Leslie Varenne– iveris.eu | Traduzione di Jean Claude Martini
La competizione per le materie prime è riemersa durante il secondo mandato di Donald Trump con l’accordo tra Kiev e Washington sulle “terre rare” e poi tra gli Stati Uniti e la Repubblica Democratica del Congo.
In un recente articolo, il Guardian vede quest’ultimo accordo (“minerali in cambio di pace”) come una “rinascita del vecchio ordine”, che ricorda le concessioni dell’era coloniale. Poiché i termini precisi dell’accordo non sono ancora noti, è troppo presto per sapere se esso verrà nuovamente raggirato o meno. Tuttavia, come ammette il quotidiano britannico, “il vecchio ordine” non è mai finito. Se davvero il controllo straniero sulle risorse africane dovesse continuare, assumerebbe forme nuove e molto più subdole. Il famoso giacimento di ferro situato nella Guinea Conakry ne è l’emblema.
Simandou è il nome di una montagna che ospita uno dei giacimenti di ferro più grandi e puri del mondo. Rappresenta sia la speranza, sempre delusa, di una trasformazione economica della Guinea Conakry, sia il simbolo di una sovranità che viene costantemente respinta. Dopo quasi 30 anni di colpi di scena degni di un thriller, chi può credere che fino ad oggi non sia stato estratto un solo grammo di minerale? I più ottimisti promettono la fine di questa maledizione entro il 2025, altri contano sul 2026. Ma, come si dice nell’Africa occidentale: «Il tempo è un altro nome di Dio» …
Uno sguardo a una saga iconica…
Sékou Touré e la montagna dimenticata
Successivamente all’indipendenza, nel 1958, il primo presidente, Sékou Touré, proclamò la sovranità totale sulle risorse del Paese. Quando il giacimento fu scoperto, a metà degli anni ’60, la Guinea socialista non aveva i mezzi tecnici e finanziari per sfruttare la montagna. Impossibilitata ad agire in autonomia, Simandou rimane un vasto spazio verde …
Lansana Conté: l’inizio della prelazione e dei guai…
Alla morte di Sékou Touré nel 1984, Lansana Conté compì il primo colpo di Stato militare; questo Paese ne avrebbe conosciuti altri … Ma questo golpe segna il ritorno della Guinea nel grembo dell’Occidente. Con l’apertura economica, il nuovo potere è alla ricerca di investitori stranieri e Simandou si trova ora nel mirino delle principali compagnie minerarie. Nel 1997 la montagna venne divisa in quattro blocchi, tutti assegnati al gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Tuttavia, a partire dagli anni ‘60, Canberra è uno dei principali esportatori di minerali ferrosi. L’Australia vende principalmente al Giappone e secondariamente alla Cina, non ha quindi alcun interesse a estrarne in Guinea. D’altro canto, con una prelazione sul giacimento, essa anestetizza un concorrente e controlla il mercato. Per prendere tempo, la Rio Tinto moltiplicò le sue argomentazioni: il costo esorbitante delle infrastrutture necessarie e il basso prezzo di questa risorsa all’epoca. La montagna rimane quindi al coperto …
Nel 2008, dopo più di dieci anni di attesa, Lansana Conté ritirò i blocchi 1 e 2 alla Rio Tinto e li cedette alla BGSR, una società israeliana guidata da Benny Steinmetz. La saga inizia …
Dadis Camara e l’apertura ai cinesi
Pochi giorni dopo la firma ufficiale di questo nuovo contratto, il presidente della Guinea, gravemente malato, morì. Il capitano Dadis Camara effettuò un colpo di Stato per prendere il potere ed ereditò così il dossier. In questo contesto di isolamento internazionale legato al golpe, la giunta si trovava alla disperata ricerca di finanziamenti. Apparve quindi un personaggio curioso e losco soprannominato Sam Pa. Quest’uomo d’affari sino-angolano, a capo di una rete che rappresentava il China International Fund, arrivò a Conakry. Promise più di sette miliardi di dollari in aiuti finanziari e investimenti infrastrutturali in cambio dei diritti di estrazione di ferro, bauxite e altre risorse strategiche del Paese.
