Cina: demografia e ringiovanimento nazionale

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di Stefano Vernole

E per dirla senza mezzi termini, gli interessi principali della Cina sono due: il primo è che la posizione dominante del Partito Comunista non venga disturbata; il secondo è che la strada del ringiovanimento della Nazione cinese non venga interrotta1.

La visione del PCC e il Chinese Dream

Poco dopo la chiusura del Diciottesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC), Xi Jinping, il neoeletto Segretario Generale del Comitato Centrale del PCC, si recò al Museo Nazionale Cinese con altri leader cinesi il 29 novembre 2012, per vedere la mostra “The Road of Rejuvenation” sui 100 anni di lotta della nazione cinese moderna. Dopo aver visto la mostra, Xi Jinping affermò che tutti hanno ideali e aspirazioni oltre che sogni e che realizzare il grande ringiovanimento della nazione cinese è stato il più grande sogno del popolo cinese fin dai tempi moderni. Quella è stata la prima volta che un leader ha parlato del sogno cinese, ed ha espresso vividamente l’ideale comune e l’aspirazione del proprio popolo. Nel discorso che ha pronunciato nel marzo 2013 dopo essere stato eletto presidente della Cina, Xi Jinping ha discusso in modo più dettagliato del “sogno cinese”. Ha osservato che realizzare il grande ringiovanimento della nazione significa rendere il Paese prospero e forte e rendere felici le persone. Da allora, in diverse occasioni, ha affrontato ulteriormente diverse questioni riguardanti il ​​“sogno cinese”, come realizzarlo e la sua relazione con il Mondo2.

Il 1° luglio 2021 il Partito Comunista Cinese (PCC) ha festeggiato con tutti gli onori l’anniversario del proprio centenario. È stata un’occasione di bilanci e di celebrazione del proprio modello, considerato dallo stesso presidente Xi Jiping “l’unica soluzione per coronare il Chinese Dream e portare la Cina ad essere a tutti gli effetti una potenza globale della nuova era entro il 2049”. In quella data, infatti, mentre la Repubblica Popolare festeggerà il primo secolo di storia, contemporaneamente, il Partito Comunista Cinese celebrerà cento anni al governo del Paese.

La sostenibilità di questo progetto si scontra però con le variabili demografiche, sociali ed economiche della Cina.

Si legge Zhōnghuá mínzú wěidà fùxīng e si traduce “Il grande rinascimento della nazione cinese”.

Il termine “rinascimento” risale al culmine dell’era imperiale della Cina, quando quest’ultima era leader tecnologico e culturale in Asia. In seguito all’indebolimento della dinastia Qing nel XIX secolo, le nazioni occidentali invasero il Regno di Mezzo e costrinsero la Cina a fare una serie di concessioni territoriali e commerciali, determinando un periodo che è passato alla storia come “il secolo delle umiliazioni”.

Quello della rinascita nazionale è dunque un concetto imprescindibile per il PCC che ritiene questo periodo della storia cinese “vergognoso”, avendo oscurato la grandezza e la centralità della sua civiltà. Esso sottolinea l’importanza cruciale di “far rinascere” la nazione affinchè venga ammirata e trattata come merita, in contrapposizione a quel secolo buio.

La questione demografica cinese

Con i suoi 1,4 miliardi di abitanti, la Cina è esempio eclatante di come il fattore demografico possa essere un punto di forza nelle relazioni internazionali, ma, al contempo, una variabile determinante da gestire per la stabilità interna. Infatti, proprio dalla peculiare condizione demografica cinese arrivano alcune delle sfide di più complessa risoluzione per il Governo di Pechino nell’immediato futuro.

Nel 1949 la miseria era la condizione diffusa e la mortalità in Cina enorme; la crescita demografica eccessiva fu frenata con il controllo delle nascite, saggia politica dei riformatori degli anni Ottanta. I diversi esecutivi rallentarono il ritmo delle nascite per garantire un maggior benessere alle famiglie, ridurre la pressione di una popolazione straripante e pianificare la nuova urbanizzazione che si concretizzò nella costruzione di case, strade, ospedali, scuole, refettori, trasporti e servizi pubblici.

Il trentennio di “figli unici” è coinciso con il decollo economico del Paese, così come con il netto miglioramento del tenore e dell’aspettativa di vita grazie ad una maggiore disponibilità di cibo e di cure sanitarie.

