di Alejandro García del Toro (CubaDebate)
Negli ultimi mesi il Dipartimento di Stato USA ha intensificato azioni volte a soffocare l’economia cubana, puntando sul divieto di viaggio e sull’attacco alla cooperazione medica dell’isola, con l’obiettivo di isolare diplomaticamente e finanziariamente Cuba.
FONTE ARTICOLO: https://giuliochinappi.wordpress.com/2025/08/04/il-dipartimento-di-stato-e-i-viaggi-a-cuba/
Negli ultimi mesi il governo degli Stati Uniti — ed in modo particolarmente aggressivo il Dipartimento di Stato — ha intensificato le sue azioni contro Cuba, concentrandosi su settori e attività economiche che generano risorse essenziali per il funzionamento del paese. Denigrare, ostacolare e tentare di criminalizzare la cooperazione medica internazionale cubana e impedire la ripresa del turismo sono solo alcuni dei fronti su cui il Segretario di Stato e il suo rappresentante a L’Avana hanno investito, oltre a generosi fondi pubblici, tempo ed energie illimitate.
Impedire agli statunitensi e ai residenti legali di viaggiare a Cuba è sempre stata una misura considerata efficace dal governo di Washington per raggiungere l’obiettivo dichiarato di distruggere la Rivoluzione, sostenuta dalla maggioranza della popolazione. Un comunicato stampa del Dipartimento di Stato del 16 gennaio 1961 stabiliva che i viaggi degli statunitensi erano «contrari alla politica estera degli Stati Uniti e sfavorevoli agli interessi nazionali». Venne inoltre disposto che i cittadini USA interessati dovevano richiedere un passaporto con speciale autorizzazione del Dipartimento di Stato. Oggi, a 64 anni di distanza, quel medesimo governo continua ad applicare divieti e ostacoli al diritto degli statunitensi di visitare la nostra isola.
Il Segretario di Stato è da sempre un critico accanito dei viaggi verso Cuba, fin dai tempi in cui era senatore dello Stato della Florida. Poco dopo la sua elezione al Senato federale presentò, tra i suoi primi progetti di legge, un’iniziativa per sospendere il diritto di altre città – al di fuori di Miami – di operare voli con Cuba. La proposta fu criticata persino in Florida, dove la città di Tampa da anni chiedeva di avviare voli diretti verso l’isola. Alla fine, il senatore ritirò il disegno di legge, senza però modificare la sua posizione, che rispondeva agli interessi di gruppi economici e politici reazionari che avevano sostenuto la sua ascesa.
Nelle sue molteplici responsabilità attuali, con cinismo, il Segretario applica con ancor maggior vigore e risorse la politica di restrizioni che ha difeso per decenni. Il doppio discorso e l’ipocrisia guidano il suo obiettivo: mentre diffonde menzogne, distorsioni e dipinge una società cubana in totale caos e al limite del collasso, impedisce ai suoi cittadini di recarsi sull’isola per vedere di persona quel presunto scenario di distruzione, disfunzionalità ed implosione sociale. Quali sono allora le reali ragioni che spingono il Segretario di Stato e il suo incaricato a limitare il diritto di viaggiare a Cuba e a incolpare il governo cubano di «cattiva gestione del turismo»? Di cosa hanno paura? Non è certo Cuba a impedire agli statunitensi di recarsi sul proprio territorio come turisti.
La questione è semplice. Quando un cittadino statunitense visita una qualsiasi città cubana, gli bastano poche ore per rendersi conto che la realtà dell’isola è diversa da quanto letto e sentito per decenni. Pur essendo un paese del Terzo Mondo privo di grandi risorse naturali, il popolo cubano è istruito, empatico, resiliente e orgoglioso della propria identità nazionale. Tali percezioni, che contraddicono lo stereotipo alimentato dai settori anticubani, hanno sempre infastidito figure come Marco Rubio, spingendole a preferire la proibizione dei viaggi piuttosto che consentire a centinaia di migliaia di americani di farsi un’opinione diretta su Cuba e i suoi abitanti. Ogni volta che le norme statunitensi si sono lievemente allentate, gli arrivi di cittadini statunitensi e di cubano-americani residenti sono aumentati a dismisura. Cuba era diventata la meta preferita delle crociere USA poco prima che il presidente Trump le cancellasse per le pressioni dello stesso Marco Rubio. Analogamente accadde per l’accordo con la Major League di baseball e per molti altri scambi culturali.
Così, chi oggi guida la politica estera degli Stati Uniti nei confronti di Cuba continuerà a evitare in tutti i modi possibili l’incontro tra i due popoli e governi, con il turismo e i viaggi in cima alla lista nera. La nostra industria turistica affronta già numerose misure restrittive, e dovrà prepararsi a ulteriori restrizioni. La designazione unilaterale di Cuba come “Stato promotore del terrorismo” impedisce ai cittadini di oltre 40 nazionalità di accedere al programma ESTA, scoraggiando così molti potenziali turisti dal prenotare la destinazione Cuba per non mettere a rischio il viaggio negli Stati Uniti. A ciò si aggiunge la lista dei resort cubani proibiti, aggiornata l’11 luglio scorso, che vieta ai cittadini o ai residenti legali negli USA di prenotare in quelle strutture.
Per aggiungere un elemento da film hollywoodiano, in diversi aeroporti statunitensi — soprattutto all’International Airport di Miami — si è sviluppata la prassi di intimidire e molestare i viaggiatori statunitensi e cubano-americani in partenza o al ritorno da Cuba: scattare fotografie ai documenti, trattenere i dispositivi elettronici, sottoporre i passeggeri a interrogatori invasivi. In realtà, dal punto di vista legale, gli statunitensi possono ancora viaggiare senza difficoltà, poiché restano in vigore le licenze generali per i viaggi autorizzati a Cuba. L’intento di queste pratiche è deprimere l’indice di viaggi, scoraggiare le compagnie aeree finché non riusciranno a sospendere i voli, tagliando così le entrate economiche generate da compagnie, agenzie di viaggio e aeroporti, in particolare in Florida.
Altre misure coercitive colpiscono il turismo cubano, quali la persecuzione degli approvvigionamenti di carburante, gli ostacoli alle transazioni bancarie per pagamenti e incassi e il divieto, da diversi anni, di utilizzare piattaforme di prenotazione statunitensi o di Paesi terzi per gli hotel a Cuba. Proprio quegli hotel che il responsabile alle “sanzioni e alla verità” Mike Hammer visita e apprezza, ma di cui proibisce la fruizione ai cittadini statunitensi.
L’obiettivo è lampante: ridurre al minimo la capacità di generare entrate finanziarie per il paese, mentre si accusa il governo cubano di “cattiva gestione economica”. Nel distruggere la sua vittima, Washington la incolpa delle difficoltà che ha creato. Ogni mattina il Segretario di Stato e il suo incaricato recitano a memoria il memorandum di Mallory. E in questo risveglio forzato, turismo e viaggi a Cuba restano tragicamente al centro di un’ossessione destinata a fallire.
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