Opportunità e sfide del corridoio economico Cina-Pakistan

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Lanciato nel 2015, il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC) è un progetto di sviluppo infrastrutturale che prevede la costruzione di una articolata rete di infrastrutture – autostrade, ferrovie e oleodotti – e avente come obiettivi quelli di sviluppare la capacità energetica del Pakistan e, al contempo, potenziarne l’economia anche attraverso investimenti esteri da attrarre e da destinare in vari campi di infrastrutture sociali.

Mappa dei principali progetti del corridoio economico Cina-Pakistan

Obiettivo ultimo di questo progetto, per cui è previsto un investimento multimiliardario, è quello di collegare il porto di Gwadar, nel Baluchistan nel sud-ovest del Pakistan, con la provincia cinese dello Xinjiang, la frontiera nord-occidentale della Cina.

Il corridoio economico Cina-Pakistan è inserito nella Belt and Road Initiative, il grande progetto promosso da Pechino noto al grande pubblico come Nuova Via Della Seta.

Overview Della Belt and Road Initiative

La Belt and Road Initiative – lanciata nel 2013 da Pechino – è il progetto che più simboleggia la visione del presidente cinese Xi Jinping relativamente al ruolo e alla posizione della Repubblica Cinese nel mondo contemporaneo, il cui obiettivo a lungo termine è quello di promuovere una globalizzazione con caratteristiche cinesi. “Al fine di rendere i legami economici più stretti, la cooperazione reciproca più profonda e lo spazio di sviluppo più ampio tra i paesi eurasiatici, possiamo innovare la modalità di cooperazione e costruire insieme la una Nuova Via della Seta passo dopo passo per formare gradualmente una cooperazione regionale globale”, aveva dichiarato il presidente cinese durante il suo discorso all’Università Nazarbayev di Astana, in Kazakistan, quando lanciò il suo ambizioso progetto della BRI.

Ad oggi, il progetto ha coinvolto circa sessanta Paesi che insieme rappresentano i due terzi della popolazione mondiale e prevede la fondazione di due importanti istituzioni finanziarie: l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), l’equivalente cinese della Banca Mondiale, e il Silk Road Fund, un fondo destinato alla realizzazione  di opere lungo la via della seta, che richiama le funzioni del Fondo Monetario Internazionale; quello che, invece, interessa trattare in questo articolo è la creazione di infrastrutture di connettività.

A grandi linee, si può dire che la BRI consiste nella creazione di due nuove via – una “Via della seta terrestre” e una “Via della seta marittima” – che permettano alla Repubblica Popolare Cinese di connettersi al resto del mondo attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture come ferrovie ad alta velocità, porti e aeroporti, oleodotti e acquedotti, reti di telecomunicazioni e reti internet.

L’iniziativa promossa da Pechino prevede, in modo più concreto, la creazione di sei principali corridoi economici[1], tra cui il corridoio Cina-Pakistan (CPEC), quello di cui ci occuperemo nello specifico in questo breve saggio. L’importanza di questo corridoio infrastrutturale è data dalla posizione strategica del Paese che dovrebbe attraversare, il Pakistan,  Stato che si trova in una posizione ideale per fungere da punto di raccordo della via della seta terrestre con quella marittima; questo rende il CPEC uno dei progetti più importanti della BRI.

Qual è la relazione tra la BRI e i principi di politica estera della Cina?

La Nuova via della seta incarna il tentativo più ampio volto a promuovere un ordine regionale fondato sui principi di sovranità nazionale e non interferenza negli affari interni di un Paese altro, concetti cari alla politica estera e diplomatica cinese e non derogabili. Nel discorso di lancio della BRI, Xi Jinping affermava che la Cina non sarebbe mai intervenuta negli “affari interni dei paesi dell’Asia centrale” e che non avrebbe cercato “la leadership negli affari regionali” o gestito “sfera di influenza”.

Attraverso la progressiva realizzazione di questo progetto, il colosso asiatico è capace di offrire ai paesi partner opportunità di collaborazione economica incentrata sulla logica win-win. La Nuova Via della Seta si impegna a promuovere “benefici condivisi” per i partecipanti al progetto. Pechino mira a ottenere un nuovo ruolo nel panorama globale attraverso uno sviluppo armonioso e inclusivo per tutti gli attori coinvolti. In altre parole, il progetto della Belt and Road rappresenta una moderna incarnazione dell’approccio cinese che colloca l’interesse collettivo al di sopra degli interessi individuali, rifiutando il gioco a somma zero, in cui il successo di alcuni si ottiene a scapito di altri, che ha da decenni caratterizzato le relazioni internazionali della tradizione anglosassone.

