Il nazionalismo negativo è un potente mezzo di mobilitazione politica in alcune parti d’Europa

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di Andrew Korybko
Traduzione di Marco Ghisetti

Articolo Origiinale: https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=2044

Il concetto di “nazionalismo negativo” (cioè di basare il proprio nazionalismo su ciò che non si è) è un potente mezzo di mobilitazione politica nell’Europa centrale e orientale, come dimostrano alcuni Paesi, tra cui l’Ucraina, ossessionati dalle differenze di identità – reali, immaginarie o esagerate – che hanno con la Russia. L’Ucraina sta diventando l’“anti-Russia”?

Verso la fine della settimana scorsa il Presidente Putin ha affermato, mentre parlava con i membri del proprio Consiglio di Sicurezza Nazionale, che “Apparentemente – e purtroppo – si sta cerando di trasformare lentamente ma inesorabilmente l’Ucraina in una sorta di opposto antitetico della Russia, un’anti-Russia da dove probabilmente succederanno cose che richiederanno un’attenzione speciale per la nostra sicurezza nazionale”. In passato questo punto era stato già dibattuto da molti esperti e più recentemente da Glenn Disen di RT nel servizio, trasmesso lo scorso mese, intitolato “Brosch & Bulgakov nostri, Brezhnev & Bolscevichi loro: la propaganda statunitense sta guidando la ridicola guerra culturale ucraina contro la Russia”. L’osservazione dell’accademico norvegese è che le differenze tra i due Paesi fraterni non sono mai state davvero significative, ma forze esterne tra le quali gli Stati Uniti le stanno esacerbando artificiosamente in un’ottica di costruzione-nazionale per scopi geostrategici anti-russi”.

Rianimare lo spirito del nazismo

Ciò non costituisce una novità, poiché tale fenomeno ha caratterizzato molti nazionalismi post-comunisti dei Paesi dell’Europa centro-orientale (ECO). Ho criticato questo approccio in una recente analisi su come “La Russia ha messo in guardia l’Occidente dal rianimare l’idea di superiorità del nazismo” e in cui ho sottolineato come le variegate interpretazioni degli interventi dell’Unione Sovietica in Ungheria e Cecoslovacchia non devono diventare le basi su cui costruire i nazionalismi anti-russi.

Si dà per scontato che ci siano alcune forze interne che credono sinceramente che quegli eventi e altre controversie su certi problemi culturali, tra cui l’appartenenza etnica di alcune figure artistiche o l’origine di alcune piatti culinari distinguano il proprio popolo dalla Russia, ma c’è certamente una differenza tra l’esprimere tali opinioni in modo cordiale e l’esprimerle in modo polemico. Purtroppo, quest’ultimo approccio è diventato di moda negli ultimi tempi.

Ogni settimana il Centro Studi Eurasia e Mediterraneo propone la traduzione di un articolo dell’analista geopolitico Andrew Korybko

Le radici psicologiche del “nazionalismo negativo”

Invece che essere orgogliosi di ciò che sono, alcune di queste persone sono più orgogliose di ciò che non sono: in questo caso, che non sono russe. Tali sentimenti “nazionalisti negativi” sono attraenti poiché si fondano in gran parte su basi emotive concernenti le dolorose memorie storiche dell’ECO ed è per questa ragione che coloro che ne aderiscono si aggrappano strettamente ad esse: è un modo per far fronte al presunto “complesso di inferiorità” che tali eventi storici hanno provocato nelle rispettive culture. È certamente spiacevole che certe cose siano accadute in passato, ma coloro che provano certe emozioni dovrebbero, per diventar più forti, girar pagina e non avvitarsi su di esse o sposare forme estreme di nazionalismo dirette contro una Russia moderna che non è responsabile della sofferenza dei loro antenati. Inoltre e allo stesso tempo, i “nazionalisti negativi” negano ai russi il diritto di avere opinioni storiche magari negative sui loro di Paesi.

