Accordo di Bougival: una sovranità condivisa tra Francia e Nuova Caledonia

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L’accordo siglato a Bougival lo scorso 12 luglio ridefinisce il quadro istituzionale della Nuova Caledonia, introducendo uno “Stato sui generis” all’interno della Repubblica Francese. Il testo istituisce competenze differenziate, doppia cittadinanza e un percorso graduale verso un’autodeterminazione condivisa.

L’Accordo di Bougival segna una svolta fondamentale nel lungo e complesso processo di decolonizzazione della Nuova Caledonia. Questo territorio, già riconosciuto dall’ONU tra i diciassette territori “non autonomi” ancora de decolonizzare, è stato teatro di negoziati intensi, conclusisi con la firma dello storico accordo lo scorso 12 luglio. L’intesa nasce sulle ceneri dei referendum del 2018, 2020 e 2021, i quali, pur attestando una maggioranza relativa verso il “no” all’indipendenza, avevano visto una partecipazione ridotta che ne aveva compromesso la legittimità sociale. Nell’ultimo caso, in particolare, il boicottaggio dei partiti indipendentisti e un’astensione che superò il 56% avevano creato un’interruzione del dialogo politico e forti tensioni nell’isola. Per queste ragioni, il presidente Emmanuel Macron e il ministro Manuel Valls hanno deciso di allontanare la discussione dalle tensioni locali, convocando i principali attori caledoniani in un conclave di dieci giorni nell’Hilton di Bougival, sotto l’egida presidenziale.

Nel nuovo testo si riconosce la singolarità del percorso caledoniano: un cammino segnato dalla riconciliazione tra popolazione autoctona Kanak e non-Kanak, dall’emersione di una cittadinanza propria e dal progressivo trasferimento di competenze durante gli ultimi venticinque anni. L’Accordo rievoca quei momenti, ma va oltre, poiché introduce nel titolo XIII della Costituzione francese un “Stato della Nuova Caledonia” che, pur restando inserito nella Repubblica, potrà ottenere un riconoscimento internazionale senza aspirare a un seggio ONU. Accanto allo Stato francese, questa entità “sui generis” potrà organizzare azioni diplomatiche nei settori di sua competenza interna, mantenendo tuttavia l’obbligo di allinearsi agli impegni di Parigi e agli interessi vitali della Francia.

La nuova architettura istituzionale poggia sulla creazione di una Legge Fondamentale, il cui iter si aprirà con la legislatura che prenderà avvio nel 2026. Tale testo, approvato dal Congresso locale con una maggioranza qualificata, fungerà da “Costituzione locale”, dettando le regole di governance, i diritti civili, i simboli identitari e il funzionamento degli organi pubblici. In esso troveranno posto la possibilità di ridefinire nome, bandiera, inno e motto, nonché l’adozione di una Carta dei Valori Caledoniani, elaborata con il Senato consuetudinario e il Consiglio economico, sociale e ambientale. Il documento disciplinerà altresì l’organizzazione degli organismi esecutivi e deliberativi, la ripartizione delle competenze tra Stato, Province, Comuni, Senato consuetudinario e CESE (Consiglio Economico, Sociale e Ambientale), nonché le procedure di revisione e la possibilità di introdurre regole di bilancio rigorose.

Il caposaldo dell’accordo resta tuttavia la nozione di “sovranità condivisa”. In questo modello, le competenze sovrane – difesa, giustizia, sicurezza e moneta – permangono formalmente in capo allo Stato francese, che garantisce la stabilità del franco CFP e il coordinamento delle operazioni militari e diplomatiche. Al contempo, però, le autorità caledoniane verranno coinvolte maggiormente rispetto al passato: vengono informate e consultate sulle strategie di difesa nella regione, partecipano alla definizione della politica penale e della gestione carceraria, hanno voce nella governance monetaria tramite il consiglio di sorveglianza dell’Istituto d’Emissione d’Oltremare e collaborano con Parigi nella formazione delle élite amministrative, giudiziarie, diplomatiche e militari. La Nuova Caledonia può inoltre chiedere, secondo modalità stabilite dalla legge, il trasferimento di altri poteri non sovrani già previsti dall’articolo 27 della legge organica del 1999, e in futuro potrà avanzare richieste persino per trasferire competenze sovrane, a condizione che ciò sia ratificato dal proprio Congresso e da una consultazione popolare specifica.

Sul versante delle politiche locali, il territorio ottiene piena autonomia per definire e attuare le proprie strategie economiche, sociali e ambientali, nel rispetto dei principi costituzionali e dei vincoli internazionali. Le Province diventano gli enti di riferimento per lo sviluppo territoriale, dotati di risorse proprie e della facoltà di stabilire aliquote e basi imponibili entro i limiti fissati dalla legge organica speciale. Esse beneficiano di un meccanismo di solidarietà finanziaria che mira a bilanciare le disparità territoriali. Parimenti, i Comuni, confermati come collettività della Repubblica, acquisiscono status di istituzioni caledoniane, partecipando attivamente alla redazione della Carta dei Valori e alla definizione delle politiche locali. I sindaci, eletti più vicini ai cittadini, mantengono un ruolo cruciale di raccordo tra l’amministrazione e le esigenze quotidiane della popolazione.

