di Andrea Fais
(ASI) Stando a quanto espresso da diversi analisti negli ultimi anni, quello in corso pare inevitabilmente destinato a diventare il secolo dell’Asia. Certamente l’Occidente resta un polo competitivo, ma la sua forza geopolitica e la sua capacità di incidere sui processi decisionali globali assumono ormai le sembianze di residui del potere finanziario, tecnologico e militare accumulato nel passato.
FONTE ARTICOLO: https://agenziastampaitalia.it/cultura/71212-il-ritorno-al-centro-dell-asia-nel-nuovo-libro-pubblicato-da-anteo-edizioni
I dati e i numeri indicano che gli equilibri internazionali stanno cambiando molto più velocemente di quanto si riesca a percepire all’interno della bolla narrativa in cui l’opinione pubblica occidentale pare intrappolata. Stando ai calcoli del Fondo Monetario Internazionale, il confronto tra i ritmi di crescita dei Paesi del G7 e quelli dei BRICS è emblematico della tendenza in atto: nel 1995, quando il noto raggruppamento degli emergenti ancora non esisteva, i primi rappresentavano il 44,9% del PIL globale a parità di potere d’acquisto (PPP) contro il 16,9% dei secondi; quindici anni più tardi, nel 2010, la differenza si era già notevolmente ridotta (34,3% vs 26,6%); appena due anni fa è avvenuto il sorpasso, coi BRICS al 32,1% e le sette grandi economie di antica industrializzazione al 29,9%.
Inutile ricordare che i maggiori contributori al PIL aggregato dei BRICS sono Cina ed India, le due grandi potenze manifatturiere dell’Asia. Recentemente, ai cinque attori originari si sono aggiunti Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti e Indonesia. Gli ultimi tre, in particolare, hanno incrementato la presenza asiatica all’interno del raggruppamento, che può così annoverare rispettivamente uno dei maggiori produttori di idrocarburi al mondo, l’economia più ricca e diversificata del Medio Oriente e la prima economia del Sud-est asiatico. E proprio in quest’ultima parte del pianeta, dopo la fine della Guerra Fredda, si è registrato un fenomeno praticamente unico.
Più e meglio di tante altre aggregazioni regionali, l’ASEAN ha saputo costruire, passo dopo passo, un mercato comune composto da dieci economie in ascesa, capaci, nonostante le differenze, di coordinarsi e cooperare tra loro per dare vita a quella che oggi costituisce la quinta economia mondiale, con un PIL aggregato pari a circa 3.800 miliardi di dollari nel 2024.
Affermatosi quale baricentro politico ed economico della regione Asia-Pacifico, incluso tra Cina, India, Giappone, Penisola Coreana, Australia e Nuova Zelanda, il Sud-est asiatico è tra i poli industriali e commerciali più dinamici al mondo. Non poteva, dunque, che essere uno dei leader politici più influenti di questa regione a cogliere con largo anticipo le tendenze e i mutamenti in atto. Non in modo autocelebrativo o apologetico, tutt’altro. Scritto da Anwar Ibrahim e recentemente uscito nella sua prima edizione in lingua italiana per i tipi di Anteo Edizioni, La Rinascita dell’Asia è un viaggio nella storia e nella cultura dell’Asia e del mondo, nel tentativo di confrontare i diversi percorsi di sviluppo dell’Oriente e dell’Occidente, individuando le esigenze delle società asiatiche di fronte alle sfide della globalizzazione.
Pubblicato originariamente nel 1996, quello del primo ministro malesiano in carica è un testo che anticipa di quasi trent’anni temi e riflessioni oggi imprescindibilmente al centro del dibattito politico, economico, diplomatico, filosofico, sociologico e antropologico. Secondo Ibrahim, il Rinascimento Asiatico di questo secolo sarà un fenomeno profondamente diverso da quello affacciatosi in Europa circa seicento anni fa e sviluppatosi, più avanti, con l’Illuminismo. Centrali saranno i valori religiosi: non una sfida prometeica all’ordine naturale in nome della tecnica e del dominio, ma una riaffermazione della spiritualità nelle sue molteplici forme, nel segno della prosperità, della giustizia, della coesistenza e dell’armonia tra popoli.
