guida di Mao – situazione che ha gravemente ostacolato il suo progresso tecnico – oggi Pechino punta ad un ruolo di rilievo globale nel settore tecnologico; un percorso che, adesso, sta cominciando a dare i suoi risultati anche se i primi passi nell’industria dei semiconduttori risalgono proprio all’epoca maoista.

Prima di entrare nel merito del discorso e analizzare questa altra poco conosciuta “lunga marcia” cinese, è bene chiarire alcuni dei concetti chiave che torneranno utili nel corso di questo breve saggio: in primis, chiariamo cosa si intende per semiconduttori e microchip, e quale ruolo ricoprano questi nella transizione energetica.

I semiconduttori sono sono sostanze di natura cristallina che si comportano come conduttori all’aumentare della temperatura; a temperatura ordinaria, invece, si comportano come isolanti; potremmo definire i microchip come gli eroi silenziosi dell’era digitale: si tratta di minuscoli dispositivi tecnologici che offrono la possibilità di inviare, elaborare e archiviare dati.

Infatti, nonostante le loro piccole dimensioni e la scarsa conoscenza sul loro funzionamento da parte dei consumatori finali, i microchip svolgono un ruolo cruciale nella nostra vita quotidiana essendo presenti in numerosi elementi divenuti essenziali, come, ad esempio, gli smartphone, computer e altri dispositivi high-tech da cui dipendiamo ogni giorno; senza il costante e rapido progresso nel campo dei microchip, infatti, non avremmo sperimentato il notevole impatto della tecnologia informatica nelle nostre vite.

Lo sviluppo di queste tecnologie sono fondamentali anche nel contesto della transizione energetica visto che, nel passaggio ad un futuro che si vorrebbe basato principalmente su fonti energetiche rinnovabili e sostenibili, abbiamo bisogno di modi più efficienti e affidabili per produrre e distribuire elettricità ed energia. In questo scenario, i semiconduttori sono materiali fondamentali così come i microchip rappresentano componenti imprescindibili nel raggiungimento di risultati concreti: basti pensare alle loro numerose applicazioni in svariati campi, dai veicoli elettrici ai sistemi di reti intelligenti, dalle turbine eoliche ai pannelli solari dove i chip, vengono utilizzati per convertire la luce solare in energia. Al tempo stesso, supportano la regolazione del flusso di elettricità nelle turbine eoliche al fine di garantire un’efficace erogazione della rete.

Sono, inoltre, utilizzati nei veicoli elettrici per controllare i diversi sistemi e sensori, nonché per gestire il flusso di potenza dalla batteria al motore. Infine, i semiconduttori vengono utilizzati nei sistemi di reti smart per osservare e controllare il flusso di elettricità in tutta la rete, assicurando che venga indirizzato verso i punti che ne hanno più bisogno.

Tuttavia, è ben noto che non è tutto oro ciò che luccica e il mondo della produzione digitale non può sottrarsi a tale constatazione: infatti, ad esempio, la produzione e lo smaltimento di semiconduttori può impattare, negativamente, sull’ambiente in diverse modalità: nella lavorazione dei semiconduttori, vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche come l’arsenico, il cadmio e il piombo, nocive sia per l’ambiente naturale che per la salute umana; inoltre, l’elevato fabbisogno energetico per la produzione di semiconduttori contribuisce alle emissioni di gas serra e al cambiamento climatico.

Migliorare l’efficienza della produzione di microchip e sviluppare metodi sostenibili per lo smaltimento dei rifiuti elettronici appaiono, dunque, i prerequisiti fondamentali per mitigare questi impatti negativi sul futuro ambientale a tutte le latitudini.

Come anticipato nell’introduzione a questo scritto, la via cinese all’indipendenza tecnologia è iniziata già negli anni ‘50, sotto la guida di Mao Zedong; sebbene in quegli anni la Cina fosse in gran parte tagliata fuori dal resto del mondo, una situazione che ne limitava fortemente il suo sviluppo tecnologico, nel 1956 fu redatto un primo documento ufficiale, lo “Schema per lo sviluppo della scienza e della tecnologia, 1956-1967 [https://www.china-files.com/da-mao-a-xi-la-corsa-cinese-al-microchip-nazionale/ (Ultimo accesso: 21/05/2023)]”, il cui obiettivo era quello di promuovere lo sviluppo scientifico e tecnologico della Cina.

Questo documento programmatico prevedeva la creazione di un’infrastruttura scientifica e tecnologica all’avanguardia che fosse capace di sostenere la crescita economica e militare della Cina – nonché la non dipendenza dall’Occidente in campo tecnologico – scientifico – e poneva un forte accento sulla necessità dello studio, sviluppo, istruzione e formazione, nonché sullo sviluppo di un solido quadro istituzionale per sostenere i progressi nella scienza e nella tecnologia.

La Cina ha così iniziato a investire (e lo fa ancora oggi) in piccole fabbriche pilota dislocate sul proprio suolo nazionale note anche come “impianti pilota” o “impianti dimostrativi”, versioni su piccola scala di fabbrica su scala commerciale, progettate per testare e perfezionare nuovi processi o tecnologie di produzione prima che vengano implementati su scala più ampia.

Nonostante la bontà delle premesse, la corsa allo sviluppo tecnologico subì una battuta d’arresto durante gli anni della Rivoluzione Culturale (1966 – 1976); battuta d’arresto che causò non soltanto un rallentamento ma anche un deficit nello sviluppo tecnologico le cui conseguenze si sono protratte fino a tempi recenti2.

Soltanto a partire dal periodo della politica di “Riforma e Apertura”, durante l’epoca di Deng Xiaoping, la Cina ha lavorato costantemente e gradualmente per sviluppare, aggiornare e consolidare le capacità e le potenzialità di questo apparato economico – industriale.

In realtà, è soprattutto a partire dagli anni ‘90 che la Cina ha iniziato ad assumere le sembianze di uno Stato sempre più tecnologicamente avanzato, ma ciò ha costretto Pechino a gestire il problema principale della mancanza di produzione di microchip cinesi e la conseguente necessità di importarli dall’estero.

Negli anni ‘80, il settore tecnologico cinese crebbe molto ed è in questo decennio che vedono la luce aziende quali Lenovo (1984) o Huawei (1987). Sempre in questi anni, grazie anche all’apertura allo scenario internazionale e al mondo esterno, nascono anche le prime joint venture con l’estero, accordi commerciali con cui due o più parti si impegnano a lavorare insieme per raggiungere un obiettivo specifico.

