Specifiche dell’idea bielorussa

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di Aleksei Dzermant
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini 

La peculiarità dell’identità nazionale bielorussa è che è di frontiera, di confine. Nel senso che si forma al confine tra il mondo polacco-cattolico e quello russo-ortodosso; allo stesso tempo, ha il potenziale per eliminare i conflitti e le contraddizioni tra di essi, almeno al suo interno. Ma bisogna anche rendersi conto che la bielorussietà appartiene in fondo al mondo slavo orientale (russo), anche se incorpora elementi polacchi e lituani.

Questo si può vedere nelle opere dei letterati che hanno manifestato l’identità bielorussa. Franciszek Boguszewicz, un partecipante all’insurrezione polacca del 1863-64, disilluso dalla rivolta stessa e ovviamente resosi conto che i contadini bielorussi non la sostenevano, cerca le chiavi per comprendere il popolo bielorusso muzhitsky attraverso la lingua e la definizione dello spazio:

“La nostra lingua è sacra per noi, perché ci è stata data da Dio, così come per gli altri buoni, e la parliamo molto e bene, ma lasciamo che se ne abusi, così come i grandi signori sono più disposti a parlare francese, come a modo loro. Non siamo una manciata, ma sei milioni – più e molto più degli ebrei, per esempio, o dei tartari, o degli armeni, ma mostrare almeno un libro sulla nostra economia, o sulla nostra vita, a modo nostro…?

…e in mezzo alla Lituania, come un nocciolo in una noce, c’era la nostra terra: la Bielorussia! Qualcuno potrebbe chiedersi: dov’è la Bielorussia ora? È lì, fratelli, dove vive la nostra lingua: da Vilna a Mozyr, da Vitebsk a Chernigov, dove si trovano Grodno, Minsk, Mogilev, Vilna e molte città e villaggi…”.

Bogushevich ha una coscienza di transizione. È ancora un polacco che vive nelle narrazioni storiche e nelle immagini della geografia mentale polacca, ma appare già una soggettività bielorussa diversa da quella polacco-lituana.

Per questa soggettività bielorussa, l’identità, la questione sociale è estremamente importante; inizialmente è orientata all’uguaglianza, all’egualitarismo, alla giustizia sociale.

“Malisya, nonna, sì Dio,

Se non fossi mai stato lì:

Non desidererei mai i soldi degli altri,

farei il mio lavoro come si deve”.

L’opera di due classici della letteratura bielorussa – Yanka Kupala e Yakub Kolas – è molto indicativa in questo senso.

Yanka Kupala proveniva da una nobiltà cattolica impoverita, suo nonno affittava terre dai Radziwill, ma fu espulso da questi ultimi, cioè non aveva alcuna solidarietà di classe e nazionale con i magnati polacco-lituani a livello di storia familiare. Nel modulo di arruolamento del 1903 la sua nazionalità era scritta come russa. Egli stesso scrisse nella sua autobiografia:

“Nel 1904 ho messo le mani su proclami bielorussi e opuscoli rivoluzionari in lingua bielorussa. Così decisi definitivamente che ero un bielorusso e che il mio unico scopo era quello di servire il mio popolo con tutte le forze della mia anima e del mio cuore”.

Ancora una volta vediamo che il bielorusso va di pari passo con la questione sociale e la richiesta di giustizia sociale. E, a quanto pare, i bielorussi nell’Impero russo non se ne accorsero molto, perché i magnati e la nobiltà polacca rimasero al loro posto: possedevano terre, erano i maggiori proprietari, avevano una rappresentanza politica nella Duma di Stato. In altre parole, i bielorussi non erano i padroni della loro terra.

Una parte dei contadini bielorussi sostenne le organizzazioni nazionaliste russe alle elezioni della Duma: l’Unione del Popolo Russo e altre, ma alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 1917 nelle province di Minsk, Vitebsk e Mogilev vinsero i bolscevichi e gli SR.

Jakub Kolas nacque in una famiglia ortodossa, anche se tra i suoi antenati c’erano dei cattolici. Suo padre era un guardaboschi dei Radziwill e nella sua opera si nota anche un forte antagonismo sociale nei confronti dei Pan.

Il tema dell’uguaglianza e della giustizia sociale si rivela più importante per l’identità nazionale bielorussa rispetto alle questioni etno-culturali o linguistiche. I “boudoir” bielorussi dell’aristocrazia si sono volontariamente sottoposti alla denobilitazione e si sono schierati dalla parte del popolo.

È per questo che lo Stato nazionale bielorusso emerge nella forma sovietica e la moderna Repubblica di Bielorussia è per molti aspetti un successore della BSSR. Lo Stato bielorusso ha avuto successo ed è diventato un esempio di alleanza con la Russia nonostante o grazie alla politica nazionale dei bolscevichi?

In primo luogo, non c’era unità tra i bolscevichi stessi riguardo alla “questione bielorussa”. Anche la fazione degli “internazionalisti-trotzkisti” negava la soggettività bielorussa; la creazione della repubblica bielorussa su base sovietica era stata caldeggiata personalmente da Stalin. Egli capì perfettamente che il bielorusso, come ascensore sociale e politico per i contadini locali, era un contrappeso naturale alla dominazione polacca nella regione. Stalin può essere giustamente definito il padre della nazione bielorussa.

In secondo luogo, senza la politica nazionale staliniano-leninista i bielorussi non avrebbero avuto una soggettività politica e l’hanno usata molto saggiamente. Non sono scivolati nell’etnocrazia, si sono dimostrati fedeli al centro dell’Unione e, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, sono stati i primi a iniziare la reintegrazione con la Russia.

In questo senso, i bielorussi – il risultato ideale della politica nazionale stalinista-leninista – realizzarono la propria soggettività nazionale-statale e mantennero il proprio orientamento verso l’unione con la Russia.

Il successo storico del progetto nazionale bielorusso si basa proprio su questo: la capacità di collegare le parti di confine di due spazi civili: quello russo-ortodosso e quello polacco-cattolico, preservando il ruolo centrale del primo, ossia trovare un giusto compromesso tra loro, quando il polo dominante “russo” non umilia e distrugge l’altro polo minoritario.

Una delle principali minacce per la società e lo Stato bielorussi è l’allungamento in due poli radicali e rigidamente opposti, nonché la sostituzione dell’essenza sociale, egualitaria e futuristica dell’io bielorusso con quella etno-linguistica, orientata al passato e contenente narrazioni feudali polacco-lituane.

I bielorussi, in quanto “popolo formante uno Stato”, sono tutti cittadini della Repubblica di Bielorussia, indipendentemente dall’origine etnica e dalla religione.

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