Progetto TAPI e ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan. Intervista a S.E. l’Ambasciatore Khaled Ahmad Zekriya

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A cura di Silvia Boltuc

Articolo in media partnership con ASRIE Analytica

Da quando gli Stati Uniti hanno firmato l’accordo di pace di Doha con i talebani sono state redatte numerose analisi e report sul futuro dell’Afghanistan. Ora, con l’annuncio del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden del ritiro completo delle truppe NATO e statunitensi dal paese (processo che avrà inizio il 1° maggio 2021 e terminerà entro l’11 settembre 2021, giorno del ventesimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle), il futuro dell’Afghanistan e dell’Asia Centrale dipende dalla cooperazione regionale e da progetti energetici e di connessione come il gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI).

Per anni il mondo delle relazioni internazionali si è diviso fra sostenitori e detrattori del progetto TAPI, ma l’avvio dei colloqui tra il Turkmenistan ed i talebani ha rinsaldato la volontà delle parti coinvolte a procedere con la realizzazione dell’opera, riportando l’attenzione internazionale sulla questione (http://www.asrie.org/2021/02/gasdotto-tapi-tra-speranze-future-e-interessi-geopolitici/).

Molti osservatori e media internazionali hanno spesso sottolineato che il futuro del TAPI dipende dalla sicurezza e dalla stabilità dell’Afghanistan, oltre alle modalità con cui gli stati coinvolti intendono gestire e controllare il gasdotto e garantirne l’operatività.

Abbiamo incontrato S.E. Khaled Ahmad Zekriya, Ambasciatore dell’Afghanistan in Italia, per discutere del futuro del TAPI e delle implicazioni del ritiro delle truppe statunitensi e NATO dal paese.

Qual è il punto di vista di Kabul sulla situazione dell’Afghanistan dopo il completo ritiro delle truppe della NATO dal paese?

“Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato il ritiro completo delle forze militari statunitensi dall’Afghanistan così come anche altri membri della NATO sotto la Resolute Support Mission (RSM) ed il governo della Repubblica Islamica dell’Afghanistan rispetta pienamente la loro decisione. Siamo grati per la loro assistenza e cooperazione politica, economica e militare. Inoltre, rendiamo omaggio ai sacrifici compiuti dalla comunità internazionale nella lotta al terrorismo transnazionale e alla relativa eliminazione delle minacce comuni negli ultimi 20 anni in Afghanistan.

Con il completo ritiro delle truppe statunitensi e NATO dall’Afghanistan, in virtù dei nostri accordi di partenariato strategico bilaterale con gli Stati Uniti (SPA e BSA) e dello Status of Force Agreement (SoFA) con la NATO, un nuovo capitolo nella cooperazione economica, di sicurezza e politica tra l’Afghanistan e la comunità internazionale avrà inizio. In effetti, l’annuncio del ritiro da parte dei nostri alleati degli Stati Uniti e della NATO è arrivato con la promessa di un continuo sostegno, cooperazione e assistenza al nostro paese. Negli ultimi giorni, ulteriori assicurazioni fornite dal presidente degli Stati Uniti, dal segretario di Stato americano e da altri funzionari statunitensi e NATO, nonché dai leader mondiali, sono indicativi del continuo sostegno al paese.

Mi lasci essere molto chiaro, il ritiro delle forze statunitensi e della NATO dall’Afghanistan non significa una vittoria per i talebani, piuttosto è un nuovo capitolo per superare la transizione e raggiungere l’autosufficienza.

Negli ultimi 20 anni l’ordine intellettuale e culturale della società è cambiato drasticamente considerando che il nostro paese ha una generazione giovane e istruita che non è compatibile con i pensieri pietrificati, arretrati ed estremisti dei talebani. L’Afghanistan ha anche compiuto progressi fondamentali nei settori sociale, politico, culturale, economico e della sicurezza. Abbiamo ottenuto risultati significativi e irreversibili nelle sfere delle libertà civili, delle libertà individuali, dei diritti umani, della partecipazione sociopolitica delle donne, del governo inclusivo, della costruzione di infrastrutture, dei progetti di sviluppo e della formazione delle forze di difesa e sicurezza afghana (ANDSF). In effetti, l’Afghanistan ha attualmente 350.000 truppe, di cui circa 40.000 sono forze speciali e commandos di standard NATO che non hanno eguali nella regione. Inoltre, anche la capacità dell’aeronautica militare afghana si sta sviluppando rapidamente.