Nel corso degli anni ‘90, al fine di invogliare le imprese internazionali a investire in Cina, Pechino mise in atto diverse politiche, tra cui la creazione di zone economiche speciali (ZES) [In Cina, le ZES sono nella provincia del Guangdong (Shenzhen, Zhuhai e Shantou) e nella provincia del Fujian (Xiamen)].

Inoltre, in questo contesto economico, il Governo investí fortemente nella crescita delle aziende nazionali di semiconduttori. A tal proposito, sono state sollevate preoccupazioni su tutte le iniziative portate avanti da parte degli Stati Uniti, soprattutto, ma anche da altri Paese, per contrastare la spinta cinese verso l’autosufficienza della propria industria dei semiconduttori, in quanto queste mettono in pericolo i propri interessi economici e di sicurezza nazionale.

Per arrivare ai giorni nostri e alle politiche più recenti, è importante citare il piano strategico nazionale “Made in China 2025”, pubblicato nel 2015: si tratta di un’iniziativa di politica industriale guidata dallo Stato che mira a rendere la Cina un attore importante nella produzione high-tech su scala mondiale entro il 2025.

Per consentire alla Cina di raggiungere e – in definitiva – superare i progressi tecnologici occidentali nelle produzioni industriali avanzate, questo programma prevede la messa in campo una varietà di strategie tra cui sussidi governativi, la partecipazione di imprese statali e l’acquisizione di proprietà intellettuale. Con questo piano si comincia a parlare anche della “quarta rivoluzione industriale”, quella che include intelligenze artificiali e i big data.

Nel piano Made in China 2025 si presta particolare attenzione ai semiconduttori, questione spinosa se si considera il fatto che la domanda cinese rappresenta circa il 60% della domanda mondiale, ma l’offerta è solo il 13% dell’offerta globale. Entro il 2025, Pechino intende mirare, dunque, ad aumentare la propria autosufficienza nell’industria ad alta tecnologia fino al 70%, per, poi, entro il 2049, in occasione del centenario della nascita della Repubblica Popolare Cinese, ottenere una posizione dominante nei mercati globali4.

L’interesse cinese per la digitalizzazione e all’informatizzazione è stato posto ancora più in risalto nel 14° Piano Quinquennale: la tematica inerente i Big Data vi viene inserita come il “quinto fattore di produzione” dell’economia nazionale (dopo il lavoro, la terra, il capitale e la tecnologia). Il piano prevede che entro il 2025 il settore tech e, nello specifico, la produzione digitale, si attesti al 10% del Pil.

Il piano evidenzia anche le sfide a cui la Cina deve attualmente fronteggiare, tra cui la carenze di innovazione in aree strategiche come appunto quelle dei semiconduttori.

Tuttavia, per il corso di questo quinquennio, la Cina ha fissato obiettivi ambiziosi per lo sviluppo della sua economia digitale: entro il 2025, Pechino mira ad avere un modello di promozione ben coordinato e integrato che si tradurrà in progressi significativi nell’infrastruttura digitale, nelle risorse di dati, nella cultura digitale e nella governance digitale; ciò porterà a una migliore qualità oltre alla possibilità di poter beneficiare dei significativi vantaggi derivanti da una efficiente economia digitale e da una maggiore inclusività nella società digitale mondiale.

Entro il 2035, la Pechino prevede, inoltre, di raggiungere una fase prospera e matura per la sua economia digitale, con un mercato digitale unificato, equo e completo, basato su una competizione ordinata e che possa guidare la crescita economica digitale globale5.

Una Cina digitalizzata impatterebbe molto la transizione energetica: il piano, infatti, ha delineato varie azioni che devono essere intraprese per costruire una “civiltà ecologica”, tra cui il miglioramento dell’osservazione in tempo reale, la gestione e il monitoraggio smart delle risorse naturali e del territorio attraverso la puntuale esecuzione della pianificazione territoriale, il ripristino ecologico e anche l’ottimizzazione delle informazioni fondamentali sulle risorse naturali.

Oltre ad incoraggiare lo sviluppo di sistemi smart legati alla governance ecologica e ambientale, il piano quinquennale prevede anche di promuovere la costruzione di sistemi intelligenti per la conservazione dell’acqua e di sistemi energetici tecnologici; inoltre, mira a promuovere lo sviluppo coordinato digitalizzato e reso più sostenibile, nonché a sviluppare metodi di produzione, modi di vivere quotidiani e modelli di consumo più consapevoli e a basse emissioni di carbonio, al fine anche di migliorare la salute e il benessere della popolazione anche con il supporto di nuove tecnologie sanitarie digitali6.

Per riassumere, il Governo cinese ha riconosciuto la necessità di un aumento significativo dell’innovazione nel settore dell’energia pulita al fine di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2060.

Si prevede, così, che, in un futuro ormai prossimo, queste disposizioni saranno il motore trainante e la guida della crescita economica del Paese e si collegano a tre importanti obiettivi strategici nazionali.

In primo luogo, la Cina mira a diventare il leader mondiale nell’innovazione tecnologica entro il 2035. Ciò include diventare “il principale centro scientifico e un hub di innovazione7”; in secondo luogo, Pechino prevede di utilizzare l’innovazione come catalizzatore di uno sviluppo economico di alta qualità. Infine, vi è anche l’interesse di gestire l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo con l’obiettivo di creare un modello di civiltà ecologica.

Nel complesso, gli obiettivi della Cina sono ambiziosi, riconoscendo tra questi il ruolo vitale dell’obiettivo del raggiungimento della neutralità del carbonio e il ruolo di guida della crescita economica nazionale. Dando la priorità alla leadership tecnologica e alla crescita guidata dall’innovazione, la Cina si posiziona come uno dei principali attori nella spinta globale per un futuro sostenibile.

Non mancano però difficoltà e sfide.

2. Il predominio della Cina sulle terre rare e il loro ruolo nella transizione energetica

Abbiamo dunque visto come la tecnologia moderna sia, ormai, indissolubilmente legata a quel settore dei semiconduttori che alimenta numerosi elementi che caratterizzano la nostra quotidianità, dagli smartphone e laptop, alle auto elettriche e alle infrastrutture per le fonti energetiche rinnovabili.

La Cina, attore significativo nel mercato globale in questo campo, sta lottando con una serie di problemi specifici legati sia alla sostenibilità che allo stesso concetto di progresso tecnologico.

