Intervista di Simon Shuster ad Aljaksandr Lukašėnka: guerra, diplomazia e potere

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Il Presidente bielorusso Aljaksandr Lukašėnka ha concesso un’ampia intervista al corrispondente Simon Shuster del magazine Time. In un dialogo di oltre due ore sono stati affrontati i temi più importanti della politica interna ed estera bielorussa.

Il Presidente bielorusso Aljaksandr Lukašėnka ha concesso un’ampia intervista al corrispondente Simon Shuster del magazine Time. In un dialogo di oltre due ore sono stati affrontati i temi più importanti della politica interna ed estera bielorussa: il ruolo di Minsk nel conflitto russo-ucraino, le trattative di pace tra Mosca e Washington e le mosse strategiche di Lukašėnka per preservare la stabilità interna. Nell’intervista si è parlato anche del futuro politico del governo di Minsk, con il Presidente che ha annunciato di non volersi ricandidare e ha smentito qualsiasi successione dinastica.

L’incontro con Shuster si colloca in un contesto internazionale teso: da mesi Lukašėnka si era offerto come “mediato­re” nei negoziati tra Russia e Stati Uniti sulle sorti della guerra in Ucraina, cercando di sfruttare la sua stretta alleanza con Vladimir Putin per intavolare un dialogo riservato con la nuova amministrazione Trump. Una scelta che fa da sfondo all’intervista: Shuster, infatti, spiega di essere stato contattato dalle autorità bielorusse e portato a Minsk per un colloquio “a tutto campo”, senza vincoli sui temi da trattare. La prospettiva di partenza è chiarita proprio dal giornalista del Time: secondo Shuster, dal 2022 la Russia ha usato la Bielorussia come “balcone” verso l’Europa – per posizionare armamenti, lanciare missili e anche avviare le operazioni militari. Pur avendo evitato di mandare truppe proprie al fronte ucraino, Lukašėnka è percepito a Kiev e in gran parte dell’Occidente come un complice di Putin nella cosiddetta “aggressione contro l’Ucraina”. L’intervista ha quindi rappresentato per il leader di Minsk l’occasione di spiegare la sua posizione e di presentarsi ai media occidentali come un potenziale facilitatore di pace.

Accordi di pace e guerra in Ucraina

Un tema centrale dell’intervista è stato il conflitto ucraino. Lukašėnka ha confermato la versione russa delle dinamiche belliche, evidenziando le responsabilità dell’Ucraina per il perdurare delle ostilità. In apertura di colloquio, ha sottolineato che Kiev «vive accanto a un orso russo addormentato» e che, a suo avviso, Volodymyr Zelens’kyj lo ha «svegliato» provocando così l’intervento militare russo. Continuando su questo argomento, il Presidente bielorusso ha proposto che, in sede di negoziati, l’Ucraina non fosse inizialmente coinvolta: «Putin vuole prima un accordo con voi», ha detto a Shuster in quanto statunitense, primo giorno – accordo con gli Stati Uniti, poi invitate Zelens’kyj. Sarebbe più dignitoso». Questa linea ricalca la strategia di Mosca: secondo Lukašėnka, la questione ucraina non dovrebbe essere dibattuta in un forum multilaterale ma risolta bilateralmente tra USA e Russia, con l’Europa e Kiev inizialmente “assenti” dal tavolo dei negoziati, a dimostrazione di chi siano le reali parti in conflitto.