Altri partner stranieri approfittarono di questa situazione politicamente instabile per sospendere tutti gli investimenti … ma non i profitti! Nell’aprile 2010, senza curarsi minimamente dello Stato guineano, la BGSR vendette il 51% delle azioni dei suoi due blocchi al gruppo minerario brasiliano Vale. Una bella mossa, con un eccezionale valore aggiunto in gioco. Questi si impegnò a sborsare 2,5 miliardi di dollari, mentre Benny Steinmetz investì solo 160 milioni di dollari! Dopo una serie di controversie tra i due operatori, Vale finì per pagarne soltanto 500 milioni. Contemporaneamente, Rio Tinto fece un’offerta al gruppo cinese Chinalco, proponendosi di acquisire il 49% delle azioni per una cifra pari a 1,35 miliardi. Dadis Camara non fu consultato, ma chiuse un occhio. Durante gli affari, la montagna continua il suo sonno profondo …
Alpha Condé e la buona governance come nuovo ostacolo
Nel 2010 fu eletto presidente Alpha Condé. L’uomo, che all’epoca veniva soprannominato “l’eterno avversario”, è determinato a recuperare il tempo perduto e si adopera per risvegliare il giacimento dormiente. Entrò in una situazione di stallo con la Rio Tinto, rinegoziando il contratto e imponendo 700 milioni di dollari in penali per i ritardi nello sviluppo del progetto. Ottenne inoltre che il 15% delle quote di quest’ultimo venisse concesso gratuitamente allo Stato guineano. L’anglo-australiana, che vuole il rinnovo della sua concessione, acconsente.
Iniziò quindi la redazione di un nuovo codice minerario, pubblicato nel settembre 2011. Il testo imponeva la trasparenza con audit obbligatori, la pubblicazione dei contratti, bandi di gara e sanzioni aggiuntive per i ritardi nello sviluppo dei progetti. Il documento obbligava inoltre tutte le aziende straniere a cedere allo Stato il 15% delle azioni gratuite e di formare e impiegare lavoratori locali. Alpha Condé risolse i contratti firmati da Dandis Camara con Sam Pa e annullò più di mille piccoli contratti minerari.
Ma per portare a termine tutte queste operazioni, Alpha Condé si circondò di falsi amici che avrebbero tramutato Simandou in una lunga battaglia legale e geopolitica. Il suo vecchio amico del liceo, Bernard Kouchner, lo presentò a George Soros. Quest’ultimo stava utilizzando il caso della Guinea per regolare vecchi conti con Benny Steinmetz e non badava a spese[1]. Fornisce alla Guinea la sua vasta rete di ONG, tra cui il Natural Resource Governance Institute. I suoi team e i suoi avvocati erano impegnati in una caccia al corrotto e stavano esaminando i contratti firmati con la BGSR sotto la guida di Lansana Conté. Inizia così una saga poliziesca in cui si ritrovano tutti gli ingredienti di un romanzo di Gérard de Villiers. Da Conakry a Miami si incrociano loschi intermediari, ex agenti della CIA e dell’FBI. La caccia darà i suoi frutti: si dimostrerà che la quarta moglie dell’ex presidente ha ricevuto tangenti[2]. Cominciò quindi la lunga serie di controversie legali tra lo Stato guineano, Soros, Vale e la BGSR, il cui ultimo episodio ebbe luogo nel marzo 2025 in Svizzera. Nicolas Sarkozy si aggiunse a questo caos giudiziario recandosi più volte al Palazzo presidenziale di Conakry per perorare la causa di Benny Steinmetz, ma invano.
Stanco dell’onnipresenza e della prelazione di questo dossier da parte del miliardario ungherese e della sua armata di ONG e avvocati, Alpha Condé licenziò tutte queste persone e riprese il controllo della sovranità della Guinea. Nel frattempo, nell’aprile 2014, pose fine alla concessione della BGSR, ritirandole i blocchi 1 e 2 a causa di pratiche corrotte. Ma il procedimento legale e arbitrale internazionale avviato dalla società di Benny Steinmetz pesa parecchio, poiché qualsiasi nuovo lodo avrebbe potuto essere impugnato. Solo alla fine del 2019 la Guinea è finalmente riuscita a trovare nuovi partner e a firmare un accordo con il consorzio sino-singaporeano WCS. Ora, se aggiungiamo le azioni dei blocchi 3 e 4 cedute dalla Rio Tinto alla Chinalco, due terzi della montagna si apprestano a venir sfruttati da Pechino. Il suo ingresso nel sistema presenta due importanti vantaggi: i cinesi non vogliono più dipendere dal minerale ferroso australiano e non hanno quindi alcun interesse a bloccarne l’estrazione; hanno fondi sufficienti per finanziare le infrastrutture necessarie: porti, strade, linee ferroviarie, per ricavare le materie prime.
Col pretesto del buon governo e alimentando la macchina giudiziaria, George Soros e Benny Steinmetz prolungarono quindi il sonno di Simandou di altri cinque anni. La montagna era pronta a risvegliarsi, quando avvenne il colpo di Stato del settembre 2021. Un cambio di regime brutale dietro il quale aleggia ancora l’ombra dell’Occidente[3].
