di Maria Morigi
L’annuncio è stato dato il 3 luglio 2025 dal Ministro degli Esteri afghano Amir Khan Muttaqi, dopo l’incontro a Kabul con l’ambasciatore russo in Afghanistan, Dmitry Zhirnov: la Russia è il primo paese al mondo a riconoscere l’Emirato dell’Afghanistan governato dai Talebani dopo la precipitosa e vergognosa fuga in agosto 2021 degli occupanti USA che per 20 anni avevano tentato, senza riuscirci, di imporre una democrazia di tipo occidentale ad un Paese orgoglioso e sovrano.
L’evento è importante perché in questi 4 anni, il mainstream della disinformazione occidentale ci ha raccontato un mucchio di divertenti storielle, tutte finalizzate ad impedire il riconoscimento del nuovo Afghanistan da parte di altri Stati. La balordaggine dell’opinione corrente sui Talebani e l’Afghanistan consentiva in pratica di continuare a tenere bloccati i 10 miliardi di dollari che Stati Uniti, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale avevano garantito quali riserve finanziarie all’Afghanistan. Tenendo anche conto che l’Afghanistan dal 2022, a causa delle ripetute siccità. si trova ad affrontare una crisi umanitaria definita dal World Food Program come “la più devastante del pianeta”, dispiace vedere che la questione del riconoscimento è ancora in alto mare e che gli occidentali, molto impegnati nelle denunce di violazione dei diritti umani e nelle crociate contro velo e burqa, non si sentano moralmente tenuti ad affrontare le vere emergenze, ma abboccano a tutto quello che gli viene raccontato.
Pur di ottenere l’isolamento internazionale dell’Emirato dell’Afghanistan, gli USA – con il supporto di diritto/umanisti ignoranti come capre sulla storia dell’ Afghanistan, sui Talebani e sulle forme del diritto islamico e consuetudinario nelle aree tribali – hanno enfatizzato la convinzione che i Talebani siano non solo i peggiori terroristi, ma vogliano anche accanitamente il male del loro Paese, odiando principalmente le donne e obbligandole alla schiavitù del burqa e a non andare a scuola.
Narrazione che somiglia, guarda caso, a quella veicolata a proposito dell’Iran dominato da un “oscurantista potere teocratico”, entrambi paesi dove non esisterebbe nessun confronto elettorale vagamente simile alla nostra pratica democratica. Si rifiuta così l’idea che il popolo afghano delle varie etnie, chiamato a votare a settembre 2021, accetti i Talebani al governo come forza maggioritaria proprio perché essi rappresentano gli interessi di sopravvivenza e le tradizioni del popolo che da loro si sente tutelato contro ingerenze e occupazioni straniere.
Ma spendiamo qualche parola a proposito di papavero da oppio, la cui lavorazione e commercio ebbe grande espansione con gli USA e i chimici della CIA. Il governo talebano in aprile 2022 con un decreto del leader supremo, H. Akhundzada, ha imposto una forte limitazione della coltivazione e il divieto di consumo. Ai primi di giugno 2023 il Ministro Amir Khan Muttaqi, ha dichiarato che la coltivazione del papavero è stata quasi completamente sradicata e che la percentuale della terra coltivata a papavero nella provincia dell’Helmand è stata ridotta in un anno a 0,4% dal precedente 56,2% (notizie confermate dal rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan, Thomas West). Un’operazione che richiede investimenti di sostegno agli agricoltori perché possano modificare le filiere produttive… beh i pessimi Talebani ce l’hanno fatta con gli aiuti di Cina, Iran e pochi altri vicini di casa, invertendo una rotta pericolosa che sta trascinando altri Stati centrasiatici.
Anche sul versante dell’educazione e della scuola le notizie sono positive, perché gradualmente sono stati rimossi i divieti nei confronti delle studentesse, dalla scuola primaria all’università, pur rimanendo la differenza di genere come in tutti i paesi islamici. Assistenza sanitaria in appositi centri, campagne di vaccinazione e tutela nutrizionale di neonati e minori sono altri campi in cui l’Emirato si è speso registrando rapporti favorevoli da parte di organizzazioni dei Diritti Umani (notizie che dalla nostra stampa non vengono date). Esiste una buona collaborazione tra istituzioni che si occupano di protezione della cultura e di iniziative culturali, anche con Stati confinanti quali Iran, Pakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan i quali, insieme a Cina e Russia e Paesi BRICS, per primi si sono fatti carico di accoglienza profughi, aiuti umanitari, accordi economici e di commercio, progetti per connessioni e intermodali e infrastrutture.
Ad esempio, nel maggio 2025 è stato riaperto alla circolazione il Tunnel di Salang (costruito dai sovietici nel 1964 a 3400 metri di altitudine) arteria vitale che congiunge Kabul con Kunduz e fa risparmiare 10 ore di viaggio a chi passa dall’Asia centrale all’Asia meridionale; nel 2023 il governo talebano ha iniziato importanti lavori all’interno e all’esterno del Tunnel che era rimasto inutilizzabile per una frana nel 2009.
Se il riconoscimento dell’Afghanistan è sempre stato ostacolato da pressioni e veti USA in sede ONU, c’è stata – come detto sopra – una grande disponibilità di accordi bilaterali con il “martoriato” Afghanistan e gli stessi BRICS hanno raccomandato apertura e solidarietà sui problemi che deve affrontare il nuovo Afghanistan. Anche l’Iran, primo ad aprire un’Ambasciata a Kabul, sembra vicino ad un riconoscimento ufficiale.
La notizia del riconoscimento ufficiale da parte russa è importante perché segna un’inversione di rotta rispetto alla proclamata volontà americana di isolare l’Afghanistan. Nel contempo segna un grande passo avanti sia per migliorare i rapporti commerciali, sia per la lotta comune contro il terrorismo islamico dell’ISIS-Kche costituisce una minaccia per tutto il Centro Asia e il Medio Oriente. È inoltre un segnale importante per la Russia, che, da quando ha iniziato la guerra in Ucraina, è demonizzata dalla propaganda occidentale. Un segnale ufficiale e significativo anche perché sembra voler mettere definitivamente nel dimenticatoio l’invasione decennale del secolo scorso da parte sovietica.

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