“Una regione unita e stabile”: l’Iran sta aggiornando la sua agenda strategica. Ma sul nucleare “domestico” nessun passo indietro. Dal TehranDialogue Forum 2025

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di Lorenzo Somigli

Dopo il tour politico-imprenditoriale di Trump, Teheran fa sentire il suo peso specifico nel Medio Oriente in divenire. Grande spazio ai rapporti di buon vicinato: Iraq, Armenia, Centro Asia e anche il “nuovo” Afghanistan.

Teheran, 20 mag.“I paesi della regione hanno l’opportunità di costruire un percorso autonomo”, basato su “concordia, unità e sinergia”. Le parole del Presidente MasoudPezeshkian in apertura del TehranDialogue Forum 2025, la più prestigiosa piattaforma per il dialogo e la cooperazione promossa dall’Istituto per gli Studi Politici e Internazionali (IPIS), registrano un’evoluzione nell’agenda strategica della Repubblica Islamica dell’Iran.

Afferente alla corrente riformista, Pezeshkian, già ministro della salute (2001-2005) sotto la presidenza Khatami, lancia messaggi di apertura e, negli stessi giorni, annuncia importanti progetti infrastrutturali, come quelli del valore di 140 milioni di dollari nella zona del Kermanshah, altopiano del Kurdistan, nella zona occidentale, che possono contribuire a rendere l’Iran un vero crocevia (grande spazio ai corridoi economici). L’obiettivo delineato da Pezeshkian durante il Forum consiste nel costruire “una regione unita e stabile dal Pakistan all’Iraq”, senza dimenticare gli altri attori del – sottolineano tutti – Golfo Persico e del Caucaso, ivi inclusa l’Armenia cristiana, la cui comunità elegge due rappresentanti al Parlamento iraniano. È un Iran diverso, meno “aggressivo”, molto dialogante, anche se Pezeshkian stesso ribadisce che, fino ad oggi, non è stato l’Iran a “bombardare i civili”, insistendo sulla necessità di superare le divisioni reciproche spesso alimentate dall’esterno.

Bisogna vedere se questi messaggi saranno colti e, soprattutto, se tradotti in prassi e con quali esiti. Intanto, molti rispondono all’appello e partecipano al Forum. Da tutto il Centro Asia, dall’Iraq a maggioranza sciita (durante il Forum ha parlato, in fluente persiano, NechirvanBarzani, presidente del Kurdistan iracheno, dove Pezeshkian stesso ha effettuato la prima visita dopo il 1979), dall’Armenia che cerca di ritagliarsi uno spazio di manovra (negli stessi giorni sono però anche in corso esercitazioni militari della Guardia Rivoluzionaria con le Forze Speciali azere proprio nel Nagorno per potenziare la “sicurezza regionale”), da tutto l’Estremo Oriente (Malesia, Vietnam, Indonesia, Cina, Corea del Sud), senza dimenticare i vicini di peso quali Turchia, India, Arabia Saudita e Russia, con la quale la cooperazione è in crescita grazie al partenariato strategico. Partecipa anche una delegazione di alto livello, capitanata da Amir Khan Muttaqi, del governo talebano, in cerca di legittimazione.

Resta il nodo del nucleare e delle sanzioni che riducono sensibilmente le possibilità di crescita. L’Iran non sembra intenzionato, come si legge sul Tehran Times del 18 maggio, a rinunciare all’arricchimento “domestico”, ma i colloqui con gli Stati Uniti vanno avanti e già di per sé rappresentano un passo avanti significativo. Sul punto ha parlato chiaramente, sempre durante il Forum, il Ministro degli Esteri, Abbas Araghchi. “Stiamo continuando a confrontarci con l’Europa – ha detto -. Vogliamo che l’Europa faccia la sua parte”, ribadendo che l’arricchimento dell’uranio è “un legittimo diritto” e “un grande traguardo scientifico della nostra nazione”. “Non possiamo rinunciare a questo”, ma, ha sottolineato, “se l’obiettivo è garantire che l’Iran non persegua la ricerca di armi nucleari, tale obiettivo è completamente raggiungibile”.

Sicuramente, nel Medio Oriente in ridefinizione l’Iran, il paese più popoloso (83 milioni di abitanti), con sconfinate risorse, non solo di petrolio (terza più grande riserva al mondo) e gas (34,0 trilioni di metri cubi) ma anche di minerali (15 mila miniere) – nel frattempo Pezeshkian vara anche la prima bio-raffineria –, intende dire la sua. Trump, ma non solo, avvisato. 

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