Va notato che negli ultimi due decenni anche le dinamiche regionali sono cambiate significativamente. I nostri vicini naturali ed altri stati della regione hanno investito nella riabilitazione e ricostruzione dell’Afghanistan e sono legati con il nostro paese. Pertanto, la rinascita del regime dell’Emirato Islamico da parte dei talebani è per loro inaccettabile.

La Repubblica Islamica dell’Iran è preoccupata per gli sviluppi in Afghanistan e qualsiasi cambiamento nella regione influenzerà di riflesso anche Teheran. La rinascita dell’Emirato Islamico da parte dei talebani con le loro pedanti ideologie religiose estremiste sarà vista come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale dell’Iran. L’India come potenza economica emergente e forte democrazia che ha un ruolo di primo piano nella politica regionale e internazionale non tollererà la creazione dell’Emirato islamico. La Russia, che ha una relazione fraterna con le repubbliche dell’Asia centrale, si è già opposta con veemenza alla ripresa del potere da parte dei talebani conscia del fatto che un loro regime porterebbe insicurezza e caos nella regione centro asiatica con effetti devastanti anche sugli interessi russi.

Non dimentichiamo che, poiché l’Asia centrale ha compiuto notevoli passi in avanti in campo politico, economico e di sicurezza dagli anni ’90, anch’essa è totalmente contraria al ritorno dei talebani in Afghanistan. La Cina, considerata una delle grandi potenze regionali e mondiali, è molto sensibile agli sviluppi in Afghanistan e nella regione. Il ritorno dei talebani potrà rafforzare altri gruppi estremisti attivi nella regione il Movimento islamico del Turkistan orientale (ETIM), l’Organizzazione per la Liberazione del Turkestan orientale (ETLO), il Fronte Rivoluzionario Unito del Turkestan orientale (URFET) e l’Organizzazione Uigura per la Liberazione (ULO).

Certamente il consenso regionale impedirà ai talebani di ristabilire il loro regime totalitario in Afghanistan. Ciò è stato chiaramente espresso nella dichiarazione congiunta del vertice di Mosca sulla non accettazione dell’Emirato Islamico.

Per quanto riguarda i talebani e i colloqui di pace con il governo afghano, permettetemi di fornirvi alcuni fatti: in primo luogo, con il ritiro delle truppe straniere dall’Afghanistan, i talebani non hanno più una legittima pretesa di continuare la loro guerra, perché la loro cosiddetta jihad dichiarata contro gli infedeli dovrebbe terminare con la partenza delle truppe statunitensi e NATO. Pertanto, viene a mancare la base di legittimazione dello spargimento di sangue ai danni del popolo e del Governo afghano.

In secondo luogo, anche se l’accordo di Doha tra Stati Uniti e talebani ha incoraggiato questi ultimi ad avanzare richieste illegittime, allo stesso tempo ha dimostrato che l’obbiettivo principale dei talebani non fosse la pace, ma piuttosto cercare il potere politico attraverso la violenza. Non cogliere l’opportunità di realizzare progressi nei colloqui di Doha e rivendicare la falsa sconfitta dell’ANDSF e la vittoria sulle forze statunitensi e NATO, è indicativo della loro riluttanza a perseguire la pace invece della guerra.

In terzo luogo, approfittando dei colloqui di pace e venendo meno agli impegni presi, i talebani hanno mantenuto i loro legami con Al-Qaeda e 20 o più gruppi terroristici hanno fornito loro sostegno e rifugi sicuri. Allo stesso tempo, un gran numero di prigionieri talebani rilasciati dalle prigioni afghane è tornato sul campo di battaglia. I loro attacchi, in particolare le uccisioni mirate di attivisti della società civile, giornalisti e medici, proseguono fino ad oggi. Inoltre, i talebani continuano a perpetuare e rafforzare l’economia di guerra attraverso la criminalità organizzata, il traffico di droga, il traffico di armi, i rapimenti e il riciclaggio di denaro su scala globale.

