Non troncare i legami con la Cina è una scelta pragmatica che rifiuta la diplomazia coercitiva USA

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a cura di Giulio Chinappi

Davanti alle pressioni e ai dazi USA, la ministra britannica Rachel Reeves rifiuta di ridurre i rapporti con la Cina, sottolineando l’importanza di una cooperazione pragmatica. L’esempio europeo e i solidi dati economici cinesi dimostrano che la Cina resta un partner fondamentale.

In una recente intervista, quando il Telegraph le ha chiesto se fosse disposta a ridurre i rapporti con la Cina per placare gli Stati Uniti, in un contesto di timori che Washington possa esercitare pressioni sul Regno Unito per limitare i suoi accordi con Pechino, la ministra delle Finanze britannica Rachel Reeves ha risposto che “la Cina è la seconda economia più grande al mondo, e sarebbe, secondo me, molto sciocco non collaborare. Questo è l’approccio di questo governo”. Queste parole sono considerate una risposta chiara e pragmatica all’ondata di protezionismo guidata dagli USA, nonché alla diplomazia coercitiva statunitense.

“Il Regno Unito è uno degli alleati più stretti degli Stati Uniti, ma le parole di Reeves riflettono una crescente consapevolezza in tutta Europa: allinearsi all’approccio di Washington offre pochi benefici per il loro sviluppo a lungo termine”, ha dichiarato Dong Yifan, ricercatore associato presso l’Accademia Belt and Road dell’Università di Lingua e Cultura di Pechino.

Le osservazioni di Reeves non sono una voce isolata. L’abuso dei dazi e la coercizione di Washington, anche verso gli alleati, stanno trascinando i Paesi europei in un vortice di incertezza economica e minacciano la stabilità delle catene globali di approvvigionamento. Le recenti visite in Cina della ministra degli Esteri francese Catherine Colonna e del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez hanno lanciato un messaggio comune: di fronte alle incertezze esterne, rafforzare il coinvolgimento con la Cina è necessario e prudente.

È stato riportato all’inizio di questo mese che gli USA vogliono che i propri partner commerciali limitino il coinvolgimento cinese nelle loro economie in cambio di concessioni sui “dazi reciproci”. Il rifiuto di Reeves di recidere i legami commerciali con la Cina indica un atteggiamento pragmatico e sottolinea un’evidenza ineludibile: il magnetismo economico della Cina è troppo potente per essere ignorato.

Anche in mezzo alle turbolenze globali e alle pressioni esterne, l’economia cinese continua a dimostrare una resilienza notevole. Negli ultimi anni, la Cina ha costantemente attratto e stabilizzato gli investimenti esteri e promosso un’apertura ad alto livello. Stabilità e prevedibilità – tratti distintivi della politica cinese – costituiscono la base di fiducia per gli investitori.

Secondo il Ministero del Commercio cinese, gli investimenti diretti esteri (IDE) effettivamente utilizzati in Cina continentale sono aumentati del 13,2% su base annua a marzo. Nel periodo gennaio-marzo sono state create 12.603 nuove imprese a capitale estero, pari a un incremento del 4,3% rispetto all’anno precedente.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno imboccato un percorso opposto. Impugnando i dazi come arma e innescando ripetute controversie commerciali, Washington ha destabilizzato le imprese americane e allarmato gli investitori globali per i rischi crescenti. Inoltre, la politica economica statunitense è sempre più volatile, guidata da logiche politiche e distaccata dai fondamentali economici. Oggi rappresenta il più grande “cigno nero” nel commercio mondiale.

La Cina ha già dimostrato le sue forze doppie: resilienza nel proprio ciclo interno e vitalità nella cooperazione globale. Chi viola le regole economiche e tenta di riscrivere i fondamenti di mercato con l’interferenza politica è destinato a subirne le conseguenze.

Ancora una volta i fatti mostrano che la Cina non è un rischio, ma un’opportunità; non una minaccia, ma un partner. La posizione di non cedere agli USA interrompendo i rapporti con la Cina nasce da un giudizio calmo basato sui propri interessi e mette in luce anche l’ampia resistenza della comunità internazionale verso il recente comportamento egemonico statunitense di abuso tariffario e coercizione degli alleati.

I fatti dimostrano ripetutamente che qualsiasi diplomazia coercitiva che contrasti le leggi economiche e metta a repentaglio il multilateralismo finirà per trasformarsi in una farsa politica di isolamento.

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