L’attuale quadro demografico della Cina presenta caratteristiche simili a quello proprio delle società industrializzate: bassa crescita della popolazione (0,6%, si stima che la decrescita inizierà nel 2027), invecchiamento (l’età media è di circa 38 anni, raddoppiata rispetto al 1970), basso tasso di fertilità (1,7 figli per ogni donna compresa tra i 15 e i 49 anni, ma secondo altre stime potrebbe essere addirittura pari a 1,18), alto tasso di dipendenza strutturale, che indica il rapporto tra la popolazione in età da lavoro e la popolazione in età non attiva (attorno al 42%). Questi fattori, inoltre, si sommano agli effetti generati dalla così detta “politica del figlio unico”, introdotta dal Governo cinese nel 1979 per controllare la natalità nel Paese ed abrogata solo nel 2016, anno in cui Pechino ha reintrodotto la concessione di un secondo figlio3. Il tasso di fecondità totale era sceso rapidamente sotto la soglia dei 2,1 figli per donna (teoricamente compatibile con la stazionarietà della popolazione), stabilizzandosi dalla seconda metà degli anni Novanta sopra gli 1,6, mentre il tasso di crescita è sceso a 0,5% nel quinquennio 2015-2020, così come confermato dal censimento della popolazione del 2020. Le modifiche della PFU (Politica del Figlio Unico) introdotte nel 2015, che avevano consentito alle coppie di avere un secondo figlio, non ha inciso sul livello di fecondità, verosimilmente perché lo sviluppo complessivo della società sembra aver creato, in Cina come in altri Paesi del Sud-Est asiatico, le condizioni strutturali per una bassa fecondità. È questa probabilmente la ragione che ha spinto il Governo cinese al recente provvedimento che ha portato a tre il numero di figli consentito, per affrontare le distorsioni nella struttura per età provocate dalla PFU4.

La passata strategia di controllo della natalità aveva infatti portato ad un crollo repentino delle nascite, causando altresì diversi effetti collaterali di lungo periodo, che pongono la Cina di fronte all’urgenza di trovare delle soluzioni agli squilibri interni, scongiurando l’insorgere di forti tensioni sociali pericolose per la stabilità del sistema nel prossimo futuro.

Il primo di questi è rappresentato dal divario di genere. La Cina, per via della preferenza culturale verso i figli maschi, è di fatto uno dei pochi Paesi al mondo dove il numero di uomini supera quello delle donne, solitamente più numerose per via di una maggiore aspettativa di vita. Ad oggi, per ogni 100 donne, vivono in Cina 106 uomini, dato che comporta, in termini assoluti, una discrepanza tra i due sessi di 40 milioni. Ciò è ulteriormente aggravato dallo squilibrio di genere nelle generazioni nate dopo l’introduzione della politica del figlio unico, come dimostrano i divari ancora più accentuati tra i ragazzi con età compresa tra i 0 e 14 anni (117 uomini ogni 100 donne) e tra 15 e 24 anni (115 uomini ogni 100 donne). Il disequilibrio tra uomini e donne in giovane età contribuisce ad estendere i problemi demografici anche alla prossima generazione.

Secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica, tra i nati e i morti nel 2019 vi è stato un saldo positivo di 4,67 milioni: 14,65 milioni i nuovi venuti al mondo e 9,98 milioni quelli che se ne sono andati. Tra i nuovi nati, però, si registra une tendenza anomala: la popolazione maschile supera quella femminile di oltre il 3%, creando un problema sociale soprattutto nelle aree più povere e remote del Paese dove le donne scarseggiano e gli scapoli vogliono sposarsi, non soltanto per avere una sistemazione familiare ma anche perché morire senza discendenza è ancora oggi considerata una sciagura5.

Un secondo elemento di disequilibrio interno è rappresentato dalla mancata correlazione tra tasso di industrializzazione e calo della fertilità. L’adozione di una politica di controllo della natalità, infatti, non è avvenuta in un contesto di crescita economica tale da garantire la sostenibilità del sistema. L’alta natalità è da sempre un fenomeno legato, oltre a fattori culturali e religiosi, a povertà e scarse tutele sociali. In società sprovviste di welfare, prevalentemente agricole, una prole numerosa è un’assicurazione sulla vecchiaia, poiché rappresenta l’unica fonte di sostentamento in età avanzata. Con l’introduzione in Cina di sistemi di previdenza sociale – uniti al processo di urbanizzazione che ha portato in dote un più facile accesso alle strutture sanitarie ed ha influito positivamente sull’istruzione (in particolare femminile) – l’aspettativa e la qualità di vita della popolazione, per lo meno urbana, è andata migliorando e con ciò la necessità di procreare è andata riducendosi. I cinesi, di fatti, sono scesi al di sotto del tasso di sostituzione (2,1 figlio per donna, necessario per mantenere la popolazione invariata nel lungo periodo) dalla seconda metà degli anni ’90, quando il PIL pro capite si assestava attorno ai 600 dollari l’anno. Nello stesso periodo il Giappone, con un tasso di fertilità pari a 1.5, registrava un PIL superiore ai 40.000 dollari annui, mentre l’Indonesia, pur in un trend di calo demografico, aveva livelli di ricchezza simili a quelli cinesi ma poteva vantare una nascita in più per donna.

