IL RUOLO DELL’ARTE NEL PRE & POST RIVOLUZIONE

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di Filippo Marinoni

I “Calli-Graffiti” di El Seed

Introduzione

Il presente articolo ha come scopo quello di analizzare il ruolo dell’arte all’interno dei processi rivoluzionari. In particolare, l’autore si propone di analizzare il ruolo degli artisti, e delle loro arti, nel periodo precedente all’evento sovversivo, in quanto avanguardie e ideatori di nuovi sistemi sociali, nonché nel periodo successivo all’evento rivoluzionario, in quanto importanti attori dello spazio pubblico appena ottenuto dalla cittadinanza a discapito del sistema governativo oppressivo; il contesto regionale preso in considerazione sarà il Maghreb, e in particolare la Tunisia. Inoltre, l’elaborato prenderà in esame il caso di un giovane artista franco-tunisino, El Seed, che con la sua arte (i graffiti, o calli-graffiti) è stato presente e influente nel Maghreb soprattutto nel post 2011.

Nella prima parte l’autore si concentrerà sulla importanza del ruolo degli artisti, in quanto avanguardie, creatori di immaginari rivoluzionari. Si cercherà di valutare l’importanza dei movimenti artistici-culturali nei paesi, come la Tunisia negli anni di Ben Ali, dove vige uno stato di polizia che censura ogni forma pubblica di dissenso.

In seguito, si proverà a delineare quali siano i ruoli degli artisti nel periodo successivo alle rivoluzioni. Infatti, dopo aver posto le cornici immaginative per le rivoluzioni stesse, tramite le loro opere e l’appropriazione dello spazio pubblico, gli artisti hanno un ruolo sociale importante: il ricordo del trauma condiviso. Inoltre, il rapporto tra arte e derive fondamentalistiche islamiche, come nel caso della Tunisia, verrà preso in considerazione in quanto interessante spaccato sull’importanza dell’arte nel post-Ben Ali.

Nella seconda parte, si prenderà in esame a titolo esemplificativo l’arte di El Seed. Questo street artist ha ottenuto una fama internazionale grazie ai suoi graffiti nei quali utilizza in maniera dinamica e colorata la calligrafia araba, dando vita a capolavori di enormi dimensioni, tramite i quali veicola messaggi di pace e tolleranza legati al contesto geografico e socio-politico in cui li esegue.

L’arte nel periodo antecedente alla rivoluzione

L’arte come cornice di una rivoluzione

Per operare una rottura forte con il passato e mettere in moto un processo rivoluzionario bisogna essere in grado di immaginarlo” (Gandolfi, 2012: 55). Dunque, al fine di porre in atto dei cambiamenti sociali del presente è necessario essere coscienti del possibile per cui si sta lottando. Inoltre, i processi di mutamento che culminano in una rivoluzione sono spesso “sotterranei” e “di lungo periodo”.

La presa di coscienza della propria situazione e la spinta al cambiamento, dunque, possono espandersi ampiamente nel tempo e lavorare in maniera ai più occulta, ma comunque efficace. I processi di acquisizione di consapevolezza e creazione di immaginari del possibile sono lenti e pieni d’ostacoli, soprattutto nelle società autoritarie che lasciano poco spazio all’espressione del dissenso nella sfera pubblica. Perciò, si può dire che questi immaginari si sviluppino “negli interstizi” della società autoritaria; laddove il potere costituito, anche in uno stato di polizia, non può arrivare.

Infatti, la specie umana si mostra da sempre capace di adattarsi e reagire all’ambiente, fisico e sociale, che fa da cornice alla sua esistenza. Infatti, la caratteristica che più di tutte ha permesso all’uomo di perpetuare la sua esistenza a dispetto dell’ambiente (di nuovo, fisico e sociale) ostile è probabilmente la resilienza; cioè quel “dynamic process encompassing positive adaptation within the context of significant adversity” (Luthar et al., 2000: 543, grassetto mio).

Ora, applicando questa definizione al tema preso in esame, si può notare come i popoli soggetti a regimi di tipo autoritario, cioè che cercano di intercettare sul nascere e reprimere ogni forma di dissenso, si riescano ad adattare positivamente allo scenario avverso. Non solo, lavorando nel tempo, la società riesce a dare avvio a dei processi rivoluzionari, a patto di riuscire a immaginarseli.

