Le vere sfide del Senegal: L’offensiva occidentale contro l’asse Dakar-Teheran-Caracas

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Articolo pubblicato su Palestine-solidarite.fr – Traduzione di Sorel Mbah per il CeSEM

In agosto 2020, mentre scendevano in piazza migliaia di maliani per protestare contro l’occupazione francese completamente implicata, gli strateghi dell’Eliseo si sono messi a cercare un piano B.

Di fronte a questo movimento torrentizio anti-francese che percorreva le strade e di un IBK che non era certo un santo, ma che attraverso le sue azioni ben ostacolava l’influenza francese (e si poneva come un ostacolo all’influenza francese) al nord e al centro del Paese dove gli agenti dei servizi segreti occidentali, i così detti jihadisti uccisero i maliani certamente senza poterli dividere, anche se il loro massacro aveva un carattere piuttosto etnico, la Francia ha fomentato un colpo di Stato monopolizzando il movimento popolare: la giunta istruita per alcuni alla scuola americana e francese si è rivelata essere di una formidabile efficienza da quando IBK (Ibrahim Boubacar Keïta è stato Presidente del Mali dal 2013 al 2020) è uscito di scena, è riuscita a rimettere in carreggiata tutti gli accordi e trattati che i maliani odiavano e odiano ancora tra cui l’accordo di Algeri, il quale prevede apertamente lo smembramento del Paese o del G5 Sahel, che significa entrare dalla finestra quando uno viene messo alla porta.

Tuttavia, pienamente acquisita agli interessi americani, la stessa Francia sembra voler ripetere il colpo in Senegal. La sera scorsa, Maky Sall ha richiamato i giovani alla calma e alla serenità anche se i social media, i media extra territoriali come quelli mainstream continuano ad invitare i senegalesi a scendere in piazza facendo quindi aumentare il numero di morti e feriti allo stesso tempo e inventando storie su questo cosiddetto avversario Ousmane Sonko, di tutte le virtù possibili ed inimmaginabili. E poi questi negozi Auchan che curiosamente vengono saccheggiati per dare un colore anti-francese al movimento e per ingannare la popolazione.

Washington e Parigi stanno manipolando le masse per far avanzare il loro piano?

Poco fa, il capo dei servizi segreti francesi “prometteva” in un tono particolarmente minaccioso la recrudescenza del terrorismo di Al-Qaeda o Daesh sulla costa. Questi movimenti di massa, più o meno manipolati, questi tentativi di fomentare la violenza in Casamance, si iscrivono nel quadro di uno scenario volto a provocare una guerra civile e ad includere il fattore terrorismo sul territorio senegalese? Possibile, soprattutto perché il Paese ospita il quartiere generale dei marines statunitensi in Africa, cioé Africom.

E quindi la scoperta del gas tende a fare di questo strategico paradiso dell’Africa orientale il vettore di un “OPEC del gas”…

Jeune Afrique scriveva recentemente “per la seconda volta in tre mesi, le autorità di Dakar hanno incontrato i funzionari del Forum dei Paesi esportatori del gas (GECF, Russia – Iran – Algeria – Guinea equatoriale). A meta febbraio, i funzionari del Governo senegalese, tra cui Aissatou Sophie Gladima, ministro del petrolio e dell’energia, e Mamadou Sall, ambasciatore di Dakar in Qatar si sono intrattenuti con i dirigenti del Forum dei Paesi esportatori del gas.

Ebbene uno Stato così importante come il Senegal con dei porti strategici sull’Atlantico non ha bisogno di integrare alcuna struttura o monopolio che possa pesare sul futuro delle esportazioni energetiche che stanno saccheggiando e dirottando sull’occidente. Sall ha visibilmente passato il rubicone dei neocolonialisti.

Venezuela / Senegal / Iran : l’asse anti-sanzione era presente!

Il Mali e il Senegal hanno partecipato al corridoio anti sanzioni istituito dall’asse della resistenza. Questo corridoio è stato creato per far saltare la leva di pressione unilaterale e illegale imposto dagli Stati Uniti, attraverso il ricatto della politica di sanzione, per fare piegare le potenze che non si inchinano davanti a Washington.

Diversi Paesi hanno aderito a questo corridoio in un modo o nell’altro, il quale collega l’Iran e il Venezuela passando tra l’altro dal Senegal.

Detto ciò, altri Paesi aderiscono a questo corridoio tuttavia senza ufficializzarlo. Era il caso del Mali sotto la presidenza di Ibrahim Boubacar Keita.

Secondo un articolo “Bamako collaborava con Caracas per aiutare il Venezuela ad aggirare le sanzioni imposte dall’occidente nel 2019 per sostituire con la forza Nicolas Maduro, eletto dal popolo, con Juan Guaido un fantoccio dell’occidente”. Nel 2020, il Mali sarebbe servito come centro di una rete di commercio di lingotti d’oro.

Mentre le sanzioni americane contro la compagnia petrolifera nazionale impediscono a Caracas di avere accesso a delle liquidità sufficienti, quest’ultimo ha trovato una soluzione. Secondo alcune indiscrezioni, le riserve d’oro della banca centrale vengono spedite in Mali tramite aerei russi prima di essere rivendute principalmente agli Emirati Arabi Uniti che insieme a Dubai possiedono uno dei principali centri mondiali di commercio d’oro.

Adesso è possibile notare che gli Stati Uniti e i Paesi europei hanno tentato in qualche modo di minare questo corridoio anti sanzioni, ovviamente fu un fallimento. Si ricorda, (per la cronaca) che queste sanzioni sono imposte illegalmente e vengono considerate da molti Paesi nel mondo come terrorismo economico.

Il fatto che il presidente di un Paese africano decida di aderire a questo corridoio anti-sanzione statunitense, diventa quasi istantaneamente un bersaglio da abbattere.

Così le campagne iniziano sui social media, le manifestazioni, le rivolte, le violenze si moltiplicano per portare poi a un colpo di Stato o alla partenza del presidente bersaglio. Questo scenario è stato ovviamente messo in atto in Senegal ed è possibile vedere lo stesso nei Paesi che non solo hanno scelto partenariati vantaggiosi per tutti ma che hanno aderito da vicino o da lontano a questo corridoio anti sanzione. Il Senegal è del resto incline a questo tipo di campagna. Questo è uno dei motivi per cui Dakar ha deciso di intraprendere un processo di messa in sicurezza della Casamance in modo da non servire da scenario di un remake come fu il caso in Etiopia o in Camerun.

In ogni caso, il fatto che l’amministrazione Biden miri principalmente al monopolio delle acque navigabili è anche per poter bloccare i corridoi anti-sanzioni che vengono istituiti dalla resistenza per tenere testa all’occidente e soprattutto, per preservare la sovranità e integrità dei rispettivi Paesi. Questo regime di sanzioni introdotto dagli Stati Uniti, quindi non funziona, e, al contrario, queste sanzioni spingono i Paesi che ne sono vittime a rafforzarsi ed a trovare nuovi alleati rendendosi conto che queste alleanze permettono non solo di uscire dal vortice neocolonialista istituito per controllare i Paesi dell’Africa, ma in più, di sviluppare realmente e rendere sicuro il loro Paese.

La scelta si fa abbastanza rapidamente, l’asse della Resistenza sta crescendo enormemente, anche se molti ancora non formalizzano la loro partecipazione.

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