La mancata correlazione tra bassa ricchezza e alta fertilità pone la Cina di fronte allo spettro di una numerosa generazione di anziani fortemente esposti a rischio povertà. La maggior parte dei prossimi pensionati cinesi, di fatto, avrà lavorato principalmente durante periodi di bassa prosperità economica e non potrà così contare su un risparmio privato (sia sotto forma di accumulazione diretta, che di contribuiti versati) sufficiente a trascorre una vecchiaia economicamente serena. Inoltre, i futuri pensionati cinesi saranno sprovvisti di una seconda generazione che possa contribuire al reddito familiare. La situazione è ancora più grave nelle campagne, dove spesso gli anziani si ritrovano soli per via dell’emigrazione dei figli verso i centri urbani, e dove i servizi statali sono minori ed il risparmio accumulato più basso.

Infine, le politiche di controllo della natalità hanno ulteriormente acuito lo squilibrio tra numero di nati prima della legge (il tasso di fertilità nel 1968 era pari a 6) e non, con evidenti ricadute sul tasso di dipendenza futuro, incidendo pesantemente sulla sostenibilità del sistema pensionistico cinese.

Nei prossimi 15-20 anni si stima che la Cina avrà circa 150 milioni di nuovi anziani, mentre la popolazione potrebbe perdere quasi 100 milioni di individui, portando così il numero degli over 65 ad una cifra che oscilla tra il 25% ed il 30% del totale della popolazione6.

Di fronte a questo scenario, l’adozione di nuove politiche sociali è diventata una priorità per le autorità di Pechino. Il sistema pubblico pensionistico cinese si compone di due grandi categorie: il BOAI (Basic Old Age Insurance), che raccoglie circa 400 milioni di dipendenti, ed il Resident Scheme, che copre 512,6 milioni di lavoratori, principalmente artigiani e dediti al settore agricolo. Ad oggi i contributi versati da lavoratori ed imprese non sono sufficienti a coprire i due fondi ed è necessaria un’integrazione con risorse provenienti dal bilancio pubblico, pari a circa il 3% del budget statale. Con l’uscita dal lavoro di milioni di lavoratori, la pressione sulle finanze pubbliche sarà molto forte. Si stima che la spesa pubblica legata alle pensioni sia già cresciuta del 140% tra il 2011 e il 2016 e che questa sia destinata ad arrivare fino al 20% del budget entro il 2050. Il tutto senza considerare quell’aumento della rendita media delle pensioni che sarebbe necessario per assicurare condizioni di vita dignitose ad una fetta di popolazione così ampia e sovraesposta a rischio povertà, accentuato dall’aumento del costo della vita legato alla crescita economica recente, soprattutto nelle città. Si stima che, in media, la pensione mensile di un lavoratore si aggiri tra i 2000 e i 3000 yuan (pari a circa 257 e 385 euro). Altri effetti economici correlati all’involuzione demografica riguarderanno possibili minori entrate da tassazione diretta, legate al minor numero di lavoratori, una contrazione dei consumi interna, dovuta alla minore propensione marginale al consumo degli anziani, oltre ad un aumento di voci di spesa pubblica come quella sanitaria.

Per poter bilanciare la pressione sui conti pubblici, il Governo cinese deve affrontare diverse situazioni spinose.

In primis sicuramente quella dell’età pensionabile, ancora molto bassa (60 anni per uomini e 55 per le donne, 50 se operaie), di fronte ad un’aspettativa di vita di 77,5 anni, destinata ad aumentare. L’innalzamento dell’età pensionabile, in linea con quella dei Paesi maggiormente sviluppati, non pare rimandabile nel lungo periodo, ma il Governo deve certamente tenere presenti eventuali ripercussioni negative in termini di tensioni sociali che un provvedimento del genere potrebbe portare in dote.

