L’ALLARME DI POLIS ETICA SULL’ATTACCO DEI TURCHI AI KURDI IN SIRIA. MENTRE L’OCCIDENTE PARLA SOLO DI RUSSIA-UCRAINA

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di Guido De Simone

L’ALLARME DI POLIS ETICA SULL’ATTACCO DEI TURCHI AI KURDI IN SIRIA. MENTRE L’OCCIDENTE PARLA SOLO DI RUSSIA-UCRAINA | Planet360.info

Una Tavola Rotonda di POLIS ETICA, il 15 giugno 2022, ha dovuto porre rimedio ad un silenzio assordante dei media occidentali su quanto sta accadendo da qualche giorno ed anche ora nel Nord della Siria. Non è interesse americano farlo sapere, perciò, tutti zitti. I media Occidentali non ne parlano più dello stretto necessario o affatto. Strano, perché invece dal 24 febbraio siamo informati costantemente sull’entrata delle truppe russe in Ucraina! Eppure, il bombardamento e l’invasione da parte dell’esercito turco in territorio siriano per eliminare il vecchio problema della frangia più aggressiva dei kurdi, quelli del PKK, è ben più grave della Operazione Militare Speciale dei russi in Ucraina, che almeno non vanno esplicitamente a eliminare una popolazione, bensì a salvarla da un pericolo che denunciano da anni e che nessuno in Occidente ha voluto ascoltare, leader politici inclusi. Media, peggio ancora.

DUE PESI E DUE MISURE? Purtroppo, i fatti non danno più illusioni: la versione data da politici e media dell’Occidente e perciò europei è unicamente quella dettata da Washington. Pertanto, chi è “amico/alleato/vassallo” dei poteri statunitensi non si può criticare e va santificato (il caso Zelensky è più che esemplificativo). Chi non si è inchinato al “Grande Fratello” viene regolarmente screditato e attaccato, anche con le bugie più assurde e vili.
I leader europei dovrebbero dire e fare qualcosa per proteggere le proprie popolazioni e per i loro interessi. Invece, il paradosso più sconvolgente è che collaborano con Washington per trascinare l’intera Europa in una ennesima e probabilmente definitiva guerra fratricida. E i Media principali appresso a loro. Perciò, appare purtroppo evidente che le leadership dell’Occidente sono ormai infettate dallo stesso “virus” ingegnerizzato a Washington, quello che è difficile non denominare “Stile Imperialista all’americana” (l’esatto contrario dello “Spirito e del Sogno Americano” che ha dato vita agli Stati Uniti). E quel virus ha “effetti collaterali” da incubo: induce l’infettato a sfruttare l’alleato e poi tradirlo (è quello che stanno facendo con l’Ucraina, che alla fine sarà smembrata dal branco di lupi che ne hanno fatto un’esca. O con i Kurdi, ora abbandonati dopo averli addestrati e usati contro l’ISIS, lasciando il problema ai turchi… L’ISIS, un altro “incubo” causato proprio da Washington e lasciato a sconvolgere Medioriente e Africa. O l’Iraq, o il Vietnam… Ma la lista è lunga, tutti paesi e popoli sfruttati per i sacri “interessi americani” e poi scaricati senza scrupoli, come immondizia). Un’infezione che, in nome del principio che “il fine giustifica i mezzi”, induce a smentire e tradire qualsiasi accordo fatto anche se esplicitamente firmato, a nascondersi la verità e a nasconderla all’opinione pubblica, nonché ad usare tutti i mezzi, anche le più incredibili e assurde bugie ed ogni possibile mezzo di distruzione, anche di massa (virus VERI inclusi), pur di screditare e distruggere chiunque non si sia inchinato al “Grande e Sacro Fratello”.
Beh, non c’è che dire, hanno imparato bene i leader europei. Quasi meglio dell’originale!

Va decisamente precisato che ciò non riguarda il Popolo americano, che peraltro ha anch’esso subìto costoro e ne ha pagato ampiamente lo strapotere e il cinismo, visto in che condizioni versa l’ormai sparita “classe media”, 150 milioni di persone trasformati in un solo anno (2009) nei nuovi poveri… Beh, sapete che vi dico? Che siano proprio loro a risolvere il problema? Perché gli americani una cosa hanno in comune con i russi (e dovrebbero ricordarselo tutti): calpestati non rimangono mai proni. E prima o poi reagiscono. Basta che scoprano con chi prendersela i veri colpevoli. È la Storia che lo insegna.

Dire che il problema è complesso non rende l’idea di quanto enorme sia la complessità in questo caso.

Per rendere un po’ meno complicato capirci qualcosa, a fondo pagina troverete una ricostruzione delle caratteristiche fondamentali dell’area e dei fatti che l’hanno interessata dal 1978 ad oggi.

POLIS ETICA è un’entità nata da poco, ma, vista l’epoca di stravolgimenti che stiamo tutti attraversando, ha dovuto fare subito i conti con tale realtà e, essendo una Scuola Indipendente di Educazione Civica e d Educazione Politica per Cittadini, nonché avendo già ottenuto la collaborazione di molti esperti qualificati in Politica Internazionale, ha cominciato fin da Ottobre 2021 a macinare, uno dopo l’altro, molti convegni di studio, alla ricerca di soluzioni ai problemi che perseguitano il mondo.

Dopo aver parlato di Ucraina e Russia, di Europa in crisi e di Stati Uniti che cercano di non inabissarsi sotto il loro stesso peso, uno dei guai lasciati sul campo da Washington, come fin troppo spesso accade nella sua storia. sti sta ora manifestando in tutta la sua pericolosità.

Turchi e Kurdi, un rapporto tra amore e odio

Ma la realtà è molto più complicata, perché non esiste un solo “popolo curdo”, né un solo popolo turco.

Un rapporto a fasi alterne quello tra la minoranza kurda e la popolazione turca… Beh, una minoranza piuttosto numerosa, quasi ingombrante, visto che impegna una grossa fetta del territorio turco.

Né va dimenticato che, seppure uno Stato Curdo non esista (lo si era concepito nel 1920, con il Trattato di Sevres, che però non fu mai attuato), la “NAZIONE CURDA” (cioè la sua popolazione e cultura, occupa da millenni un territorio che è al momento suddiviso da ben 4 stati: Turchia, Iran, Iraq e Siria… Si aggiunge una enclave più ad est, al confine tra Iran e Turkmenistan. Nelle altre nazioni la convivenza è stata abbastanza pacifica, salvo periodi storici traumatici. In Iraq la zona a nord è gestita come una regione a forte autonomia, un po’ nello stile del Trentino Alto Adige in Italia. Né tutta la popolazione curda ha un’unica religione, come qualcuno pensa.

I problemi più grossi sono sempre sorti in Turchia, dove la comunità kurda è piuttosto ampia. Si passa da periodi con ottimi rapporti e convivenza pacifica e molto collaborativa (molti presidenti turchi hanno vinto anche o specialmente grazie al voto kurdo) a momenti critici, in particolare quando, nel solco delle ideologie allora imperanti (comunismo), nasce un movimento estremo, il PKK, Partito Kurdo dei Lavoratori (Partîya Karkerén Kurdîstan) che presto diventerà anche una organizzazione nazionalista paramilitare. Va anche detto che il PKK non è l’unico partito scelto dai curdi e che perciò non rappresenta affatto tutti i kurdi, anche perché non tutti i kurdi si sentono marxisti-leninisti.

