Giulio Chinappi (CeSE-M) a Tasnim News Agency: “Gli omicidi mirati equivalgono al terrorismo di Stato israeliano”

Start

a cura di Tasnim News Agency

Intervista rilasciata da Giulio Chinappi all’agenzia stampa iraniana Tasnim News Agency.

TEHERAN (Tasnim) – Un analista politico italiano ha denunciato l’uso sistematico, da parte del regime israeliano, degli omicidi mirati come prova eclatante di terrorismo sponsorizzato dallo Stato.

Giulio Chinappi, scrittore e analista politico italiano, ha dichiarato che il regime sionista utilizza sistematicamente gli omicidi mirati, le punizioni collettive e l’aggressione militare per sopprimere la resistenza e affermare una totale dominazione nella regione.

Di seguito, il testo integrale dell’intervista rilasciata dal ricercatore italiano:

In questi giorni il mondo sta assistendo a palesi atti di aggressione da parte del regime israeliano contro l’Iran e il suo popolo. A suo avviso, perché questo regime commette tali crimini contro civili indifesi a Gaza, in Libano e in Iran? Cosa lo spinge a continuare queste aggressioni, inclusi gli omicidi mirati?

In questi giorni il mondo sta assistendo più che mai a provocazioni sfacciate e atti di aggressione da parte del regime sionista contro l’Iran e il suo popolo. Dietro queste operazioni criminali – che si manifestano nei bombardamenti indiscriminati su Gaza, nei raid ripetuti in Libano e ora negli attacchi contro l’Iran – non c’è alcuna reale preoccupazione per la “sicurezza” o la “difesa”, come ripete la propaganda israeliana. Si tratta piuttosto di un progetto di dominazione e terrore. L’oligarchia politica di Tel Aviv, sostenuta da Washington, considera i popoli arabi e persino persiani come ostacoli da eliminare, mantenendo viva la retorica della “minaccia esistenziale” per giustificare la propria espansione militare. Gli omicidi mirati di comandanti e scienziati iraniani rientrano in questa logica: colpiscono psicologicamente e logisticamente il nemico, seminano paura tra la popolazione e indeboliscono la resistenza politica interna.

Il regime israeliano afferma di colpire i programmi nucleari e missilistici dell’Iran, ma in realtà prende di mira ospedali, infrastrutture e istituzioni mediatiche, con molte vittime tra donne e bambini. Come si spiega questa contraddizione? Qual è il vero obiettivo di queste azioni?

Quando il regime di Tel Aviv afferma di colpire i “programmi nucleari e missilistici” iraniani, lo fa sapendo che questi pretesti non reggono alcuna prova internazionale – non esistono infatti siti iraniani effettivamente dedicati alla costruzione di armi atomiche, come ha certificato più volte l’AIEA. Le vere vittime, invece, sono donne, bambini, personale medico, pazienti e giornalisti: ospedali rasi al suolo, reparti pediatrici distrutti, centrali elettriche e reti di comunicazione annientate. Questa netta contraddizione tra retorica ufficiale e realtà sul terreno rivela il vero obiettivo delle azioni israeliane: non fermare una minaccia nucleare inesistente, ma punire collettivamente le popolazioni arabe e persiane per consolidare l’egemonia regionale e imporre un regime permanente di apartheid.

Sebbene l’ONU e molte organizzazioni per i diritti umani abbiano documentato i crimini di guerra del regime israeliano, i governi occidentali continuano a sostenerlo militarmente e politicamente. Perché, secondo lei, i Paesi occidentali restano in gran parte in silenzio di fronte a questi crimini?

Sebbene organismi delle Nazioni Unite, Human Rights Watch e altre organizzazioni abbiano documentato in dettaglio i crimini di guerra commessi da Tel Aviv, i governi occidentali restano in gran parte complici, fornendo armi, copertura diplomatica e sostegno politico presso l’ONU. Questo silenzio – che equivale a un consenso – nasce da interessi economici e strategici. Le industrie della difesa statunitensi ed europee traggono profitti enormi dalla vendita di caccia, missili e munizioni, mentre geopoliticamente Israele è lo strumento preferito da Washington per reprimere ogni autonomia regionale – sia essa palestinese, libanese o iraniana. Così, la retorica dei “valori democratici” e dei “diritti umani” cede il passo al più nudo realismo politico.