Inoltre, al fine di compensare la perdita quantitativa di lavoro, la Cina dovrà intensificare l’investimento in capitale umano, ricerca e sviluppo. In questa direzione sembra muoversi anche il piano strategico Made in China 2025, che punta a convertire l’economia cinese da settori altamente intensivi in termini di lavoro verso settori ad alto coefficiente tecnologico. Questo processo potrebbe contribuire allo sviluppo qualitativo dell’economia nazionale e, con essa, portare ad un innalzamento dei salari previsti per i lavoratori, nonché, di conseguenza, ad un incremento della tassazione dei redditi, al fine di finanziare le pensioni. La necessità di trovare una soluzione alle possibili difficoltà legate alla sostenibilità del sistema pensionistico trova conferma anche nell’interesse del Governo di valutare l’implementazione sia di nuovi metodi di risparmio per i lavoratori, attraverso il rafforzamento del ruolo dei fondi di investimento, sia di ridurre le disparità di rendite pensionistiche, non solo tra lavoratori pubblici e privati, ma anche tra aree rurali e urbane.

Nonostante le autorità si stiano muovendo in questa direzione, la gestione della previdenza sociale rappresenta una questione pressante per Pechino, che guarda alla questione demografica e, in particolare, alla sostenibilità della generazione di anziani in futuro come un problema di natura sia finanziaria sia politica. Da un punto di vista finanziario, la necessità di destinare fondi per il welfare potrebbe portare le autorità a rivedere l’allocazione delle risorse nel bilancio nazionale: un eventuale incremento di quelle destinate alla spesa sociale potrebbe tradursi in una riduzione delle risorse da destinare all’implementazione di altri dossier, con un possibile ridimensionamento della capacità di spesa destinata, per esempio, alla politica estera. Da un punto di vista politico, un’eventuale mancata risposta alle nuove esigenze della popolazione potrebbe generare delle fratture interne alla Repubblica Popolare, acuendo non tanto il divario generazionale tra la popolazione ma soprattutto innescando una delle pericolose micce della così detta “bomba demografica”, scatenare un’ondata di malcontento e mettere a repentaglio la stabilità dell’interno sistema7.

La sfida cinese del ringiovanimento nazionale si può vincere solo con la crescita del Paese

Secondo gli esperti, la Cina sta vivendo una nuova età come mai prima d’ora nell’era moderna poiché è sul punto di raggiungere importanti obiettivi nazionali e di offrire al resto del mondo una filosofia guida per la cooperazione internazionale.

Il centesimo anniversario del Partito Comunista Cinese, celebrato il 1° luglio, è divenuto il trampolino di lancio per la Cina per completare il suo viaggio di ringiovanimento nazionale nei prossimi decenni.

Questo viaggio memorabile è stato tracciato da Xi Jinping, segretario generale del Comitato Centrale del PCC, nel suo rapporto principale al 19° Congresso Nazionale del PCC nell’ottobre 2017, quando ha delineato il suo pensiero sul “socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”.

Il discorso, della durata di tre ore e mezza, segnalò che la Cina stava passando dal recupero economico dei 40 anni trascorsi dalla riforma e dall’apertura alla fine degli anni ’70 a una nuova fase in cui sarebbe stata necessaria una maggiore centralità sulla scena mondiale.

Martin Jacques, autore e accademico, credeva all’epoca che il rapporto fosse un punto di svolta nella storia mondiale e una profonda difesa del sistema di governo cinese: “La sfida inaspettata è stata il COVID-19. È stata una prova di governance, mentre le sfide della Cina erano precedentemente viste in termini economici”, ha affermato. “La Cina però ha superato la prova a pieni voti. Di conseguenza, gli ultimi due anni sono stati un momento chiave e hanno segnato una fase in cui un numero crescente di Paesi guarda alla Cina come leader globale”. Il PCC ha dato la priorità al miglioramento della governance del Paese prima della pandemia, considerandolo cruciale per il successo della nuova era. Ciò ha comportato non solo continuare a reprimere la corruzione, ma anche assicurarsi che il sistema fosse meno diretto dall’alto e ascoltasse di più le persone che forniscono servizi al pubblico in prima linea. È stato anche ritenuto importante che il Governo adottasse per primo le nuove tecnologie8.

Ma Liang, professore di politiche pubbliche presso l’Accademia nazionale per lo sviluppo e la strategia della Renmin University of China a Pechino, ha affermato che il buon governo è stato importante per il Partito nel suo primo secolo di storia, durante il quale ha guidato il Paese per quasi 72 anni, ma ha aggiunto che ci saranno nuove sfide. “Il Partito ha dimostrato la sua capacità di governare la Cina, ma mentre ci spostiamo ulteriormente nella nuova era dovrà affrontare nuove sfide. Dovrà costruire un sistema di governance in grado di affrontare un mondo più complesso, incerto e turbolento”, ha affermato.