In quarto luogo, poiché in riferimento ad altri vertici e format di pace, la posizione dei talebani al vertice di Mosca ha sottolineato chiaramente la loro enfasi sulla violenza e sul sostegno alla continuazione della guerra. Recentemente, boicottando il vertice di Istanbul e aumentando la violenza nel paese, la volontà dei talebani di rifiutare un sistema politico inclusivo, di eliminare i risultati degli ultimi due decenni e reprimere i cittadini dell’Afghanistan è diventata più chiara.

Se l’obiettivo è quello di stabilire l’Emirato Islamico attraverso la guerra e la loro affermazione menzognera di aver sconfitto l’ANDSF e di essere usciti vittoriosi dallo scontro con le forze della coalizione globale guidate dagli Stati Uniti non è gestita con saggezza, rafforzerà lo spirito di estremismo e terrorismo nella regione e nel mondo in generale. Alla fine, questo consoliderà la volontà dei talebani e dei loro affiliati e la falsa illusione di poter assumere il potere totale attraverso la violenza. Questa è una seria minaccia contro la sicurezza del mondo intero.

Il nostro messaggio è chiaro: l’Afghanistan è pronto e determinato a lavorare a stretto contatto con la comunità internazionale nella lotta contro i talebani, i loro affiliati e altri gruppi terroristici, nonché a combattere e affrontare altre minacce comuni come estremismo, narcotraffico e crimine organizzato. Allo stesso tempo, siamo pronti a riprendere i colloqui con i talebani fintanto che ci sarà uno sforzo sincero da parte loro per il processo di pace.

Se i talebani credono di poter ripetere lo scenario degli anni ’90 trasformando l’Afghanistan in un rifugio sicuro per terroristi e gruppi estremisti, si sbagliano di grosso”.

Guardando alla sicurezza nazionale e alle attività dei talebani, come è possibile realizzare il progetto del gasdotto TAPI? Chi sono gli attuali ed i futuri investitori stranieri interessati a quest’opera?

“Innanzitutto, l’importanza del progetto del gasdotto TAPI per l’Afghanistan e la regione centro asiatica non può essere negata. Il TAPI consta di quattro diverse fasi di realizzazione di cui sono state appena completate le prime due:

  1. la firma nel dicembre 2010 dell’accordo quadro TAPI
  2. gli accordi intergovernativi ed il completamento di altri documenti pertinenti relativi al Contratto di Vendita e Acquisto di Gas (GSPA) e la firma dello stesso GSPA nel 2012, dove la Banca di Sviluppo Asiatico (ADB) è stata incaricata del finanziamento delle riunioni, degli studi tecnici e della redazione di questi accordi.

Attualmente siamo nella terza fase in cui è stato chiesto alla ADB di continuare come segretariato per la Special Purpose Consortium Company (SPCC) guidata da un’entità commerciale e finalizzata agli accordi operativi relativi al GSPA. L’obiettivo finale è avviare e gestire la costruzione del TAPI in modo tempestivo (Fase Quattro). Ai sensi dell’operatività del gasdotto, la distribuzione responsabile delle risorse tra i paesi coinvolti è di fondamentale importanza.

Per quanto concerne gli investitori stranieri, vorrei sottolineare che attualmente quattro paesi sono coinvolti nel progetto, vale a dire Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India. In futuro, dopo il processo di pace, le cose potrebbero cambiare drasticamente. Infatti, poiché non possiamo negare le forti relazioni che esistono tra Cina e Turkmenistan, credo che nello scenario post-pace nel mio paese, Pechino sarà molto interessata ad investire in qualche forma nel TAPI.

Consideriamo gli Stati Uniti: quando l’ex Amministrazione Trump ha approvato la ‘Strategia degli Stati Uniti per l’Asia centrale 2019-2025: avanzamento della sovranità e prosperità economica’, Washington ha iniziato a mostrare grande interesse, come progetto di firma regionale, per la piena implementazione del progetto TAPI e, naturalmente, per la sua protezione da parte degli stati coinvolti. Nell’ambiente post-pace in Afghanistan, potremmo vedere alcune società statunitensi come parti interessate ad investire nel gasdotto.