Per contenere o eliminare il problema dell’ISIS, lo Stato Islamico che gli stessi Stati Uniti avevano contribuito a portare agli onori della cronaca durante l’operazione Iraq, peraltro sfruttato per portare controllo dove quello americano non attecchiva, la strategia degli USA fu di sfruttare il kurdi, addestrandoli e armandoli di tutto punto. Poi, finito il compito, Washington ha voltato pagina. Ma i kurdi sono rimasti sul terreno, e in particolare il PKK era diventato molto ben organizzato e attrezzato.

Questo non poteva non preoccupare il governo della Turchia. Con una risoluzione parlamentare, il 23 giugno, Erdogan ottiene l’appoggio del Parlamento e pochi giorni fa è stata avviato il bombardamento e un attacco prima vicino al confine con la Siria e poi decisamente in territorio siriano, radendo al suolo intere località dove era noto che la guerriglia era in forze. Ma dove vivono anche civili, ovviamente. Ecco perché, per quanto si possa capire il punto di vista turco, il richio di strage era annunciato.

Gli esperti convocati

Ne hanno parlato:

  • Aldo Braccio è redattore di “EURASIA – Rivista di Studi Geopolitici”, è membro del consiglio direttivo di “ISAG – Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliarie. I suoi articoli sono apparsi su vari giornali e siti Internet. Al Master Mattei in Vicino e Medio Oriente – edizioni 2009 e 2010 – ha tenuto relazioni sulla questione curda. È autore del libro “TURCHIA, Ponte d’Eurasia”.
  • Alexandre Del Valle è un politologo, saggista e professore universitario francese di origini italiane, specialista di geopolitica e di Medio Oriente, dottorato di ricerca in geopolitica – storia contemporanea e direttore di molte ricerche. Collabora con numerose riviste di geopolitica (Hérodote, Stratégique, Géostrategiques, Nova Storica, Risk, Politique Internationale, Outre Terre, Europa dei Popoli, Daedalos Papers, Geopolitical affairs, ecc) o di attualità politica (Atlantico, Le Figaro, France Soir, Spectacle du Monde, II Liberal, Israël Magazine, La Verità, Frankfurter Allgemeine Zeitung[4]) con articoli relativo a terrorismo internazionale, sicurezza europea, Turchia, ed islamismo. È ricercatore associato all’Istitut Choiseul di geopolitica (Parigi), di cui dirige la sede di Bruxelles. Ha scritto molto libri, a partire da un molto discusso “Islamisme et États-Unis, une alliance contre l’Europe”. Noto anche “Perché la Turchia non può entrare nell’Unione europea,” e “I Rossi Neri, Verdi: la convergenza degli Estremi opposti. Islamismo, comunismo, neonazismo”.
  • Federico De Renzi, dopo essersi laureato a pieni voti in Lingua e Letteratura Turca presso l’Università “La Sapienza di Roma”, si è dedicato alla ricerca storica e linguistica dei paesi e popoli sia di lingua turca che più in generale dell’Eurasia centro-orientale. Dopo essere stato ricercatore militare presso il CeMiSS (Centro Militare di Studi Strategici, Ministero della Difesa), ha collaborato come docente a contratto sia con la stessa Sapienza che con altre istituzioni accademiche, sia pubbliche che private. Dal 2005 collabora in qualità di studioso d’area con Limes, Rivista Italiana di Geopolitica, curando dal 2009 la rubrica on-line “Turchia-Turchie”.
  • Stefano Vernole, è il Direttore del CeSEM, Centro Studi Eurasia Mediterraneo, e vicedirettore di EURASIA, Rivista di Geopolitica. Attento osservatore di tutti i fenomeni che stanno caratterizzando il continente che fisicamente ne contiene due, l’Eurasia. Ha scritto diversi libri su l’oriente più lontano, Hong Kong e il Tibet, ma specialmente su “La difesa della fede ortodossa in Montenegro. Il possibile cambiamento geopolitico nei Balcani” e “Ex Jugoslavia. Frammentazione nazionale e risiko geopolitico del Kosovo”, che hanno contribuito a chiarire molto aspetti su quanto stava accadendo nei Balcani.

Il VIDEO della Tavola Rotonda convocata da POLIS ETICA il 25 giugno 2022. (cliccare sul testo per accedere al canale Youtube di POLIS ETICA)

Una sintesi degli interventi dei relatori

Prof. Alexandre Del Valle

Il Prof. Alexandre Del Valle ha fornito un utilissimo quadro che ha ben descritto le difficoltà con cui l’Occidente in genere, con un’evidente eccesso di banalizzazione o drammatizzazione, analizza il comportamento delle popolazioni islamiche, semplificando troppo nell’immaginarsi una realtà  molto più complessa e che sarebbe bene capire se si vogliono evitare sorprese.

«Quando Erdogan è arrivato al potere, nel 2002, ha avuto il 50% dei voti kurdi, era nettamente filo-kurdo, ovviamente con riferimento ai kurdi conservatori, non ai kurdi estremisti del PKK, accusati di terrorismo dal 1984. Cioè, aveva ottimi rapporti con i kurdi tendenzialmente filo-islamici, nonché perfino con una parte degli Aliviti. Per aiutare i nostri spettatori a capire, i kurdi “laici” sono o filo-marxisti del PKK o sono “alaviti”, ma gli alaviti sono una minoranza religiosa piuttosto diffusa (n.d.r.: 20%  della popolazione) che riguarda sia l’etnia kurda che quella turca, un’eterodossia mussulmana, affini agli alawiti siriani, totalmente vietata dall’Islam sunnita (n.d.r.: tradizionale)». Una corrente troppo fuori dagli schemi ufficiali e perciò fin troppo spesso perseguitata e costretta a nascondersi o dissimularsi per sopravvivere. Con la presidenza di Erdogan (2007), la loro strategia di essere il più possibile “invisibili” (non facendosi notare). Anche perché la situazione nel paese è molto peggiorata dopo il cosiddetto “tentativo di colpo di stato” del 2016, con “purghe” per ripulire il paese da tutto ciò che non era allineato con l’impostazione ufficiale. 