Due degli obiettivi chiave per la nuova era della Cina sono già stati raggiunti con l’eliminazione della povertà estrema e il divenire una “società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti”.

La prossima fase chiave dello sviluppo della Cina è nel 2035, quando diventerà un leader tecnologico globale e invertirà alcuni dei suoi parametri di degrado ambientali diventando ancora una volta “Bella Cina” (un classico riferimento utilizzato da Xi nel suo rapporto del 2017).

Entro il 2049, in tempo per il centesimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese, l’obiettivo di Xi è che la Cina diventi un “grande Paese socialista moderno” e lo sviluppo economico svolgerà chiaramente un ruolo importante in questa traiettoria di crescita. Lo stesso Xi ha affermato in un discorso al Comitato Centrale del PCC nello scorso novembre che è “completamente possibile raddoppiare le dimensioni dell’economia cinese entro il 2035”.

Il Center for Economics and Business Research, una società di consulenza con sede a Londra, ha previsto che l’economia cinese diventerà più grande di quella degli Stati Uniti entro il 2028, cinque anni prima di quanto previsto in precedenza. Tuttavia, la nazione cinese deve affrontare un contesto economico esterno molto più difficile, con continue tensioni commerciali con gli Stati Uniti, pandemia di COVID-19 in corso e crescenti preoccupazioni sull’escalation del debito globale, che potrebbe rallentare la crescita del Pianeta.

La Cina ha finora risposto con il suo paradigma di sviluppo a doppia circolazione, che è il fulcro del 14° Piano quinquennale (2021-25). Questo modello è progettato per liberare il potenziale del suo mercato interno, che avrà 600 milioni di consumatori a reddito medio entro la metà di questo decennio, secondo McKinsey & Co, la società di consulenza gestionale. Secondo la nuova strategia, il consumo interno avrà la priorità mentre la Cina continuerà ad accogliere il commercio e gli investimenti internazionali.

Stephen Roach, economista statunitense e ricercatore presso il Jackson Institute for Global Affairs della Yale University, ha affermato che la doppia circolazione comporterà un importante riequilibrio dell’economia cinese e se avrà successo, ci saranno “ampie opportunità per la Cina di continuare a svolgere un ruolo importante come principale motore di crescita del mondo”. Roach ha affermato che il fulcro della nuova era della Cina sarà sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, della sua crescita: “Un’esperienza di crescita di successo sarà valutata sempre più in termini di qualità, ad esempio da minori emissioni di gas serra, risultati sanitari, stabilità finanziaria e, naturalmente, uguaglianza di reddito e ricchezza”.

Un fattore che determinerà se la Cina offre una crescita di alta qualità è la tecnologia. La nazione è già leader mondiale nelle comunicazioni mobili 5G e ha costruito punti di forza significativi nei pagamenti online, nel riconoscimento facciale, nelle auto a guida autonoma, nella robotica, nei droni, nei veicoli a nuova energia e nelle ferrovie ad alta velocità.

La Cina ha speso 2,44 trilioni di yuan (379 miliardi di dollari) in ricerca e sviluppo nel 2020, secondo il National Bureau of Statistics del Paese. I dati variano nel confronto con Washington, ma il tasso di crescita della spesa cinese è stato significativamente superiore a quello degli Stati Uniti negli ultimi anni.

La Cina sta anche producendo un numero significativamente più alto di laureati nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Secondo il World Economic Forum nel 2020, circa il 40%, o 1,6 milioni dei 4 milioni di laureati cinesi erano in scienze, tecnologia, ingegneria o matematica. Questo dato rappresenta quasi cinque volte di più dei 331.000 laureati STEM negli Stati Uniti.