Di recente, la Cina ha fatto passi da gigante, soprattutto per quel che concerne la progettazione e la produzione di circuiti integrati, ma, in termini di produzione complessiva è ancora in ritardo rispetto a Paesi quali la Corea del Sud e gli stessi Stati Uniti.

La potenza asiatica, infatti, fa ancora affidamento (e dipende) in modo significativo su tecnologie straniere e lotta con la mancanza di personale sufficientemente qualificato da impiegare. Inoltre, i conflitti geopolitici, in particolare quelli con gli Stati Uniti su questioni commerciali e tecnologiche, stanno colpendo l’industria cinese, soprattutto quella dei semiconduttori.

Ma come già detto, c’è un problema ancora più significativo relativo al settore dei semiconduttori, il fatto che lavorazione ha un notevole impatto negativo sull’ambiente a causa dell’elevato consumo di energia e acqua, dell’uso di sostanze chimiche pericolose e della produzione di rifiuti elettronici.

La corsa alla leadership tecnologica globale è in atto ed è connessa anche – forse sarebbe più preciso dire soprattutto – alla presenza di una cruciale fonte di ricchezza, vale a dire le terre rare. Non si tratta di un solo elemento, bensì di 17 elementi principali, capaci di arricchire un Paese e che, inevitabilmente, influenzano la geopolitica e la geoeconomia degli Stati.

Grazie alla loro capacità di un magnetismo resistente al calore, questo gruppo di 17 elementi chimici [Presenti nella tavola periodica, le terre rare sono le seguenti: lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu)] è necessario per la creazione di tecnologia all’avanguardia: dagli smartphone all’elettricità e alle apparecchiature mediche, le terre rare sono utilizzate in un’ampia varietà di prodotti industriali e militari; in sintesi, la disponibilità di terre rare è essenziale per l’intero settore dell’elettronica.

Anche se il settore delle terre rare è redditizio, le fasi della lavorazione hanno un notevole effetto impattante sull’ambiente [https://www.china-files.com/sustanalytics-il-dilemma-cinese-delle-terre-rare/ (Ultimo accesso: 04/04/2023)]: da ogni 100 tonnellate si possono ottenere solo circa l’8-8.5% di materiale utilizzabile mentre il processo di estrazione e purificazione può essere fatto soltanto attraverso l’utilizzo di acidi che inquinano il suolo e le falde acquifere.

Secondo un report stilato dal British Geological Survey (un’organizzazione di geoscienze e indagini geologiche leader a livello mondiale), ci sono una serie di fattori che possono rendere l’estrazione di elementi delle terre rare una procedura difficile e complicata.

Prima di tutto, poiché i minerali si trovano solitamente in basse concentrazioni, la loro estrazione richiede la lavorazione di quantità significative di materiale. In secondo luogo, i minerali si trovano spesso in contesti geologici difficili, il che può rendere l’estrazione difficile e costosa. Infine, se vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche per separare gli elementi delle terre rare dagli altri materiali, la stessa procedura di estrazione può avere un effetto negativo sull’ecosistema [British Geological Survey, Rare Earths Elements, (2011), disponibile online: https://www2.bgs.ac.uk/mineralsuk/download/mineralProfiles/rare_earth_elements_profile.pdf (Ultimo accesso: 04/04/2023)], conseguenze di vasta portata visto che possono andare a colpire le colture e le abitazioni anche se queste si trovano lontano dalla fonte diretta di inquinamento.

Leader indiscusso dell’industria delle terre rare è la Cina; secondo i dati di US Geological Survey del 2021, l’industria cinese riesce ad estrarne il 63%, mentre si arriva ad un 85% per la loro lavorazione e il 92% nella produzione di magneti.11

Come già l’allora Presidente cinese, Deng Xiaoping, disse nel 1987, “il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare12”.

L’industria delle terre rare è nata in Cina già negli anni ‘50, con l’apertura della miniera nel distretto di Bayan Obo, nella Mongolia Interna, dove più sono concentrate le terre rare presenti su tutto il pianeta (oltre ad ospitare anche metà della produzione nazionale [https://china-files.com/sustanalytics-il-dilemma-cinese-delle-terre-rare/ (Ultimo accesso: 04/04/2023)].

L’importanza strategica di questo settore economico e industriale la si nota anche dal fatto che tutte le imprese cinesi impegnate nel settore delle terre rare, sono aziende che godono del sostegno del governo centrale, il che le rende ancor più competitive14.

Proprio per questo motivo, data la sua posizione dominante nel mercato, sono state espresse, nel corso degli anni, preoccupazioni sulla capacità della Cina di utilizzare il proprio controllo sulle forniture di terre rare come arma geopolitica. Ad esempio, a seguito di una disputa territoriale, la Cina ha interrotto brevemente l’export di terre rare in Giappone nel 2010. Ciò ha sollevato preoccupazioni internazionali e ha spinto gli sforzi per diversificare le catene di approvvigionamento delle terre rare.

Ancora di recente, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno espresso preoccupazione per la possibilità che la Cina possa utilizzare il proprio controllo sulle terre rare come moneta negoziale nei colloqui commerciali o come strumento per l’impatto geopolitico.

Lo sviluppo di fonti di approvvigionamento sostitutive e alternative a quelle cinesi e un aumento del riciclaggio di terre rare da prodotti obsoleti sono stati i principali obiettivi degli sforzi per ridurre la dipendenza dalla Cina come fonte di approvvigionamento di terre rare.

E’ stato fatto uno sforzo per creare fonti alternative di terre rare, ad esempio con progetti minerari in Giappone, in Australia e altre nazioni (si parla infatti di una nuova “Nato dei metalli”, https://www.globaltimes.cn/page/202303/1287346.shtml (Ultimo accesso: 04/04/2023)].

Gli Stati Uniti e altre nazioni hanno investito nella creazione di capacità domestiche di estrazione e lavorazione di terre rare.

La riduzione della dipendenza dalla Cina come fonte di terre rare – componenti essenziali nelle tecnologie di produzione di energia rinnovabile – sarà una sfida importante negli anni a venire per tutti quei Paesi che vorranno ottenere (o mantenere) una posizione rilevante sullo scenario internazionale.

Tuttavia, nonostante gli sforzi prodotti per sviluppare fonti di approvvigionamento alternative e aumentare i tassi di riciclaggio, a causa del vantaggio competitivo della Cina nella produzione di terre rare, è probabile che il suo monopolio sul mercato persista anche per il prossimo futuro.