Gli esempi polacchi ed ucraini

A titolo di esempio, i Polacchi sono soliti sorvolare il breve periodo in cui il loro Commonwealth occupò Mosca e lo fanno nell’ottica di ritrarre il proprio Stato come una perenne vittima della cosiddetta “aggressione russa”. La realtà è naturalmente molto più complessa, anche se è certamente molto più facile per i “nazionalisti negativi” ucraini pensare ai propri antenati nazisti come se fossero dei “veri nazionalisti” piuttosto che ammettere le azioni malvagie che hanno compiuto. I “nazionalisti negativi” di questi due esempi sono spinti dal desiderio di separare se stessi e la storia del proprio popolo dalla Russia e di farlo sia per quanto concerne drammatici eventi storici sia per quanto concerne fattori molto più piccoli e meschini tra cui battibeccare su questioni culturali, su tradizioni culinarie o sul tradizioni slave che possono essere comuni o meno. E nel frattempo, gli Stati Uniti hanno osservato molto attentamente queste dinamiche organiche ed hanno egoisticamente cercato di sfruttarle per il proprio tornaconto geostrategico, cercando di danneggiare la Russia sostenendo le narrazioni dei loro alleati regionali, sfruttando in particolare le “organizzazioni non governative”.

L’interesse degli Stati Uniti per il “nazionalismo negativo” dei Paesi ECO

Il nazionalismo è una forza molto efficace per sobillare una mobilitazione politica e il “nazionalismo negativo” è, forse, tra tutte le varianti del nazionalismo la più forte, poiché essa cerca di far riaffiorare alla memoria ingiustizie storiche che sono percepite come commesse contro di loro e, infine, portano le persone a nutrire le opinioni negative. Il nazionalismo negativo indirizza la rabbia, specialmente tra i giovani, lontano dai propri governi e verso il cosiddetto “altro”, che in questo caso è, convenientemente, la Russia. Ciò permette agli Stati Uniti di manipolare più facilmente i popoli e gli Stati nell’ottica di fargli sacrificare i loro interessi nazionali (ad esempio: facendogli firmare accordi commerciali sbilanciati, obblighi militari sproporzionati tra cui fargli inviare truppe per combattere le guerre statunitensi in Afghanistan e in Iraq o permettendo agli Stati Uniti di immischiarsi apertamente nei propri affari di politica interna) qualora pensino che ciò sia in un qualche modo funzionale al danneggiamento della Russia.

Nazionalismo negativo” come forma di guerra ibrida

Detto altrimenti, lo sfruttamento militare del “nazionalismo negativo” da parte degli Stati Uniti nello spazio ECO è una delle cause del perpetuarsi della egemonia statunitense in tutta la regione, allorché le persone manipolate credono erroneamente che il gioco di tollerare alcuni “sacrifici” (nel caso essi li considerino effettivamente dei sacrifici, cosa che è improbabile) valga la candela nel caso ciò danneggiasse in qualche modo i grandi interessi strategici della Russia. Ma in questa condizione, tuttavia, sono i loro interessi nazionali ad essere danneggiati poiché le loro nazioni rimangono sotto l’indiretta influenza degli Stati Uniti. Alcuni “nazionalisti negativi” arrivano persino a proporre forme radicali di sottomissione agli Stati Uniti nella convinzione che il loro interesse nazionale richieda di far ciò. Si può quindi dire che tale dinamica sia una componente importante seppur poco studiata dell’ibrida guerra perpetuata dagli Stati Uniti contro gli interessi dei propri “alleati” (che in realtà sono più simili vassalli).

Il “nazionalismo positivo” è la soluzione?

Non è sufficiente criticare il “nazionalismo negativo”. Bisogna proporre una soluzione che, si spera sinceramente, porti ad un cambiamento significativo. L’opposto di quanto è stato criticato in questo articolo è il “nazionalismo positivo”, che si riferisce all’orgoglio di ciò che si è senza ossessionarsi su ciò che non si è in relazione all’“altro”, in questo caso alla Russia. Ci sono molte cose di cui Polacchi, Ucraini e altri popoli dell’ECO possono essere orgogliosi e che non hanno a che fare con la Russia. È inevitabile che parte dei loro nazionalismi poggino su alcune sventurate esperienze che ebbero con la Russia, ma tali esperienze non devono costituire la base principale del sentimento nazionale. Concentrarsi invece di più sui loro interessi, geopolitici o meno, attuali, che esistono oggettivamente, potrebbe aiutarli a creare forme di nazionalismo più equilibrate e che a loro volta migliorano la formulazione delle rispettive politiche nazionali. Ciò non vuol dire che sia realistico aspettarsi che essi taglino i ponti con gli Stati Uniti, significa solo che essi potrebbero per lo meno cominciare a negoziare in modo migliore al fine di ottenere qualcosa di più in cambio del proprio “vassallaggio”.