Edward Tse, esperto di società tecnologiche cinesi e CEO di Gao Feng Advisory, una società di consulenza gestionale, ha affermato che l’Occidente deve ancora riconoscere che ciò che sta accadendo a Shenzhen è l’emergere di una nuova Silicon Valley: “Sebbene la Silicon Valley sia forte in molte dimensioni, Shenzhen ora offre forse un supporto ecosistemico ancora più completo alle startup tecnologiche”, ha affermato. Ciò che è evidente nella nuova era è che gli scienziati cinesi non vedono più l’andare all’estero come un modo per promuovere la propria carriera, ma ritengono che le grandi opportunità provengano da casa propria. Coloro che si laureano nelle università statunitensi spesso vogliono fare startup a Hangzhou, Shanghai e Pechino oltre a Shenzhen. “Quelli che vogliono tornare in Cina sono sicuramente aumentati negli ultimi anni. Shenzhen, in particolare, ha sviluppato un vero e proprio ecosistema vibrante di organizzazioni di ricerca e sviluppo, università, laboratori, fornitori, produttori e fornitori di servizi. Il governo locale svolge anche un ruolo fondamentale nel fornire finanziamenti, incubazione e networking aziendale alle startup, spesso in collaborazione con investitori privati”, ha affermato Tse.

Simon MacKinnon, presidente dello Xeros Technology Group China, con sede a Shanghai, che fornisce tecnologia per il risparmio idrico per il settore della lavanderia, ha affermato che la nuova era ha già portato con sé politiche industriali e ambientali di vasta portata. “Questi risultati, combinati con la velocità dell’innovazione in Cina, l’esperienza acquisita dagli imprenditori cinesi e i punti di forza del sistema educativo, indicano tutti una nuova era di rapido sviluppo tecnologico in vista”.

Uno dei progetti più entusiasmanti della nuova era cinese è quasi sicuramente la Belt and Road Initiative. Parag Khanna, un esperto di relazioni internazionali e autore di The Future is Asian, lo ha descritto come il “piano di investimento infrastrutturale più coordinato nella storia umana” e ritiene che il suo tempismo sia giusto: “Tutti i Paesi devono fare importanti investimenti nella revisione, modernizzazione e miglioramento delle infrastrutture, sia in Occidente che in Asia”. Belt and Road riguarda la costruzione di connessioni e non ci può essere filosofia più unita della comunità di destino condiviso per l’umanità di Xi”.

Per molti, questo concetto sottolinea come la Cina e altri Paesi dovrebbero lavorare insieme, rappresentando un fondamento chiave del pensiero di Xi Jinping.

Bukola Ogunsina, giornalista africana che è un alto dirigente del Leadership Newspaper Group in Nigeria, è tra coloro che hanno assistito al discorso di Xi del 2017, che ha dato vita alla nuova era, dall’interno della Great Hall of the People: “Il presidente cinese non fa appello alle nostre differenze, ma a ciò che ci collega e ci rende riconoscibili, alla nostra stessa umanità”, ha affermato. “Siamo tutti esseri umani e vorremmo ciò che tutti gli umani vogliono, qualcosa di meglio in questo mondo che cambia”.

La popolazione invecchia, si andrà in pensione più tardi

Il Governo di Pechino varerà una delle riforme più importanti, quella che aumenterà l’età pensionabile, che nella Repubblica Popolare Cinese è di 60 anni per gli uomini, 55 per le donne e 50 per le operaie.

Nel febbraio di quest’anno il Consiglio di Stato ha comunicato che l’età pensionabile sarà ritardata “gradualmente” entro la fine del 2025, cioè nel periodo coperto dal XIV Piano quinquennale (2021-2025).

A imporre la riforma delle pensioni è la dinamica demografica del Paese, che sta subendo un rapidissimo invecchiamento della popolazione (e dunque una altrettanto veloce riduzione di quella in età da lavoro) per effetto del combinato disposto dell’allungamento della vita media (35 anni prima del 1949, 77 anni nel 2019) e del crollo del tasso di natalità (nel 2021, 10,6 milioni di neonati, 7,5 ogni 1.000 abitanti).

Inoltre, l’anno scorso la popolazione di età pari o superiore a 60 anni era di 267,36 milioni, il 18,9% del totale; oltre 200 milioni di cinesi avevano 65 anni e più, il 14,2% del totale.

Il Governo dovrà anzitutto istituire un sistema pensionistico nazionale, laddove finora è stato frammentato in tanti diversi meccanismi provinciali, con notevoli differenze tra le aree più ricche e quelle più povere del Paese.

Al momento è entrato in funzione un fondo nazionale per compensare in parte queste sperequazioni. Parallelamente all’aumento dell’età pensionabile sarà inoltre necessario migliorare il welfare e aumentare le pensioni, in una società sempre meno “tradizionale” e sempre più competitiva, dove spesso degli anziani, nonostante le prescrizioni confuciane, non possono più prendersi cura i familiari giovani.