I media occidentali spesso presentano il regime israeliano come se agisse per “autodifesa”, ignorando i massacri di civili a Gaza, in Libano e in Iran, nonché le campagne di assassinii. Come interpreta questa distorsione mediatica e cosa si può fare per contrastarla?

I principali media occidentali – BBC, CNN, The New York Times, Le Monde, The Guardian – dipingono abitualmente Israele come impegnato nella propria “autodifesa”, ripetendo questa formula senza metterla in discussione, mentre ignorano i massacri di civili a Gaza, in Libano e in Iran, così come le campagne di omicidi mirati del regime. Il risultato è un’opinione pubblica disinformata, che non ha alcuna percezione della reale portata dei crimini sionisti. Per contrastare questa distorsione, bisogna promuovere i media indipendenti, amplificare le voci dei freelance sul campo, tradurre e diffondere rapidamente i resoconti diretti e utilizzare le piattaforme sociali per spezzare il monopolio narrativo dei grandi conglomerati mediatici.

Qual è, secondo lei, l’obiettivo a lungo termine delle politiche aggressive ed espansioniste del regime sionista? Quali minacce rappresentano per i Paesi vicini in Medio Oriente?

Le politiche aggressive ed espansioniste del regime sionista non mirano alla “pace” o al “riconoscimento reciproco”, ma a una dominazione totale della regione: dall’annessione di Gerusalemme e della Cisgiordania al controllo de facto di Gaza, fino alla neutralizzazione dell’Iran e dei suoi alleati. Questa visione neo-imperialista minaccia la stabilità degli Stati confinanti – Libano, Siria, Iraq e Turchia sono sempre più esposti al rischio di confronti diretti e guerre per procura. Gli obiettivi a lungo termine di Israele includono il controllo delle risorse idriche ed energetiche vitali, la cancellazione di ogni identità nazionale palestinese o persiana e l’isolamento diplomatico di tutti i movimenti di resistenza islamisti o nazionalisti.

Qual è la sua reazione personale ai recenti attacchi contro l’Iran e all’uccisione di civili? Che messaggio vorrebbe condividere?

La mia reazione personale ai recenti attacchi contro l’Iran e all’uccisione di civili è di profonda indignazione e dolore. Sapere che civili innocenti – donne, anziani e bambini – pagano con la vita scelte politiche criminali mi riempie di tristezza. Il mio pensiero va a loro e a tutte le vittime. Il mio messaggio è questo: la forza militare non potrà mai cancellare l’orgoglio di un popolo che difende la propria libertà e sovranità. Invito i governi onesti, la società civile internazionale e tutte le persone di coscienza a mobilitarsi per fermare questa follia, abbattere il muro del silenzio e imporre sanzioni mirate ai responsabili. Finché non sarà fatta giustizia per il popolo iraniano – e per i palestinesi e libanesi – non ci potrà essere vera pace in Medio Oriente né sicurezza per il resto del mondo.

Gli Stati Uniti pongono regolarmente il veto alle risoluzioni dell’ONU che condannano i crimini del regime israeliano. A suo avviso, le politiche statunitensi favoriscono e alimentano queste aggressioni? Come si possono ritenere responsabili entrambi i regimi?

Senza dubbio, i veti statunitensi alle risoluzioni ONU che denunciano le atrocità israeliane rappresentano una vera e propria ancora di salvezza per un regime che opera al di sopra della legge. Proteggendo Tel Aviv anche da una semplice censura simbolica, Washington autorizza implicitamente ulteriori aggressioni. La politica statunitense non solo sostiene la campagna genocida di Israele a Gaza, ma ora si estende anche al bombardamento del territorio sovrano iraniano senza alcuna conseguenza. Per spezzare questa impunità, entrambi i regimi devono affrontare un esame internazionale indipendente: il Consiglio di Sicurezza dovrebbe deferire i loro leader alla Corte Penale Internazionale e l’Assemblea Generale creare tribunali ad hoc. Allo stesso tempo, gli Stati occidentali che consentono questi crimini – tramite la vendita di armi, la copertura diplomatica o il potere di veto – dovrebbero a loro volta essere soggetti a sanzioni globali e a un’inchiesta formale per complicità in crimini di guerra.