Del Valle ha aggiunto: «I curdi che non sono legati al separatismo politico e che non sono alaviti, sono in sostanza filo-islamici e hanno votato per i movimenti islamici fin dai tempi di Ataturk. I curdi che hanno combattuto Ataturk erano nostalgici dell’Impero Ottomano. E questo non è risaputo perché in occidente abbiamo sempre la volontà di vedere le cose come a noi piace e non come sono. L’occidentale vede solo il turco laico, marxista, o progressista, o pro-americano, o anti ISIS. Però bisogna sapere che  i curdi non sono un tutt’uno. Vi sono diverse fazioni. Per esempio, Erdogan sta approfondendo il rapporto con i Curdi in Iraq (n.d.r.: con cui fa affari petroliferi) che sono in contrasto con i curdi pro PKK in Siria».
Il Prof. Del Valle ha anche precisato: «Se si vuol capire qualcuno, bisogna mettersi nella sua pelle. Perché Erdogan è così ossessionato dai curdi? Risale agli anni 2000.  Secondo me l’Occidente ha fatto un errore enorme nel 2003 e in Francia i Gollisti si erano opposti al conflitto con i neoconservatori americani, conflitto che aveva lo scopo di ridefinire le frontiere nel Medioriente e far emergere, a breve o medio o lungo termine, un Kurdistan separatista, cosa che ha molto preoccupato i turchi. Io sono ovviamente preoccupato per i massacri dei poveri curdi, ma  è ovvio che Erdogan non è solo un filo-islamista, ma anche un alleato da sempre della destra anti-curda. Temono che i separatisti in Siria e in Iraq possano convincere i tanti curdi in Turchia a valutare davvero l’idea separatista di un Kurdistan, anche perché sono in territori pieni di risorse, a partire dalla preziosissima acqua». Concludendo con due punti cruciale: «Se la Turchia esplode a causa di un separatismo curdo, sarebbe la fine della Turchia come la conosciamo. Non è un problema ossessionale, di un pazzo, è un problema ESISTENZIALE! Questa volontà di destabilizzare il Medioriente da parte degli americani ha fatto diventare Erdogan e lo stato profondo turco in generale quasi isterici, allo stesso modo in cui i russi hanno reagito quando è stata iniziata la strategia per estendere la NATO in Ucraina, un’ipotesi dal punti di vista russo inaccettabile! L’Occidente con il suo moralismo espansionista, l’universalismo, con la promozione una volta dei turchi, un’altra dei nazionalisti ucraini, o di quelli georgiani, per non parlare delle varie rivoluzioni arancioni e colorate; a causa di ciò questi due paesi, Turchia e Russia, si sono radicalizzati, almeno in parte, contro la strategia espansionista dell’Occidente».
E, per finire: «È una questione di “etica della responsabilità”, come dice Max Weber: quando fai una scelta, devi accettarne le conseguenze. L’occidentale è diventato vigliacco, non vuole più avere morti sul terreno. Per cui, in Kosovo prende i terroristi dell’UCK, in Afganistan, durante la Guerra Fredda, prima che spuntassero i Talebani, hanno aiutato ed addestrato i jihadisti/mujahidins afghani contro le forze d’occupazione russe; le rivoluzioni arabe che hanno destabilizzato quelle regioni; i curdi prima in Iraq e poi in Siria, addestrati contro l’ISIS… Però, questa strategia di “zero morti” (n.d.r.: nostri) ci fa sempre cadere nella trappola di utilizzare sempre soggetti pericolosi e nel tempo INCONTROLLABILI.  Gli americani non hanno mai sostenuto fedelmente un alleato… Quando la Russia sostiene un alleato è fino alla morte, quando ha un interesse, ovvio, però è coerente».

In sostanza, a parere del Prof. Del Valle, è l’occidente che non ha più strategia e non ascolta gli strateghi, né militari, né dell’intelligence, ma fa solo mosse tattiche del momento, sull’onda emozionale o elettorale, o per levarsi un problema sul momento, ma non definitivamente, perché in realtà ne è ormai incapace.

Dr. Aldo Braccio

Il Dr. Aldo Braccio ha cercato di dare un quadro storico, per meglio capire la situazione e la sua complessità: «Nel passato sono sempre esistiti i principati curdi, sia nell’impero Persiano che poi in quello Ottomano, fino a 18 principati, con piena libertà di culto. Quando nel XIX secolo ci sono state le prime rivolte contro l’Impero Ottomano, i curdi si erano schierati a difesa dei valori ottomani, specialmente la tutela delle varie differenze linguistiche e culturali, che venivano compromesse dal Tanzimat (n.d.r.: il complesso delle riforme avviato nel XIX secolo nell’Impero ottomano), cioè la revisione in senso laicista dell’Impero Ottomano che puntava ad un egualitarismo che negava le identità popolari ed etniche».
Continuando l’escursus storico: «Alla prima assemblea nazionale turca, i deputati curdi erano addirittura più di un terzo. Il giornale curdo Kurdistan era nato al Cairo, dove torna dopo un periodo in Inghilterra e poco tempo a Istanbul. Con il trattato del 1920 a Sevres, si concepisce (art. 74) l’ipotesi di un Kurdistan e che sarebbe stato costituito dai territori le cui popolazioni locali decidevano l’adesione. Tale ipotesi non fu mai realizzata. Nel 1924 viene addirittura vietato l’insegnamento della lingua curda. Ataturk non era affatto “amico” dei Curdi, erano una fonte di problemi in una società che cercava di laicizzarsi in tutti i sensi e non avere troppi distinguo. Per togliere loro identità, i Curdi vengono definiti

“Turchi di montagna”, vietando le loro feste, canti e danze tradizionali, ecc.»
Nel 1978 nasce il PKK, che nel 1984 si manifesta definitivamente come organizzazione armata, definita come terroristica e attaccata dall’esercito turco. Il suo leader, Ochalan, arrestato a Nairobi, prende poi le distanze dallo stesso PKK che sostiene sia stato eterodiretto. Anche un noto giornalista curdo accusa il PKK e un altro movimento filo-iraniano di essere finanziati da  americani e israeliani, per il loro progetto di frammentare il contesto mediorientale (n.d.r.: per meglio controllarlo) colpendo stati come l’Iran, l’Iraq e la Siria, come viene poi ribadito con documenti top secret pubblicati nel 2010. Un particolare rilievo ha il rapporto tra israeliani e curd: nel 1983 il ministro degli esteri israeliano, Shamir, si dichiara favorevole al diritto dei Curdi ad un proprio stato e condanna gli attacchi dell’esercito turco ai danni dei curdi, in territorio curdo. D’altro canto, nel 2001 alcuni ricercatori hanno ricostruito i presupposti storici di una radice comune tra curdi ed ebrei, anche considerando che il TALMUD, uno dei testi sacri principali degli ebrei, fu scritto in quelle aree nel nord dell’Iraq. E negli anni ’60 Israele considera i curdi alleati contro il pericolo siriano e iraqeno, in quella che fu chiamata la “strategia periferica”, poi estesa a Iran e Turchia».

In cunclusione, il Dr. Braccio ricorda che «I curdi di Turchia e Iran non concepiscono l’idea di un Kurdistan che sconvolga ben quattro stati. Perciò, sono in netta opposizione alle idee del PKK. L’unica ipotesi presa in considerazione era di ottenere una maggiore autonomia. In effetti, la ottengono dai governi dal 2001 in poi, anche quando Erdogan nel 2003 entra in gioco. Viene concesso l’uso del curdo in pubblico e sulla stampa e vengono riammesse le feste curde, tra cui una diventa nazionale. D’altro canto, nell’art 301 del Codice Penale viene cambata una parola chiave, l’offesa all’identità turca diventa una offesa alla NAZIONE turca, che significa che le identità turca, curda ecc, che si riconoscono come Nazione Turca hanno uguale dignità. Ma al tempo stesso, la Magistratura dichiara illegali ben 5 partiti curdi nati nel frattempo. Quando Erdogan vinve le elezioni (2007) i voti dei curdi sono decisivi. Da tenere presente che il vero potere in Turchia era in mano a esercito e Alta Mag»istratura, che erano peraltro sotto l’influenza “Atlantista”». Un quadro che ci spiega molto meglio la complessità turca e il suo rapporto ondivago con le varie identità curde.