Tra i diversi vettori di immaginari del possibile, i movimenti artistici ricoprono una posizione di rilievo. In particolare, nella società contemporanea, ove la circolazione delle informazioni e delle immagini è frenetica e incontenibile, il ruolo degli artisti come ideatori di scenari rivoluzionari è particolarmente efficace. La produzione artistica può essere dunque una “cornice per l’universo emotivo delle rivolte” (Gandolfi, op. cit.).

L’arte nella Tunisia di Ben Ali

Nello specifico del contesto tunisino, sono molte le forme d’arte che sono state presenti (e censurate) durante gli ultimi anni del governo Ben Ali: tutte hanno contribuito all’espressione dei sentimenti della popolazione nei confronti della propria società e all’immaginazione di una nuova Tunisia, libera, unita e dignitosa.

A livello artistico si possono distinguere due filoni di artisti creatori di immaginari possibili: gli artisti noti nel panorama nazionale, che hanno istituzionalmente accesso allo spazio pubblico, e gli artisti della scena tunisina underground. Per quanto riguarda il primo gruppo di artisti, dunque, si potrebbe parlare di una contestazione che ha occupato “le gallerie d’arte, le sale pubbliche […] e si rivolge dunque ad un pubblico relativamente elitario”. Dall’altra parte, vi è una “cultura alternativa giovanile”, “underground”, con un linguaggio “diretto, incisivo e popolare” (Gandolfi, op. cit.: 58, grassetto mio).

Con pubblici diversi, dunque, entrambi questi filoni hanno portato a galla esperienze ed emozioni comuni a tutta la cittadinanza, vissuti e proteste condivisi. Le forme di espressione artistica coinvolte sono le più svariate, dai film alla fotografia, dai graffiti al rap, sfruttando i mezzi tradizionali nonché i nuovi media (web e social networks).

Nel gennaio 2011, in Tunisia è scoppiata “l’altra rivoluzione1.

L’arte nel periodo successivo alla rivoluzione

L’arte come memento del trauma e come strumento per il mantenimento dello spazio pubblico in Tunisia

Dopo i sollevamenti contro il governo di Ben Ali, in cui l’arte tunisina ha avuto un ruolo significativo, gli stessi artisti hanno dovuto interrogarsi su quale potesse essere il loro ruolo una volta esaurita la parte più manifesta degli avvenimenti che si sono conclusi con l’esilio dell’ex presidente. Infatti, nello specifico panorama sociale tunisino, dopo un primo momento di euforia e liberazione a seguito della caduta del governo, altri fattori sono sopraggiunti a ostacolare la strada alla transizione democratica.

Per prima cosa, l’arte ha il compito di ricordare il trauma collettivo della situazione pubblica nella fase precedente alla rivoluzione, così da “proiettarsi verso un futuro che si distanzi fortemente da ess[a]” (Gandolfi, op. cit.: 51).

Inoltre, per ciò che concerne la specificità della situazione sociale post-2011 in Tunisia, l’arte ha avuto e ha tuttora un ruolo importante nel mantenere gli spazi pubblici che erano stati ottenuti tramite la rivoluzione: strade, piazze, cinema, muri… Tuttavia, la nuova minaccia per la libera espressione non è più il governo accentratore, bensì il radicalismo religioso di una piccola fascia di islamisti, i salafiti. Come sostenne nel 2012 la drammaturga e attrice tunisina Jalila Baccar “sous Ben Ali, il était interdit de parler de politique et nous ne pouvions pas nous exprimer, et maintenant, c’est la religion qui est devenue taboue” (reperito in Fordham, 2012).

El Seed, i calli-graffiti per la tolleranza e l’incontro

Al fine di illustrare il ruolo degli artisti come soggetti in lotta per il mantenimento dello spazio pubblico acquisito a seguito della caduta di Ben Ali, nonché per ricordare l’importanza di allontanarsi dal precedente regime, il presente articolo prenderà brevemente in esame la figura di El Seed, street artist di nazionalità franco-tunisina.