Questo però dimostra anche il forte legame che esiste tra il monopolio delle terre rare e la geopolitica, in particolar modo i rischi legati ad esse. Uno studio pubblicato su European Journal of Political Economy nel 2022 [John Hua Fan, Akihiro Omura, Eduardo Roca, Geopolitics and rare earth metals, European Journal of Political Economy, (2022), disponibile online: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0176268022001598], sottolineava l’importanza strategica ed economica di una gestione ottimale delle terre rare. Lo studio ha rilevato che i disordini geopolitici possono avere un’influenza sostanziale sui prezzi delle importazioni dei metalli (e sui valori delle importazioni lorde) con gli effetti più forti osservati per quelli provenienti dalla Cina.

Ciò sottolinea la necessità di piani di gestione del rischio efficienti per le aziende che dipendono da elementi ricavati dalle terre rare, specialmente durante i periodi di intenso conflitto geopolitico.

La ricerca indica anche che i responsabili politici potrebbero utilizzare le terre rare come strumento diplomatico per far progredire le relazioni commerciali e la cooperazione internazionale.

Un altro studio17, invece, ha utilizzato l’Analisi SWOT (“Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats”) per analizzare lo status dell’industria delle terre rare in Cina e permetterci di riassumere tutto ciò appena detto.

L’industria cinese legata alla terre rare ha molti vantaggi tra cui quella di poter contare su una solida rete di approvvigionamento, impianti di produzione consolidati e considerevoli riserve di risorse da sfruttare. Tuttavia, non manca una serie di punti deboli, tra cui rientrano una carenza di innovazione tecnica, problemi ambientali e un’eccessiva dipendenza dalle esportazioni.

Tra le sfide e le possibilità che il settore deve affrontare vi sono la crescente domanda di terre rare in nuovi settori dell’economia e il rischio di interruzione delle catene di approvvigionamento internazionali, a causa di tensioni soprattutto di natura geopolitica.

Altri rischi, anche a livello internazionale, riguardano possibili scenari futuri. Nel contesto relativo allo sfruttamento delle terre rare, questo potrebbe tradursi in una diminuzione delle esportazioni (e, conseguentemente, nell’aumento esponenziale del prezzo), al fine di soddisfare al meglio la domanda interna e accrescere, così, il mercato domestico. In ogni caso, a prescindere da ciò che potrà accadere nel prossimo futuro, la forte dipendenza dalle terre rare cinese potrebbe comportare ugualmente un aumento di prezzo, senza però creare, insieme, una trasparenza sufficiente: si rende necessaria la creazione di un mercato di scambio – ufficiale ed efficiente – su cui poter far riferimento potrebbe, almeno in parte, ovviare al problema della poca trasparenza del commercio delle terre rare.

Infine, la creazione di nuovi prodotti e applicazioni, nonché il miglioramento delle pratiche inerenti la gestione del rischio ambientale e delle normative, sono potenziali strategie volte alla crescita del business – più sostenibile – delle terre rare cinesi; così come una maggiore cooperazione a livello internazionale tra governi, imprese e società civile, potranno evitare una nuova guerra fredda del ventunesimo secolo, una guerra green tra Stati in competizione (Stati Uniti e Cina in primis).

3. Il dilemma cinese delle criptovalute: il costo ambientale dei Bitcoin nella corsa alla transizione energetica

In un mondo sempre più digitalizzato, non può non essere fatta menzione alle monete digitali, o criptovalute .

Non si tratta di monete nel senso tradizionale, bensì di un bene che non esiste fisicamente e che manca di un’autorità centrale che lo gestisca. L’emergere delle criptovalute, in particolare il Bitcoin (la più famosa, introdotta nel 2008), ha modificato radicalmente il modo in cui vediamo la finanza e il denaro.

Tuttavia, gravi preoccupazioni ambientali legate al mining di queste criptovalute sono state evidenziate anche dall’espansione esplosiva di Bitcoin, in particolare in Cina.

La Cina, ad oggi, rappresenta, infatti, oltre il 60% di tutte le attività di mining di Bitcoin in tutto il mondo.

Mentre la Cina corre verso un futuro più verde, la natura ad alta intensità energetica del mining di Bitcoin viene messa sotto esame e pone alcune criticità sul cammino verso un’economia più sostenibile intrapreso da Pechino.

Per cercare di capire la complessità dietro questo fenomeno è importante partire dalla premessa che il processo di mining è fondamentale per il funzionamento della rete Bitcoin e che senza di esso la criptovaluta non potrebbe esistere; il mining consiste, in breve, nella creazione di nuovi Bitcoin, cioè il modo in cui viene “emessa moneta” sul mercato.

Si tratta di un processo computazionale che viene utilizzato per verificare le transazioni sulla rete Bitcoin e per aggiungere nuovi blocchi alla blockchain del Bitcoin. Il mining si basa sulla risoluzione di complessi problemi matematici che richiedono una grande potenza di calcolo, e che vengono risolti dai cosiddetti “miner18, i quali utilizzano dei computer specializzati al fine di risolvere tali problemi.

Una volta risolti i problemi, il miner aggiunge un blocco di transazioni alla blockchain del Bitcoin, che è una sorta di registro pubblico e immutabile delle transazioni avvenute sulla rete. Si tratta di un registro decentralizzato e distribuito su molti computer in tutto il mondo, e ogni blocco contenuto nella blockchain viene crittografato per garantire la sicurezza e l’integrità delle transazioni. In questo modo, la blockchain del Bitcoin consente di verificare le transazioni in modo sicuro e trasparente, senza la necessità di un’autorità centrale che controlli la rete19.

Nella blockchain, infatti, viene utilizzata una tecnologia crittografica, chiamata “peer-to-peer”, la quale rende gli utenti essenziali per la sicurezza del registro contabile. Quando avviene una transazione di criptovaluta, il sistema verifica tra tutte le copie distribuite della blockchain possedute da ogni utente per assicurarsi che il trasferimento di criptovaluta sia autorizzato dal proprietario. Questo processo è finalizzato al raggiungimento di un consenso condiviso tra tutti gli utenti sulla validità della transazione20.

Il processo di mining del Bitcoin è estremamente competitivo e richiede un’enorme quantità di potenza di calcolo, in quanto i miner competono tra loro sia per risolvere gli algoritmi crittografici che per essere i primi a confermare le transazioni e ad aggiungere nuovi blocchi alla blockchain.