La questione centrale che rimane da considerare è come il Turkmenistan costruirà il consenso attorno a questo progetto, tenendo conto che Ashgabat al momento è l’investitore chiave. Poiché personalmente credo che il TAPI sia la ‘personificazione del Turkmenistan’ e questo progetto sarà grandioso e multi-connesso, i risultati positivi attesi dipendono da come nel contesto post-pace il Turkmenistan sarà in grado di coinvolgere attivamente altri investitori.

Inoltre, a seguito del raggiungimento della pacificazione del nostro paese, le cose saranno notevolmente diverse nella regione ed il consorzio stesso potrebbe apportare alcune modifiche per creare flessibilità e di conseguenza attrarre ulteriori investimenti. Ad esempio, per quanto riguarda l’Arabia Saudita e altri stati del Golfo, penso che potrebbero essere interessati a investire non solo nel TAPI ma anche in altri progetti simili in Asia centrale.

In merito alla Federazione Russa, inizialmente Mosca aveva mostrato il proprio interesse nel TAPI il cui completamento, secondo quanto annunciato ben 25 anni fa al momento del lancio del progetto, era stato stimato al 2019. Ad oggi, a causa dei ritardi nella costruzione, non sappiamo quale sia la posizione della Federazione Russa, ma considerando che il Cremlino ha un rapporto fraterno con l’Asia centrale, potremmo aspettarci che Mosca sostenga politicamente il progetto anche se non sappiamo se gli imprenditori russi vi investiranno.

Ultima ma non meno importante considerazione per quanto riguarda gli investimenti stranieri in Afghanistan, uno dei motivi principali del loro basso livello ha a che fare con la mancanza di elettricità. Quindi, l’elettrificazione nazionale da parte del TAPI non solo incoraggerà gli investimenti diretti esteri (FDIs) in Afghanistan, ma aumenterà anche la produzione elettrica interna dal 20 al 30% per uso pubblico. Anche il Pakistan e l’India che hanno la stessa necessità di energia beneficeranno del TAPI “.

In che modo il TAPI potrebbe influenzare le dinamiche regionali considerando che India e Pakistan sono estremamente interessati all’Afghanistan, ma allo stesso tempo sono in conflitto fra loro?

“Sotto la saggia guida del presidente Ghani abbiamo ottenuto importanti risultati nella regione. La nostra politica estera si basa sul multilateralismo, sulla cooperazione e sulla connettività regionale ed è condotta attraverso formati e processi bilaterali, trilaterali e regionali, compreso l’utilizzo della diplomazia per lo sviluppo dell’energia, dei trasporti e del transito. Personalmente penso che attraverso il TAPI si stabilirà una ‘interdipendenza’ ed un ulteriore ‘consenso’ tra gli stati coinvolti (non dipendenza o co-dipendenza). L’interdipendenza ed il consenso rafforzeranno ulteriormente la fiducia reciproca e genereranno profitti economici per tutte le parti interessate tramite progetti come il TAPI.

Poiché i quattro paesi coinvolti nella realizzazione del gasdotto hanno preventivamente concordato la distribuzione delle quote del gas, è chiaro che nessuno sarà privato del diritto di veto. Ho totale fiducia che le dinamiche del progetto TAPI cambieranno una volta che il gasdotto sarà terminato e diventerà pienamente operativo. Infine, bisogna tenere a mente che il Pakistan e l’India hanno un disperato bisogno di energia e quindi inevitabilmente si riavvicineranno se aderiranno a questo progetto. Indubbiamente, questa sarebbe una chiara riaffermazione dell’interdipendenza tra questi due Stati.

