Cuba e l’assassinio di Martin Luther King: la rete CIA‑mafia e il depistaggio di Stato

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di Giulio Chinappi

I documenti desecretati confermano il ricorso sistematico della CIA alla mafia anticubana per organizzare attentati contro Fidel Castro e mettono in luce un depistaggio orchestrato: la volontà di addossare ingiustamente a Cuba la responsabilità per l’omicidio di Martin Luther King, senza alcuna prova concreta.

Dopo i documenti relativi all’omicidio di John F. Kennedy, il 21 luglio 2025, gli Archivi Nazionali degli Stati Uniti hanno finalmente reso accessibili oltre 230.000 pagine di documenti segreti relativi alle indagini sull’assassinio di Martin Luther King Jr., svelando retroscena fino ad oggi confinati nei depositi della CIA e dell’FBI. Fra i faldoni, emergono con chiarezza i legami tra i servizi segreti statunitensi e alcuni boss mafiosi di Chicago e Tampa, gli schemi di finanziamento rivolti agli esuli cubani e la strategia di insabbiamento con cui, negli anni Settanta, si tentò di attribuire a Cuba il delitto di King. Queste carte infrangono il velo di omertà su operazioni clandestine che segnarono la Guerra Fredda e svelano un depistaggio di Stato il cui unico scopo era tutelare i veri mandanti degli assassinii politici.

Come noto, nel corso degli anni Sessanta, la CIA aveva intessuto rapporti organici con la mafia italo‑americana per sabotare il governo rivoluzionario di Fidel Castro. Lo testimonia un memorandum interno del marzo 1967, redatto dall’Ufficio del Procuratore Generale in seguito a un’intervista con Edward P. Morgan, ex agente dell’FBI, che esplicita come il «dirty business» contro l’isola caraibica fosse affidato a Robert Maheu. Questi, attraverso intermediari quali Sam Giancana, boss di Chicago, avrebbe offerto 150.000 dollari per l’eliminazione di Castro. A Tampa, altri noti boss mafiosi quali Santos Trafficante e Johnny Roselli fornivano basi logistiche e appoggi finanziari, agendo sotto la regia segreta dell’intelligence statunitense. Il tutto accadeva all’insaputa del Congresso, che, nel 1977, si vide costretto a emettere un mandato di comparizione per Trafficante, invano: l’Agenzia respinse ogni richiesta di accesso ai fascicoli, sostenendo la necessità di proteggere fonti e metodi e offrendo solo brevi riassunti, mentre intorno cresceva la pressione dell’opinione pubblica (Cfr. National Archive 00302627).

Parallelamente, la CIA coltivava le sue alleanze con gli esuli cubani coinvolti in incursioni clandestine nella Baia dei Porci. Lo dimostra un altro documento recentemente desecretato, relativo a una telefonata intercorsa tra Clare Boothe Luce, ex ambasciatrice USA in Italia, e un comandante di uno di quei contingenti anticastristi. Nell’aprile 1968, a pochi giorni dalla morte di John F. Kennedy, l’informatore di Luce – supportato da fondi CIA tramite William Pawley – rivelò che Lee Harvey Oswald non era un semplice cospiratore solitario, bensì un «killer prezzolato». Questa dichiarazione, indirizzata all’FBI e poi trasmessa al Senato, fu inspiegabilmente archiviata e non compare nei rapporti ufficiali, ma riflette il tentativo di collegare Castro e i suoi sostenitori all’omicidio presidenziale mettendo a tacere voci scomode (Cfr. CIA Memo: “President Kennedy Assassination – Mrs. Luce Story”).

Il medesimo schema di depistaggio si ripeté nei mesi successivi all’uccisione di King. Nel diario di bordo della CIA a Città del Messico del 29 aprile 1968 si legge che gli agenti controllarono scrupolosamente gli elenchi di studenti cubani, le partecipazioni ai programmi di scambio e le rotte dei voli diretti a Cuba tra ottobre e novembre 1967, alla ricerca di un sospetto che potesse aver compiuto l’agguato a Memphis. Il risultato fu negativo eppure, anziché rendere pubbliche queste conclusioni, l’Agenzia preferì conservare il dossier nei propri archivi interni, in modo da alimentare, all’occorrenza, la suggestione di un’operazione portata avanti da Cuba (Cfr. MLK Files/104-10178-10267).