In un tale scenario, l’ascesa della Cina non si verificherebbe a scapito di altri Paesi e popoli.

Tale approccio è particolarmente attraente per i partner della regione. Attraverso gli investimenti offerti dalla Cina, i paesi partner si aspetto una svolta decisiva nel proprio sviluppo socio-economico. Nel contesto specifico del Pakistan, l’attuazione adeguata del Corridoio Economico si prospetta come la chiave per un futuro radioso, aprendo anche alla possibilità per il paese di emergere come una nuova potenza economica nella regione, affianco ad India e Cina.

Quali sono gli obiettivi geopolitici del Nuova via della Seta?

Nell”ottica di una ottimizzazione economica interna, la Cina mira a riequilibrare la bilancia economica e demografica derivante dalla sua rapida crescita economica. La BRI, allora, rappresenta un’importante opportunità per stimolare lo sviluppo delle province interne e più arretrate del paese, trasformandole in nuovi centri economici nevralgici e punti strategici per la connessione transnazionale.

In altre parole, si cerca di raggiungere l’obiettivo di creare un equilibrio territoriale e promuovere una distribuzione più equa delle risorse e delle opportunità di sviluppo, favorendo, al contempo, la convergenza economica tra le diverse regioni cinesi che godono di uno sviluppo non omogeneo.

La Nuova via della Seta offre, così, anche uno sbocco alla forte saturazione infrastrutturale e alla sovracapacità delle imprese statali del paese: l’eccesso di produzione viene esportato verso i Paesi che aderiscono all’initiative, evitando così un ridimensionamento dell’economia cinese a costi economici e politici significativi.

Nel complesso quindi la BRI rappresenta un’opportunità per affrontare i problemi interni evitando elevati costi politici e sociali e, allo stesso tempo, rilanciando i successi del modello di capitalismo con caratteristiche cinesi promosso nel tempo dal Partito Comunista Cinese.

Dal punto di vista internazionale, invece, la Cina ambisce a consolidare una posizione di rilievo nella nuova governance economica e politico globale. Per conseguire tale obiettivo, il Paese del Dragone mira a “marciare a ovest”, concentrandosi sulle regioni dell’Asia Centrale e in quei Paesi dell’Europa dove la resistenza alla sua ascesa è meno significativa.

In molti sostengono anche che Pechino stia promuovendo una sorta di “Debt trap diplomacy” attraverso la quale concede enormi prestiti a stati finanziariamente vulnerabili, come in questo caso il Pakistan, i quali saranno difficilmente in grado di ripagare i debiti contratti. Ciò potrebbe portare Islamabad a cedere il controllo delle infrastrutture finanziate dalla Cina, con conseguente erosione della propria sovranità. Secondo questa prospettiva, l’obiettivo ultimo di Pechino sarebbe quello di ottenere un effettivo controllo della regione.

Tuttavia, è importante distaccarsi da una narrazione geopolitica che presenta Pechino come una nuova potenza imperialista che cerca di imporre il proprio modello e i propri progetti sui paesi partner. Diverse analisi più dettagliate, che trascendono la semplificazione dei fatti, rivelano una prospettiva diversa sulla Cina, dimostrando che la potenza asiatica non è realmente impegnata in un’ingannevole strategia di persuasione dei paesi più poveri affinché contraggano prestiti, al fine di poi assumere il controllo delle loro infrastrutture. Allo stesso modo, i paesi debitori non sono meri burattini sfortunati nelle mani di Pechino, spesso presentata in occidente come un Paese che agirebbe alla stregua di un’organizzazione mafiosa.

Ad esempio, lo studio di Deborah Brautigam e Meg Rithmire dimostra come Pechino sia sempre stata ben disposta a rinegoziare i termini dei prestiti esistenti e che non ha mai effettivamente sequestrato un asset da nessun paese, tanto meno nel caso molto discusso relativo porto di Hambantota in Sri Lanka. Quello che viene implementato nel contesto della BRI è, infatti, frutto di negoziazioni e scambi molto più complessi di quanto una narrazione geopolitica semplificata, tipicamente occidentale, voglia raccontare.