L’importanza del ringiovanimento nazionale per il futuro unito della Cina

Lo storico discorso del Presidente Xi Jinping per celebrare il primo secolo del Partito Comunista è significativo al riguardo. La parola pronunciata e ripetuta ben 29 volte: Rejuvenation, ringiovanimento, è stata più citata di socialismo (28) e comunismo (22).

Xi guarda con confidenza alla preparazione dei futuri quadri le cui energie giovani saranno indispensabili quando la Cina sarà la prima economia del pianeta e le nuove leve avranno sulle spalle responsabilità enormi, come mantenere la stabilità, non più solo interna ma globale. La politica del Ringiovanimento – opposto dello slogan del ’79: “Fare meno figli, allevare più maiali” – è già cominciata, lasciando chiunque possa permetterselo libero di avere quanti bambini vuole.

Le potenziali conseguenze di una moltiplicazione demografica sono principalmente due. Da una parte una disponibilità di manodopera e cervelli per la grande macchina produttiva del Made in China, dall’altra una cooperazione economica ancora più massiccia della RPC verso i Paesi in via di sviluppo, affamati di prestiti e tecnologie cinesi per strade, dighe, reti informatiche, così come del sostegno diplomatico di Pechino per proteggere la propria sovranità.

Quando i fratelli sono della stessa mente, possono tagliare il metallo.”

Xi Jinping, segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, citò proprio questo aforisma cinese esortando i compatrioti delle due sponde dello Stretto di Taiwan a lavorare uniti per il sogno cinese di ringiovanimento nazionale.

Il riferimento fu fatto nel 2014 quando Xi incontrò Lien Chan, ex presidente del Kuomintang cinese. Xi invitò i connazionali di entrambe le parti, indipendentemente da affiliazione partitica, classe, religione o regione di origine, a sostenersi a vicenda e ad adoperarsi per il “sogno cinese di ringiovanimento nazionale”.

Derivato dalle parole dell’antico classico Zhouyi, risalente a più di 2000 anni fa, l’aforisma significa che finché i fratelli si uniscono nello spirito e nello scopo possono forgiare grande forza e superare qualsiasi difficoltà possano incontrare.

I cinesi apprezzano il potere dell’unità tra fratelli, in particolare nei momenti di difficoltà.

Xi ha ripetutamente sottolineato i legami familiari tra i cinesi su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan: “Finché ci atteniamo all’idea che siamo una famiglia, ci mettiamo nei panni l’uno dell’altro e ci trattiamo con sincerità, non ci sono rancori che non possono essere rimossi e nessuna difficoltà che non possa essere superata tra di noi”, ha detto.

Per molti anni, la terraferma ha condiviso opportunità di sviluppo con i connazionali di Taiwan e ha offerto pari opportunità a individui e imprese dell’isola9.

Tale concetto è stato ribadito dal Presidente cinese ancora più recentemente: “Il sogno cinese è un sogno condiviso dalle persone su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan; solo il ringiovanimento e la prosperità della Cina possono offrire una vita di abbondanza e felicità a noi cinesi su entrambi i lati. Mentre la nazione cinese si muove verso il ringiovanimento, i nostri compatrioti a Taiwan di certo non saranno trascurati”.

In un discorso del 10 maggio in occasione delle celebrazioni del centenario della Lega della Gioventù Comunista Cinese (LGCC), composta da 73,7 milioni di persone, il presidente cinese Xi Jinping ha esortato i membri dell’organizzazione “a essere responsabili, avere ferme convinzioni e lavorare sodo”10.

Le nuove generazioni, secondo Xi, che è anche segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e presidente della Commissione Militare Centrale, dovrebbero fare del loro meglio per contribuire a realizzare il ringiovanimento nazionale, il più grande sogno del popolo cinese dalla guerra dell’oppio del 1840.

Il destino di ogni generazione è strettamente connesso con l’epoca in cui vive. I giovani hanno più opportunità di realizzare i propri sogni quando si uniscono alla causa del Partito e del popolo.

L’inseguimento del “sogno cinese” è una staffetta. Da quando ha completato la costruzione di una società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti nel 2021, la Cina ha ora intrapreso un nuovo viaggio: costruire un grande Paese socialista moderno sotto tutti gli aspetti entro la metà del 21° secolo. Nel nuovo frangente storico, i giovani cinesi nella nuova era dovranno assumersi le proprie responsabilità e avranno in cambio una piattaforma spaziosa e promettente.

Nel suo discorso, Xi ha esortato i membri della lega giovanile a “stare sempre sul piano alto di ideali e convinzioni”.