Il regime israeliano sostiene spesso di colpire obiettivi militari, ma in pratica viene colpita la popolazione civile. Questo è evidente a Gaza, dove il numero elevatissimo di vittime tra i bambini e di sopravvissuti con disabilità parla da solo. Allo stesso modo, nei recenti attacchi contro l’Iran, molte vittime sono state donne, bambini e civili. Qual è, secondo lei, il vero intento di Israele nel prendere di mira i civili in questo modo?

Il fatto che i civili vengano deliberatamente presi di mira rivela il vero obiettivo del regime sionista: terrorizzare e demoralizzare intere popolazioni, non semplicemente degradare “capacità militari”. A Gaza, ospedali, scuole e campi profughi sono stati rasi al suolo, lasciando bambini mutilati, traumatizzati o orfani. In Iran, i recenti attacchi contro quartieri urbani e redazioni giornalistiche, con donne e bambini tra i morti, svelano una strategia di punizione collettiva progettata per scoraggiare ogni forma di resistenza. Si tratta di una strategia fondata sul massimo terrore, sulla disgregazione della coesione sociale e sull’imposizione di una dominazione totale. È terrorismo di Stato, puro e semplice — ben lontano da qualunque reale esigenza militare.

Le proteste contro i crimini del regime sionista stanno crescendo in tutto il mondo. Come si può trasformare questa solidarietà globale in una pressione politica ed economica efficace?

L’ondata di proteste — da Londra a Nuova Delhi, da Buenos Aires a Johannesburg — dimostra che l’indignazione popolare supera i confini nazionali. Per trasformare questa solidarietà morale in una pressione concreta, gli attivisti e la società civile devono esigere che i propri governi impongano sanzioni mirate alle industrie militari israeliane e statunitensi, congelino i beni dei principali responsabili politici e sospendano ogni cooperazione commerciale e militare. Le campagne di disinvestimento devono colpire fondi pensione, banche e università coinvolte nel finanziamento del genocidio. Inoltre, gli Stati membri dell’ONU dovrebbero essere sollecitati a declassare o interrompere le relazioni diplomatiche con Israele e a condannare i veti statunitensi in ogni sede possibile.

Molti ritengono che i leader del regime israeliano dovrebbero essere processati da corti internazionali, come quella dell’Aia, per crimini di guerra e atti di terrorismo. Perché, secondo lei, non è stato ancora fatto nulla di serio in tal senso?

L’assenza di azioni legali serie contro i leader israeliani — nonostante l’enorme mole di prove — deriva da un doppio standard geopolitico. Israele, protetto dalla sua potenza tutelare, gode di un’immunità di fatto rispetto allo stato di diritto. Le richieste di portare Netanyahu, Katz o Eisenkot davanti alla Corte penale internazionale dell’Aia vengono regolarmente soffocate dall’influenza occidentale sulla CPI e sul Consiglio di Sicurezza. Per superare questa paralisi, la comunità internazionale deve far valere il principio della giurisdizione universale: i tribunali nazionali in Europa, America Latina o Africa possono incriminare i responsabili dei crimini di guerra e emettere mandati d’arresto. La società civile dovrebbe fare pressione affinché le magistrature interne agiscano, aggirando così la paralisi delle istituzioni internazionali politicizzate.

Da oltre settant’anni il regime israeliano e le sue agenzie di intelligence fanno uso di omicidi mirati nei confronti di figure politiche e militari — soprattutto tra i critici e gli oppositori — come strumento strategico. Perché questo regime fa così tanto affidamento sull’assassinio? Come valuta questo terrorismo di Stato?

L’assassinio è da tempo un pilastro strategico della prassi statuale sionista: dai tempi delle milizie pre-1948 fino al Mossad e alle forze speciali dell’IDF. Eliminando i critici e i cosiddetti “nemici”, Israele punta a prevenire qualsiasi sfida alle proprie ambizioni geopolitiche. Questo ricorso sistematico agli omicidi mirati — che colpiscono leader palestinesi, comandanti libanesi e scienziati iraniani — equivale a terrorismo di Stato. Viola ogni principio di sovranità e di giusto processo. Bisogna chiamarlo con il suo nome: esecuzione extragiudiziale. Solo definendo questi atti per quello che sono, si possono attivare meccanismi giuridici — processi per giurisdizione universale, mandati di arresto tramite Interpol, incriminazioni per crimini di guerra — per porre fine a questo regime del terrore.