Nato in Francia da genitori tunisini nel 1981, ha abbracciato le sue origini nordafricane appassionandosi alla calligrafia araba e divenendone un interprete creativo, celebre a livello internazionale. Nel periodo successivo alla rivoluzione, la sua arte è stata uno dei casi più interessanti di appropriazione da parte dell’arte degli spazi pubblici. E in risposta alla paura seminata dai salafiti nei confronti della nuova espressione dell’arte tunisina, El Seed ha dipinto numerose calligrafie sui muri della sua nazione. Il calli-graffito più emblematico è sicuramente quello disegnato sul minerato della città di Gabes tra il 2012 e il 2013. Proprio nel momento in cui la religione si stava sostituendo alla politica in quanto limitatrice della libertà d’espressione, El Seed ha dipinto il seguente messaggio coranico: “oh umanità, vi ho creato da un uomo e una donna, e ho fatto di voi popoli e tribù, così che poteste conoscervi”.

Come lo definisce lo stesso artista, questo messaggio di inclusione e fratellanza, inscritto sulla parte più visibile della casa dei fedeli dell’Islam, è stato “a universal call for peace, tolerance, and acceptance” (elseed-art.com). Inoltre, la modalità stessa di esecuzione del graffito guardava all’inclusione; oltre ad aver ricevuto la benedizione dell’Imam, la partecipazione delle maestranze locali e della popolazione ha creato un «legame sociale» (Gandolfi, 2016: 101).

Conclusioni

Nel contesto tunisino l’arte ha avuto un duplice ruolo in relazione alla rivoluzione del 2011: da una parte è stata artefice di immaginari, di cornici all’interno delle quali gli artisti erano “creatori di forme di espressione e resistenza, che hanno contribuito a forgiare queste rivolte” (Gandolfi, op cit. p. 57). Dall’altra parte, una volta cambiato il sistema di governo, essa è servita come memento della crudeltà e dell’insensatezza dello stesso, nonché come strumento di lotta per il mantenimento degli spazi pubblici, di nuovo minacciati, questa volta da parte di frange integraliste dell’Islam, i salafiti.

La resilienza del popolo tunisino, e in particolare dei creativi, ha fatto sì che l’arte, sia quella generata da artisti di fama nazionale sia della scena underground, potesse lentamente lavorare negli interstizi e diventare creatrice di un possibile prima impensato, anche grazie alla diffusione tramite i nuovi media.

Oggi, a qualche anno di distanza dalla rivoluzione, e per il futuro l’arte dovrà continuare a svolgere il ruolo di libero spazio di espressione e di direzionare la società verso l’ottenimento di quelli che erano gli slogan della rivoluzione tunisina: libertà, giustizia, dignità.

Bibliografia

Bengoechea I., Tunisia’s Pioneering ‘Calligraffiti’ Artist eL Seed, in Theculturetrip: https://theculturetrip.com/africa/tunisia/articles/tunisia-s-first-calligraffiti-artist-el-seed-politics-power-and-paint/, del 28/10/2016 consultato il 8/05/2020.

El Seed, A project of peace, painted across 50 buildings, TedTalk, reperito su: https://www.youtube.com/watch?v=g9M3HIjHuq0, consultato il 01/05/2020

Fordham A., Tunisie. L’art face à l’integralisme, in Courrier international: https://www.courrierinternational.com/article/2012/06/28/l-art-face-a-l-integrisme, del 27=706/2012 consultato il 12/05/2020.

Gandolfi P., Corpi in movimento, tra arte e realtà̀ nella Tunisia in transizione, in Etnografia e ricerca qualitativa, 1/2016, pp. 93 – 122.

Gandolfi P., Rivolte in atto, Mimesis Edizioni, Milano – Udine, 2012.

Luthar S.S., Cicchetti D. and Bronwyn B., The Construct of Resilience: A Critical Evaluation and Guidelines for Future Work, in Child Development vol. 71/3, maggio 2000, pp. 543-62

Kerrou M , Pourquoi une autre révolution intervista reperita su: https://www.leaders.com.-tn/article/25992-mohamed-kerrou-pourquoi-une-autre-revolution, consultato il 10/05/2020

NOTE AL TESTO

1 Come l’ha definita M. Kerrou, poiché la rivoluzione tunisina è differente da tutte le altre rivoluzioni, e dall’altra parte poiché è la rivoluzione della cittadinanza (oltre a quella politica).

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