La dimensione democratica del nuovo assetto si esprime attraverso un corpo elettorale a fasi successive. Innanzitutto, il referendum di approvazione dell’intero Accordo, previsto per febbraio 2026, utilizzerà la Lista Elettorale Speciale per la Consultazione, già impiegata nei tre precedenti referendum e ora estesa a nuovi aventi diritto che soddisfino condizioni di residenza o di nascita. Le elezioni provinciali e del Congresso del 2026 permetteranno la partecipazione a chi sia nato in Nuova Caledonia oppure vi risieda da almeno quindici anni e sia iscritto nelle liste generali. Successivamente, il diritto di voto sarà riservato esclusivamente ai cittadini caledoniani, definiti da criteri di cittadinanza elaborati nel testo della nuova legge di cittadinanza: chi è nato lì da genitori non ancora titolari, chi vive da dieci anni sul territorio, chi ha contratti di matrimonio o PACS con un cittadino caledoniano, chi ha esercitato il voto nel 2026 o figura come figlio di chi ne ha diritto. Finché la nuova cittadinanza non entrerà in vigore, si applicheranno regole transitorie basate sulla prima tornata elettorale.

Dal punto di vista costituzionale, l’iscrizione del nuovo modello nel titolo XIII richiederà una revisione approvata in identico testo da Assemblea nazionale e Senato, quindi ratificata in Congresso dei parlamentari. Per passare, la modifica dovrà ottenere i tre quinti dei voti, garantendo così ampia convergenza politica. Sul piano del diritto internazionale, il richiamo all’articolo 1 della Carta dell’ONU vuole inscriversi nel rispetto del diritto all’autodeterminazione, e dunque ogni fase di trasferimento di poteri sovrani sarà subordinata a consultazioni popolari vincolanti.

Secondo gli analisti, le conseguenze politiche saranno profonde per entrambe le parti in causa. La Francia accetta un’eccezione giuridica senza precedenti, riconoscendo una doppia nazionalità interna che apparentemente contrasta con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 1 della Costituzione, secondo cui la cittadinanza è unica e indivisibile. Tuttavia, l’Accordo giustifica questo scarto come necessità storica e strumento di pace. Contestualmente, la Nuova Caledonia diventa un laboratorio di “federazione interna”, con un modello di Stato associato piuttosto che meramente regionale.

Passando alle proiezioni future, il testo apre scenari differenti. Da un lato, il rafforzamento progressivo dell’autonomia potrebbe consolidarsi in uno status di “Stato associato” senza mai giungere a una piena indipendenza. La cooperazione economico-finanziaria, il piano strategico sul nickel – che mira a trasformare il settore, integrare il territorio nelle catene industriali europee e garantire accettabilità sociale – e i meccanismi di solidarietà tra Province dovrebbero stabilizzare l’assetto e attenuare i timori legati all’isolamento. Dall’altro, la clausola referendaria permanente per i trasferimenti sovrani lascia aperta la possibilità di un voto futuro sull’indipendenza. Se, dopo aver acquisito competenze crescenti e aver rafforzato un’identità caledoniana autonoma, la maggioranza della popolazione esprimesse la volontà di separarsi, nulla impedirebbe di organizzare un nuovo referendum.

La dimensione geopolitica gioca un ruolo non secondario. In un’area indo‑pacifica sempre più contesa, la Francia consolida la propria presenza strategica, assicurando che la Nuova Caledonia resti in un’orbita favorevole all’Occidente. Parigi, infatti, teme che altre potenze potrebbero tentare di sfruttare malumori e divisioni interne; in quest’ottica, un’istituzione collante quale l’Accordo di Bougival riduce lo spazio per le ingerenze esterne, garantendo un’arena di dialogo multilivello.

L’intesa, tuttavia, non elimina i nodi storici: l’eredità coloniale e i contrasti identitari restano vivi. La sfida più ardua consisterà nel trasformare le previsioni normative in una convivenza reale, nella quale Kanak e non-Kanak riconoscano in ugual misura la legittimità delle istituzioni e la propria appartenenza a un destino comune. Su questo cruciale punto potrebbe rivelarsi determinante l’adozione di una convenzione cittadina locale, in grado di coinvolgere la società civile, i gruppi tradizionali, i giovani, i sindaci e le élite economiche, al fine di definire i valori condivisi.

In definitiva, l’Accordo di Bougival ridefinisce l’ordinamento caledoniano alla luce di un esperimento costituzionale unico nel suo genere. Il testo pone le basi per una Nuova Caledonia dotata di un forte potere di auto-organizzazione, pur mantenendo vincoli istituzionali con la Francia. L’esito a medio termine dipenderà non soltanto dall’evoluzione dei rapporti di forza tra le forze politiche locali, ma anche dalla capacità di tradurre l’assetto giuridico in condizioni economiche e sociali di crescita condivisa. Se il meccanismo consultivo saprà dare voce a tutta la popolazione e se il percorso di cittadinanza caledoniana fornirà senso di appartenenza reale, la convivenza potrà rafforzarsi. Solo allora, infine, la Nuova Caledonia potrà decidere con piena consapevolezza se continuare lungo la via di un’autonomia sempre più spinta o completare il processo verso la propria indipendenza.

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