Dr. Federico De Renzi

Il Dr. Federico De Renzi ha cercato di chiarire la situazione con particolare attenzione a punti di vista dei vari gruppi curdi: «Nel nostro immaginario i curdi sono dei “laici”, ma è profondamente errato. Le tante identità curde sono profondamente tradizionaliste e tribali, realtà anche più rilevante fino a quando, dopo la Prima Guerra Mondiale, gli imperi coloniali del tempo (inglese e francese) imposero la formazione degli stati nazionali. La Turchia laica appena nata, di ispirazione franco-prussiana (ideologia laicistica francese ed esercito ispirato dai prussiani), non potevano  essere accettabili questi rimasugli di conservatorismo e addirittura di arretratezza culturale e religiosa nella nuova Turchia laica e repubblicana. Tant’è che nel 1925 ci fu una rivolta di Sheik Said, un mistico di una confraternita che va dall’Asia Centrale fino all’Anatolia e ai Balcani, che si battè per una sorta di restaurazione dell’Impero Ottomano , che fu repressa militarmente. Nel 1937 e nel 1939 ci furono altre insurrezioni, sempre nelle zone orientali dell’Anatolia, a Dersim, represse anche più duramente con l’aviazione militare, peraltro formatasi in Unione Sovietica, com’era allora abitudine per gli aviatori turchi. Stati come Iraq e Siria, invenzioni dei vincitori dell’epoca, si ripartiscono un territorio che era di fatto curdo. Ma i curdi, come detto, sono per lo più una espressione tribale e familiare, con diversità perfino linguistiche. Ci sono due varianti principali della lingua curda, con delle sottovarianti, principalmente allocate l’una nella zona turco-siriana e l’altra nella zona irachena. Come in tutti questi casi, quasi al confine tra dialettale e linguistico (vedi il caso ucraino), tutto sta a volersi capire. La mancata unità dei curdi è anche dovuta alla mancanza di volontà da parte delle potenze “imperialiste” del tempo, ma anche da parte di quelle odierne, siano di ispirazione “neocons” o “liberal”, con l’appoggio di molti dei governi di Israele e in contrasto con i criteri di sicurezza degli stati coinvolti, come la Siria e la Turchia. Turchia che, peraltro, è lo stato che, come l’URSS e la Federazione Russa risorta grazie al governo Putin all’inizio degli anni 2000, hanno ridisegnato la propria identità da soli e non sotto il controllo e l’influenza di potenze imperialiste. E dopo periodi di circa 10 anni di conflitti feroci, come la Turchia nel 1925 e l’Unione Socvetica nasce dopo la guerra tra il 1914 e il 1924. In mancanza di una imposizione da parte di grandi potenze, dovrebbe esserci una potente unità di intenti da parte di una nazione con radici culturali, linguistiche e religiose che ne facciano un tutt’uno convinto di esserlo.  Ma non è il caso dei curdi. Ora, voler forzare ancora una volta la situazione ormai assestatasi con gli attuali stati-nazione, inserendo artificialmente un ulteriore stato-nazione, significa solo destabilizzare l’intero blocco euroasiatico. Perciò, sarebbe un ulteriore sconvolgimento degli equilibri. Se c’è una cosa che va tenuta in conto è che tra tutti gli stati dell’area, la Turchia è l’unica che ha tranquillità perché ha l’acqua, più preziosa del petrolio e del gas. Altra caratteristica e la pluralità razziale e culturale presente in Turchia, con famiglie miste di ogni tipo, per religione, lingua, cuintura, etnia, ecc. Caratteristica che si ritrova in tutti gli stati dell’area. Perciò, è folle immaginare che venga concepita l’eliminazione di una specifica etnia, inclusi i curdi. I turchi questa cosa non la hanno mai pensata. Il problema sono solo queste formazioni indipendentiste, spesso con attività terroristica, che sono considerate una MINACCIA ESISTENZIALE. La dichiarazione dell’1 giugno di Erdogan conferma che la Turchia si sta allontanando non solo dalla NATO e dall’Unone Europea, come era già intuibile nelle parole del Ministro degli esteri turco nel 2009 a Villa Miami dove dichiarò che l’adesione all’UE non era più una priorità per la Turchia. Perciò, la Turchia in questo monento si sta riallineando verso una proiezione euroasiatica, cosa che non è neanche nella sua natura, visto che nasce con una concezione e impostazione franco-prussiana. I turchi hanno decisamente una tendenza a sentirsi auropei. Ma, vista la situazione dell’Europa, di cui i turchi si sono resi conto da almeno 10 anni, visto ciò che è la NATO, che sta portando tutti noi verso una guerra nucleare globale, come viene concepito dai neocons come “normale”… e la Nuland è stata in tal senso fin troppo esplicita, la turchia credo abbia fin troppo chiaro DOVE stare. Di certo ha motivi di convenienza, più che di “amicizia”, ad un rapporto con la Federazione Russa. Come la Russia ha una scelta di allearsi con la Cina.

E così conclude: «Ed molto probabile che la Turchia si riposizione all’interno dei BRICS. I turchi, come i russi, son sono stupidi, ambedue non sono “santi”. Se devono scegliere tra NATO e Russia non hanno dubbi e preferiscono i Russi. Perseguono i loro interessi nazionali, a differenza degli stati dell’Unione Europea. Hanno tuto l’interesse ad un rapporto con i paesi dell’ex Unione Sovietica in Asia Centrale, tutti turcofoni e affini culturalmente. Ha ottimi rapporti commerciali con la Cina. Sono destinati a sempre maggiori rapporti con la Federazione Russa.

Dr. Stefano Vernole

«Per un Kurdistan indipendente c’è la complicazione del necessario coinvolgimento di ben quattro Stati, perciò non è una ipotesi molto realistica.
Il ruolo che i curdi hanno avuto nella sconfitta dell’ISIS, è stato condizionato dalle “promesse” americane e ingigantito dai media mainstream, per oscurare l’intervento russo in Siria ben più decisivo. Nel caso Ocalan, la Siria che lo aveva protetto è stato costretta ad abbandonarlo perché era stata minacciata esplicitamente dalla Turchia: “possiamo arrivare a Damasco in 24 ore!”, cui si aggiunge la questione dell’acqua, di cui la Turchia può in qualunque momento chiudere i rubinetti, grazie al controllo delle dighe.
Nel 2011, la Siria subisce diversi tentativi di deporre il legittimo governo eletto da parte di fazioni islamiste “ispirate” dalle forze filo-occidentali. Il governo siriano di Assad propone ai curdi una forte autonomia a patto di non dare la loro disponibilità alle fazioni filo-occidentali (USA/Israele). Purtroppo, poco tempo dopo i curdi del PKK si sono lasciati convincere dagli americani per un ruolo anti Damasco e per un futuro Kurdistan indipendente in cambio dell’aiuto nell’eliminare il problema dell’ISIS (in realtà per occupare una porzione di territorio siriano prima che i russi ne completassero la liberazione da tutti i gruppi armati provenienti dall’esterno). Gli americani li hanno attrezzati e addestrati e l’ISIS è stata in parte debellata, in gran parte grazie all’intervento militare di Mosca in Siria. Ma, a dire il vero, frange e basi dell’ISIS stazionano ancora oggi nella zona per attaccare proprio i siriani, in particolare nel Nord-Est dove gli USA hanno stanziato basi militari per rubare il petrolio e il grano del Paese, guarda caso nelle zone dei curdi. Beh, “chi è causa del suo male, pianga sé stesso”. Credere agli americani che non hanno alleati ma vassalli, e, una volta sfruttati, li abbandonano, è un errore strategico. È un verità sgradevole che ha citato Vladimir Putin, ma, visti i precedenti, è una verità storica incontrovertibile.

La Turchia vive una situazione molto complessa perché, a secondo del periodo, ha giostrato in tutte le possibili direttrici geopolitiche, Dopo vari passi di avvicinamento, sia la Turchia che l’Europa hanno capito la loro incompatibilità ed hanno rinunciato all’accordo di adesione. I turchi hanno avuto l’opzione panturca, che però l’avrebbe messa in contrasto con la Cina e la Russia, per il problema dello Xinjang e dell’Asia Centrale. Per un periodo Ankara ha seguito la corrente neo-ottomana, per diventare una grande potenza del Medioriente, che però ha contraddetto, con l’interferenza in Siria, lo slogan “zero problemi con i vicini”, avendo ad un certo punto solo problemi con i vicini: con la Siria, con Israele (che accusò pesantemente per gli attacchi ai palestinesi ), ecc.