Mamadi Doumbouya e i 14 km di burocrazia
A meno di 48 ore dal suo colpo di Stato, l’ex legionario francese ci tiene a rassicurare: «Gli attuali contratti minerari saranno rispettati». Ma poiché le promesse sono vincolanti solo per chi ci crede, qualche mese dopo, nel marzo 2022, Mamadi Doumbouya ordinò la sospensione di tutte le attività nel sito di Simandou. In nome della sovranità, egli impone una rinegoziazione degli accordi e chiede la creazione di joint ventures tra Rio Tinto, Chinalco, WCS e lo Stato guineano per mettere in comune la realizzazione delle infrastrutture. Sempre nel nome della sovranità e della trasparenza, seguono studi di impatto, sviluppi, audit e controlli, a tal punto che Djiba Diakité, che ricopre il doppio ruolo di capo di gabinetto del capo dello Stato e di presidente del comitato strategico di Simandou, dichiarò alla rivista Forbes Africa: «Se si disponessero uno dopo l’altro i documenti contrattuali, si arriverebbe a circa 14 chilometri». L’espressione ebbe grande diffusione in Guinea e resterà negli annali.
Alla fine, la burocrazia non ha trasformato la montagna soltanto in un collo di bottiglia, ma anche in un picco di complessità e opacità. Chi riuscirebbe a leggere queste decine di migliaia di pagine? La giunta ha fatto di questo progetto una vetrina, uno degli argomenti della futura campagna presidenziale per garantire l’elezione di Mamadi Doumboya. Costui si vanta del suo lavoro per una Guinea prospera e indipendente e assicura che tra qualche mese, un anno al massimo, l’estrazione potrà finalmente avere inizio. Promesse o miraggio? Dei 625 km di ferrovia necessari per trasportare il minerale tra il sito minerario e Morébaya, sulla costa atlantica, sono stati posati meno di dieci chilometri di rotaie e sono stati inaugurati due dei 200 ponti previsti.
Inoltre, il Governo della Guinea, con grande gioia di tutte le compagnie straniere, ha abbandonato la costruzione del porto minerario in acque profonde che avrebbe dovuto realizzare a sud di Conakry. Questa importante conquista, negoziata sotto Alpha Condé, avrebbe consentito l’esportazione diretta del ferro da Simandou. L’abbandono in mezzo al nulla di un’infrastruttura strategica rappresenta un duro colpo per la competitività del settore e per l’economia del Paese. D’ora in poi, dal giorno in cui la montagna si risveglierà, per caricare le navi in mare aperto sarà necessario utilizzare delle chiatte … Perché un simile dono è stato offerto a Rio Tinto, Chinalco e WCS? Mistero …
A questi problemi logistici e amministrativi si aggiunge la scoperta, in Australia, di un mega-giacimento, il più grande del mondo: 55 miliardi di tonnellate di una purezza rara nella storia dell’esplorazione mineraria. Qual è l’interesse della Rio Tinto a continuare a investire in Guinea? Quali saranno le prossime sorprese?
Dalla prevenzione della strumentalizzazione della buona governance (un concetto nobile ma troppo spesso deviato a vantaggio di interessi economici e geopolitici) passando per le armi burocratiche, questa saga illustra magistralmente i mille e uno modi per confiscare la sovranità di uno Stato sulle sue materie prime. A questi meccanismi si aggiunge un vincolo fondamentale che impedisce l’accesso all’indipendenza: l’impossibilità per i Paesi africani di accedere a finanziamenti a tassi ragionevoli. Quest’altra forma di schiavitù costringe il Paese a fare affidamento su investitori stranieri che, a seconda dei loro interessi, prevaricano, sfruttano e dirottano a discapito del popolo, vero proprietario della ricchezza.
In fin dei conti, il tempo non è sempre un altro nome di Dio …
[1] La rivalità tra i due risale ai primi anni ‘90, quando gli imprenditori occidentali si contendevano i beni strategici russi privatizzati da Boris Eltsin.
[2] Questa storia è descritta in modo sorprendentemente buono in un lunghissimo articolo pubblicato sul New Yorker nel 2013 e ripreso dal Financial Afrik: https://www.financialafrik.com/2013/08/12/la-guinee-cet-eternel-scandale-geologique-2/.
[3] https://www.whylconsulting.com/2021/09/06/qui-a-vraiment-fait-tomber-alpha-conde/
È anche nel capitolo dedicato alla Guinea nel mio ultimo libro Emmanuel nel Sahel: itinerario di una sconfitta.
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