Sotto Ghani, poiché il nostro Governo si impegna a rafforzare la connettività e la cooperazione regionale di cui il TAPI è considerato parte integrante, la nostra strategia è chiara: in primo luogo, il nostro obiettivo è quello di allineare la Conferenza di Cooperazione Economica Regionale sull’Afghanistan (RECCA) e i suoi processi e meccanismi complementari con la Cooperazione Economica Regionale dell’Asia Centrale (CAREC). In secondo luogo, implementando progetti come il TAPI, vorremmo che l’Afghanistan fosse meglio inserito nella Belt and Road Initiative cinese. In terzo luogo, una delle principali manifestazioni della connettività regionale attraverso il TAPI, cioè l’elettrificazione, a lungo termine porterà alla prosperità e alla sicurezza nel paese, compresi gli FDIs. In quarto luogo, creando “interdipendenza” e “consenso” tra i paesi regionali, rafforzerà ulteriormente la fiducia reciproca e genererà profitti economici per tutte le parti interessate, compresi India e Pakistan. Infine, la nostra strategia è creare occupazione a lungo termine per gli afghani. Ad esempio, attraverso il TAPI saranno impiegati dai 10 ai 14mila afghani nei settori dell’ingegneria, della sicurezza, della logistica e dei trasporti. Si possono immaginare i dividendi provenienti dal TAPI anche in Pakistan, India e nell’intera regione centro asiatica.

Ulteriormente, il TAPI aiuterà l’Afghanistan a rafforzare i suoi legami economici bilaterali con il Turkmenistan, il Pakistan e l’India. Se si considerano le ultime notizie sui recenti contatti intrattenuti tra il primo ministro pakistano Imran Khan e il primo ministro indiano Narendra Modi, credo soltanto la volontà di cooperazione potrà favorire la realizzazione del gasdotto. Inoltre, i meccanismi trilaterali in corso (Afghanistan – Stati Uniti – Turkmenistan, Afghanistan – Stati Uniti – Tagikistan e Afghanistan – Stati Uniti – Uzbekistan) hanno fatto capire ai nostri vicini naturali che l’Afghanistan e i suoi vicini dell’Asia centrale sono desiderosi di consolidare la connettività e la cooperazione regionale. Pertanto, rendendosi conto che l’Afghanistan è la via ideale per il Pakistan e l’India per ottenere il trasferimento di energia e alla fine coprire il proprio fabbisogno energetico stabilmente, Islamabad e Nuova Delhi sono costretti a cooperare tra loro nel sostenere un paese che sia completamente indipendente, autosufficiente e in pace con se stesso e la regione, ancora di più ora che le forze statunitensi e NATO stanno per ritirarsi”.

Dato che ci sono molti stati ed attori privati stranieri interessati all’Afghanistan, ci può dire come è possibile garantire un governo nazionale autonomo e indipendente?

“Sebbene la geografia politica abbia storicamente portato diversi attori nella nostra regione, questa volta la maggior parte degli stati e delle organizzazioni coinvolte in Afghanistan sono arrivati con il grande obiettivo di sconfiggere il terrorismo transnazionale. Quando le forze della coalizione internazionale sono arrivate nel nostro paese, con l’assistenza degli afghani sono state in grado di rimuovere i talebani dal potere e iniziare le loro operazioni contro al-Qaeda. Nel 2005, per numerose ragioni, il nostro paese ha assistito alla rinascita dei gruppi talebani. Grazie ai nostri alleati internazionali, alle forze di sicurezza afghane (ANDSF) e alla nostra solida politica estera, siamo stati in grado di gestire questa crisi.

Lasciate che vi racconti alcuni dei risultati che sono stati ottenuti grazie alla cooperazione fra gli attori presenti in Afghanistan … E penso che questa consapevolezza salvaguarderà ciò che abbiamo conquistato negli ultimi due decenni: la nostra autonomia, l’indipendenza nazionale, la sovranità, l’integrità territoriale, le istituzioni democratiche e la Repubblica.

In primo luogo, tutte le parti coinvolte in Afghanistan hanno capito che abbiamo un’identità nazionale molto forte; ogni identità può essere duplice o triplice: un afghano potrebbe essere sunnita o sciita, pashtun o tagico, Kandahri o Kabuli, ma queste dicotomie o tricotomie alla fine portano ad un’unica identità, ossia quella nazionale afghana.

