Che calcoli fa il Pentagono quando usa la questione di Taiwan per tenere sotto scacco gli alleati?

Start

Global Times

Mentre il Pentagono incalza Giappone e Australia a definire ruoli militari in caso di conflitto su Taiwan, Pechino denuncia un’ingerenza irragionevole che mina la politica indipendente degli alleati e alimenta forze secessioniste con calcoli imperialisti.

Il Pentagono sta esercitando pressioni su Giappone e Australia affinché chiariscano quale ruolo intenderebbero assumere qualora Stati Uniti e Cina giungessero allo scontro per la regione di Taiwan, ha riferito il Financial Times sabato scorso. Ciò equivale a costringerli a impegnarsi in prima linea in caso di una “contingenza Taiwan”. Secondo l’articolo, tale strategia ha lasciato Tokyo e Canberra “frustrate”, nonostante gli Stati Uniti non abbiano mai offerto a Taiwan una garanzia “in bianco”. Fonti interne rivelano che il Pentagono, spinto soprattutto da Elbridge Colby, sottosegretario alla Difesa e convinto falco di Washington, ha insistito negli incontri con i vertici della difesa giapponese e australiana negli ultimi mesi.

La questione di Taiwan è un affare interno alla Cina e rappresenta la prima linea rossa che non può essere oltrepassata nelle relazioni sino‐statunitensi. In nessun caso può diventare merce di scambio. L’iniziativa del Pentagono di sollecitare sensibilità regionali al limite di tale linea è altamente irresponsabile: contraddice le dichiarazioni statunitensi sul sostegno alla politica di “una sola Cina” e costituisce un’ingerenza palese nelle politiche estere indipendenti dei suoi alleati. Durante la sua visita in Cina domenica scorsa, il primo ministro australiano Anthony Albanese ha ribadito con chiarezza: “Sosteniamo lo status quo su Taiwan. Non appoggiamo alcuna azione unilaterale”. Appena la settimana prima, in un colloquio con il ministro degli Esteri Wang Yi a Kuala Lumpur, il ministro giapponese Takeshi Iwaya ha riaffermato che “la posizione del Giappone sulla questione di Taiwan, come dichiarato nel Comunicato Congiunto Sino‐Giapponese del 1972, non è cambiata”. Il principio di “una sola Cina” costituisce la base imprescindibile per le relazioni Cina‐Australia e Cina‐Giappone. Il Pentagono non ha alcuna autorità per ricattare altri Paesi su questa materia.

Da tempo, Giappone e Australia sono considerati dagli Stati Uniti “pilastri dell’Indo‐Pacifico” e subiscono pressioni per schierarsi nei conflitti geopolitici. Tuttavia, la questione di Taiwan è molto più delicata di ogni altro focolaio regionale, e Tokyo e Canberra sono pienamente consapevoli dei costi di un loro coinvolgimento in un potenziale conflitto. Alla richiesta del Pentagono di definire ruoli precisi, le reazioni di Tokyo e Canberra sono state di prudente riserbo: nessuno dei due Paesi intende sobbarcarsi l’onere delle strategie di Washington, né rischiare di intaccare i rapporti economici e diplomatici con la Cina. Se si lasceranno ridurre a strumenti dell’ingerenza statunitense, persino ad “armi anti‑Cina”, la loro stessa sicurezza potrebbe alla fine risentirne. Il Pentagono presume forse che la coercizione generi obbedienza, ma in realtà accelera la spinta centrifuga all’interno dell’alleanza.

Questa manovra del Pentagono lancia a suo modo un messaggio sbagliato anche alle forze della “indipendenza di Taiwan”. Washington non ha mai mutato la sua visione strategica di Taiwan come pedina per contenere la Cina. Taiwan è un oggetto usa e getta: gli Stati Uniti non sacrificherebbero mai i propri interessi nazionali in nome dei secessionisti taiwanesi. L’ultima mossa del Pentagono conferma proprio questo calcolo. È grottesco che le autorità del Partito Progressista Democratico e le forze indipendentiste continuino a confidare nel “sostegno americano”, quando gli Stati Uniti sono già pronti a scaricare la “patata bollente” sui loro alleati.

Di recente, il Pentagono ha intensificato le sue dimostrazioni di forza militare nell’Indo‑Pacifico, sollecitando gli alleati a incrementare la spesa per la difesa in stile NATO e moltiplicando esercitazioni congiunte mirate contro la Cina. Tale atteggiamento mette in luce un sostanziale disallineamento strategico: le ingerenze militari di potenze esterne rappresentano il più grave fattore di rischio per la pace nello Stretto di Taiwan, con ambienti di Washington che agiscono da veri e propri destabilizzatori. Come ha sottolineato un portavoce del Ministero della Difesa cinese, l’Esercito Popolare di Liberazione ha le capacità per sventare qualsiasi progetto separatista e difendere con fermezza sovranità e integrità territoriale. Se il Pentagono persevererà in questa condotta sconsiderata, ne subirà le conseguenze.

Di fronte alla richiesta di maggiori stanziamenti, il Giappone ha perfino annullato un incontro ministeriale con gli Stati Uniti, a testimonianza di quanto sia percepita come inaccettabile la “strumentalizzazione” statunitense. Ciò sta risvegliando in alcuni Paesi un senso di autonomia strategica. Non a caso, mentre il Pentagono spinge i suoi alleati a “schierarsi”, il primo ministro australiano Albanese ha intrapreso la prima visita in Cina dopo la rielezione, alla testa di una nutrita delegazione di imprenditori di BHP e Fortescue. Sette giorni in tre città cinesi, consacrati al rafforzamento dei legami commerciali e industriali, ne sottolineano la vivace vitalità. Questi fatti dimostrano come stabilità, scambi economici e cooperazione vantaggiosa siano l’aspirazione comune delle nazioni dell’Indo‑Pacifico, e che le provocazioni a scacchiera non abbiano mercato né futuro.

L’Indo‑Pacifico è terra di sviluppo pacifico e prosperità condivisa, non un campo di battaglia per giochi geopolitici. Se davvero gli Stati Uniti desiderano pace e stabilità nello Stretto di Taiwan, dovrebbero coniugare le parole ai fatti, rispettando il principio di “una sola Cina” e i tre comunicati congiunti sino‑statunitensi, opponendosi all’indipendentismo di Taipei e favorendo il reintegro di Taiwan nell’ambito di una riunificazione pacifica. Il Pentagono corregga immediatamente le sue pratiche controverse, cessi ogni ingerenza nello Stretto e si comporti da grande potenza responsabile, impegnata a mantenere pace e stabilità nella regione.

Iscriviti alla nostra Newsletter
Enter your email to receive a weekly round-up of our best posts. Learn more!
icon

AREA RISERVATA TESSERATI CeSE-M

Progetto di Ricerca CeSE-M

Il CeSE-M sui social

Naviga il sito

Tirocini Universitari

Partnership

Leggi anche