Più realisticamente, l’approccio della Cina è guidato da interessi come la ricerca di sicurezza economica, l’espansione delle opportunità commerciali e la promozione della cooperazione internazionale e la ferma volontà di muoversi in un contesto internazionale governato dalla stabilità nei rapporti tra Stati, superando l’anarchia e la perenne competizione, tipiche di una concezione realista delle relazioni internazionali. In particolar modo, il vasto progetto guidato dalla Cina mira a estendere la sua influenza attraverso relazioni economiche nelle regioni dell’Asia Centrale ma, soprattutto, tende a ridurre la dipendenza dalle rotte tradizionali del Mare Cinese del Sud.

L’importanza porto di Gwadar

Detto questo, non dovrebbe sorprendere, quindi, il fatto che il porto pakistano di Gwadar sia considerato uno progetto di punta della Nuova Via della Seta.

La ragione dell’importanza di questo progetto è da ricercarsi nel ruolo cruciale che questa infrastruttura portuale potrebbe svolgere nel garantire la stabilità e la sicurezza energetica del gigante asiatico; il porto di Gwadar, infatti, offre una rotta molto più breve per il trasporto di merci e petrolio verso la Cina rispetto all’attuale percorso attraverso lo Stretto di Malacca e il Mar Cinese del Sud. Oltre ai vantaggi in termini di tempi e costi, le problematiche legate allo Stretto di Malacca sono principalmente di natura strategica. In caso di conflitto nel Mar Cinese Meridionale, area di grande tensione, una potenziale chiusura dello stretto isolerebbe la Cina dai mercati occidentali e dalle materie prime provenienti dal Medio Oriente da cui la Cina dipende fortemente per il suo sviluppo.

Sfide interne: Economia del Pakistan, gruppi jihadisti, instabilità politica e i recenti disordini in Pakistan

Tuttavia, l’attuazione di questo strategico corridoio economico ha davanti a sé diversi ostacoli e il suo successo dipende dalla capacità degli attori coinvolti di affrontarli in modo appropriato. Innanzitutto, la stabilità politica del Pakistan è un fattore cruciale per il successo del CPEC.

Nei settant’anni anni successivi alla sua indipendenza nel 1947, il Pakistan è stato caratterizzato da una cronica precarietà politica cui hanno contribuito tre colpi di stato, a seguito dei quali l’esercito ha governato il paese a fasi alterne.

La crisi più recente è scoppiata lo scorso 9 maggio con l’arresto dell’ex primo ministro Imran Khan da parte delle forze armate: l’attesto ha scatenato una serie di manifestazioni, alcune delle quali violente, in tutto il paese. Quattro giorni dopo l’arresto, la Corte Suprema ha dichiarato illegale la sua detenzione, ma l’esercito ha risposto arrestando molti collaboratori dello stesso Khan e ha costretto gran parte dell’establishment del suo partito, il Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), a dimettersi contro la propria volontà. Questa crisi istituzionale che dura da mesi ha origine nel voto di sfiducia che ha portato alla caduta del governo di Khan nell’aprile 2022.

L’arresto dell’ex primo ministro rappresenta quindi l’apice dello scontro tra l’esercito e l’ex premier pakistano.

Tale instabilità rappresenta una sfida significativa per la continuazione del CPEC per diverse ragioni. Da una parte, quest’incertezza politico-istituzionale potrebbe inficiare sulla capacità dell’attuale governo di Shehbaz Sharif di gestire le considerevoli somme di denaro provenienti da Pechino e destinate alla costruzione delle infrastrutture necessarie per il corridoio economico. Dall’altra parte, la costante ingerenza dell’esercito negli affari politici del paese può avere conseguenze negative sulla capacità del governo di Islamabad di rispondere in modo efficiente alle preoccupazioni popolari, specialmente in un periodo di crescente disordine caratterizzato dall’aumento dell’inflazione e da una preoccupante carenza di cibo.

Per assicurare il sostegno popolare al progetto, essenziale per una corretta implementazione, è necessario limitare il più possibile il coinvolgimento dell’esercito nella gestione dei progetti del CPEC.

Promuovere una crescita economica sostenuta rappresenta la seconda sfida per il successo a lungo termine del CPEC.

È, infatti, fondamentale che, sul medio-lungo periodo, l’economia del Pakistan trovi una sua stabilità e sia in grado di generare le risorse necessarie per ripagare i considerevoli debiti contratti per la costruzione delle infrastrutture previste dal progetto. Nei fatti, il CPEC è finanziato principalmente attraverso prestiti agevolati dalla Cina, ammontanti a circa 60 miliardi di dollari.