In secondo luogo, contrariamente alla credenza popolare, l’Afghanistan non è una società tribale. Se si viaggia nelle diverse regioni dell’Afghanistan e c’è un reclamo su una qualsiasi questione da parte di un cittadino, questo per risolverlo si rivolgerà solo alle autorità governative. In altre parole, la popolazione non affida le proprie lamentele al loro rappresentante più anziano o al leader etnico, ma va direttamente con la denuncia all’autorità governativa responsabile di quella località. Ciò è indicativo del fatto che la popolazione locale sostiene l’apparato governativo e questo sostegno nazionale al Governo è la chiave per l’autonomia di tutti gli stati-nazione.

Poiché quarant’anni di disordini seguiti alla guerra tra fazioni hanno svalutato varie istituzioni afghane, nel 2001 abbiamo iniziato la loro riabilitazione. Quando gli Stati Uniti hanno iniziato la loro missione con il motto della ‘costruzione della nazione’, sulla base della consapevolezza che la nazione afghana fosse forte, hanno invece spostato l’attenzione e gli sforzi sulla costruzione dello Stato. Attraverso l’assistenza, la cooperazione ed i sacrifici sia di sangue che di fondi da parte dei nostri amici internazionali, Italia inclusa, siamo stati in grado di riabilitare le nostre istituzioni governative e l’ANDSF è un ottimo esempio di tale sforzo istituzionale. In effetti, oggi l’ANDSF, nonostante le enormi perdite, sta facendo un ottimo lavoro nel proteggere i nostri cittadini e per questo siamo debitori per i loro sacrifici. Infatti, oggi la popolazione locale sostiene pienamente e fa affidamento sulla polizia afghana e sulle forze militari. Nel 2014, quando il presidente Ghani ha supervisionato il trasferimento della responsabilità delle operazioni di sicurezza dalle forze NATO all’ANDSF, nessuno avrebbe potuto prevedere che l’Afghanistan avrebbe tenuto, ma siamo stati in grado di gestire la situazione, poiché ad oggi il 98% di tutte le operazioni militari viene condotto dai coraggiosi uomini e donne dell’ANDSF.

Sul fronte economico abbiamo appena inaugurato uno dei progetti più importanti, ovvero la diga di Kamal-Khan, la cui realizzazione è stata rinviata per anni. Sotto la guida di Ghani siamo a un punto di svolta molto importante nelle nostre iniziative diplomatiche e in materia di sicurezza idrica. Nella seconda metà degli anni ’60 abbiamo firmato i migliori accordi sull’acqua con i nostri paesi vicini e oggi stiamo rivisitando il nostro glorioso passato basandoci su di esso per costruire il futuro. La sicurezza idrica e la diplomazia sono diventate un pilastro molto importante della nostra politica estera, poiché l’Afghanistan, in quanto paese agricolo, deve riabilitare questo settore per raggiungere l’autosufficienza.

Nel 1964 quando abbiamo avuto la prima democrazia costituzionale, un periodo considerato come una ‘epoca d’oro’ per il nostro paese, immediatamente seguita dalla formazione della nostra prima Repubblica, e nel 2001 con l’istituzione della Repubblica Democratica Islamica e la ratifica della la nostra Costituzione Democratica Islamica, l’attuale nozione di sistema politico della repubblica democratica afghana è diventata istituzionalizzata e parte della nostra cultura politica. Questa duratura eredità democratica, che è diventata la base del nostro attuale sistema politico, trae la sua forza dal sostegno dei nostri cittadini. Pertanto, questa realtà non può essere negata da nessuno, compresi i Talebani. In quanto sistema politico repubblicano democratico, il trasferimento del potere nel mio paese può avvenire solo attraverso un processo elettorale democratico. Al momento, siamo probabilmente considerati uno dei migliori paesi della regione per quanto riguarda la libertà di stampa, di parola ed espressione, di diritti democratici. Abbiamo un gran numero di emittenti televisive, giornali e altri mezzi di comunicazione, dove la libertà di parola offre al nostro popolo la possibilità di esprimere pienamente le proprie opinioni e persino di criticare liberamente il nostro Governo. Quindi, è impensabile che il popolo afghano abbandoni questi diritti inalienabili per tornare ai giorni bui dell’oppressione talebana o della guerra tra fazioni del passato.

