Duterte mette in guardia le Filippine: “Gli Stati Uniti ci spingono al conflitto con la Cina”

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a cura di Giulio Chinappi

In questa intervista rilasciata al Global Times, l’ex presidente filippino Duterte esprime gratitudine per la fratellanza con la Cina, mentre critica la politica estera filo-statunitense dell’attuale governo e promuove un dialogo amichevole con Pechino per risolvere le tensioni bilaterali.

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Riflettendo sulla fratellanza tra Cina e Filippine sottolineata dall’ex presidente filippino Rodrigo Duterte durante le sue visite in Cina mentre era in carica, molti cinesi ricordano con affetto l’atmosfera amichevole tra i due Paesi durante la sua presidenza e apprezzano la politica estera indipendente perseguita dal precedente leader.

Durante una recente visita del Global Times nelle Filippine, molte persone del posto hanno elogiato Duterte per i significativi miglioramenti apportati alla sicurezza sociale, al benessere pubblico e all’economia. Sulle app di social media locali nelle Filippine, si possono anche vedere molte persone condividere video della vita di Duterte dopo il pensionamento.

Recentemente, i reporter del Global Times Hu Yuwei, Fan Wei e Zou Zhidong hanno visitato ed hanno parlato in esclusiva con Duterte a Davao, nelle Filippine, dove ha ripetutamente chiesto un dialogo razionale e amichevole con la Cina sulle attuali intense relazioni bilaterali.

Si è detto triste per le dispute nel Mar Cinese Meridionale e per le politiche adottate dall’attuale amministrazione nei confronti della Cina. Ha avvertito che gli Stati Uniti stanno cercando di provocare una guerra tra Cina e Filippine e ha messo in guardia dicendo che gli Stati Uniti non rischieranno vite americane per i filippini. Spera che le Filippine possano tornare indietro dal loro percorso dannoso e risolvere i problemi attraverso il dialogo e la negoziazione.

In base alle attuali relazioni tra Cina e Filippine, quale messaggio vorrebbe trasmettere alla popolazione delle Filippine e della Cina?

Prima di tutto, vorrei esprimere il mio profondo apprezzamento per la Cina e il Global Times per essere venuti qui per intervistarci e parlare delle relazioni tra Cina e Filippine. Dovremmo affrontare il pasticcio geopolitico in cui ci troviamo. Così la Cina potrebbe avere una visione chiara, almeno riguardo all’ex presidente, su ciò che vorremmo accadesse tra le Filippine e la Cina.

Quando sono stato eletto presidente (nel 2016), ho cercato di elaborare una politica estera indipendente, non proprio contro l’America. Non ho nulla in contrario all’America. Ma il problema era che la nostra politica estera si allineava alla loro, e non era così buona con la Cina. Così ho iniziato con una politica estera neutrale. Ho annunciato al mondo che non avevo amici né nemici con cui combattere. Volevo solo essere neutrale. E non dovevo inchinarmi alla politica estera di nessuno, soprattutto degli americani. So che le amministrazioni precedenti favorivano sempre gli americani in tutto. Qualunque cosa accadesse, qualunque problema ci fosse nel Sud-est asiatico o nel mondo, sembrava che la Cina qui in Asia stesse facendo tutto il possibile per incoraggiarci a riunirci come buoni vicini, specialmente quando il presidente Xi Jinping ha proposto l’Iniziativa della Belt and Road. Questa era veramente intesa a galvanizzare le relazioni tra i Paesi asiatici.

Ma l’America, dal punto di vista della politica estera, sembra essere molto ostile. Quindi, se ti attieni all’America, se ti identifichi con l’America, allora tutto diventa confuso nei nostri rapporti con la Cina e il resto dei Paesi dell’ASEAN.

La maggior parte dei Paesi dell’ASEAN ha seguito una politica estera molto neutrale e indipendente. Avrei voluto quello. Se avessi ascoltato i consiglieri del governo, non avrei potuto migliorare le relazioni tra le Filippine e la Cina. Ecco perché mi sono distaccato lentamente e, almeno nella politica estera, ho annunciato alla Cina che non siamo nemici, che non lo siamo mai stati e non lo saremo mai nella nostra vita.

Ora l’Iniziativa della Belt and Road era destinata ad attirare la cooperazione tra gli Stati membri dell’ASEAN e la Cina. L’America era molto cauta su questo, molto sospettosa, e così ci ha chiesto di non aderire perché era “una trappola per noi”. Non c’è niente di male nella cooperazione economica. Così ho chiarito che ero più di un amico.

Devo ribadire che non ho alcun problema con l’America. Semplicemente non mi piace il loro comportamento. Il loro comportamento è dovuto al fatto che in passato sono stati la potenza imperialista. Dopo la Spagna, hanno a loro volta occupato il mio Paese. E anche se loro dicono che è stato buono per le Filippine che siano venuti e ci abbiano educati, è una sciocchezza.