Sul fronte giudiziario la Commissione della Camera sugli Assassinii (HSCA) chiese al Dipartimento di Giustizia e alla CIA di consegnare tutti i materiali relativi a un certo Antulio Ortiz Ramírez, il pilota che nel maggio 1961 aveva dirottato un volo della National Airlines verso Cuba. Ramírez, rintracciato e arrestato nel 1975 dopo il suo rientro dagli studi a Kingston, ammise le proprie responsabilità e fu condannato a vent’anni di reclusione. Alla HSCA, attratta dall’ipotesi che Ramírez potesse fungere da anello di congiunzione tra le reti terroristiche internazionali e gli omicidi politici negli Stati Uniti, non fu però concesso di vedere il rapporto “Internal Security – Cuba” dell’FBI, datato 28 luglio 1961 e firmato dall’agente Theodore Goble, classificato “Segreto”. Il DOJ manifestò la disponibilità a desecretare parte dei documenti, ma evidenziò che la sezione dedicata a Cuba necessitava ancora della benedizione della CIA (Cfr. MLK Files/104-10142-10304).

Il sistematico ostruzionismo e questo uso strumentale delle informazioni avvalorano la tesi di un depistaggio politico. Da un lato, la CIA proteggeva i propri partner mafiosi e gli esuli armati — pilastri della strategia anti‑Castro; dall’altro, ostacolava la piena trasparenza sulle indagini relative tanto a JFK quanto a MLK, alimentando sospetti nei confronti di Cuba. Le carte inedite dimostrano come, nonostante l’assenza di prove, l’idea di un mandante castrista della morte di King sia stata coltivata in ambienti di potere. Si trattava di un doppiogioco: da una parte si sfruttavano le reti criminali per colpire Cuba, dall’altra si cercava di attribuire a quelle stesse reti o, meglio, al governo cubano, la responsabilità di omicidi all’interno del territorio nordamericano.

L’uso dei boss mafiosi come ingranaggi dell’intelligence non fu un episodio isolato. Documenti del DOJ e della CIA mostrano che già nel 1961, subito dopo la Baia dei Porci, si ricorse a professionisti del crimine organizzato per compiti di raccolta informativa e sabotaggio. Robert Maheu, ex dirigente della Howard Hughes Corporation entrato al servizio della CIA, divenne il vertice di una catena di approvvigionamento che includeva personaggi come Giancana e Trafficante. Ma risulta paradossale che, mentre la CIA si appellava alla segretezza di tali operazioni per rifiutare l’accesso dei legislatori, quegli stessi attori erano destinati a rimanere anonimi, protetti da un muro di silenzio.

Alludere a Cuba come mandante del delitto di King aveva anche l’effetto di dividere la forza del movimento per i diritti civili, confondendo l’opinione pubblica e distogliendo l’attenzione dalle ragioni interne — odio razziale, estremismo di destra, spinte di ordine segreto — che realmente alimentarono la tragedia di Memphis. Se fossero state rese note le ricerche negative sui passeggeri dei voli per Cuba e la completa innocenza di Ramírez rispetto all’assassinio King, la narrazione alternativa non avrebbe trovato spazio. Invece, la CIA mantenne riservati quei materiali, offrendo solo brevi estratti o riassunti quando sollecitata dal Congresso, e solo dopo aver ottenuto la formale autorizzazione alla declassificazione.

È impressionante come, attraverso un’attenta lettura dei documenti ora disponibili, emerga un duplice ruolo dell’Agenzia: da un lato motore segreto dei golpe e dei tentativi di assassinio oltre il Golfo del Messico, dall’altro manipolatrice dell’informazione interna, pronta a creare alibi politici e a distorcere le indagini sui grandi delitti politici che segnarono quell’epoca della storia statunitense (Non solo JKF e MLK, ma anche Robert Kennedy e Malcolm X). Gli archivi svelano che la CIA non fu semplicemente un osservatore passivo degli eventi, bensì un protagonista occulto, capace di tessere trame criminali con la mafia e di orientare i riflettori su capri espiatori scelti a tavolino.

Quanto emerso impone una riflessione severa sul rapporto tra rappresentanza democratica del popolo e potere segreto dell’intelligence. Se la verità su Castro e sui legami mafiosi, seppur sospettata da tempo, è stata resa nota soltanto dopo cinque decenni, è perché quegli stessi atti di insabbiamento hanno protetto uomini e reti che operarono ai margini della legalità, soggiogando processi politici e giudiziari. Ora che i documenti sono alla mercé degli studiosi e del grande pubblico, diventa urgente un riesame critico del passato, teso a ricostruire nel dettaglio la catena di responsabilità e a restituire piena dignità alla memoria di Martin Luther King Jr. e delle altre vittime di quegli anni. Un dovere morale, prima ancora che storico, che richiede di riconoscere come il fantasma di Cuba sia stato evocato non per fare giustizia ma per distogliere lo sguardo dai veri colpevoli.

Di seguito alcuni dei file desecretati che trattano di Cuba e dei legami tra la CIA e la mafia

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