Qualcosa è cambiato dopo il fallito colpo di Stato nel 2016, di cui Erdogan ha accusato Gulen. Da qui è cominciato l’avvicinamento alla Russia, con il Turkish stream e i rifornimenti energetici e con la fornitura del missili S400, che hanno messo in difficoltà i rapporti di Ankara con la NATO.

Da lì, forse per motivi interni, Erdogan ha giocato la parte dello “stregone pazzo”, forzando la mano con la sua visione ultranazionalista. Si è messo in contrasto con la Russia, agendo a Idlib, dove ci sono stati scontri militari intensi. La Turchia non vuole che gli estremisti islamici vengano in Turchia e spera che si sfoghino in Siria, un po’ come fanno i pakistani con i talebani afghani. Poi c’è la tensione con la Grecia, questo alquanto pericolosa, per la sovranità su alcune isole e, molto più rilevante, per la proprietà sui giacimenti di gas nel Mar Egeo.
Se l’Occidente non ha una strategia, invece il blocco euroasiatico dovrebbe averla nei confronti della Turchia. Visto che Erdogan si è posto come mediatore con l’Ucraina per la questione del grano, e ha raggiunto un accordo con la Russia sotto l’egida dell’ONU. Quindi, la Turchia è riuscita a raggiungere un accordo sull’uscita del grano dai porti russi, accordo non solo bilaterale ma che ha una sua legittimità dal punto di vista del diritto internazionale.

Inoltre, la Turchia è già Paese osservatore nello SCO, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che è la principale struttura economica del blocco Eurasiatico. Infine, la Turchia non ha adottato sanzioni contro la Russia dopo il suo intervento in Ucraina, sta contribuendo alla visione del BRICS, per esempio, verso la “dedollarizzazione”, BRICS che sta già diventando BRICS PLUS, visto che non sono più solo i Paesi cardine (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), ma ci sono  ben 18 Paesi interessati ad entrare in questa nuova architettura. Per esempio, ora la Turchia accetta il pagamento attraverso la carta di credito MIR, russa. Questi sono tutti segnali che fanno intuire che il problema curdo possa essere risolto nella prospettiva dell’integrazione euroasiatica.
Gli stati Uniti, che sono l’unico Paese del blocco Occidentale che fanno strategia, sanno benissimo che il rischio che la Turchia esca dalla NATO esiste. Perciò non possono forzare la mano nei confronti di Ankara. Perciò mantengono il silenzio mediatico su quanto viene fatto nelle zone curde ai danni di quelli che dovrebbero essere i loro alleati.

Domanda finale:

Cosa dovremmo fare, noi europei in genere, italiani inclusi, considerando che:

  • la questione Ucraina ci è stata fatta esplodere in mano e che il mancato ascolto degli allarmi dei russi è la vera causa; non continuando a negare l’evidenza che l’Ucraina è stata manipolata per farne un’esca e che la nazificazione non è affatto un’invenzione dei russi ma un grave pericolo che sta minacciando non solo la Russia, ma prima di tutto gli ucraini e poi tutta l’Europa, cosa che sembra confermata dallo stridente comportamento da parte di alcuni “finti profughi” che vengono dalle zone occidentali dell’Ucraina, affatto in pericolo, e stanno pure bene economicamente, chiedendo agli ucraini residenti nei paesi che li hanno accolti che li aiutino a rintracciare tutti i russi lì presenti e minacciando ritorsioni sulle loro famiglie in patria se non lo fanno…
  • Se si considera che, non bastasse il caso Ucraina, si stanno aggiungendo, con un tempismo da film di Holliwood, la minaccia di due ulteriori crisi dai risvolti pericolosissimi, come la richiestra di adesione alla NATO di Finlandia e Svezia e l’iniziativa della Lituania di chiudere gli accessi a Kaliningrad e, mettendo da parte il caso Cina-Taiwan, ora si aggiunge il caso Turchia-Siria…

Cosa diavolo dovremmo fare noi europei di fronte a fatti che stanno mettendo a rischio TUTTO il continente, condannandolo alla distruzione totale?

Dr. Braccio:  In ogni caso, è necessario che il Medioriente tutto accetti che la Siria è un paese sovrano e che con essa vada trovato un accordo.  Dobbiamo sperare che la pressione di Russia e Iran e altri aiuti tutti i contendenti a raggiungere un accordo conveniente e rispettoso per tutti.
La Turchia ha comunque la responsabilità di aver compiuto un grosso errore nel 2011, contribuendo a scatenare l’inferno nel Nord della Siria, con la complicità degli Occidentali e dei Paesi del Golfo. Il calcolo cinico che Assad avrebbe perso il potere si è rivelato errato. Con gli accordi di Astana con la Federazione Russa e l’Iran, la Turchia ha preso una via diversa. Però ancora non c’è una disponibilità affinché ci sia un accordo con il legittimo governo siriano. Senza il riconoscimento del legittimo governo siriano il problema non viene risolto. Quanto alla NATO, nessuno ci rimane se non per avere una specie di assicurazione sulla vita grazie alla solidarietà di tutti i membri verso ciascun membro in caso sdi minaccia.

Singolare e preoccupante è la dichiarazione esplicita del Ministro degli esteri turco, Cavusoglu (pronuncia: Shavushòglu), dopo il secondo incontro a Istanbul tra Russia e Ucraina: “Alcuni paesi della NATO vorrebbero che la guerra continuasse per indebolire Mosca”. La consapevolezza che, nonostante il conflitto tra Russia e Ucraina sia una guerra assurda e una guerra civile europea, a qualcuno fa comodo, per depotenziare e indebolire ancor più noi europei per renderci ancor più vassalli e subordinati

Dr. Vernole: Sì, la volontà è indebolire entrambi, Russia e Europa, tenerli comunque separati. Gli americani puntano a far saltare Putin per trovare un leader russo più disponibile, per staccare la Russia dalla Cina così da poter poi attaccare dall’Oceano Pacifico. Il CeSEM ha elaborato la teoria che mentre la prima gruerra fredda è stata calda in Asia e fredda i Europa, adesso la seconda Guerra Fredda che gli USA stanno cercandodi ricreare tra il blocco euroatlantico e il blocco euroasiatico sarà probabilmente abbastganza fredda in asia e calda in Europa, perché l’Europa è un soggetto geopolitico sempre più secondario dove non si riesce più a vedere la differenza tra l’UE e la NATO. Io ormai all’unione euro-russa non credo più daalmeno 10 anni. pPerché il modello culturale e orami anceh sociale europeo è troppo simile a quello statunitense. Prima e per quattro mesi la notizia di apertura era l’Ucraina, oggi si inizia con l’aborto negli USA. Noi europei non abbiamo una nostra visione autonoma. Sul piano geo-economico c’è una complementarietà evidente tra Europa e Russia che sarebbe dovuta essere portata in porto. Ma ormai le sanzioni ci sono dal 2014. Perciò la Russia ha compiuto sempre più una scolta orientale. Secondo me l’Europoa è ormai sotto il quasi totale dominio USA. Aggingi all’elenco che hai fatto l’eventuale entrata della Moldavia nella NATO, perciò la Transistria è una potensiale bomba. l’Europa ha solo un ruolo subordinato.

