[In Tre Punti, Nessuno di Troppo] IL MESSICO E L’INGERENZA STATUNITENSE: PER SHEINBAUM LA SOVRANITÀ DEL PAESE “NON È IN VENDITA”

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di Martina Marradi

Il Messico è sotto pressione per la minaccia di ingerenza statunitense. La Casa Biancapropone di intervenire nel Paese per smantellare il narcotraffico. Sheinbaum dice no a Trump e riafferma con forza la sovranità nazionale.

Negli ultimi anni, la crisi del fentanyl ha acuito le tensioni tra Stati Uniti d’America e Messico. I cartelli messicani sono ritenuti i principali responsabili della produzione e della esportazione di questa potente droga verso gli USA. Solo nel 2024 sono morti di overdose da fentanyl quasi 87.000 statunitensi, un dato che riflette l’estensione tragica dell’epidemia. Dinanzi a un commercio che genera introiti per milioni di dollari e che alimenta un’emergenza sanitaria senza precedenti negli Stati Uniti, Washington ha cercato di contrastare il narcotraffico con strategie sempre più assertive, includendo sanzioni, operazioni di intelligence e una crescente pressione sul governo messicano per interventi diretti contro i cartelli.

Negli scorsi mesi la Presidente del Messico Claudia Sheinbaum e il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno intrapreso un fitto dialogo volto a discutere alcune tematiche, quali il commercio, la sicurezza e l’immigrazione. In una di queste conversazioni, Trump ha proposto di combattere il narcotraffico attraverso l’invio di plotoni militari statunitensi sul territorio messicano. La motivazione alla base di quest’offerta risiede nel fatto che “il Messico deve fare di più per combattere questi gruppi e questi cartelli” e che gli Stati Uniti “sono pronti ad assistere e ad ampliare la già stretta cooperazione tra i […] due Paesi”.

La Casa Bianca ha manifestato la propria insofferenza nei confronti dell’insicurezza crescente al confine con il Messico, evidenziando come il rafforzamento dei narcos sia una grave minaccia per la sicurezza americana. Tuttavia, le insistenze dell’Esecutivo hanno trovato un netto rifiuto da parte di Sheinbaum, decisa a difendere l’autonomia e la sovranità del Paese. Definendo il proprio territorio “sacrosanto” e “non in vendita”, la Presidente ha manifestato la disponibilità a collaborare con Washington, ma ha mostrato un netto rifiuto ad accettare la presenza militare statunitense sul proprio territorio.

A causa di questa problematica, i rapporti USA-Messico restano tesi. Trump ha dichiarato pubblicamente che gli Stati Uniti sono pronti a intraprendere un’azione militare unilaterale in Messico, qualora quest’ultimo non riesca a smantellare il traffico di droga. Le parole del Presidente, secondo diversi analisti, non sarebbero prive di fondamento, considerando che le sue precedenti dichiarazioni e le sue iniziative rappresentano già un chiaro segnale. Lo scorso gennaio la Casa Bianca ha riconosciuto il cartello di Sinaloa e altri cartelli della droga messicani come organizzazioni terroristiche e il mese successivo ha implementato la sorveglianza aerea sulle attività del narcotraffico messicano. Qualche giorno fa, inoltre, Trump ha insistito affinché l’esercito nordamericano guidasse le operazioni contro i narcotrafficanti messicani implicati nella produzione e nel traffico di fentanyl verso gli Stati Uniti.

Per gli studiosi non si può escludere una possibile invasione militare statunitense entro i confini messicani. Questo timore è ben percepito anche dai massimi organi dello Stato del Messico, tanto da spingere il Congresso dell’Unione ad attuare una riforma costituzionale, volta a rafforzare la sovranità territoriale del Paese.

Le prospettive sono ancora incerte e gli equilibri diplomatici tra i due Paesi sono precari. Il Messico sembra pronto a difendere il proprio suolo, mentre gli Stati Uniti appaiono determinati a proseguire con le loro politiche il contenimento del traffico di droga.

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