Parallelamente, Lukašėnka ha cercato di ritagliarsi il ruolo di un ponte verso la pace. Con tono fiducioso verso la buona fede russa, ha assicurato che Putin sarebbe «pronto a fare concessioni» e avrebbe interesse a negoziare un accordo duraturo. Nessun dettaglio concreto sul modus operandi, ma il messaggio è stato chiaro: per interrompere il conflitto occorrerebbero «accordi ragionevoli» con «concessioni reciproche» da entrambe le parti, come aveva già twittato la TV statale bielorussa dopo l’intervista. Nel colloquio con Shuster, per esempio, Lukašėnka ha suggerito che gli Stati Uniti riconoscano le annessioni dei territori oramai sotto il controllo russo (Crimea e altre regioni sud-orientali) come precondizione per ottenere il consenso di Putin. Shuster riferisce che Lukašėnka ha persino affermato che, se gli USA accettassero di «dargli qualcosa», ciò «probabilmente» placerebbe le mire di Mosca e fermerà ulteriori conquiste territoriali. Secondo il giornalista, il Presidente bielorusso ha insistito sul fatto che ogni soluzione bellica passa per il tavolo di Washington, mettendo l’iniziativa nelle mani di Donald Trump: «Tutto ora è nelle mani di Donald», gli ha confidato Lukašėnka.

Per quanto riguarda la questione russo-ucraina, dunque, l’intervista mostra che Lukašėnka si è presentato come uno strenuo assertore della pace nei termini proposti da Mosca, esortando Trump e gli Stati Uniti a trattare Putin «come un essere umano» per non rovinarne lo spirito negoziale. In questo modo, il leader bielorusso ha tentato di addolcire gli attriti tra Mosca e Washington, presentando Minsk come il vettore della diplomazia segreta. In quest’ottica, suona coerente il suo suggerimento di lasciare le provocazioni nazionaliste fuori dal tavolo: secondo lui Zelens’kyj aveva commesso un “errore” risvegliando la Russia, e ora la pace richiede appunto di spostare la Zelens’kyj dal centro dei negoziati.

Rapporto con la Russia e difesa nazionale

Parallelamente alla ricerca di un ruolo diplomatico, Lukašėnka ha voluto ribadire la vicinanza con Mosca. Il leader bielorusso ha infatti rimarcato che la «amicizia» tra Minsk e Mosca è «fortissima» e ha difeso la necessità delle difese congiunte contro le presunte minacce occidentali. I media ufficiali bielorussi hanno enfatizzato come l’intervista abbia fatto eco ad immagini del Presidente che visita depositi di armi russe e riceve supporto militare da Mosca, rilanciando l’idea di una cooperazione di difesa totale. In proposito, lo stesso Lukašėnka ha spiegato che la Bielorussia non intende «minacciare» nessuno, ma in caso di aggressione è pronta a utilizzare gli armamenti russi presenti sul proprio territorio (ad esempio missili tattici Iskander, chiamati anche “Haselnut”) come «deterrente» contro i nemici. Questa dottrina coincide con la sua politica difensiva esposta nell’intervista: ha ricordato agli occhi occidentali che la Bielorussia, isolata da sanzioni, è quasi totalmente dipendente da Mosca in ambito economico e militare e pertanto non giocherà mai contro i russi. Al tempo stesso, il Presidente ha lanciato dure accuse ai vicini europei di essere «aggressivi» verso Minsk e ha confermato di aver rafforzato, insieme a Putin, le forze armate dell’alleanza russo-bielorussa.

Di fatto, dietro ai commenti c’è l’esperienza degli ultimi anni: nel 2023 Lukašėnka aveva addirittura chiesto a Putin di ristabilire basi nucleari in Bielorussia, ricevendo in risposta il consenso di schierare missili balistici nel paese. Anche in questa intervista, benché Shuster si sia concentrato più sulle questioni diplomatiche, Lukašėnka conferma l’inclinazione ad una stretta alleanza difensiva con Mosca. Pur avendo come obiettivo principale di evitare un’escalation pericolosa, rifiutando, ad esempio, una partecipazione diretta al conflitto ucraino, la Bielorussia dimostra di essere pronta in vista di possibili futuri scontri.

La strategia diplomatica di Minsk

Dall’intervista rilasciata a Shuster, emerge che Lukašėnka ha messo in atto una strategia diplomatica oculata. Dal suo punto di vista, il conflitto globale sarebbe risolvibile facendo leva sul carisma di Putin come interlocutore internazionale, assumendo un atteggiamento di comprensione verso di lui. Infatti, per persuadere gli occidentali, ha consigliato loro di comportarsi «con rispetto» nel dialogo con il Cremlino. Nonostante la totale durezza nella retorica di guerra, Lukašėnka sembra suggerire un approccio di gestione psicologica: in politica – ha detto a Shuster – le scadenze e gli ultimatum sono «sciocchi, tutto è pura emozione», e bisogna dunque «fare qualche concessione» per ottenere la pace.