La preoccupazione principale è che il governo pakistano non sia in grado di adottare le misure necessarie per poter ripotare la bilancia dei pagamenti in equilibrio. Gli investimenti crescenti, ma non preventivati, richiesti per potenziare alcune infrastrutture stanno gravemente deteriorando la bilancia dei pagamenti dello stato pakistano, portando a un significativo aumento del debito estero, che è quasi raddoppiato rispetto al 2015.

La capacità di Islamabad di ripagare i debiti dipenderà quindi dalla sua abilità nel realizzare gli investimenti adeguati e intraprendere una crescita basata sulle esportazioni. Tuttavia, le recenti politiche finanziarie del governo hanno creato un circolo vizioso, con una svolta verso il protezionismo e l’adozione di misure che scoraggiano la penetrazione straniera. Ciò può rappresentare un ostacolo alla diversificazione economica, all’attrazione di investimenti esteri e alla crescita del turismo, necessari per una crescita sostenibile e per ripagare l’ingente debito estero.

Un’ultima sfida per il successo dello sviluppo dei progetti CPEC riguarda una serie di problemi di sicurezza. Attualmente, queste preoccupazioni derivano dalla presenza di una rete di gruppi estremisti presenti nel paese, tra cui il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM), Tehreek-e-Taliban (TTP), Lashkar-e-Tayyiba, Lashkar-e-Jhangvi, (LeJ), Daesh (ISIS), Balochistan Liberation Front (BLF) e altre fazioni militanti di alcuni partiti politici pakistani.

Questa rete si estende dalla regione dello Xinjiang, attraverso le zone tribali presenti lungo il confine con l’Afghanistan, fino al porto di Gwadar. Tali gruppi rappresenterebbero una fonte di instabilità poiché responsabili di molteplici attacchi terroristici, come nel recente caso della ETIM, l’azienda cinese che si occupava dell’installazione di apparecchiature relative ai progetti del corridoio. Tali attacchi mirano ad interrompere l’avanzamento delle opere previste nel contesto del CPEC. Inoltre, diversi di questi gruppi terroristici ricevono finanziamenti da attori esterni che hanno interessi nella regione, come la CIA americana, il Mossad israeliano e la RAW indiana, i quali avrebbero fornito supporto continuo a gruppi militanti per condurre atti sovversivi minacciando lo sviluppo del corridoio sino-pakistano.

Nel 2016, in risposta alle legittime preoccupazioni sulla sicurezza dei progetti del CPEC, l’esercito pakistano ha prontamente costituito la Special Security Division. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, il controllo e lo smantellamento dell’attività di tali gruppi rimane una sfida di primaria importanza per la prosecuzione del progetto.

La continuità del CPEC dipenderà, quindi, da una maggiore sicurezza che assicuri una protezione reale dei lavoratori impiegati nel progetto e che tuteli gli investimenti necessari alla realizzazione del corridoio economico. Una maggiore sicurezza militare, affiancata da un impegno concreto per lo sviluppo socio-economico e l’istruzione, specialmente nelle regioni sottosviluppate in cui il rischio di proliferazione di gruppi estremisti è più elevato, si configura come un elemento imprescindibile per mitigare le minacce presenti e per assicurare un ambiente sicuro al fine di garantire il successo continuativo del CPEC.

Sfide internazionali: Preoccupazioni dell’India

Per quanto riguarda le sfide internazionali, uno dei principali ostacoli si presenta nell’opposizione di attori regionali di rilievo, quali l’India e la Russia, che nutrono preoccupazioni riguardo all’eccessiva influenza cinese. In occasione di una visita a Pechino nel 2015, il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha respinto il progetto definendolo “inaccettabile”. L’opposizione al progetto dell’India trova fondamento in motivazioni di natura strategica e geopolitica.

Non solo la Nuova Via della Seta viene percepita da Nuova Delhi come un tentativo di accerchiamento da parte della Cina, ma il corridoio sino-pakistano è considerato una minaccia in quanto contribuisce a rafforzare le relazioni tra i due paesi in chiave anti-indiana. Inoltre le preoccupazioni dell’india riguardano in parte il fatto che il corridoio, una volta completato, attraverserà l’area del Kashmir, regione storicamente oggetto di dispute tra Pakistan e India.