Il “successo” dell’esperimento ucraino

Tutto ciò non è però quanto sta in questo momento effettivamente accadendo e non è nemmeno probabile che accada nel futuro prossimo. Gli Stati Uniti continuano a sfruttare sia questi due Paesi che altre nazioni della regione come una parte delle proprie ambizioni strategiche di “contenere” la Russia e, in un secondo momento, danneggiare gli interessi russi, per esempio dispiegando nella regione agenti militari provocatori. L’Ucraina è pronta a diventare la quintessenza dello Stato anti-russo come risultato di un attivo nutrimento di una forma estrema di “nazionalismo negativo” ai danni del proprio vicino, nonostante la Russia sia a lei molto simile sotto molti aspetti, in particolar modo etno-culturali e storici. Il “successo” dell’“esperimento ucraino” dimostra che nazioni meno simili alla Russia rispetto all’Ucraina possono essere altrettanto radicalmente colpite da questa forma di guerra ibrida, come tra l’altro il caso polacco sembra dimostrare. Questo modello di “costruzione nazionale” va in direzione opposta agli oggettivi interessi nazionali di questi due Paesi e li porta ad implementare politiche controproducenti.

Pensiero illusorio

Nell’improbabile caso in cui alcune nazioni dell’ECO si rendano conto di essere manipolare da un egemone che è molto più potente di quanto non lo sia mai stata la Russia (nel senso che gli Stati Uniti sono stati in grado di plasmare con “successo” le loro attuali identità nazionali senza neppure che quasi nessuno di questi popoli se ne sia reso conto), allora sarebbe loro dovere implementare politiche “pragmatiche” che non “spaventino” troppo gli Stati Uniti richiedendo apertamente una revisione totale delle relazioni che hanno reciprocamente tessuto. Piuttosto, le forze genuinamente nazionaliste dovrebbero considerare la possibilità di tessere legami strategici con gli Stati Uniti ogniqualvolta ciò favorisca i propri effettivi interessi nazionali, come ad esempio nei settori del commercio e degli investimenti, senza evitare di essere intransigenti qualora vengano trattati problemi tra cui l’eventualità di rifiutare un accoro i cui effetti siano nocivi agli interessi della propria nazione. Dal punto di vista russo, ciò non costituirebbe lo “scenario ideale”, ma è comunque il più realistico in cui sperare.

Pensieri conclusivi

In conclusione, il “nazionalismo negativo” è davvero una potente forza di mobilitazione politica, talmente efficace da poter essere facilmente sfruttata nello spazio dell’ECO da potenze extra-regionali tra i quali gli Stati Unti a scopi geostrategici anti-russi. Come ha recentemente annotato Putin, l’Ucraina è l’ignobile manifesto di questo modello, ma non è l’unico caso in questione, dato che la Polonia si erge in modo molto prominente in questa lista, così come d’altronde anche gli Stati baltici. Quest’ultimi sono probabilmente “irrimediabili”, nel senso che non hanno mai abbracciato il “nazionalismo positivo”, ma l’Ucraina e la Polonia non sono cause perse – per lo meno non ancora. Infatti, il “nazionalismo positivo” è una forza di contrasto talmente potente in Ucraina che Kiev sta attivamente perseguitando i membri principali della sempre più popolare opposizione che abbraccia il “nazionalismo positivo”. In ogni caso, la battaglia tra nazionalismi “negativi” e “positivi” continuerà ad essere combattuta nell’ECO nel prossimo futuro.

Traduzione di: Marco Ghisetti

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