Questa linea fa parte di un più ampio piano di Minsk come mediatore tra Russia e Stati Uniti. Infatti, sempre secondo quanto affermato nell’intervista, Lukašėnka ha offerto i servizi del suo paese alla nuova amministrazione statunitense per mantenere aperti contatti con Mosca. Fin da gennaio 2025, funzionari statunitensi di alto livello – tra cui gli inviati Trump Coale, Kellogg e Smith – sono venuti a Minsk diverse volte per sondare l’approccio del Presidente bielorusso. In quei faccia a faccia, come riporta il corrispondente, Lukašėnka ha ripetuto ossessivamente lo stesso messaggio ai diplomatici USA: «Putin vuole la pace e sta lavorando in buona fede». Tra l’altro, per dimostrare la propria apertura, il Presidente bielorusso ha anche fatto importanti concessioni, come la liberazione, nel giugno di quest’anno, di Sjarhej Cichanoŭskij, considerato da Washington come un prigioniero politico.

Verso le elezioni del 2030

Oltre alla politica estera, nell’intervista sono emersi elementi anche sul futuro interno della Bielorussia. Confermato alla presidenza con oltre l’86% dei voti favorevoli in occasione delle elezioni di quest’anno, Lukašėnka ha dichiarato di non avere intenzione di presentarsi per un ottavo mandato consecutivo in vista del 2030. Il 71enne Presidente, l’unico ad aver ricoperto la massima carica sin dall’indipendenza della Bielorussia, ha ribadito di non avere in programma la rielezione, anche se ha poi scherzato ricordando che Trump si appresta a compiere 80 anni.

Allo stesso tempo, Lukašėnka ha ribadito di non avere “eredi” politici. Smentendo le voci che indicavano il figlio minore Nikolaj come possibile delfino, ha dichiarato che «non è il successore» e ha addirittura invitato i giornalisti a chiedere direttamente al ragazzo, perché «potrebbe offendersi». L’affermazione di Lukašėnka va dunque a raffreddare le speculazioni della stampa occidentale su una successione dinastica al potere, sottolineando che, in realtà, il passaggio di consegne del 2030 potrà avvenire senza traumi. In tal senso il Presidente ha anche avvertito che il prossimo leader dovrà avere come primo obiettivo quello di mantenere la stabilità interna, resistendo a possibili “rivoluzioni colorate” fomentate da forze esterne.

Conclusioni

In sintesi, l’intervista di Aljaksandr Lukašėnka a Simon Shuster ha avuto lo scopo di rafforzare la sua immagine di leader influente, al crocevia tra Russia e Occidente, e allo stesso tempo di gestire il dibattito sull’eventuale fine del suo ruolo di leadership nell’ex repubblica sovietica. Sul piano internazionale, si è presentato come mediatore disponibile a collaborare con Washington ma anche come difensore irriducibile dell’alleanza con Mosca. Sul piano interno, ha cercato di apparire rassicurante verso il futuro politico del paese, dichiarando pubblicamente la sua non-candidatura e bloccando i sospetti di nepotismo.

Ad ogni modo, attraverso questa lunga intervista Minsk ha ricordato la sua centralità strategica: una posizione inedita, per il paese ma che potrebbe valere una maggiore legittimazione internazionale nonostante i continui attacchi da parte della stampa occidentale. In definitiva, l’intervista concessa da Aljaksandr Lukašėnka a Simon Shuster conferma il profilo di un leader capace di muoversi con abilità in un contesto internazionale segnato da profonde fratture e mutamenti strategici. La sua posizione, lungi dall’essere frutto di improvvisazione, appare ancorata a una visione di lungo periodo in cui la salvaguardia della sovranità bielorussa e la stabilità regionale prevalgono su calcoli politici di breve respiro.

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