di Global Times
La visita del presidente filippino Marcos negli Stati Uniti si è conclusa senza risultati concreti per Manila: al di là di qualche tariffa abbassata dell’1%, il bilancio è magro, mentre la dipendenza dal patto difensivo con Washington espone le Filippine a rischi crescenti.
FONTE ARTICOLO: https://giuliochinappi.wordpress.com/2025/07/25/la-visita-di-marcos-negli-usa-mette-in-luce-la-passivita-e-limbarazzo-delle-filippine/
Il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. ha concluso martedì la sua visita ufficiale di tre giorni negli Stati Uniti. Il presidente statunitense Donald Trump ha definito la visita “meravigliosa”. Eppure, gli esiti per Manila non sono stati così “belli”, offrendo ben poco in termini di benefici concreti e lasciando le Filippine deluse.
Ottenere un accordo commerciale favorevole per proteggere le esportazioni filippine da possibili scossoni economici era una delle principali priorità di Marcos durante il viaggio. Tuttavia, dopo aver ascoltato numerose dichiarazioni di funzionari statunitensi – come il fatto che “la nostra storica alleanza non è mai stata tanto forte o essenziale come oggi” – Marcos ha ottenuto soltanto una riduzione dell’1% delle tariffe sui prodotti filippini negli USA.
Martedì, gli Stati Uniti hanno annunciato un accordo commerciale con le Filippine che imporrà una tariffa del 19% alle esportazioni filippine, leggermente inferiore al 20% minacciato in precedenza, ma comunque superiore al 17% “reciproco” stabilito da Washington per decine di Paesi lo scorso aprile. Questa riduzione minima ha suscitato scetticismo, sia interno sia internazionale, sul reale valore della cosiddetta “storica alleanza”. Aries Arugay, presidente del Dipartimento di Scienze Politiche presso l’University of the Philippines Diliman, ha definito la riduzione dell’uno per cento un “affare non così vantaggioso” per le Filippine.
“Sotto la pressione unilaterale degli Stati Uniti, le Filippine hanno ottenuto una simbolica riduzione dell’1%”, ha dichiarato al Global Times Li Haidong, professore presso l’Università di Studi Internazionali della Cina. Li ha sottolineato che, data la disparità nel rapporto con Washington, Manila non dispone di un vero potere di negoziazione. Termini come “trattativa” o “accordo” appaiono soltanto formali – in sostanza le Filippine sono state costrette ad accettare un’intesa squilibrata, senza poter influenzare il processo.
Lunedì, Marcos ha incontrato il segretario di Stato statunitense Marco Rubio e il segretario alla Difesa Pete Hegseth. Rubio ha sottolineato “l’importanza dell’alleanza incrollabile USA‑Filippine per mantenere la pace e la stabilità nella regione Indo‑Pacifico”, mentre Hegseth ha ribadito che il Trattato di Mutua Difesa si estende agli attacchi armati nel Mar Cinese Meridionale, precisando che i due Paesi stanno “schierando nuovi missili all’avanguardia e sistemi senza pilota”.
Dietro il “piacere” di Marcos per quella che ha definito “la modernizzazione delle forze armate filippine” si cela invece una realtà più pericolosa: le Filippine sono spinte sempre più in prima linea, trascinate nel pieno delle tensioni regionali. Quel che per gli Stati Uniti è uno strumento strategico comodo, per le Filippine si traduce in costi e rischi crescenti. Lungi dal garantire sicurezza, il trattato espone Manila a pericoli geopolitici maggiori.
“Washington usa le Filippine per alimentare le tensioni regionali a fini strategici propri, mentre Manila crede illusoriamente di poter guidare la narrazione sulla sicurezza”, ha osservato Li. Priva della capacità di definire la propria politica di difesa, la crescente vicinanza militare con gli USA rischia di ancorare le Filippine in una spirale di insicurezza.
Da quando il governo Marcos è salito al potere, ha cercato di corteggiare gli Stati Uniti provocando la Cina sulla questione del Mar Cinese Meridionale e raffreddando i rapporti con Pechino. Trump, però, ha dichiarato durante la visita che non avrebbe avuto problemi se le Filippine andassero d’accordo con la Cina, poiché anche gli Stati Uniti hanno buoni rapporti con Pechino. Queste parole sono state lette come un “messaggio sorprendente” per Manila. Non è chiaro se il richiamo di Trump spingerà le Filippine a rivedere la loro strategia nei confronti della Cina – ammesso che una strategia esista.
La visita di Marcos sembra dunque aver generato pochi vantaggi concreti, mettendo piuttosto in rilievo il ruolo sempre più passivo del Paese, usato come pedina nella competizione tra grandi potenze. Il senso di disagio delle Filippine nasce in ultima analisi dalla propria disponibilità a recitare il copione scelto da altri. Aggrapparsi agli Stati Uniti non regala autorevolezza internazionale, ma rafforza la narrazione di un Paese “in secondo piano” nella scena globale.
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