Corea del Nord: la misura statunitense per allentare le normative sulle esportazioni di armi significa esattamente espandere le guerre

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a cura di Giulio Chinappi

La Corea del Nord critica la decisione dell’amministrazione statunitense di semplificare le esportazioni di armi come mossa mirata a prolungare e alimentare i conflitti globali, evidenziando l’uso del commercio militare per sostenere politiche estere aggressive ed egemoniche.

Pyongyang, 20 aprile (KCNA) – Poco tempo fa, l’attuale amministrazione statunitense ha adottato una misura mirata ad allentare le “regolamentazioni” che finora avevano ostacolato l’esportazione di equipaggiamenti militari prodotti internamente.

A tal proposito, un collaboratore della Casa Bianca ha giustificato la decisione affermando: “Non siamo in grado di fornire sistemi d’arma in modo affidabile ed efficace ai nostri alleati chiave, e il fattore principale è l’inefficienza e l’incoerenza del processo con cui approviamo le vendite militari all’estero”.

Per gli Stati Uniti, la vendita di armi non rappresenta soltanto uno spazio per fare profitti e soddisfare il desiderio di denaro, ma anche un mezzo fondamentale per sostenere il perseguimento di una politica estera aggressiva e di ricerca dell’egemonia.

I conflitti militari in Europa e in Medio Oriente, protrattisi per diversi anni, costituiscono un esempio eloquente di questa dinamica.

Dallo scoppio della crisi ucraina e della crisi nella Striscia di Gaza, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso in modo persistente alla fornitura di hardware bellico alle loro forze vassalle, che “fanno del loro meglio” per realizzare la strategia egemonica statunitense, sotto il pretesto apparentemente innocuo di “migliorare la sicurezza degli alleati”.

Secondo i dati pubblici, le vendite di armi statunitensi sono aumentate considerevolmente negli ultimi anni, e la maggior parte degli equipaggiamenti esportati è finita nelle mani di guerrafondai in Europa e in Medio Oriente.

Quasi la metà delle armi acquistate dalle forze filoucrainene, che occupano il primo posto nella classifica mondiale dei maggiori importatori di armi dal 2020 al 2024, è di fabbricazione statunitense. Questo dato dimostra chiaramente quante armi di aggressione gli Stati Uniti hanno consegnato ai loro servi di guerra.

Lo stesso vale per le vendite di armamenti a Israele.

Poco tempo fa, il Senato statunitense ha respinto tutte le risoluzioni volte a sospendere la vendita di armi ai sionisti israeliani, risoluzioni che erano state promulgate in modo ingannevole per eludere l’opinione pubblica della comunità internazionale, concentrata sulle stragi di palestinesi compiute dai criminali israeliani.

L’infame e persistente commercio di armi statunitensi ha dato nuovo vigore ai servi di guerra che compiono azioni militari sconsiderate, e le armi statunitensi hanno contribuito a far precipitare la situazione verso un livello ancora più grave.

Gli Stati Uniti svolgono da un lato il ruolo di “mediatore”, fingendo di raccomandare dialogo e negoziati, e dall’altro lato incoraggiano i guerrafondai a espandere e prolungare ulteriormente le guerre, consegnando senza interruzione ogni tipo di arma letale.

La misura statunitense per allentare le normative sulle esportazioni di armi significa esattamente un provvedimento volto a espandere le guerre.

Nel contesto delle continue stragi e distruzioni che minacciano la pace e la stabilità in diverse parti del mondo, causate dagli Stati Uniti – il caposaldo dell’aggressione – è fin troppo chiaro quali conseguenze deriveranno dall’ulteriore consegna di armi letali statunitensi alle forze di guerra per procura, man mano che gli Stati Uniti allenteranno le regole sull’esportazione di hardware militare.

La comunità internazionale non dovrebbe mai sottovalutare il pericoloso tentativo degli Stati Uniti di rendere il mondo un luogo ancora più inquieto.

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