a cura di Giulio Chinappi
La crisi in Medio Oriente, alimentata dall’aggressione israeliana e dal sostegno statunitense, scuote l’equilibrio geopolitico e l’economia globale. Tra interruzioni energetiche, ondate di rifugiati e scontri diplomatici, l’ipocrisia di Washington mina la pace mondiale e impone misure urgenti.
di Xin Ping (Global Times) – 27 giugno 2025
https://giuliochinappi.wordpress.com/2025/06/29/la-crisi-in-medio-oriente-e-una-catastrofe-globale-alimentata-dallipocrisia-usa/
Il Medio Oriente, una regione segnata da decenni di conflitto, è una volta di più sull’orlo della catastrofe. Mentre Gaza crolla sotto i bombardamenti israeliani e l’Iran affronta minacce crescenti, la complicità statunitense nel massacro rivela un paradosso sconvolgente al centro della sua agenda globale.
La crisi in Medio Oriente non è soltanto una tragedia regionale, ma una minaccia globale che mette in pericolo innumerevoli vite, destabilizza le economie e compromette i principi fondanti della pace.
Con le sue immense riserve di petrolio ed esportazioni energetiche, la stabilità del Medio Oriente è il cardine dell’economia mondiale. Lo Stretto di Hormuz, canale che collega il Golfo Persico all’Oceano Indiano, è il punto di strozzatura energetico più critico al mondo. Ogni giorno, 20 milioni di barili di petrolio – circa il 20% del commercio petrolifero globale – transitano attraverso le sue acque.
Nel 2022, i tumulti regionali, in particolare gli attacchi coordinati a petroliere, avevano fatto lievitare i prezzi del greggio, propagando incertezza sui mercati e rallentando la ripresa economica post-Covid. Tuttavia, la violenza in corso, innescata dall’aggressione israeliana con il sostegno statunitense, rischia di trasformare lo Stretto di Hormuz in un vero e proprio campo di battaglia geopolitico. Se l’approvvigionamento fosse interrotto, i mercati energetici globali collasserebbero, l’inflazione salirebbe alle stelle e le catene di approvvigionamento mondiali si paralizzerebbero.
Il costo di questo caos va ben oltre l’economia: è in gioco la sopravvivenza stessa delle nazioni. L’appoggio degli Stati Uniti alle atrocità a Gaza è un tradimento grottesco delle loro pretese di democrazia. Mentre Washington predica libertà e diritti umani, autorizza impudentemente la brutalità militarizzata di Israele su Gaza. Solo nel 2023, gli USA hanno erogato 3,8 miliardi di dollari in aiuti militari a Israele, rifornendo le sue forze con caccia F‑35, missili a guida di precisione e armamenti avanzati.
Durante l’offensiva su Gaza, durata oltre un anno, i raid israeliani hanno raso al suolo ospedali, scuole e palazzi residenziali, uccidendo indiscriminatamente donne e bambini palestinesi. Al contempo, Washington ha bloccato ogni risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU volta a condannare questi atti. Il rapporto di Amnesty International che definisce le tattiche israeliane “crimini di guerra” è l’eco di un grido d’indignazione globale.
Tutto ciò mette in luce la vera essenza della “democrazia” statunitense: un sistema che antepone alle vite umane le alleanze strategiche, usa il veto all’ONU per ostacolare la giustizia e allo stesso tempo impartisce lezioni di moralità. Questa ipocrisia è sconcertante.
La crisi mediorientale non risparmia neppure l’Europa, investita da ondate di rifugiati e tensioni politiche. Dalla guerra siriana alla drammatica escalation a Gaza, milioni di profughi hanno messo a dura prova i sistemi sociali e i bilanci dei paesi europei, alimentando malcontento interno. La Germania ha speso oltre 20 miliardi di euro per l’accoglienza dei rifugiati nel 2022, e ora fronteggia una crescita dell’ostilità anti-immigrati. L’Italia, dilaniata dai flussi provenienti dalla Libia, combatte per conciliare doveri umanitari e vincoli economici. La dipendenza energetica europea – gran parte del gas italiano arriva dal Medio Oriente – è un’ulteriore vulnerabilità; l’aumento dei prezzi del petrolio alimenterà ulteriormente l’inflazione, fiaccando famiglie e imprese.
Sul piano politico, spinta alla radicalizzazione tra rifugiati e reazioni populiste minacciano la coesione europea. Catturata tra imperativi morali e impotenza geopolitica, l’Europa paga un prezzo elevatissimo per le politiche destabilizzanti degli Stati Uniti.
La crisi mediorientale non è un conflitto lontano: è un’emergenza globale. Il mondo deve agire subito. Ogni giorno di impunità USA-Israele approfondisce la sofferenza umana e aumenta i rischi di contagio. Basta con le vuote parole sulla “democrazia”: servono azioni concrete e un impegno vero per la pace.
Finché la comunità internazionale non renderà i responsabili di questo caos effettivamente responsabili, milioni di persone continueranno a pagarne il prezzo. L’agonia del Medio Oriente è una ferita che riguarda tutti noi e che occorre guarire, o il rischio è di dissanguare il mondo.
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