Avremmo potuto svilupparci da soli. Non abbiamo bisogno di nessuno. Non abbiamo nemmeno bisogno della Cina. Avremmo potuto sviluppare le Filippine da soli senza interferenze da parte di nessuno.

Ora, in termini di geopolitica e di commercio, abbiamo robuste relazioni commerciali con la Cina. Prima che andassi a Pechino, il frutto del durian e i mango non erano accettabili per la Cina. Dopo ho visitato la Cina e ho parlato con il presidente, chiedendo umilmente al governo cinese di considerare la difficoltà del mio Paese, così da poter guadagnare denaro almeno attraverso le nostre esportazioni, perché siamo un paese agricolo. Quando sono tornato a casa, la Cina ha aperto le porte.

Quindi ero molto grato per questo gesto fraterno, quasi da piangere. È stato davvero molto gentile con noi filippini.

Ora, persino nel commercio bilaterale, la Cina è vicina, l’America è lontana. Abbiamo alcune relazioni commerciali con l’America ma non è abbastanza per le merci deperibili, come il cibo. Non penso che abbiamo davvero buone relazioni commerciali con l’America. Forse sono gentili, non mi interessa sapere, perché non sono interessato.

Ora le nostre relazioni bilaterali [con gli Stati Uniti] si concentrano sul commercio e forse sulla difesa. Ne abbiamo parlato. Ci sono problemi con l’isola di Taiwan. Non scherizamo con Taiwan. Taiwan è una provincia della Cina.

Qui nel Mar Cinese Meridionale, quando ero presidente, non c’era nessuna disputa. Possiamo tornare alla normalità. Spero che possiamo smetterla di litigare laggiù, perché sono gli americani che spingono il governo filippino ad uscire e cercare una lite e alla fine forse iniziare una guerra.

Quindi – ne sono molto sicuro – l’America dà istruzioni al governo filippino di “non aver paura perché noi ti sosterremo”.

Ma non penso che l’America morirà per noi. Eppure l’America ha così tante basi nelle Filippine adesso; mi sono opposto quando gli Stati Uniti volevano costruire una nuova base militare nelle Filippine. Adesso, con il consenso del presidente della Repubblica delle Filippine, hanno così tante basi.

Mi dispiace per il mio Paese. Non sono più il presidente. Non posso più concorrere [per la presidenza, ndt]. Ma se c’è un modo in cui possiamo invertire la situazione, potremmo trovare un modo dentro per farla implodere da qualche parte. E se Dio lo permettesse, allora forse sarei in grado di invertire la situazione. Rimuoverei le basi.

E direi agli americani, avete così tante navi, quindi non avete bisogno delle mie isole come piattaforma di lancio o come ponte di lancio per voi.

Quali sono i suoi sentimenti riguardo al cambiamento della politica diplomatica amichevole verso la Cina che lei hai sempre perseguito e della pace che ha creato nel Mar Cinese Meridionale?

Sono molto triste. E spero che possiamo riportarla nuovamente a come era prima. Con la situazione attuale, deve esserci un piano.

Il governo filippino attuale ha assunto una posizione più dura sulla questione del Mar Cinese Meridionale, incluso il passaggio della legge sulle Zone Marittime del Senato, e ha cercato di spingere più pescatori nelle acque contese, il che è visto come non favorevole al dialogo e alla soluzione pacifica. Come commenta questo fatto?

Non è stato possibile parlare finché l’attuale amministrazione è entrata in carica. Forse una soluzione è che posso parlare con il governo cinese. Possiamo parlare di alleviare un po’ la tensione; e dirò alla gente che questo è il protocollo che anche la Cina vuole, e che è buono.

Durante il mio mandato, la Cina permetteva la pesca [da parte dei pescatori filippini] e nessuno li disturbava.

Quindi, se volete un cambiamento a medio termine, un cambiamento radicale, avremo un momento difficile. Potete cominciare a parlare con gli altri, non necessariamente con me, ma con gli altri. Ma sono l’unico visibile ora perché non ho paura della situazione.

Durante la sua visita in Cina nell’ottobre 2016, abbiamo visto un grande miglioramento nelle relazioni tra Cina e Filippine, e il lato cinese ha fornito opportune disposizioni riguardo alle sue preoccupazioni. Ricorda come è stato raggiunto il consenso in quel momento?

La parte cinese ci ha permesso di andare lì a pescare. Non ci lamentiamo di questo. Non chiediamo nessuna soluzione a tale questione ora. Lasciamo che sia così finché non ci saranno conflitti militari.