Infine, il paese guidato da Narendra Modi si oppone al progetto temendo le conseguenze di una possibile militarizzazione di infrastrutture civili, tra cui il porto di Gwadar. Nonostante Xi Jinping abbia assicurato che l’iniziativa ha unicamente scopi pacifici, non tutti ne sono convinti. In effetti, molte delle infrastrutture previste dal progetto potrebbero essere facilmente adattate a scopi militari. Secondo varie disposizioni legislative, tutti i progetti di fabbricazione cinese devono rispettare gli standard per ospitare le forze armate e la marina del paese. Ciò vale anche per i progetti all’estero, come la Nuova Via della Seta. Questo implica che le infrastrutture realizzate nel conteso della BRI, come in questo caso il porto di Gwadar, potrebbero essere militarizzate in futuro. Tuttavia, al momento,  l’obiettivo principale del gigante asiatico sia quello di espandere la sua influenza economica piuttosto che adottare un approccio di natura militare, puntando su una prospettiva di collaborazione reciproca che è alla base della filosofia diplomatica di Pechino.

Ad ogni modo, l’opposizione dell’India rappresenta un serio ostacolo alla realizzazione del corridoio economico, specialmente qualora persista nel fornire sostegno finanziario ai gruppi estremisti che operano nella regione con l’intento di bloccare o sabotare il progetto. La continuazione e il successo del progetto dipendono fortemente dalla capacità dei tre attori coinvolti – Cina, India e Pakistan – di intraprendere un dialogo costruttivo per affrontare le divergenze e le preoccupazioni legate al progetto.

In particolare, Islamabad e Pechino dovrebbero fornire le giuste rassicurazioni a Nuova Dehli che il progetto non sia concepito in chiave anti-indiana. Una comunicazione aperta e trasparente tra le parti coinvolte è essenziale per creare fiducia reciproca e per risolvere le preoccupazioni legittime sollevate dall’India.

La prospettiva Europea al CPEC

Dal punto di vista europeo, il corridoio economico tra Cina e Pakistan rappresenta sia un’opportunità che una fonte di preoccupazioni. Da un lato, il CPEC ha il potenziale di incrementare il commercio e la connettività tra l’Europa e l’Asia, promuovendo l’integrazione regionale e migliorando le infrastrutture di trasporto. Ciò potrebbe favorire gli scambi commerciali e rafforzare la cooperazione economica tra l’Europa e la regione asiatica. Inoltre, la realizzazione di progetti energetici all’interno del CPEC potrebbe contribuire a garantire un approvvigionamento energetico più stabile e diversificato per l’Europa, riducendo la dipendenza da fonti energetiche tradizionali e promuovendo una maggiore sicurezza energetica.

Tuttavia, diversi paesi europei manifestano preoccupazioni riguardo al nuovo corridoio sino-pakistano. Una delle ragioni che spinge i partner europei a mostrarsi cauti nel partecipare al progetto riguarda il rispetto di norme e standard, come la trasparenza e il rispetto dei diritti umani. La cooperazione nel contesto della BRI implica, in modo implicito o esplicito, una legittimazione di un modello di governance che potrebbe non essere completamente allineato con i valori liberali sostenuti dall’Europa.

Di conseguenza, l’approccio del CPEC può risultare più problematico per i partner europei e per altri paesi con orientamenti liberali.

Le preoccupazioni legate al CPEC si concentrano soprattutto attorno a considerazioni di natura geopolitica. Nel contesto occidentale, cresce la preoccupazione che il progetto possa rafforzare in modo significativo l’influenza cinese nella regione, mettendone a rischio lo status quo. In effetti, la realizzazione di tale progetto sta minando la tradizionale partnership tra Islamabad e Washington – a tutto vantaggio di Pechino – con il potenziale effetto di ridurre la presenza statunitense nella regione. Infine, diversi stati europei, come Germania e Francia, nutrono preoccupazioni anche riguardo questioni di sicurezza, derivanti dall’aumento delle attività dei gruppi estremisti presenti sul territorio pakistano. In un tale scenario il flusso commerciale nella regione e la sicurezza degli Stati che utilizzano le rotte di transito in quest’area sarebbero messi in pericolo.

NOTE AL TESTO

[1] Nuovo ponte terrestre Eurasiatico (NELB); Corridoio economico Cina-Mongolia-Russia (CMREC); Corridoio Economico Cina-Medioriente-Sudovest Asiatico CCWAEC); Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC); Corridoio economico Bangladesh-Cina-India-Myanmar (BCIMEC); Corridoio economico Cina-Indocina (CICPEC)

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