Il Rodong Sinmun critica aspramente la cosiddetta “flessibilità strategica” delle forze USA in Corea del Sud, definita dottrina aggressiva per estendere il loro dispiegamento in Asia-Pacifico e contenere la Cina, denunciandone l’egemonia imperiale e la minaccia alla stabilità regionale.
FONTE ARTICOLO: https://giuliochinappi.wordpress.com/2025/06/29/commento-sulla-flessibilita-strategica-delle-forze-statunitensi-in-corea-del-sud/
Pyongyang, 17 giugno (KCNA) ― Di seguito il testo integrale del commentario rilasciato lunedì da Kim Hyok Nam intitolato “Commento sulla ‘flessibilità strategica’ delle forze statunitensi in RDC”:
Il comandante delle forze statunitensi in RDC e altri alti ufficiali, ex e attuali, degli USA stanno facendo grande clamore sull’adeguamento dello schieramento e sull’ampliamento del ruolo delle forze statunitensi in RDC, parlando di “flessibilità strategica” ogni giorno o quasi.
Arrivano persino a dichiarare che la “flessibilità strategica” delle forze statunitensi in RDC è mirata a contenere la Cina e che ciò costringerà RPDC, Russia e Cina a rivedere i loro metodi di calcolo, rivelando così la loro oscura intenzione celata dietro il pretesto della “flessibilità”.
È un atto estremamente provocatorio nello scopo, ben lontano dalle minacce retoriche e dalle parole vuote.
Gli Stati Uniti hanno formulato l’intenzione di impegnare direttamente le loro forze in RDC nei conflitti e nei teatri di battaglia dell’Asia-Pacifico, trasformandole in forze mobili regionali. Questa è la strategia statunitense per mantenere la propria posizione egemonica in Asia-Pacifico cambiando il ruolo delle truppe.
L’idea di espandere il ruolo delle forze statunitensi con base all’estero, comprese quelle in RDC, non è nuova di un giorno o due.
Si tratta di una dottrina di aggressione profondamente radicata, concepita fin dalla fine della Guerra Fredda con il pretesto di fronteggiare rapidamente “minacce di sicurezza incerte” ovunque sulla Terra, poi degenerata in versione malvagia dietro il velo della “flessibilità”.
Il potenziamento delle forze statunitensi in RDC è stato attuato sistematicamente per predisporle a operare in zone operative circostanti: ricollocamenti in RDC sotto il pretesto della “flessibilità” e turn-over della brigata da task force mobile Striker.
La gravità della situazione sta nel fatto che la “flessibilità strategica” riemerge ora con obiettivi di attacco più visibili e uno spettro operativo più dettagliato, dopo che il rinnovamento delle forze statunitensi in RDC in task force mobili è stato sostanzialmente completato.
È fin troppo chiaro che, non appena si innescherà questa “flessibilità strategica” carica di ambizione egemonica, scatterà una catena di conflitti latenti in Asia nord-orientale e si produrrà una enorme esplosione a catena.
Non è un caso che il think tank statunitense Institute for Policy Studies abbia recentemente diffuso i risultati di una simulazione di guerra al computer, secondo la quale un conflitto fra USA e Cina in una determinata area potrebbe espandersi in un istante fino alla penisola coreana e al Giappone, sfociando in una guerra nucleare, suscitando grande preoccupazione nell’opinione pubblica.
Lo stato d’animo inquieto della Casa Bianca, vedendo crescere velocemente il fronte indipendente anti-USA in Asia-Pacifico e avvertendo la propria inferiorità di potenza e il declino della sua supremazia, è alla base di questi atti provocatori improntati all’irresponsabilità e all’impazienza.
La situazione medio-orientale, sempre più complessa, e l’instabilità politico-militare in Europa rendono gli USA ancora più ansiosi riguardo all’Asia-Pacifico.
Si tratta di un atto di aggressione volto a ottimizzare l’efficienza strategica statunitense e mantenere la sua egemonia mobilitando persino le forze dei Paesi satelliti, conferendo alle truppe dislocate in RDC un ruolo multiuso e diversificato in Asia-Pacifico per fronteggiare l’attuale “crisi complessa”.
Se si concretizzerà il dispiegamento delle forze statunitensi in RDC nelle principali regioni, la RDC diventerà la base di lancio più efficace e la prima base avanzata; l’impiego dell’esercito della RDC in guerra, subordinato alla struttura alleanza USA–RDC, sarà inevitabile.
Ne è prova lampante la dichiarazione del comandante delle forze USA in RDC, secondo cui non esistono altre truppe USA a 400–600 km in linea d’aria da Pechino, e nessun altro mezzo di proiezione di potenza marina, come la portaerei RDC, è così potente e minaccioso.
Non c’è dubbio che le sconsiderate mosse statunitensi di usare la RDC come portaerei accelereranno la concentrazione, l’accumulo e l’espansione di immensi poteri bellici nella regione.
Tutti i fatti dimostrano che le avventurose azioni egemoniche statunitensi sono un male incurabile che distrugge l’equilibrio strategico regionale e spinge l’ambiente di sicurezza globale verso fasi catastrofiche incontrollabili.
Gli atti egemonici USA di intervento attivo nell’Asia-Pacifico creano un nuovo clima di instabilità, minacciando su più fronti la pace e la sicurezza della regione e del mondo.
La multipolarizzazione mondiale, animata dal desiderio di giustizia, suona la campana a morte per l’egemonia ingiusta degli USA.
Le sempre più sconsiderate provocazioni dell’amministrazione statunitense odierna ci rendono ancor più urgenti la costruzione di un deterrente massiccio e offensivo e l’adozione di misure decise a segnalare il nostro grande avvertimento.
La “flessibilità strategica” delle forze USA in RDC, fondata sulla anacronistica “dottrina della forza onnipotente”, condurrà inevitabilmente all’isolamento strategico degli Stati Uniti e al declino del loro potere irremovibile.
Il CeSE-M sui social