È stato un accordo molto buono. Tutti erano felici. E se anche la Cina dovesse andare lì a pescare, allora può andare lì a pescare. Se la pesca è già abbastanza, allora possono tornare a casa.

Il governo filippino attuale ha rafforzato i legami militari con gli Stati Uniti, aprendo nuove basi militari nelle Filippine, e ci sono state anche alcune voci che si stanno spostando verso gli Stati Uniti economicamente. Come vede l’”approfondimento” delle relazioni tra Stati Uniti e Filippine?

È molto difficile comprendere che le Filippine si stiano distaccando un po’ e rimanendo neutrali. Questo non può accadere fino alla fine del mandato attuale. Dovremo solo aspettare. Ma nel frattempo, dovremmo educare il popolo filippino e posso sempre tornare alla mia vita pubblica.

Sono in pensione, ma suppongo che posso ancora alzarmi e tenere una conferenza stampa ed esprimere le mie opinioni su tutto questo ed esprimere i miei sentimenti.

Abbiamo relazioni bilaterali con l’America, ma se la tua politica estera è distorta o favorisce un Paese ed è a volte ostile perché sei con l’America, allora è tutto sbagliato. Questo è il problema.

Nella questione di Taiwan, ho detto che è una provincia della Cina. C’è stata una rivoluzione (Guerra di Liberazione del Popolo Cinese) in Cina tra il presidente Mao Zedong del Partito Comunista Cinese e il Kuomintang. Si sono ritirati su un’isola, che fa parte della Cina. E alcuni a Taiwan vogliono essere indipendenti, e l’America li sta sostenendo, nonostante sappiano che è illegale perché Taiwan è parte del territorio cinese. Questo è il problema.

Quindi, prendendo in considerazione il Mar Cinese Occidentale (Mar Cinese Meridionale) e l’isola di Taiwan, la richiesta di nuove basi, una politica estera che non viene curata dal governo permettendo a se stesso di essere dipendente da un altro Paese, è davvero in guerra ogni giorno.

In materia di principio, c’è una disputa in corso perché gli Stati Uniti dicono a tutti: “Ok, combattete. Non abbiate paura perché noi siamo qui”. Si tratta di un modo di fare antagoniste e ostile.

Come pensa che Cina e Filippine possano tornare al tavolo del dialogo e delle negoziazioni sulla questione del Mar Cinese Meridionale?

Succederà dopo Marcos. Dovremo solo aspettare. Non potete parlare con lui perché sono gli americani che gli diranno cosa dovrebbe dire a voi. Quindi è un eterno ciclo di incongruenze.

Infine, vorrei dire che non siamo nemici.

Ricordatelo. Non abbiamo alcun problema con la Cina. Sappiamo che se dovesse succedere, succederebbe a causa degli americani. Quindi dobbiamo accettarlo perché il nostro governo lo ha ammesso.

Ma saremo sempre amici. Ve lo posso assicurare.

Forse possiamo cercare modi per convincere i leader politici che questo presidente ci sta trascinando in una situazione che può danneggiare le relazioni tra Cina e Filippine.

Le persone le hanno affibiato varie etichette riguardo al suo stile di governo. Ad esempio, tra i suoi oppositori politici, c’è una voce che crede che lei sia troppo amichevole con la Cina sulla questione del Mar Cinese Meridionale. Tuttavia, molti cinesi lodano le azioni forti e potenti che lei ha intrapreso per affrontare droga e terrorismo, così come il suo approccio indipendente alla politica estera nonostante le pressioni degli Stati Uniti, e spesso la considerano un uomo di volontà ferrea o un leader forte. Cosa pensa di tutte queste etichette?

Prima di tutto, permettetemi di spiegare. Nella questione della politica estera, e anche nelle questioni di governance, è una questione di principio.

Il principio che vedo è che vedo le cose dal giusto punto di vista.

Cioè, se sia buono o meno per il mio Paese rimanere neutrale e non intrattenere attività invasive.

Il secondo riguarda la governance. Sono un duro, specialmente sulla droga, la criminalità e ogni aspetto della governance. Ma cerco di essere amichevole con tutti. E non è un’amicizia finta quella con la Cina.

Amo veramente la Cina più degli americani, semplicemente perché non credo nelle loro abitudini, e nell’abitudine di dire cose e fare quello che stanno facendo ora. È un peccato che il programma BRI sia stato rallentato [nelle Filippine], forse a causa dell’economia. Ma spero ancora che la Cina diventi più potente.

Sogno che Cina e Filippine lavorino insieme; che migliorino gli scambi tra persone. La maggior parte dei filippini è pro-americana a causa del sistema educativo; sogno che anche i filippini acquisiscano nuove visioni. C’è una scuola nel Fujian intitolata a mia madre; uno scambio di persone porta a migliori scambi commerciali e migliori relazioni bilaterali.

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