“GAZA, APOCALISSE UMANITARIA”. IL RACCONTO DELL’ON. STEFANIA ASCARI IN MISSIONE AL CONFINE COL VALICO DI RAFAH

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A cura della Redazione del Centro Studi Eurasia Mediterraneo

“L’apocalisse”. Questo il termine che l’On. Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle usa per definire quanto ha assistito durante la sua missione al confine con Rafah, a due passi da quella Striscia di Gaza, martoriata dai bombardamenti Israeliani. Una situazione – e sono le sue parole a descriverla – di annientamento di un popolo, quello palestinese, che prosegue davanti all’inerzia della Comunità Internazionale, che condanna, ma non si impone e non interviene. “Chi non lo vede è perché non vuole vederlo”, dice l’on. Ascari, come pure la pericolosa escalation che rischia di innescare – e gli episodi non sono mancati… – l’intera Regione vicino orientale.  

Che genere di situazione ha trovato all’arrivo al confine con Rafah? Come procedeva, se procedeva il flusso degli aiuti umanitari? Quante persone facevano uscire dai territori? Chi è riuscito ad uscire cosa ha raccontato a riguardo.

L’apocalisse. L’assedio israeliano ha causato una catastrofe umanitaria a Gaza senza precedenti con intere aree rase al suolo e una popolazione che continua a morire di fame e per inadeguate cure sanitarie oltre che sotto le bombe. Migliaia e migliaia di aiuti umanitari sono, infatti, bloccati dalle autorità israeliane a pochi chilometri da Rafah, una chiara dimostrazione dell’intenzione di Israele di affamare e annientare la popolazione palestinese usando la fame come arma di guerra.

Il prezzo altissimo pagato dalla popolazione (decine di migliaia di morti e feriti), e le condizioni disumane per gli intrappolati all’interno della Striscia di Gaza: perché non si trovano soluzioni? perché non si riesce a mettere fine al massacro secondo lei?

Perché in Occidente per molto tempo sulla questione palestinese ha sempre prevalso un doppio standard che ha portato a minimizzare le sofferenze dei palestinesi e a disumanizzarli. Sono certa che se in qualsiasi altra parte del mondo si fosse verificato ciò che sta accadendo a Gaza con oltre 30mila morti in poco più di sei mesi, la comunità internazionale sarebbe intervenuta con molta più decisione per la pace e il cessate il fuoco.

Gli Usa condannano, ma poi proseguono nel sostegno all’alleato israeliano, Nazioni Unite di fatto impotenti: cosa è saltato a suo parere, rispetto ad una crisi che continua ad aggravarsi?

Le parole di condanna non bastano se poi nei fatti si continuano a fornire armi a Israele e quindi si allontana la prospettiva del cessate il fuoco. La pace si può costruire solo con la pace, favorendo la diplomazia e i negoziati, non con le armi.

L’Unione Europea e l’Italia restano solo spettatori? Hanno intuito e capito il disastro umanitario in corso?

Il disastro umanitario è sotto gli occhi di tutti. Chi non lo vede è perché non vuole vederlo. Più volte abbiamo esortato il Governo Meloni a prendere una posizione forte e chiara contro i crimini e le violazioni del diritto internazionale commessi da Netanyahu, ma non abbiamo mai ricevuto risposta. Ora chiediamo che l’Italia ripristini immediatamente i fondi a UNRWA, alla luce del report della Commissione indipendente ONU che testimonia come Israele non abbia mai fornito prove a supporto delle gravi accuse di collusione con Hamas rivolte a UNRWA, l’agenzia da cui dipendono la fornitura e la vita di 2 milioni di palestinesi a Gaza e 4 milioni di rifugiati palestinesi in Siria, Giordania e Libano.

Che genere di ripercussioni potrebbe avere sui paesi confinanti e sulla regione anche dopo il botta e risposta tra Israele e Iran?

Esiste il rischio di un allargamento del conflitto e sarebbe drammatico. Una possibile terza guerra mondiale ormai fa parte dei nostri discorsi quotidiana e questo è intollerabile.

Cosa porta con sé di questa esperienza, dell’aver visto e soprattutto toccato con mano quanto sta avvenendo e cosa si prone di fare?

Vedere con i propri occhi elimina ogni filtro, il contatto con la realtà in tutta la sua crudezza è diretto, alimenta l’empatia e la voglia di impegnarsi attivamente per la pace. Spesso i giornali ci parlano di numeri e il conteggio delle vittime smette presto di impressionare e di scuotere le coscienze. Non bisogna mai dimenticare che non parliamo di numeri, ma di persone, tra cui migliaia e migliaia di bambini. Non perdiamo la nostra umanità.

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