a cura di Giulio Chinappi
Nel quadro delle tensioni di confine tra Cambogia e Thailandia, l’ASEAN si conferma fulcro regionale per la risoluzione pacifica delle controversie: la Malaysia ha guidato la mediazione, mentre il Vietnam ha sottolineato l’importanza della solidarietà e del rispetto del diritto internazionale.
Le recenti tensioni armate lungo il confine tra Cambogia e Thailandia hanno rappresentato una seria prova per l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), evocando ricordi di crisi passate e sollevando timori su possibili escalation nel cuore della regione. Di fronte a questo scenario, la Presidenza di turno malese si è assunta il ruolo di mediatore principale, orchestrando gli sforzi per riportare un immediato cessate il fuoco e avviare un dialogo costruttivo. Contemporaneamente, il Vietnam, membro di grande rilievo e convinto sostenitore della centralità del blocco, ha ribadito il proprio appoggio alle iniziative volte a ristabilire la pace, ponendo l’accento sul principio di solidarietà e sull’importanza delle norme internazionali.
Le schermaglie lungo il confine, che hanno provocato vittime e sfollati, avevano già destato la preoccupazione dell’ASEAN, la cui dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri, adottata all’unanimità, aveva sollecitato “la massima moderazione e l’immediato cessate il fuoco”, ammonendo entrambe le parti ad “astenersi da azioni che possano minarne gli effetti” e a “risolvere le controversie con mezzi pacifici, in conformità con la Carta ONU, la Carta ASEAN e il Trattato di Amicizia e Cooperazione (TAC)”. A quel punto, è stato il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim, in qualità di Presidente di turno, a convocare a Putrajaya un incontro tra il premier cambogiano Hun Manet e il capo ad interim del governo thailandese Phumtham Wechayachai.
La scelta della Malaysia quale sede negoziale non è casuale, trattandosi del paese che detiene la Presidenza di turno dell’ASEAN. Nel corso di decenni di esperienza all’interno dell’ASEAN, Kuala Lumpur ha dimostrato di saper mantenere un delicato equilibrio tra i diversi interessi degli Stati membri. Confermando questa linea, Primo Ministro Anwar Ibrahim, nel suo intervento al Segretariato ASEAN di Jakarta, aveva posto l’accento sui valori della pazienza e della diplomazia di fiducia, ribadendo che “solo attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e un impegno sostenibile nel tempo l’ASEAN può garantire stabilità e prosperità”. Quando, a fine luglio, gli emissari di Phnom Penh e Bangkok si sono incontrati sotto la presidenza malese, l’atmosfera di fiducia costruita nel corso della mediazione si è rivelata determinante per raggiungere l’intesa che ha posto fine alle ostilità.
Il comunicato diffuso al termine dei colloqui ha sancito un “cessate il fuoco immediato e incondizionato”, un primo passo verso la de-escalation del conflitto armato e il ripristino della sicurezza lungo i valichi di frontiera. Sebbene la tregua non costituisca una soluzione definitiva, rappresenta una vittoria importante per la diplomazia regionale. Il successo della mediazione malese è stato riletto da numerosi analisti come un banco di prova per il meccanismo ASEAN Way, basato su consultazioni informali, consenso e non interferenza negli affari interni.
In questo contesto, è stato cruciale il ruolo giocato dalla Presidenza malese nell’incoraggiare la ripresa dei canali diplomatici diretti. Il saper operare per mediare senza imporre soluzioni, mantenendo un atteggiamento di equidistanza fra le parti, ha permesso a Kuala Lumpur di guadagnarsi la fiducia di Phnom Penh e Bangkok. Pur non disponendo di un potere coercitivo, l’ASEAN ha potuto esercitare una pressione morale e politica tale da spingere i contendenti a sedersi al tavolo dei negoziati, evitando che la contesa degenerasse ulteriormente.