In cambio del loro lavoro, i miner ricevono una ricompensa in Bitcoin, oltre alle commissioni per le transazioni confermate.

Infine, come detto poc’anzi, tale processo ha un impatto ambientale significativo, a causa dell’enorme quantità di energia richiesta per alimentare la potenza di calcolo necessaria al fine di risolvere gli algoritmi crittografici.

Ciò sta diventando sempre più difficile da gestire, soprattutto in Cina, per diversi motivi, tra cui l’utilizzo di una quantità significativa di energia prodotta da fonti non rinnovabili, come il carbone, con la conseguenza di impattare direttamente la produzione di gas serra e sull’inquinamento dell’aria.

Secondo alcuni studi il consumo energetico della rete Bitcoin – che sta anche aumentando in modo allarmante – è paragonabile a quello di un piccolo paese.

Ciò ha naturalmente suscitato preoccupazioni circa il contributo dell’estrazione di Bitcoin al cambiamento climatico e la necessità di tecniche di estrazione più rispettose dell’ambiente [Christian Stoll, Lena Klaaßen, Ulrich Gallersdörfer, The Carbon Footprint of Bitcoin, Joule, Volume 3, Issue 7, 2019, pp. 1647-1661].

Si inizia, però, a studiare l’uso di fonti di energia rinnovabile come l’energia solare ed eolica per ridurre gli effetti ambientali negativi dell’estrazione di Bitcoin.

Tuttavia, l’uso di fonti di energia rinnovabile per il mining di Bitcoin è ancora relativamente limitato e vi è la necessità di un’adozione più diffusa di pratiche sostenibili.

Un’analisi pubblicata dalla Banca Centrale Europea, invece, si è occupata di analizzare anche gli aspetti negativi legati all’economia e i potenziali rischi per la stabilità finanziaria dovuti all’ammontare di energia richiesto e i danni ambientali conseguenti22.

I potenziali rischi per la stabilità finanziaria, associati alle cripto-attività più in generale, comprendono i rischi legati alla volatilità del mercato, alla mancanza di regolamentazione e al potenziale di criminalità finanziaria. Questi rischi sono amplificati dalla natura altamente speculativa dei cripto-asset (che sono risorse digitali che utilizzano tecniche crittografiche per generare un mezzo di scambio di transazioni finanziarie) e dalla loro mancanza di valore intrinseco. Tuttavia, però, potrebbero esserci anche dei vantaggi economici legati alle criptovalute, incluso il loro potenziale per migliorare l’inclusione finanziaria e ridurre i costi di transazione. Tuttavia, questi potenziali benefici devono essere soppesati rispetto ai possibili rischi ed un approccio equilibrato per garantire il mantenimento della stabilità finanziaria promuovendo nel contempo l’innovazione nel settore finanziario è necessario.

In Cina, il Bitcoin ha spopolato a partire dal 2013, in parte per la mancanza di interesse da parte del governo centrale, e in parte per i costi bassi dell’elettricità. Le operazioni di mining si sono concentrate principalmente nelle province di Xinjiang, Sichuan, Mongolia Interna e Yunnan.

Tuttavia, la situazione è cambiata negli ultimi anni, soprattutto a seguito del riconoscimento, da parte delle autorità, degli effetti negativi di queste “monete” sull’ambiente.

Secondo uno studio23, il consumo energetico annuo del mining di Bitcoin in Cina raggiungerà il picco nel 2024 a 296,59 Twh (terawatt), generando 130,50 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio. Questo livello di emissioni supererebbe le emissioni combinate di gas serra della Repubblica Ceca e del Qatar. In Cina, le emissioni dell’industria dei Bitcoin si collocherebbero tra le prime 10 su 182 città e 42 settori industriali [https://chinadialogue.net/en/energy/great-mining-migration-power-hungry-bitcoin-leaves-china/]

Facendo questo rischiare alla Cina gli obiettivi a lungo termine della transizione ecologica più sostenibile ricercata da Pechino, il governo ha iniziato a prendere provvedimenti per bloccare l’espansione delle criptovalute. In realtà, non è solo l’ambiente la preoccupazione principale di Pechino, bensì le criptovalute minano anche la sicurezza nazionale dello Stato: le valute digitali come Bitcoin, Ethereum e altre sono un’alternativa o addirittura un modo per eludere il sistema finanziario attuale. Di conseguenza, rappresentano un problema di sicurezza nazionale e il loro utilizzo rende difficile per il Paese affermare la propria sovranità sul sistema finanziario.

Per questo motivo, nel 2019, la Cina ha lanciato una moneta digitale nazionale, lo yuan digitale, una garanzia di sicurezza per Pechino per diversi motivi: al contrario delle valute digitali non governative, una valuta digitale di stato come lo yuan digitale consente il tracciamento in tempo reale dei pagamenti. In un’economia che cerca di riprendersi dopo decenni di crescita irregolare, la creazione di questa moneta digitale rappresenterebbe uno sforzo per ridurre le frodi e l’insolvenza tra aziende e cittadini. Inoltre, la disponibilità immediata di una moneta digitale potrebbe permettere di inviare rapidamente aiuti economici in situazioni di emergenza. Infine, la garanzia di sicurezza è dovuta anche al fatto che la Banca Centrale Cinese (PBOC) controlla direttamente questa moneta, evitando così che a farlo siano le grandi aziende tecnologiche.

La Cina, inoltre, sta valutando l’utilizzo di tale moneta come una moneta internazionale, così da rendere il Paese autonomo dal dollaro24.

Nel processo di stabilità e sicurezza della finanza cinese, una decisione importante è stata presa nell’estate del 2021, quando Pechino ha vietato l’utilizzo di tutte le monete digitali che non fossero lo e-yuan. Il governo cinese ha dunque vietato alle istituzioni finanziarie e alle società di pagamento di fornire qualsiasi servizio relativo alle criptovalute, allo scopo di proteggere il sistema finanziario e gli interessi dei consumatori. La decisione, non del tutto inaspettata, è stata presa dopo che la Cina, negli ultimi anni, ha iniziato ad adottare misure per limitare l’uso delle criptovalute all’interno dei suoi confini, incluso il divieto delle offerte iniziali di monete (ICO)25 e degli scambi di criptovalute26.