Coi suoi 35 milioni di abitanti, la Malesia assume in questo senso le parvenze di un microcosmo rappresentativo dell’intero mondo asiatico: una nazione tradizionalmente multietnica e multiculturale, dove da secoli convivono Islam, Confucianesimo, Buddhismo e Induismo nel quadro di una società laboriosa e produttiva, proiettata verso il futuro. Per rendersene conto è sufficiente dare un’occhiata ai grattacieli che caratterizzano lo skyline urbano della capitale Kuala Lumpur: dal Merdeka 118 all’Exchange 106, passando per le iconiche Petronas Towers, rese celebri in Occidente dal film Entrapment del 1999, interpretato da Sean Connery e Catherine Zeta-Jones. Senza poi contare altre città fortemente competitive quali George Town, seconda maggiore conurbazione dopo quella della capitale, Malacca, che dà il nome all’omonimo stretto, Johor Bahru, confinante con la città-stato di Singapore, e i centri emergenti del Borneo malesiano, tra cui Kuching e Kota Kinabalu.
Come molti altri Paesi asiatici, anche la Malesia ha subito la piaga del colonialismo europeo – britannico nello specifico – e ha condiviso con i suoi vicini un passato di dipendenza, sofferenza e povertà. Le ferite di allora non le hanno tuttavia impedito di rimboccarsi le maniche e ricostruire un suo percorso di sviluppo, acquisendo capacità industriali e manageriali ormai ampiamente riconosciute nella regione e nel resto del mondo. Dal punto di vista di Anwar Ibrhaim, tuttavia, ciò non è sufficiente. Le società dell’Asia devono ancora sforzarsi di ricercare una propria via verso la costruzione di modelli più giusti e democratici, evitando di confondere il progresso dello stato di diritto con il paternalismo occidentale in materia di diritti umani e civili. Se l’Occidente deve ancora liberarsi dei pregiudizi del passato coloniale, anche l’Asia può imparare dalla storia occidentale, traendo spunti di riflessione utili, senza il timore che i propri valori tradizionali vengano compromessi o inquinati.
A quasi trent’anni dalla sua prima pubblicazione in lingua originale, il testo mantiene straordinariamente intatta la sua attualità, fornendo al lettore una chiave interpretativa per conoscere da vicino le esigenze, le aspettative, i timori e le preoccupazioni di una regione del mondo molto lontana geograficamente da noi europei ma sempre più connessa con le nostre economie e le nostre società.
COPERTINA DEL LIBRO

Sul rinascimento asiatico
Il rinascimento dell’Asia, invece, comporta la crescita, lo sviluppo e la fioritura delle società asiatiche basate su una certa visione di perfezione; società permeate di verità e amore per l’erudizione, la giustizia e la compassione, il rispetto reciproco e la tolleranza, e la libertà combinata con la responsabilità. È la trasformazione delle culture e delle società dell’Asia, dalla capitolazione dinnanzi alle potenze atlantiche alla condizione di autoconsapevolezza e alla rifioritura, all’alba di un nuovo millennio.
Sulla leadership
Il tratto caratteristico della leadership, tra le altre cose, è quello di agire con convinzione sulla base di principi, anziché assecondare i capricci e le fantasie della massa, a seconda dei sondaggi d’opinione. Troppo spesso, oggigiorno, il motivo trainante della leadership è fare ciò che è politicamente conveniente anziché ciò che è moralmente giusto. In definitiva, la legittimazione di una leadership si fonda tanto sulla rettitudine morale quanto sul sostegno popolare. Alla democrazia non dovrebbe mai essere consentito di diventare un concerto per ricchi e potenti, perché ciò significherebbe aver semplicemente scambiato il potere degli zamindari, degli encomenderi e dei signori feudali con la dittatura di zar aziendali, giunte militari e burocrati politici.
ACQUISTA IL VOLUME “LA RINASCITA DELL’ASIA”

Il CeSE-M sui social