di Global Times – 28 luglio 2025
Mentre le tensioni al confine tra Thailandia e Cambogia attirano l’attenzione internazionale, alcuni media statunitensi cercano di incasellare il conflitto in uno schema di rivalità tra Cina e Stati Uniti. Il Global Times mette in guardia da questa pericolosa semplificazione, esortando a soluzioni asiatiche per problemi asiatici.
Le tensioni sono recentemente aumentate lungo il confine tra Thailandia e Cambogia, attirando una rinnovata attenzione internazionale. La Cina sta seguendo da vicino gli sviluppi e continua a incoraggiare i colloqui di pace, dimostrando il senso di responsabilità che ci si aspetta da una grande potenza.
Thailandia e Cambogia sono entrambe amichevoli vicine della Cina e membri importanti dell’ASEAN. La stabilità delle loro relazioni è cruciale per la pace regionale. Le attuali tensioni lungo il confine hanno già causato vittime, e la chiusura della frontiera ha interrotto il commercio e la vita quotidiana dei residenti in entrambi i Paesi.
Il rumore dell’artiglieria lungo il confine Thailandia-Cambogia è un chiaro promemoria del peso storico che molti Paesi asiatici ancora portano. Pochi Stati confinanti in Asia sono privi di dispute territoriali o marittime, la maggior parte delle quali affonda le radici nell’aggressione coloniale e nella divisione imposta. Il conflitto tra Thailandia e Cambogia può essere fatto risalire all’espansione coloniale francese, e molte di queste questioni storiche rimangono irrisolte.
Ciò che preoccupa particolarmente è che alcuni media statunitensi stanno cercando di inserire questo conflitto regionale nella narrazione più ampia della “rivalità Cina-Stati Uniti”. La CNN, ad esempio, descrive la Thailandia come un “alleato ben armato degli Stati Uniti” e definisce la Cambogia “un avversario più debole con forti legami con la Cina”, sottolineando deliberatamente l’antagonismo tra Cina e Stati Uniti ed esasperando le tensioni. Questa narrazione ignora le radici coloniali della disputa, menzionando il contesto storico solo di sfuggita e dedicando invece un’attenzione sproporzionata ai confronti militari. Un simile approccio rischia di semplificare pericolosamente una questione regionale complessa, presentandola come un “conflitto per procura” tra grandi potenze.
La copertura dei media statunitensi, guidata da un’agenda, mira in sostanza a generare clic e aumentare il traffico online. Tuttavia, distorce gravemente la comprensione globale del conflitto. Occorre restare vigili di fronte alla tendenza a trasformare i conflitti regionali in scontri ideologici globali e opporsi fermamente al tentativo delle forze esterne di sfruttare tali questioni per interferire negli affari asiatici.
Per i Paesi asiatici, risolvere le questioni di confine fa parte di un processo più ampio di liberazione dall’eredità del colonialismo e delle manovre geopolitiche storiche delle grandi potenze. La mappa tracciata dai colonizzatori non può costituire il verdetto finale. La Cina ha sempre mantenuto una posizione giusta e imparziale, sostenendo la risoluzione pacifica delle controversie attraverso il dialogo e la consultazione. Questo approccio si è dimostrato efficace nella pratica: la Cina ha risolto pacificamente le questioni di confine terrestre con 12 dei suoi 14 Paesi confinanti.
I confini dovrebbero fungere da ponti di cooperazione, non da linee di confronto. Finché il conflitto non sarà risolto, è necessario dare priorità allo sviluppo, gestire le divergenze e impedire che le tensioni si estendano ad ambiti più ampi delle relazioni bilaterali, in particolare quelle che influenzano la vita delle persone e il progresso economico. La risoluzione dei conflitti dovrebbe essere integrata con lo sviluppo regionale, sostituendo il confronto con la cooperazione.
La storia non può essere cambiata, ma il futuro può essere trasformato. I Paesi asiatici devono uscire collettivamente dall’ombra del colonialismo e affidarsi alla saggezza asiatica per affrontare i problemi asiatici, liberi da interferenze esterne e narrazioni fuorvianti. È essenziale superare la logica a somma zero e percorrere una via fatta di pace, sviluppo, cooperazione e reciproco vantaggio. Solo attraverso una collaborazione continua e un approfondimento della fiducia reciproca sarà possibile alleggerire il peso delle dispute sulla sovranità, aprendo la strada a un’efficace architettura di sicurezza regionale e, in ultima analisi, a colloqui di pace tra Thailandia e Cambogia, contribuendo alla pace e alla prosperità durature in Asia.
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