Gli ideali e le convinzioni servono da faro per la vita e gli obiettivi. Determinano la posizione e la direzione di una persona. I giovani hanno bisogno di osservare la società, riflettere sulla vita e creare un futuro basato sulla forza della saggezza.

Xi ha detto che dovrebbero puntare in alto in tenera età e coltivare la fiducia nel Partito, la fiducia nel socialismo con caratteristiche cinesi e la fede nel marxismo dal profondo del loro cuore. Il presidente cinese ha anche sottolineato l’importanza del duro lavoro.

Il ringiovanimento della nazione cinese non sarà un compito facile. Non sarà raggiunto semplicemente “percuotendo tamburi e gong”. Sfide scoraggianti sono inevitabili in questo nuovo viaggio.

I giovani cinesi della nuova era devono lavorare sodo. Xi ha affermato che la generazione più giovane è la forza più energica, intraprendente e meno conservatrice della società. La causa del Partito e del popolo non avrebbe potuto svilupparsi senza l’arduo impegno di generazioni di giovani.

I giovani cinesi saranno sempre la forza d’avanguardia nel realizzare il grande ringiovanimento della nazione cinese e nell’affrontare le varie sfide di fronte a loro, in un mondo che sta subendo cambiamenti mai visti in un secolo.

NOTE AL TESTO

1 Qiao Liang, L’Arco dell’Impero, LEG, Gorizia, 2021, p. 211.

2 Xi Jinping, The Chinese dream of the great rejuvenation of the chinese nation, “Foreign Languages Press”, Beijing, 2014.

3 in Cina, sotto la direzione di Deng Xiaoping. I provvedimenti adottati, e convertiti in legge nel settembre del 2002, proibirono alle coppie di avere più di un figlio, con l’eccezione delle famiglie contadine, che possono averne due soltanto, nel caso il primo sia una femmina, e di alcune minoranze etniche (ad esempio gli uiguri dello Xinjiang). Sono le autorità centrali a determinare la quota annua di nascite da assegnare agli uffici locali di competenza e spetta a questi ultimi far rispettare le direttive emanate dall’alto attraverso un sistema di sanzionamento pecuniario e discriminazione per le coppie che violano il divieto. Si stima che l’obbligo ad avere un solo figlio, recepito con più facilità nelle città che in campagna, abbia evitato la nascita di circa 400 milioni di bambini frenando la crescita esplosiva della popolazione cinese e garantendo un maggiore benessere per le famiglie e meno spese per lo Stato. La legge emanata nel 2002 ha introdotto alcuni correttivi e deroghe al divieto di avere un secondo figlio, per es. nel caso di morte in tenera età del primogenito o nel caso di sue gravi malformazioni, ribadendo anche il divieto a ricorrere all’aborto selettivo. Dopo un decennio dall’approvazione della legge le conseguenze della politica del figlio unico alimentarono un cauto dibattito anche all’interno della Cina: l’invecchiamento crescente della popolazione, per es., è un fenomeno destinato ad avere un costo sociale ed economico elevatissimo per un Paese che sta investendo tutte le sue forze umane nella crescita e nella modernizzazione e non meno allarmante appare lo squilibrio demografico tra i sessi, che si ripercuote necessariamente sulle politiche matrimoniali con il rischio di generare episodi di disordine sociale. Cfr. Marco Valerio Lo Prete, Il “grande ringiovanimento” di Xi Jinping alla prova della demografia, 20 novembre 2021.

4 World Population Prospects 2019: Highlights, “United Nations Department of Economic and Social Affairs”, giugno 2019, un.org.

5 Adriano Madaro, “Capire la Cina”, Giunti, Firenze-Milano, 2021, p. 601: “E’ proprio nel retaggio dell’antica tradizione del Culto degli Antenati (che può essere officiato solo dai figli maschi) che va cercata la causa della scarsità di femmine”.

6 Corrado Bonifazi, Daniele De Rocchi e Giacomo Panzeri, La politica demografica cinese: dal figlio unico al terzo figlio, neodemos.info, 13 luglio 2021.

7 Simone Acquaviva, La pressante questione demografica cinese, CESI, 9 gennaio 2020.

8 Andrew Moody, National rejuvenation, “China Daily”, 5 luglio 2021.

9 La saggezza nelle parole di Xi: fratelli con le stesse idee possono superare qualsiasi difficoltà,

“Quotidiano del Popolo Online”, 7 aprile 2022.

10 Le parole di Xi Jinping fanno luce sul ruolo dei giovani nella campagna di ringiovanimento nazionale,

“Quotidiano del Popolo Online”, 12 maggio 2022.

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