Al contempo, il Vietnam ha espresso con chiarezza il proprio sostegno all’impegno del blocco. La portavoce del Ministero degli Esteri vietnamita, Phạm Thu Hằng, ha definito il cessate il fuoco come “un passo significativo” verso il ritorno della pace e della stabilità regionale. In una nota emessa a Hà Nội, Hằng ha sottolineato l’importanza della “solidarietà e della cooperazione pacifica” tra i Paesi del Sud-Est asiatico, auspicando che Cambogia e Thailandia rispettino pienamente gli impegni assunti e riprendano “un dialogo costruttivo per trovare soluzioni durature”. Le parole della portavoce hanno ribadito la convinzione di Hà Nội secondo cui l’ASEAN costituisce l’unica piattaforma legittima in cui le dispute tra Stati membri possono essere gestite con efficacia, evitando l’uso della forza.
La risposta vietnamita si inserisce in un lungo percorso di appoggio alle iniziative multilaterali. Dal 1995, anno dell’ingresso di Hanoi nell’ASEAN, il Paese ha contribuito attivamente a costruire un ambiente di fiducia reciproca, promuovendo meccanismi di dialogo politico e sicurezza. Sotto la Presidenza vietnamita del blocco nel 2020, la “diplomazia del bambù” — termine con cui Hà Nội ha definito la propria strategia di flessibilità e resilienza — ha trovato massima espressione, consentendo di raccogliere consensi intorno all’idea di un’ASEAN unita.
Parallelamente, la messa in pratica del cessate il fuoco ha richiesto il coinvolgimento di numerosi organismi interni all’ASEAN, come il Comitato ASEAN-Host Country sul TAC, che ha facilitato contatti tra le parti e monitorato il rispetto dell’accordo. In particolare, la designazione di osservatori vietnamiti nell’ambito dei meccanismi ASEAN ha potuto garantire un monitoraggio imparziale e rassicurante, a testimonianza della grande considerazione di Hà Nội per l’efficacia del blocco.
Sebbene la tregua rappresenti un traguardo importante, la sfida ora si sposta sul piano del negoziato di una soluzione definitiva. Entrambe le parti dovranno confrontarsi su questioni complesse, quali il definitivo tracciamento del confine terrestre, la gestione delle comunità transfrontaliere e il risarcimento dei danni materiali e umani subiti. L’ASEAN, con il sostegno di Hà Nội, Kuala Lumpur e degli altri membri, dovrà continuare a offrire il proprio know-how diplomatico, affinché questi negoziati procedano in un clima di fiducia. Il successo di questa fase sarà essenziale non solo per la stabilità dei due Paesi, ma per la credibilità della diplomazia regionale nel suo complesso.
Il conflitto tra Cambogia e Thailandia ha inoltre posto in risalto l’importanza di rafforzare i meccanismi di prevenzione delle crisi all’interno dell’ASEAN. Il segretario generale Kao Kim Hourn ha annunciato l’avvio di un progetto pilota per potenziare l’allerta preventiva, grazie allo scambio di informazioni militari e civili tra Stati membri. Analoghe proposte erano già emerse in passato, ma mai concretizzate: ora, l’impulso dato dalla mediazione malese potrebbe far convergere volontà politiche verso l’adozione di un meccanismo di prevenzione più strutturato.
Infine, le reazioni internazionali hanno parimenti riconosciuto il merito dell’ASEAN. Le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno elogiato l’iniziativa di Kuala Lumpur e incoraggiato Phnom Penh e Bangkok a proseguire sul sentiero della negoziazione. Anche partner quali Cina, Stati Uniti e Giappone hanno sottolineato l’importanza della stabilità in questa parte del mondo, offrendo la propria disponibilità a sostenere eventuali programmi di rilancio economico nelle aree di confine colpite dalle ostilità.
Concludendo, la crisi tra Cambogia e Thailandia ha rappresentato un banco di prova per l’ASEAN, che ha mostrato la propria capacità di gestire una crisi interna senza ricorrere a forze esterne. Il successo della mediazione malese e la posizione di sostegno assunta dal Vietnam confermano la validità del modello regionale, fondato su dialogo, consenso e non intervento diretto. Proseguendo nella direzione tracciata dalle recenti dichiarazioni e iniziative, l’ASEAN potrà rafforzare la propria centralità nella diplomazia asiatica, dimostrando che le dispute tra vicini, per quanto accese, possono essere superate grazie a procedure multilaterali efficaci e allo spirito di solidarietà che lega le nazioni del Sud-Est asiatico.
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