I governi di diverse regioni cinesi hanno agito rapidamente revocando le licenze delle società di mining di criptovaluta, scollegando le strutture di mining dall’alimentazione e fissando scadenze per la chiusura delle aziende. Di conseguenza, più della metà del totale globale dei centri di estrazione di Bitcoin, stimato al 90% dei centri cinesi, aveva smesso di funzionare già entro la fine di giugno 2021. Ciò ha portato a una significativa diminuzione del consumo totale di elettricità di Bitcoin.

Abbiamo dunque visto come la Cina sia la dimora di un’economia digitale in forte espansione, la quale, inevitabilmente, ha portato a una crescita esponenziale delle esigenze di archiviazione dei dati. Tuttavia, abbiamo anche visto come questa crescita nell’archiviazione dei dati abbia un costo per l’ambiente poiché i data center consumano quantità significative di energia e contribuiscono alle emissioni di carbonio.

Una delle soluzioni più significative implementate dal governo cinese è la promozione dei data center verdi, i quali dovrebbero utilizzare tecnologie ad alta efficienza energetica e fonti di energia rinnovabile per ridurre la loro impronta di carbonio. Al tempo stesso, tali strutture dovranno utilizzare tecnologie di archiviazione dei dati ad alta efficienza energetica, per poi migliorare anche l’efficienza della trasmissione e dell’elaborazione dei dati.

Volendo Pechino diventare il leader sia nella transizione energetica che nell’innovazione tecnologica, delle alternative sostenibili al fine di ovviare questo problema sono necessarie. E, in effetti, per affrontare questo problema, la Cina ha implementato diverse soluzioni innovative per l’archiviazione dei dati che mirano a ridurre il consumo energetico, ottimizzare l’efficienza e ridurre l’impatto ambientale.

Altre proposte interessanti sono quelle, ad esempio, dei data center alimentati da energia rinnovabile: la Cina sta infatti anche esplorando l’uso di fonti di energia rinnovabile per alimentare i data center.

Ad esempio, secondo quanto detto da He Lifeng, direttore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC), “la Cina costruirà la più grande capacità di generazione di energia solare ed eolica nel deserto del Gobi28, da ben 450 GW29”, che permetterà di trasformare la luce del sole in elettricità.

Inoltre, per prevenire il surriscaldamento dei server e delle attrezzature, i data center richiedono sistemi di raffreddamento ad alta efficienza energetica.

La Cina sta promuovendo lo sviluppo di tali sistemi, come ad esempio quelli che utilizzano l’aria esterna per il raffreddamento del data center, piuttosto che i sistemi di condizionamento dell’aria ad alta intensità energetica.

Inoltre, la Cina sta incentivando lo sviluppo di sistemi intelligenti di gestione dell’energia per i data center, che sfruttano sensori e altre tecnologie per ottimizzare l’utilizzo dell’energia e ridurre gli sprechi.

Un esempio di tale tecnologia è il sistema di gestione sviluppato da Huawei per i suoi data center, che fa uso dell’intelligenza artificiale (AI) per prevedere e ottimizzare il consumo energetico.

Dalla corsa ai semiconduttori, ai microchip per passare poi alle criptovalute fino al tema più attuale e discusso negli ultimi tempi, cioè quello delle intelligenze artificiali, capiamo che c’è un mondo intero dietro lo sviluppo tecnologico che coinvolge diversi settori, quali quello economico, finanziario, sociale e, soprattutto, quello ambientale. Inoltre, sebbene il focus sia stato sulla Cina, sono tanti gli attori interessati, come ad esempio gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Russia.

Dunque si evince che le implicazioni geopolitiche inevitabilmente impattano le strategie di ogni Stato, il quale sempre lavorerà al fine di garantire la propria sicurezza nazionale.

4. Il ruolo della Cina nella transizione energetica globale e la competizione per il dominio tecnologico

La lotta per la supremazia tecnologica e il coinvolgimento della Cina nella transizione energetica globale sono diventati temi importanti negli ultimi anni. Con notevoli investimenti nella tecnologia e nelle infrastrutture per le energie rinnovabili, la Cina è emersa come un partecipante di primo piano nella transizione globale dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili.

La Cina sta contemporaneamente organizzandosi ferocemente per competere per la supremazia tecnologica nel mercato globale dell’energia, nel tentativo di posizionarsi come pioniere nelle tecnologie energetiche all’avanguardia.

Abbiamo visto che l’obiettivo della Cina di ridurre le emissioni di gas serra e minimizzare gli effetti del cambiamento climatico è uno dei fattori chiave che influenzano e guidano le scelte e i suoi investimenti nel settore delle energie rinnovabili.

La Cina ha fissato l’obiettivo nel 2020 per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2060 e raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030. Per raggiungere questi obiettivi di lungo medio e lungo periodo, Pechino ha effettuato investimenti significativi nelle fonti di energia rinnovabile, come l’energia eolica, solare e idroelettrica; ha inoltre contribuito per il 40% all’incremento a livello globale della capacità di generare energia da fonti rinnovabili, darò superiore a quello di qualsiasi altra nazione stando ai dati diffusi dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA).

In un momento in cui cerca sempre più di ridurre la dipendenza del Paese dall’importazione di combustibili fossili, l’approfondita analisi dei fattori economici hanno contribuito ad indirizzare gli investimenti cinesi verso le energie rinnovabili.

La Cina, così, ora produce più pannelli solari e turbine eoliche di qualsiasi altro paese al mondo e ha anche effettuato investimenti significativi nello stoccaggio delle batterie e nella tecnologia delle auto elettriche.

Tuttavia, ci sono state anche alcune critiche agli investimenti della Cina nelle energie rinnovabili, in particolare per quanto riguarda gli effetti ambientali di alcuni dei suoi progetti di energia rinnovabile, come le dighe idroelettriche (ad esempio la Diga delle Tre Gole, l’impianto per la produzione di energia idroelettrica più grande al mondo30).

Sono state inoltre sollevate preoccupazioni circa l’egemonia della Cina nella catena di fornitura mondiale di tecnologia delle energie rinnovabili, che, alla stesso modo di quanto succede con le terre terre, potrebbe darle un vantaggio nel mercato mondiale dell’energia.