Sull’atteggiamento dell’Italia, è anche peggio: da molto prima dell’Ucraina. Da 30 anni siamo sempre i fedeli cagnolini degli americani. in Iraq, la BNL di Atlanta ha perso talmente tanti miliardi che è stata facilmente comprata dalla francese BNP Paris Bas. La Libia è stata la più svergognosa sconfitta dell’Italia e noi gli abbiamo perfino dato le basi per quell’operazione di distruzione. L’opinione politica potrebbe portare a ridiscutere l’appartenenza alla NATO. ma il percorso non sarà facile.  Si tratta di difendere gli interessi nazionali, i Turchi lo fanno, gli italiani e gli europei no. La situazione in Siria deve essere risolta dai paesi locali, Lì gli USA sono più un fattore di destabilizzazione che un soggetto per la pacificazione.

Dr. De Renzi – il mondo è cambiato. Noi vediamo solo l’inizio del baratro. Siamo nel blocco “Globalista” e subiamo la tecnocrazia che controlla tutto. Non abbiamo leader come uno Chirac e una Merkel. Confermo quello che hai detto sull’inesistente leadership anche negli USA. Ed è anche voluto. Dagli anni ’90, una Hillary Clinton comanda tramite personsaggi come la Nuland, Blinken, Jack Sullivan controllando anche i Presidenti. I profili di queste persone, tranne in Eurasia, dove ci sono persone di alto profilo ed esperienza, in Occidente ci sono solo funzionari. Anche Boris Johnson, lo stesso Macron che ha lavorato per la banca Rotschild. Mario Draghi, un bacnhiere, può realmente fare gli interessi del Popolo? CV che sembrano fatti con un copia e incolla. Tutti giovanissimi e senza una esperienza adeguata.  La Turchia persegue i propri interessi nazionali, perciò non permette l’entrata della Finlandia nella NATO perché il PKK e l’altro partito estremista curdo sono rappresentanti politicamente proprio in Finlandia . Come potrebbe frar entrare nella NATO un paese con simili presupposti?! Eppure, la Finlandia ha avuto una sacrosanta concessione da Lenin che gli ha lasciato il ruolo di paese cuscinetto a condizione che si impoegnasse in unp status PERPETUO di neutralità… Cosè che non è chiaro ai finlandesi?! Certo, se consideriamo l’indottrinamento americano e britannico, due popoli che, gli americano dai tempi dei trattaticon gli indiani, i britannici nei trattati con l’India, ciò che dicono e firmano lo rinnegano poco dopo senza alcuno scrupolo! Pertanto, con tale maestri, è difficile che perfino alcuni europei, finlandesi inclusi, non adottino lo stesso attegiamento arrogante e disonesto! Tutto si basa sullo “eccezionalismo americano”. Dal crollo degli accordi di Bretton Woods, dovuto alla scelta ideologica di entrare nel conflitto del vietnam, la leadership americana sta facendo di tutto per rimanede in piedi. E, avendo continuato a sbagliare, per esempo deindustrializzando (il crollo di intere zone di produzione industriale, come Detroit, ne sono esempi lampanti) e investendo solo in elettrronica, hanno perso la capacità di poter contare su di una consistenza produttiva. Si sono salvati con l’invensione dei petrodollari… Ma da allora tendono a salvarso con la vendita di armi e di servizi del proprio esercito e, quando non possono farne a meno, indebolendo gli altri, destabilizzandoli pur di non permettere a nessuno di superarli e prendere il loro posto come leader mondiale.

NOTA: per motivi imprevisti, il Prof. Del Valle si è dovuto allontanare poco prima del termine dell’incontro e non ha potuto rispondere all’ultima domanda. La sua risposta sarà aggiunta quanto prima.

Conclusioni

In queste ore, il panel di studio sta valutando ed eventualmente modificando e/o completando una bozza di resoconto da me stilata. Il documento sarà qui pubblicato e, cosa più rilevante, sarà inviato alle ambasciate che il gruppo di studio concorderanno sia il caso di informare.

L’augurio è che, in questa situazione che sta impietosamente mettendo allo scoperto la crisi di identità dei Paesi occidentali, vi sia un po’ più di ascolto verso chi ha le competenze per ipotizzare una vera STRATEGIA che rimetta l’intero Occidente in carreggiata.

Sarebbe essenziale che ogni Paese che ne fa parte impari, proprio dagli errori commessi, a prendere atto della volontà di TUTTE le identità nazionali, ricominciando ad operare in base a valori ETICI che si fondano sul RISPETTO DI TUTTE LE IDENTITÀ E CULTURE, e così ne faccia interlocutori credibili e affidabili.

L’involuzione etica dilagata nell’Occidente

Una volta, uno dei vanti della popolazione americana era che la parola data è un contratto sacrosanto che va rispettato. Anche con una semplice stretta di mano. Quella America continua ad esistere, per fortuna, ma principalmente permane nella provincia americana, anche se spesso in difficoltà, quasi sparendo o resa anacronistica nelle grandi città dove prevale il più forte e il più astuto, non il più onesto, coerente e affidabile.

Sopravvive, nonostante dagli anni ’90 si sia fatto di tutto per promuovere un crescente cinismo e siano stati fatti passare come i soli vincenti i princìpii che “il fine giustifica i mezzi” e “quel che conta sono i propri interessi”. In sostanza, un egoismo viscerale.
Stava emergendo, già dagli ’80 la vera natura del cosiddetto “NEOLIBERISMO”. Una ideologia, appunto, non un ideale, perciò arrogante, prevaricante e in guerra con ogni altra idea di società.
Nel 1971, viene presentata l’idea che il libero mercato potesse ottenere un mondo di gran lungo migliore della corrotta gestione pubblica statale, di cui era assurdo continuare a sopportare gli spechi e i nepotismi, quasi come se il libero mercato e la sua idealmente “armoniosa” concorrenza, con il contributo di tutti, fosse una estensione del movimento olimpico di De Coubertin.

Molti anni fa (1985), ho ricevuto da un’importante azienda statunitense, sulla sola base di una oresentazione, una conversazione telefonica e uno scambio di telex, un incarico delicatissimo e un consistente fondo spese. Questa america esiste ancora, nonostante tutto.

Ma sul piano internazionale, l’America che ha rilevo e che ha teso a colonizzare culturalmente tutto il mondo che poteva, è quella del “NEOLIBERISMO”, sempre più perfido e e prevaricante. Una cultura che si è espansa lentamente ma ovunque ne paesi occidentali, corrompendoli a conformarsi a questa nuova e vincente “religione”.

Il NEOLBERISMO e il conseguente GLOBALISMO (nello stile Davos e del New World Order perorato dal World Economic Forum, per capirci, e dal Great Reset propagandato da Karl Swab) non è riuscito a sfondare ovunque.
In alcuni contesti non è riuscito a far passare come desiderabili i suoi falsi valori, indorati da concetti di universalismo, ambientalismo e progressismo che si sono sempre più rivelati per un qualcosa riservato ad una Élite e dove il resto dell’umanità è bestiame da controllare.

I paesi ribelli sono caratterizzati da culture e strutture sociali che sono troppo lontane da quelle occidentali, o tenute separate artificialmente. L’esempio più noto è l’Unione Sovietica, l’URSS, tenuta divisa dal resto dell’Europa da un muro fisico che ha fato da muro simbolico. Tanto che, in mancanza di meglio (la carenza degli Occidentali e in particolare dei poteri americani si vede anceh da questi dettagli), anche oggigiorno si tiene separata la Russia dal resto dell’Europa ricostruendo un “MURO” virtuale, stavolta fatto di stati (Paesi Baltici, Polonia, Slovacchia, Romania… e, ovviamente, si sarebbe voluto proseguire con Ucraina e Georgia, per completare l’accerchiamento.