Il regime israeliano possiede armi nucleari illegali senza alcun controllo da parte dell’AIEA, eppure attacca l’Iran con il pretesto delle preoccupazioni nucleari. Non si tratta di un esempio lampante di doppio standard nelle norme internazionali? Come dovrebbe affrontare la comunità internazionale questa ipocrisia?

L’ipocrisia non potrebbe essere più evidente: Israele siede su un arsenale nucleare clandestino, in violazione del Trattato di Non Proliferazione e al di fuori di ogni ispezione da parte dell’AIEA, eppure bombarda l’Iran con il pretesto di voler prevenire una bomba “immaginaria”. Questo doppio standard tradisce un ordine globale costruito su misura dei più forti. La comunità internazionale deve respingere questa applicazione selettiva delle regole: rafforzare il mandato dell’AIEA affinché ispezioni tutti gli Stati dotati di armi nucleari, esigere trasparenza da Israele e trattare come paria ogni Paese armato che si sottrae al controllo. Solo universalizzando le norme — senza eccezioni — potremo ridare credibilità ai principi che dovrebbero proteggerci tutti.

Quali sono le implicazioni del recente attacco statunitense contro le strutture nucleari iraniane per l’ordine internazionale, la credibilità dell’AIEA e il futuro della stabilità regionale?

Il recente bombardamento statunitense dei siti nucleari iraniani rappresenta un’escalation pericolosa che viola apertamente il diritto internazionale e la sovranità di uno Stato membro delle Nazioni Unite. Associandosi alla campagna unilaterale israeliana per annientare Fordow, Natanz e Isfahan, gli Stati Uniti hanno abbandonato ogni parvenza di diplomazia, riaffermando la propria disponibilità a fare guerra sotto la maschera della “non proliferazione”. Questo atto mina l’autorità stessa dell’AIEA — i cui ispettori non hanno mai trovato prove di un imminente programma bellico iraniano — e crea un precedente in base al quale la potenza militare dominante può bombardare qualunque Paese consideri una “minaccia”, a prescindere da ogni vincolo legale o morale.

L’affermazione secondo cui questi attacchi sarebbero stati “molto efficaci” e che l’Iran debba “fare la pace” o affrontare nuove aggressioni non è altro che un ultimatum mascherato: sottomettetevi ai dettami di USA e Israele, oppure verrete distrutti. Questa forma di coercizione cancella ogni prospettiva di negoziato autentico, spinge Teheran a irrigidirsi ulteriormente e rischia di provocare un conflitto ancora più vasto in tutto il Medio Oriente.

Inoltre, chi ha sganciato bombe penetranti su aree civili dovrà rispondere dei danni inevitabili a non combattenti. Ospedali, scuole e quartieri residenziali non possono essere considerati “danni collaterali” quando uno Stato impiega l’armamento più potente al mondo. Il fatto che i governi occidentali — inclusi i principali alleati degli USA — restino in silenzio o addirittura esprimano sostegno, aggrava ulteriormente il crimine, rivelando la complicità di chi si proclama difensore dei diritti umani ma finanzia e legittima tali atrocità.

Colpendo le strutture nucleari iraniane, gli Stati Uniti non hanno rafforzato la non proliferazione globale: ne hanno infranto le regole fondanti. La sicurezza vera non si costruisce con i bombardamenti e le minacce, ma solo attraverso accordi trasparenti e verificabili, applicati con imparzialità e sostenuti da istituzioni collettive — non da ali bombardiere che agiscono al di sopra della legge.

Iscriviti alla nostra Newsletter
Enter your email to receive a weekly round-up of our best posts. Learn more!
icon

AREA RISERVATA TESSERATI CeSE-M

Progetto di Ricerca CeSE-M

Il CeSE-M sui social

Naviga il sito

Tirocini Universitari

Partnership

Leggi anche