Abbiamo anche visto che la Cina, oltre ai suoi investimenti nelle energie rinnovabili, è coinvolta in una rivalità a livello globale per la supremazia tecnologica nel mercato globale dell’energia. Questa sorta di “guerra” è motivata da una varietà di fattori, comprese le preoccupazioni per la sicurezza nazionale, i fattori economici e la necessità di stabilire la leadership nelle tecnologie all’avanguardia come i reattori nucleari avanzati, le celle a combustibile a idrogeno e la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Nel complesso, la Cina sta rivoluzionando il settore energetico con i suoi progressi tecnici ed è ben posizionata per assumere un ruolo guida nella transizione energetica globale, mettendosi in condizione di diventare un leader mondiale nella creazione di una green economy.

Tuttavia, con questo rapido sviluppo arriva anche la concorrenza per il predominio tecnologico, in particolare da parte di altri paesi che stanno investendo in tecnologie verdi.

Come risultato della sua innovazione nelle tecnologie energetiche pulite, la Cina ha ora maggiori possibilità di influenzare gli affari internazionali.

Attraverso programmi come la Belt and Road Initiative, che cerca di sviluppare infrastrutture e promuovere la crescita economica in nazioni in Asia, Europa e Africa, il governo cinese ha promosso all’estero in modo spinto il suo settore dell’energia pulita. Pechino ha perseguito anche una strategia, piuttosto controversa, di “innovazione indigena”, lanciata nel 2006, al fine di rafforzare le capacità tecnologiche interne e ridurre la dipendenza della nazione dalla tecnologia straniera31. Questi regolamenti riguardavano la creazione di norme tecniche, appalti pubblici e finanziamenti per iniziative scientifiche e tecnologiche.

Il conflitto commerciale USA-Cina è diventato sempre più teso anche a causa di queste politiche, che i partner commerciali internazionali hanno criticato per la presunta violazione delle regole dell’OMC.

La Cina deve anche affrontare la concorrenza di altre nazioni, in particolare, come già detto, gli Stati Uniti, che sono stati a lungo un innovatore globale e leader nella tecnologia.

Gli Stati Uniti stanno effettuando investimenti significativi nel campo dell’ energia pulita e nelle tecnologie correlate e hanno i propri ambiziosi obiettivi climatici. Preoccupati per le questioni legate alla proprietà intellettuale e per la sicurezza nazionale, gli Stati Uniti hanno recentemente adottato misure per limitare l’accesso cinese alla tecnologia americana.

Mentre entrambe le nazioni lavorano per affermarsi come leader nel passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, è probabile che la rivalità tra Cina e Stati Uniti per la supremazia tecnologica si surriscaldi nei prossimi anni.

La Cina, in particolare nei settori del 5G, dell’intelligenza artificiale e delle energie rinnovabili, ha compiuto progressi sostanziali nella creazione e nell’applicazione di nuove tecnologie. Per sostenere le invenzioni in campo tecnologico, la nazione ha effettuato significativi investimenti in ricerca e sviluppo e ha promosso la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato.

L’enfasi posta dai vertici del Paese sull’energia rinnovabile lo ha reso il più grande produttore di energia solare ed eolica al mondo, mentre colossi tecnologici cinesi come Huawei, Alibaba e Tencent sono emersi come leader globali nei rispettivi settori. Sebbene la Cina abbia fatto passi da gigante nello sviluppo di questo settore, ci sono ancora una serie di ostacoli da superare, tra cui problemi con l’integrazione della rete, lo stoccaggio di energia e il finanziamento.

Tuttavia, gli ambiziosi obiettivi e gli investimenti della Cina nell’energia pulita indicano che probabilmente continuerà a svolgere un ruolo significativo nella transizione energetica mondiale e ad essere un grande rivale tecnologico.

D’altra parte, per quanto riguarda l’innovazione tecnologica, gli Stati Uniti sono stati a lungo all’avanguardia su scala globale, soprattutto in campi come lo sviluppo di software, la biotecnologia e l’aerospaziale.

Molte delle migliori aziende tecnologiche del mondo, tra cui Google, Apple e Microsoft, hanno chiamato questa nazione casa.

Gli Stati Uniti hanno anche una vasta rete di centri di studio e università mentre il governo di Washington ha effettuato investimenti significativi in campi all’avanguardia come l’informatica quantistica, che è considerata un’area cruciale di importanza geopolitica.

Infine, non si può non citare l’Unione Europea, la quale ha dato la priorità all’innovazione tecnologica, in particolare nei settori dell’energia verde e della trasformazione digitale.

L’UE ha effettuato investimenti significativi nelle tecnologie per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, oltre a fissare obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni di carbonio.

Bruxelles ha anche guidato la carica nella creazione di nuove leggi sulla privacy dei dati, come il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che ha avuto un profondo effetto sul settore tecnologico in tutto il mondo.

L’economia globale e la direzione delle innovazioni sono significativamente influenzate dalla lotta per la supremazia tecnologica tra queste tre potenze.

È probabile che ogni nazione continui a spingere i limiti di ciò che è pratico in campi come l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica e l’energia rinnovabile mentre investono in modo significativo nella ricerca e nello sviluppo.

I vincitori di questa corsa alla supremazia saranno forse coloro che utilizzeranno con successo la tecnologia per sviluppare nuovi beni e servizi che affronteranno questioni globali urgenti come il cambiamento climatico e la salute globale.

NOTE AL TESTO

1 http://gr.china-embassy.gov.cn/eng/kxjs/zgkj/200408/t20040803_3367254.htm (Ultimo accesso: 31/03/2023)

2 Può essere interessante citare la legge attorno alla quale ruota tutto il mondo del digitale, vale a dire la Legge di Moore (ideata da George Moore, fondatore di Intel, nel 1965), secondo la quale “la complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni)”. Questo può spiegare il deficit che un blocco o un inizio tardivo nello sviluppo di microchip può comportare per un Paese (come in questo caso la Cina).

3 In Cina, le ZES sono nella provincia del Guangdong (Shenzhen, Zhuhai e Shantou) e nella provincia del Fujian (Xiamen).

4 https://www.cfr.org/backgrounder/made-china-2025-threat-global-trade (Ultimo accesso: 31/03/2023)

5 Creemers, Rogier, Translation: 14th Five-Year Plan for National Informatization – Dec. 2021, DigiChina, Stanford Cyber Policy Center, (2022), disponibile online: https://digichina.stanford.edu/work/translation-14th-five-year-plan-for-national-informatization-dec-2021/

6 ivi.

