di Alessandro Fanetti (Responsabile Dipertimento America Latina del Centro Studi Eurasia e Mediterraneo)

MiNSK, BIELORUSSIA – Poche sono le date nelle quali i popoli della terra possono riconoscersi pienamente e senza distinzioni. Solitamente, infatti, ognuno ha le proprie: date nelle quali anni prima è successo qualcosa di considerato positivo e/o decisivo da quel singolo popolo (o gruppo di popoli). E al massimo salutato con rispetto, solidarietà e riverenza dalle altre comunità del pianeta.

Il 9 maggio è, però, diverso. In questo giorno del 1945, infatti, la capitolazione ufficiale della Germania nazista fece tirare al mondo un grande sospiro di sollievo. Dopo milioni di morti e una guerra devastante durata poco meno di sei anni, infatti, la bandiera sovietica era stata issata a Berlino e per le orde nazifasciste non c’era più scampo. Oblio, scoperta delle atrocità commesse e condanna pressoché unanime (in primis dal tribunale della Storia) il triste destino di queste ultime.

Di lì a poco (per la precisione il 2 settembre) anche il Giappone avrebbe capitolato e la vittoria alleata sarebbe finalmente giunta. 

Una guerra che fece dunque milioni di morti fra tutti i popoli che l’hanno combattuta, in primis quelli sovietico e cinese, e che deve aver lasciato in ognuna delle nuove generazioni un rispetto e riverenza eterni per tutti coloro che hanno combattuto la mostruosità (teorica e pratica) del nazifascismo. 

In primo luogo, dunque, onore e gloria eterni ai martiri della Seconda Guerra Mondiale e a chi è rimasto in vita per testimoniare gli atti di eroismo compiuti per l’abbattimento dei sogni di Hitler e sodali.

Purtroppo, da alcuni anni certe élite cercano di manipolare i fatti inoppugnabili di quei tragici anni, di riscrivere la Storia e di raccontare tremende falsità spacciandole per chiare verità. 

È bene dunque ricordare che senza memoria non ci può essere futuro degno e senza verità non ci può essere giustizia.

Cancellare (o peggio ancora mistificare) le eroiche gesta di chi ha dato, o ha messo a rischio, la propria vita per la libertà e la giustizia degli altri è un’onta che peserà, se non nella vita pubblica del triste personaggio di turno, certamente sulla sua coscienza più intima e privata. 

Gesta, è bene sottolinearlo, compiute da valorosi combattenti (sia direttamente al fronte che nelle mansioni più disparate) provenienti dai quattro angoli del pianeta, anche se con tributi di sangue e sofferenze talvolta non paragonabili (almeno a livello numerico).

Quanto sarebbe dunque bello e soprattutto corretto se il 9 maggio tutti i paesi, i popoli e le singole persone che hanno combattuto il nazifascismo (e i loro discendenti “materiali e immateriali”) si ritrovassero uniti e fieri di aver lottato fianco a fianco per un mondo diverso, per un futuro più luminoso e per un avvenire sempre migliore.

Popoli uniti da un ideale superiore almeno per un giorno. Per ricordare quelle gesta, rendere omaggio a tutti coloro che non ce l’hanno fatta e a chi ancora (nonostante l’età e la fatica) non si stanca di raccontare la sua esperienza diretta (per spronare a dare sempre il massimo e per non far dimenticare con il rischio di ripetere) e di ricevere l’affetto delle riverenti nuove generazioni. 

In sintesi, per fare tesoro degli insegnamenti supremi di quelle generazioni di eroi (senza disperderli e anzi cercando di svilupparli in modo perpetuo).

Invece, come accennato sopra, alcune élite hanno deciso diversamente. 

Ogni singolo pezzo di Storia condivisa con l’ “asse del male” va cancellato o distorto. Sostituito con altri racconti avulsi dalla realtà oppure coperto da altri “momenti eroici”.

Ci sarebbe da ridere se fosse una fantasia, ma purtroppo c’è da piangere perché è la nuda e dura verità.

Anzi, più che piangere c’è da cercare non di lottare per un interesse di parte ma da cercare semplicemente di ristabilire la verità inoppugnabile e a prova di qualsiasi mistificazione.

Il nazifascismo ha perso grazie alla lotta senza quartiere delle potenze alleate. E fra queste c’è stato il contributo fondamentale dell’URSS, delle sofferenze e del sangue del suo popolo. Quasi 30 milioni di morti per ricacciare indietro dal suo territorio le orde nazifasciste e contribuire a sconfiggerle espugnandone il cuore: Berlino.

E nel frattempo contribuire ad abbattere anche il Giappone imperiale, stavolta con il contributo decisivo del popolo cinese. Anche quest’ultimo costretto a subire anni di sofferenze e privazioni ma alla fine vittorioso.

Ecco dunque che invece di sottolineare il contributo unitario di chi ha lottato la piaga nazifascista in un clima di unità e rispetto della memoria, alcuni paesi non solo cancellano ufficialmente il 9 maggio ma addirittura vietano manifestazioni in onore di questi eventi. 

Vietare di ricordare e al tempo stesso festeggiare altro, così da provare a far cadere nell’oblio quegli avvenimenti e instillare un’ “altra memoria”. Tutto a uso e consumo di interessi elitari avulsi dal popolo.

In questo senso, le immagini viste, ad esempio, in Moldavia il 9 maggio 2025, creano profonda inquietudine ma al tempo stesso sembrano ben lontane dalla vittoria di tale tentativo.

Infatti, nonostante il divieto di festeggiamenti della “Giorno della Vittoria” almeno nella piazza principale di Chisinau, sono scese comunque per le strade spontaneamente una moltitudine di persone per fare sentire la loro voce dinnanzi a queste vere e proprie prepotenze. Con le élite intente a festeggiare la “Giornata dell’Europa” a “porte chiuse”, in quanto festa mai effettivamente tanto partecipata e dunque con il rischio di vedere una piazza piena per la vittoria sul nazifascismo e vuota dall’altra parte.

I sentimenti popolari non si possono costruire a tavolino ma vanno forgiati dal popolo e da esso tenuti sinceramente nel più profondo del cuore. 

Ed è così che, infatti, molte sono state ad esempio le scene di giubilo e grande forza emotiva in Bielorussia, dove i veterani sono stati ancora una volta salutati calorosamente e venerati come eroi da tutte le fasce di popolazione. 

Un sentimento sentito nel profondo e diffuso in ogni angolo, anche fra chi è più scettico su determinate situazioni politiche più contemporanee. Un sentimento che supera ogni scoglio e unisce a differenti latitudini, demolendo qualsiasi ulteriore possibile barriera.

Dimostrazioni chiare e lampanti che i popoli non sono completamente manipolabili, ma al contrario sono e restano una forza motrice decisiva e prorompente. 

Nonostante tutti i tentativi in senso contrario, infatti, essi restano nel profondo la principale costante di sviluppo, trasformazione e capovolgimento dello stato di cose presente (quando reputato necessario e certamente non rinviabile). 

Dove c’è sentimento popolare genuino e deciso, non ci sono divieti che tengono e i popoli stessi decidono da che parte stare. Aldilà della volontà delle élite. 

Gloria perpetua dunque agli eroi che hanno lottato senza garanzie per il futuro delle nuove generazioni e vergogna perenne per chi prova a cancellare il loro sacrificio per meri interessi elitari. 

Di seguito alcune immagini dei cerimonia per i festeggiamenti “Giorno della Vittoria”, scattate dall’autore dell’articolo nella capitale della Bielorussia, Minsk. 

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