La domanda più delicata

Anche in Medioriente si punta ovviamente a DISGREGARE, DISTRUGGERE CERTEZZE E PUNTI DI RIFERIMENTO, il classico “Divide et Impera” con cui i latini hanno dato sintesi ad una delle più ciniche tecniche tattiche per il controllo sugli altri.

Questo è il motivo per cui, a conclusione della Tavola Rotonda, l’ultima domanda, che ho preannunciato e che ciascuno dei relatori troverà accanto al resoconto da confermare o emendare e completare, è la seguente: alle ambasciate di quali Paesi credete che sia utile inviare questo resoconto?

Alexandre Del Valle, che prima della fine della Tavola Rotonda ci aveva dovuto lasciare, è l’unico che non ha avuto ancora modo di dare una sua risposta, ma anche a lui arriverà la bozza del RESOCONTO e, accanto, la domanda suddetta.
Nel frattempo, tutti gli altri, nei fatti concordi, hanno accennato che, in base a quanto sembra fin troppo evidente e di cui nessuno di loro è contento, i Paesi Occidentali non sono, almeno al momento, affidabili. Salvo l’Ungheria, L’unico caso di un governo europeo che ha saputo prendere le distanze dall’atteggiamento distruttivo e masochistico a cui tutti i leader degli altri paesi europei sembrano ormai essersi assuefatti.

Forse, con il tempo e in varie maniere, le cose saranno migliorate dai rispettivi popoli europei, in cui la consapevolezza della cruda realtà sta aumentando, anche se non sanno ancora come ottenere un cambio di tendenza. Probabilmente, nel tempo sapranno riprendere il controllo della situazione, anche perché appare sempre più evidente che i suddetti leader non rappresentano AFFATTO i rispettivi concittadini, per quanto credano di averne neutralizzata la capacità di ribellarsi con cinici strumenti di controllo sociale.

Ma nel frattempo, gli unici paesi che hanno titolo, interesse e intenzioni serie nel fare qualcosa sono i diretti interessati nell’area e pochi altri interlocutori. Perché sono i più motivati ad avere una VISIONE e perciò una volontà politica seria. Si aggiungono quegli stati che sono i potenziali alleati anche perché quella capacità di VISIONE fa parte del loro DNA.

Pertanto, è intuibile che la scelta cadrà presumibilmente su tutti i paesi che circondano l’area del virtuale Kurdistan (TurchiaIranIraqSiriaLibanoGiordaniaArabia SauditaEgittoEmirati Arabi UnitiQatarKwait). Con un solo dubbio su Israele, in cui vivono due anime: una più indigena e cosmopolita, aperta ad un rapporto pacifico con tutti, ma anche una più influenzata dai concetti suprematisti del Talmud e perciò fin troppo legata alla corrispondente parte “Globalista e unipolare” degli USA.
Si aggiunge, per certo, la RUSSIA, visto che è l’unica che ha rapporti costruttivi e coerenti con tutti e può essere di grande aiuto essendo la sua politica estera più che attendibile e compatibile. Un’eventuale estensione potrebbe essere a favore dii paesi chiave dello SCO e all’Ungheria, purtroppo l’unica controparte “Occidentale” attendibile.

Una conclusione cruda, ma purtroppo realistica.

_________________
Guido De Simone

Informazioni utili:

L’Asia Minore, LA COMPLESSITÀ FATTA POPOLO

1) Le informazioni chiave che sono necessarie per capire, ma che pochi sanno:

  • I curdi non sono un popolo unito e deciso a far riconoscere un proprio Stato alla comunità internazionale. Non hanno una sola religione, non hanno una sola lingua (spesso sono dialetti che si possono capire tra loro). È più definibile come una popolazione tribale con l’interesse a vivere pacificamente dove risiede.
  • Al momento i curdi sono presenti in un territorio molto vasto e suddiviso nei 4 Stati che si sono trovati una parte del territorio di quello che virtualmente viene definito il Kurdistan, da sempre (è il caso della Turchia o dell’Iran (ex Persia) o da quando furono costituiti dopo la 1° Guerra Mondiale, su decisione degli allora imperi coloniali britannico e francese:
    • Turchia (una vasta area che rappresenta il 70% della Turchia orientale, dove i Curdi abitano da sempre)
    • Iran (fascia di territorio vicina al confine nord-occidentale)
    • Iraq (regione nord del paese)
    • Siria (fascia nord del paese)

A cavallo del confine tra l’Iran (nordest) e il Turkmenistan si trova un’ulteriore enclave curda. Una più piccola sconfina in Armenia.

  • I curdi sono per la maggioranza conservatori e tradizionalisti, tendenti ad una buona convivenza con le popolazioni degli stati dove il loro territorio ricade. Ciò è riscontrabile sia nelle enclave curde in Iran e in Iraq, sia in quella molto più vasta in Turchia.
  • In Siria si è rifugiata la fazione curda di ideologia marxista-leninista, che nel 1978 si è costituita nel partito PKK, all’inizio di natura solo politica ideologica, ma che nel 1984 si trasformò in una “organizzazione combattente” usando anche la violenza per ottenere un Kurdistan riconosciuto.
  • Un’altra fazione armata curda è il YPG, l’Unità di Protezione Popolare (in curdo: Yekîneyên Parastina Gel), anch’essa principalmente collocata nel nord della Siria. Noto è il suo braccio armato femminile, YPJ.
  • Per capire la frammentazione perfino delle fazioni curde armate, L’YPG ha stretti rapporti con il PKK, la principale organizzazione militante dei curdi in Turchia, mentre è avversato dal PDK, il principale partito curdo al governo nel Kurdistan iracheno, il quale tuttavia ha fornito supporto alle operazioni dello YPG contro lo Stato Islamico fino al 2015. Lo YPG è sostenuto anche dal partito iracheno Unione Patriottica del Kurdistan (UPK) e da diverse milizie Peshmerga irachene ad esso collegate. Rappresentano circa il 20% della popolazione turca, ma sono sottoposti a gravi discriminazioni e lottano per essere riconosciuti ufficialmente come religione. La loro situazione, da sempre complicata, è peggiorata dopo il tentativo di golpe del 2016Diversi gruppi internazionali, facenti capo alla Brigata Internazionale di Liberazione, sostengono le forze YPG sul campo.
  • La popolazione turca non ha avuto quasi mai problemi di rapporti con la popolazione curda, molte sono le famiglie miste. I problemi sono per lo più con alcune fazioni ideologiche (estrema destra, vista la natura ideologica del PKK di radice marxista-leninista) e con le Élite al potere, con periodi di massima collaborazione e pesanti periodi di vere e proprie persecuzioni.
  • Un altro gruppo sociale che ha grossi problemi in Turchia è di natura religiosa. Si tratta degli ALAVITI, che sono sia curdi che turchi.

Gli alaviti appresentano circa il 20% della popolazione turca, ma sono sottoposti a gravi discriminazioni e lottano per essere riconosciuti ufficialmente come religione.

Gli alaviti in Turchia sono fra i 18 e i 23 milioni su una popolazione di circa 85. In realtà, la loro presenza è difficilmente quantificabile perché, a causa delle persecuzioni alle quali sono stati sottoposti per secoli, tendono a dissimulare le loro origini. Una pratica, questa, assunta per motivi di sicurezza e autoconservazione, ma che spesso è stata utilizzata dai loro detrattori per dipingerli come una setta.