In considerazione del fatto che la nazione afghana è composta principalmente da giovani generazioni sotto i 25 anni di età (circa il 60 per cento della popolazione), dove la maggior parte delle persone istruite parla inglese ed è esperta di informatica, la loro interconnessione con il mondo e la loro visione per il futuro si basa sui dettami repubblicani e sui valori democratici. Pertanto, un ritorno al sistema anacronistico dei talebani è inaccettabile per un ampio segmento della nostra società.

Poiché la società afghana ha sempre cercato di creare un equilibrio tra tradizionalismo e modernizzazione, abbiamo denunciato con veemenza il radicalismo in tutte le sue forme insieme alle sue manifestazioni. Pertanto, siamo uniti contro un Afghanistan che diventi nuovamente uno ‘stato canaglia’.

Attualmente le donne afghane svolgono un ruolo importante nella nostra società e soprattutto va sottolineata la loro presenza in tutti i rami del governo (ad esempio, il 30% dei parlamentari sono donne) e il loro ruolo crescente in altre sfere come società civile, economia, istruzione e giornalismo. Le donne afghane hanno una forza vitale che non può essere sottovalutata e quindi non accetteranno mai di tornare all’età oscura degli anni ’90, quando in Afghanistan i loro diritti venivano completamente violati.

Se consideriamo tutti questi importanti cambiamenti nella società afghana oltre al fatto che il popolo è stanco di avere guerre per procura combattute nel proprio territorio, e aggiungiamo l’impatto che il TAPI ed altri progetti di connettività regionale avranno attirando investimenti stranieri si può facilmente capire che un futuro luminoso si prospetta per l’Afghanistan.

Tirando le fila delle varie questioni che abbiamo affrontato, gli aspetti fondamentali che delineano le caratteristiche e l’identità della nazione afghana sono: essere una nazione forte, una repubblica funzionale, avere una solida cultura politica democratica e società civile, stampa e media liberi, solida presenza di donne in tutti e tre i rami del governo, generazione di giovani istruiti, un sistema giudiziario con leggi che proteggono i diritti delle donne ed i diritti umani e un forte apparato militare (ANDSF) sostenuta e amata dagli afghani. Questo garantisce un Afghanistan autonomo e indipendente.”.

I talebani minacciano da anni la sicurezza dell’Afghanistan con conseguenze negative anche sul progetto TAPI. In questo contesto, pensa sia possibile fare affidamento sulle promesse talebane riguardo la sicurezza del progetto?

“Non posso davvero rispondere sì o no. Ma posso dirvi che poiché il Pakistan è molto interessato al TAPI, data l’influenza che Islamabad esercita sui talebani, è plausibile pensare che questi possano essere persuasi a sostenere e proteggere il gasdotto per tre ragioni principali: in primo luogo, circa 8- 10 miliardi di dollari saranno spesi dagli stati coinvolti, incluso il Pakistan, per la costruzione e la manutenzione del gasdotto. Sono abbastanza sicuro che gran parte dei profitti generati dal TAPI saranno destinati alla sua sicurezza, pertanto sarebbe molto difficile per i talebani danneggiarlo. In secondo luogo, una volta che ogni pakistano diventerà un beneficiario dei dividendi del TAPI, il Pakistan molto probabilmente eserciterà maggiore pressione sulla leadership talebana per non scoraggiare la costruzione e il funzionamento di questo progetto. Terzo, non possiamo dimenticare il ruolo degli Stati Uniti nel promuovere e sostenere il progetto del gasdotto; questo potrebbe scoraggiare ulteriormente i talebani dall’ostacolare la sua realizzazione.”.

Silvia Boltuc. Analista specializzata in relazioni internazionali, energia e conflitti nello spazio post-Sovietico, in Medio Oriente e Nord Africa. Attualmente ricopre il ruolo di direttore del programma di ricerca “Eurasian Energy Market” presso ASRIE Analytica ed è responsabile dell’Area Energia e Nuove Tecnologie del CeSEM.

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