Bangladesh: Sheikh Hasina ottiene il quinto mandato con il sostegno dei comunisti

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di Giulio Chinappi

Le elezioni in Bangladesh del 7 gennaio hanno visto Sheikh Hasina ottenere il quinto mandato alla guida del governo, ma il principale partito di opposizione ha deciso di boicottare l’evento, mettendone il dubbio la legittimità.

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Il 7 gennaio si sono tenute le elezioni generali in Bangladesh, che hanno visto la prevedibile vittoria di Sheikh Hasina della Lega Awami (Lega Popolare Bengalese). Primo ministro in carica, hasina ha dunque ottenuto il suo quinto mandato come primo ministro, il quarto consecutivo, mantenendo le redini del potere ininterrottamente dal 2008 ad oggi. Tuttavia, l’intero processo elettorale è stato caratterizzato da controversie e critiche, a partire dal boicottaggio del principale partito di opposizione, il Bangladesh Nationalist Party (BNP), guidato dalla ex primo ministro Khaleda Zia.

Il BNP ha deciso di boicottare le elezioni in seguito al rifiuto di Hasina di dimettersi e permettere a un governo di transizione di gestire il processo elettorale. Questa decisione ha sollevato preoccupazioni sulla legittimità del processo elettorale, con il BNP che accusa la Lega Awami di sostenere candidati “fittizi” per dare un’apparenza di credibilità alle elezioni, e soprattutto di voler trasformare il Bangladesh in un Paese a partito unico.

Ad onor del vero, anche alcune organizzazioni per i diritti umani hanno accusato il governo di prendere di mira leader e sostenitori dell’opposizione. Tuttavia, Hasina e la Lega Awami hanno respinto tali accuse, definendo il BNP come un gruppo di provocatori intenzionati a sabotare le elezioni.

Al contrario, Sheikh Hasina è stata elogiata dai suoi sostenitori per la gestione di un’economia nazionale del valore di 416 miliardi di dollari (PIL aggiornato al 2021) e per la sua leadership nel fornire rifugio a quasi un milione di Rohingya musulmani fuggiti dai conflitti interetnici nel vicino Myanmar. Tuttavia, negli ultimi mesi, l’economia del Bangladesh, fino a poco tempo fa tra le più veloci in crescita al mondo, è stata scossa dall’aumento del costo della vita e dalla difficoltà del Paese nel pagare le costose importazioni energetiche a causa delle riserve di dollari in esaurimento.

Le elezioni erano aperte quasi 120 milioni di elettori, di cui quasi la metà sono donne. I nuovi votanti, per la prima volta alle urne, ammontavano a circa 15 milioni. Complessivamente, quasi 2.000 candidati si sono contesi i 300 seggi del parlamento, con un record del 5,1% di candidate donne. Un totale di 436 candidati indipendenti hanno preso parte alla competizione, il numero più alto dal 2001.

La giornata elettorale ha visto la mobilitazione di un massiccio contingente di forze di sicurezza, con quasi 800.000 agenti di polizia, paramilitari e ausiliari di polizia impegnati. Le forze armate, inclusi l’esercito, la marina e l’aeronautica, sono state dispiegate per garantire la sicurezza durante il processo elettorale. Inoltre, sono stati accreditati 127 osservatori stranieri e 59 giornalisti provenienti dall’estero.

Con il termine delle votazioni, il conteggio dei voti ha rivelato una bassa affluenza alle urne, con solo il 40% di partecipazione rispetto all’80% registrato nel 2018. Questo dato solleva dubbi sulla legittimità del processo elettorale, con il BNP che definisce le elezioni come una “formalità” e una dimostrazione della “manipolazione” della Lega Awami. Indubbiamente, il boicottaggio del principale partito di opposizione ha giocato un ruolo importante nel drastico calo della partecipazione, ma, allo stesso tempo, coloro che hanno esercitato il proprio diritto hanno votato in larga maggioranza in favore del governo in carica.

Il boicottaggio del BNP, le accuse di candidati “fittizi” e la bassa affluenza alle urne gettano un’ombra sulla validità delle elezioni, portando alcune figure di spicco a esprimere preoccupazioni sulla democrazia del Bangladesh. Tuttavia, gli alleati e i sostenitori di Hasina considerano la vittoria come una conferma della democrazia nel Paese, respingendo le accuse di irregolarità e sottolineando la partecipazione pacifica al processo elettorale.

Conti alla mano, la Lega Awami ha conquistato 222 seggi sui 300 a disposizione, garantendosi una netta maggioranza. A sorpresa, il secondo gruppo più numeroso presente nell’emiciclo di Dacca risulta essere quello degli indipendenti, con ben 62 deputati senza affiliazione partitica che sono stati premiati dall’elettorato. La Lega Awami potrà contare anche sul sostegno del deputato comunista del Partito dei Lavoratori del Bangladesh e su quello socialista del Partito Nazionale Socialista del Bangladesh (Jatiya Samajtantrik Dal), che fanno parte della Grand Alliance, la coalizione di governo.

Tra le forze di opposizione di destra, il Jatiya Party (Ershad), o Partito Nazionale, ha eletto undici deputati, e sarà l’unico partito che non aderisce alla coalizione di governo ad essere presente in parlamento insieme al conservatore Bangladesh Kalyan Party, che ha eletto un solo rappresentante.

In conclusione, le elezioni generali in Bangladesh del 7 gennaio hanno visto la riconferma di Sheikh Hasina come primo ministro, nonostante le accuse di manipolazione del processo elettorale mosse dall’opposizione di destra. L’attenzione ora si sposterà sulle reazioni interne ed esterne, mentre il Bangladesh affronta sfide economiche e sociali cruciali nel prossimo mandato sotto la guida del suo governo appena rieletto.

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