La loro situazione, da sempre complicata, è peggiorata dopo il tentativo di golpe del 2016

È una corrente che viene definita “confraternita eterodossa di derivazione sciita”, venerano quindi ‘Ali, il genero del Profeta Maometto e suo figlio Hussein. Hanno però maturato rituali e una tradizione teologica, musicale e culturale proprie.

Le differenze rispetto all’Islam sunnita sono parecchie e questo aspetto è alla base dei problemi che gli alaviti hanno sofferto durante tutta la loro storia.

Gli aderenti a questo culto si dividono in due grandi famiglie: Kızılbaş e Bektaşi. Il sistema di valori e i rituali rimangono gli stessi. I Kızılbaş sono concentrati nelle aree rurali e tendono a essere più elitari, considerando l’ingresso nella comunità solo attraverso vincoli di parentela. I Bektaşi invece sono più diffusi nelle città e ritengono che l’Alevismo possa essere abbracciato da ogni persona di fede musulmana. Il riconoscimento atteso dalla Turchia, in Albania è già avvenuto e i Bektaşi sono stati riconosciuti come religione a parte accanto a Islam, Cristianesimo ortodosso e Cristianesimo cattolico.

Gli aleviti curdi si trovano spesso a combattere una battaglia doppia contro la discriminazione: quella dal punto di vista etnico e quella dal punto di vista religioso, dove si trovano contrapposti non solo ai turchi, ma anche ai curdi sunniti.

  • I curdi che non sono legati al separatismo politico (PKK) e che non sono alaviti, sono in sostanza filo-islamici e hanno votato per i movimenti islamici fin dai tempi di Ataturk.

I curdi che hanno combattuto Ataturk erano nostalgici dell’Impero Ottomano, confermando le loro tendenze comunque conservatrici.

Pertanto, le autorità turche hanno problemi solo con le formazioni estremiste curde, non con i curdi in sé. Né è mai stata concepita l’idea di eliminare l’intera etnia curda, anche perché è una parte consistente (20%) della popolazione del paese.

2) I fatti principali che hanno scandito gli ultimi 44 anni: (ma, del dettaglio, c’è molto di più)

1978 – 27 novembre: Nasce il PKK come partito di sinistra di ispirazione marxista-leninista.

1984 – agosto: Preso atto che non c’erano risposte dalla politica turca alle loro richieste di autonomia, il PKK prende le distanze dagli altri partiti democratici curdi indipendentisti, il PDK e l’UPK, e sceglie la via della lotta armata. C’è un primo scontro con l’esercito turco.

1998 – 12 novembre: Da Mosca il leader del PKK, Abdullah Öcalan, giunge in Italia accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista, e chiese asilo politico, provocando un dibattito sull’opportunità (politica e giuridica) di accettare tale richiesta.

1999 – Il leader del PKK, Abdullah Öcalan viene accomp0agnato a Nairobi, Kenya, ma poco dopo viene arrestato con un blitz da agenti della CIA e del MIT, i servizi segreti turchi e, si dice, con la collaborazione del Mossad, Viene estradato in Turchia. La beffa arrivò 2 mesi dopo: un tribunale italiano riconobbe ad Öcalan il diritto all’asilo politico in Italia.

1999 – Il leader del PKK, Abdullah Öcalan, detenuto in un carcere di massima sicurezza turco, abbandona il marxismo-leninismo, rimuovendo il simbolo della falce e martello dalla bandiera del PKK, portando il partito ad adottare la nuova piattaforma politica del confederalismo democratico.

2006 – da ambo le parti si iniziano a intravedere segnali di apertura. Infatti, il leader curdo, Murat Karayilan, afferma: «Innanzitutto le armi devono cominciare a tacere. Non bisognerebbe lanciare nuovi attacchi e a quel punto dovremmo confrontarci. Non con le armi, ma con il dialogo. Vogliamo che si metta fine allo spargimento di sangue, perché gli anni passano e continuiamo a tornare sempre allo stesso punto. Non si metterà fine al PKK con l’uso delle armi».

2007 – Alle elezioni presidenziali vince Recep Tayyip Erdoğan, filo-islamico e tradizionalista, con il 50% dei voti dai curdi moderati e conservatori, la stragrande maggioranza.

2011 – 14 luglio: nell’imboscata più sanguinosa degli ultimi tre anni, guerriglieri indipendentisti curdi del PKK hanno ucciso 13 soldati nel sud-est della Turchia ferendone altri sette. Le forze armate turche hanno reagito uccidendo almeno sette membri del PKK nel più recente capitolo di una questione etnica che, in un quarto di secolo, ha fatto decine di migliaia di morti e stenta a trovare soluzione politica, come testimonia il boicottaggio curdo al parlamento di Ankara. Gli scontri sono avvenuti nell’impervia zona di Silvan, città situata ad un’ottantina di chilometri a est di Diyarbakir, la “capitale” dell’indipendentismo curdo.

2014 – La strategia ideata già da tempo dalle Intelligence statunitense e israeliana entra in gioco: ufficialmente per combattere le forze dell’ISIS vengono convinti e cooptate le formazioni armate curde presenti nel nord della Siria e nel nord dell’Iraq, addestrandole e rifornendole di armi, con una vaga promessa di appoggiare un futuro Kurdistan autonomo. In realtà, il piano ha l’obiettivo di DESTABILIZZARE l’intera area, per rendere più difficile l’emersione di forze politiche e militari troppo definite e potenti e perciò più facile il loro controllo. Questa politica, però, investe proprio sulle forze che sono le più pericolose per la stabilità della Turchia, il cui governo e presidente, Erdogan, sono particolarmente contrariati. Inizia un decorso che mette in discussione la stessa appartenenza della Turchia alla NATO e un motivo per piuttosto consolidare i rapporti con la Federazione Russa.

2014-2015 – Le azioni delle milizie curde nel nord dell’Iraq e della Siria decimano le forze dell’ISIS, ma stranamente gli americani ordinano di lasciarne alcune basi nel territorio settentrionale della Siria controllato proprio dai curdi. La Turchia, comincia ad attaccare le forze curde vicine al suo confine sud, ormai diventate pericolosamente ben organizzate.

2015 – Dopo giorni di bombardamenti da parte del governo turco, il PKK dichiara la tregua finita, Gli dà seguito, uccidendo quattro poliziotti turchi; il Governo turco ha risposto bombardando postazioni del PKK in Iraq.

2017 – settembre 25: Un illusorio referendum indetto dal principale partito democratico curdo nella regione autonoma curda nel nord dell’Iraq vorrebbe determinare la nascita di un primo stato curdo autonomo. Ma la consultazione, per quanto ottenga il voto del 70% degli elettori curdo e una netta vittoria del Sì, non ottiene risultati concreti, salvo un maggior irrigidimento dei governi minacciati da un eventuale Kurdistan, in particolare quello iracheno e turco.

2022 – aprile 26: Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, promette di cancellare definitivamente l’organizzazione separatista curda Pkk dai confini della Turchia e l’esercito turco estende l’operazione militare in corso al Nord della Siria, colpendo obiettivi legati allo Ypg. L’estensione al PKK, nella stessa regione anche se in località differenti, è automatica.

2022 – maggio/giugno: l’operazione militare turca entra nel vivo, con il bombardamento di molte località in territorio siriano e probabili infiltrazione di truppe turche nel territorio siriano. L’operazione è attualmente in corso.

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