7 Xi Jinping: dal discorso tenuto alla 20° Conferenza dell’Accademia Cinese delle Scienze, alla 15° Conferenza dell’Accademia Cinese di Ingegneria e al 10° Congresso Nazionale dell’Associazione Cinese per la Scienza e la Tecnologia, (2018), [tradotto] http://www.xinhuanet.com/politics/leaders/2021-05/28/c_1127505377.htm (Ultimo accesso: 2/04/2023)

8 Presenti nella tavola periodica, le terre rare sono le seguenti: lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu).

9 https://www.china-files.com/sustanalytics-il-dilemma-cinese-delle-terre-rare/ (Ultimo accesso: 04/04/2023)

10 British Geological Survey, Rare Earths Elements, (2011), disponibile online: https://www2.bgs.ac.uk/mineralsuk/download/mineralProfiles/rare_earth_elements_profile.pdf (Ultimo accesso: 04/04/2023)

11 https://www.china-briefing.com/news/china-merges-three-rare-earths-state-owned-entities-to-increase-pricing-power-and-efficiency/ e https://www.usgs.gov/centers/national-minerals-information-center/rare-earths-statistics-and-information (Ultimo accesso: 04/04/2023).

12 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/terre-rare-loccidente-appronta-le-difese-37007#:~:text=Il%20Medio%20Oriente%20ha%20il,Cina%20ha%20le%20terre%20rare%E2%80%9D (Ultimo accesso: 04/04/2023).

13 https://china-files.com/sustanalytics-il-dilemma-cinese-delle-terre-rare/ (Ultimo accesso: 04/04/2023).

14 In realtà, anche a causa del costante pressing dovuto alle questioni ambientali, il governo centrale cinese prevede di analizzare e valutare gli standard di lavoro delle aziende che lavorano nel settore delle terre rare, al fine di accertarsi che l’impatto sull’ambiente sia ridotto o quantomeno controllato. Tuttavia, affinché ciò accada, bisognerà ancora attendere.

15 https://www.globaltimes.cn/page/202303/1287346.shtml (Ultimo accesso: 04/04/2023)

16 John Hua Fan, Akihiro Omura, Eduardo Roca, Geopolitics and rare earth metals, European Journal of Political Economy, (2022), disponibile online: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0176268022001598

17 Kèyù Zhü, Shuang-yao Zhao, Shanlin Yang, Changyong Liang, Dongxiao Gu, Where is the way for rare earth industry of China: An analysis via ANP-SWOT approach, Resources Policy, Volume 49, (2016), pp. 349-357, disponibile online: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0301420716301957

18 https://it.cryptonews.com/guides/what-is-bitcoin-mining.htm (Ultimo accesso: 05/04/2023)

19 https://www.avatrade.it/education/trading-for-beginners/blockchain (Ultimo accesso: 05/04/2023)

20 In informatica, si riferisce a questo con l’espressione “il problema dei generali bizantini”: si tratta di un problema informatico che riguarda il raggiungimento del consenso in situazioni in cui possono verificarsi errori. In questo contesto, il problema consiste nel trovare un accordo tra diverse componenti di un sistema, che comunicano solo attraverso messaggi, quando si verificano informazioni discordanti. L’espressione deriva da uno scenario ipotetico in cui un gruppo di generali deve coordinare un piano di battaglia in presenza di generali traditori che potrebbero tentare di ingannare o fuorviare gli altri.

21 Christian Stoll, Lena Klaaßen, Ulrich Gallersdörfer, The Carbon Footprint of Bitcoin, Joule, Volume 3, Issue 7, 2019, pp. 1647-1661

22 https://www.ecb.europa.eu/pub/financial-stability/macroprudential-bulletin/html/ecb.mpbu202207_3~d9614ea8e6.en.html#toc9 (Ultimo accesso: 04/04/2023)

23 Jiang, S., Li, Y., Lu, Q. et al. Policy assessments for the carbon emission flows and sustainability of Bitcoin blockchain operation in China. Nat Commun 12, 1938 (2021). Disponibile online: https://doi.org/10.1038/s41467-021-22256-3

24 https://www.china-files.com/e-yuan-come-la-cina-lavora-alla-criptovaluta-di-stato/ (Ultimo accesso: 06/04/2023)

25 Si tratta di un metodo di finanziamento in cui le criptovalute sono raccolte o acquisite per lanciare un nuovo servizio o una nuova criptovaluta. Gli investitori consegnano le criptovalute alla società e ricevono in cambio un token.

26 https://www.nasdaq.com/articles/report%3A-china-bans-financial-institutions-from-offering-bitcoin-services-2021-05-18 (Ultimo accesso: 06/04/2023)

27 https://chinadialogue.net/en/energy/great-mining-migration-power-hungry-bitcoin-leaves-china/ (Ultimo accesso: 06/04/2023)

28 Spesso chiamato anche solo Gobi, è una vasta regione desertica e semi-desertica dell’Asia orientale, che si estende attraverso gran parte di Mongolia e Cina.

29 https://www.reuters.com/world/china/china-aims-build-450-gw-solar-wind-power-gobi-desert-2022-03-05/ (Ultimo accesso: 06/04/2023)

30 Alta 181 metri e lunga 2309,5 metri, la diga si trova nella provincia di Hubei, lungo il corso del fiume Yangtze. La Diga è stata costruita non solo per la produzione di energia, ma anche per prevenire le alluvioni periodiche nella zona, con una capacità del bacino sufficiente per contenere l’acqua delle piene e controllarle meglio per limitare i danni ambientali. L’impianto ha una capacità installata di 22,5 milioni di kWh e produce in media 88,2 miliardi di kWh di energia elettrica all’anno. Tuttavia, la diga ha alcuni problemi, tra cui lo sfratto di oltre un milione di persone che abitavano le valli e la riduzione della biodiversità acquatica. Inoltre, l’instabilità dei versanti montani provoca frane, mentre a valle c’è un aumento della siccità e della carenza di sedimenti che causa l’erosione degli argini e delle coste. Ulteriori informazioni disponibili online: https://www.geopop.it/diga-delle-tre-gole-limpianto-idroelettrico-piu-grande-al-mondo-si-trova-in-cina/ (Ultimo accesso: 06/04/2023)

31 Baark, Erik, China’s Indigenous Innovation Policies. East Asian Policy, vol. 11, pp. 5-12, (2009), disponibile online: https://www.researchgate.net/publication/335560322_China’s_Indigenous_Innovation_Policies (Ultimo accesso: 06/04/2023)

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