Il crollo bancario negli Stati Uniti: cosa è successo e cosa sta per venire?

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di Ivelina Dimitrova

Il 10 marzo 2023 è stato un giorno piuttosto turbolento per il mondo finanziario, in quanto abbiamo visto il crollo della sedicesima banca più grande degli Stati Uniti: la Silicon Valley Bank (SVB). Fondata quarant’anni fa a Santa Clara, in California, come indica il nome, questa banca soddisfaceva soprattutto le esigenze delle aziende e degli imprenditori della Silicon Valley, l’area tecnologicamente più sviluppata del mondo. Con un patrimonio di oltre 209 miliardi di dollari e depositi per 175 miliardi, la “banca delle start-ups” ha messo in grave pericolo le finanze dei suoi clienti, poiché il 97% dei conti avevano depositi superiori a 250.000 dollari, mentre la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) assicura i depositi fino a questo importo.

Il crollo è avvenuto dopo che la banca ha iniziato a vendere alcuni dei suoi assets e quando questo fatto è stato reso noto, ha spaventato clienti ed investitori, che si sono precipitati nel panico a ritirare i loro depositi – una richiesta che la banca non ha potuto soddisfare ed il Governo federale degli Stati Uniti è dovuto intervenire. Tra il momento in cui si è saputo che la SVB aveva iniziato a vendere i suoi assets e l’annuncio del crollo sono passate solo 48 ore, il che dimostra la vulnerabilità del settore finanziario ed i danni che il panico e le voci di massa possono causare. Questo crollo ha spaventato profondamente il mondo finanziario perché si ricordano ancora i tempi della crisi finanziaria del 2007-2008, di fatto SVB è il più grande fallimento bancario da quel periodo. Per fare un paragone, Lehman Brothers, che all’epoca era la quarta banca d’investimento degli Stati Uniti e il cui fallimento sconvolse il mondo nel 2008 e causò un effetto domino di crolli bancari, aveva un patrimonio di 600 miliardi di dollari. Ora, 15 anni dopo, il confronto in valore assoluto di assets e depositi è irrilevante, poiché anche il settore bancario è cresciuto di valore, pero la situazione è abbastanza grave nella sua dimensione. Il timore che possano tornare i tempi dei fallimenti bancari a effetto domino, accompagnati da un’inflazione molto alta, da tassi di interesse elevati e da catene di approvvigionamento post-Covid molto compromesse, spaventa tutti, perché ciò significherebbe un collasso economico, sia per le imprese che per le famiglie.

Due sono i fattori principali che hanno portato al collasso di SVB: la politica di rischio imprudente dell’ente- il fatto che sia mancato il Chief Risk Officer per più di otto mesi dall’aprile 2022 al gennaio 2023 parla da sé. Anche la sua politica di investimento era piuttosto rischiosa ed imprudente, concentrandosi principalmente in acquisizione di obbligazioni statunitensi a lunga scadenza, comprese alcune garantite da mutui.

La seconda ragione di questo crollo sono gli alti livelli dei tassi d’interesse, perché in periodi di alti interessi bancari il prezzo delle obbligazioni inizia a scendere e quindi SVB ha perso la maggior parte del valore del suo portafoglio e non avendo abbastanza liquidità, ha iniziato a vendere il suo portafoglio in perdita e le voci che giravano in merito hanno scatenato il panico tra i clienti e gli investitori. Il portafoglio distribuito male, le decisioni di investimenti sbagliate ed i tassi di interesse elevati hanno creato la tempesta perfetta per il crollo della SVB. Sfortunatamente, la SVB non poteva detenere le sue obbligazioni fino alla loro scadenza per ricevere indietro il suo capitale, perché i tassi di interesse hanno colpito gli investitori, soprattutto nel settore high-tech legato alle criptovalute, e non solo la loro voglia di allocare nuovi capitali in diverse iniziative di investimento si è ridotta, ma hanno anche iniziato a ritirare il loro capitale dalle banche. Poiché SVB serviva principalmente le esigenze del settore high-tech, non ha potuto soddisfare le richieste di ritiro del capitale e ha iniziato a vendere in perdita alcuni dei suoi asset, causando la situazione attuale. Le autorità federali hanno dichiarato che avrebbero esteso la garanzia a tutti i depositi, compresi quelli superiori a 250.000,00 USD che non sono assicurati, perché in caso contrario molte aziende della Silicon Valley che vi detengono conti principalmente per gli stipendi potrebbero avere serie difficoltà a soddisfare le loro esigenze urgenti e alcune potrebbero addirittura andare in insolvenza.

Il fallimento della banca “dell’economia dell’innovazione”, come si definisce la stessa SVB, avrà le maggiori ripercussioni sulle iniziative di start-up e sugli imprenditori tecnologici della Silicon Valley, roccaforte dei guru della high-tech e del Partito Democratico negli Stati Uniti. L’attività economica della Silicon Valley rallenterà e diventerà più cauta, almeno per qualche tempo, ma questo crollo potrebbe portare a un effetto domino, visto che poco dopo la SVB è crollata un’altra banca, la Signature Bank di New York, e le autorità federali sono dovute di nuovo intervenire.

La Signature Bank era la 29esima banca statunitense per dimensioni, con attività per 110 miliardi di dollari e depositi per 88 miliardi. Poiché anche in questo caso più dell’89% dei depositi non sono assicurati, la FDIC salverà anche quelli facendo un’eccezione per intervenire a causa del “rischio per il sistema”. Sia la Signature Bank che la terza banca crollata per il momento -Silvergate Bank lavoravano principalmente per il mercato delle criptovalute e del fintech e hanno sofferto del ritiro dei depositi dopo il crollo della cripto piattaforma FTX. In questo caso, le ragioni del fallimento sono combinate: da un lato il crollo del mercato delle criptovalute e dall’altro, come nel caso di SVB, anche queste banche hanno subito l’aumento dei tassi di interesse.

Le recenti turbolenze hanno colpito soprattutto il settore delle criptovalute e delle start-up fintech che hanno subito un duro colpo e, sebbene il settore bancario sembri essersi calmato, c’e ancora il pericolo di ulteriori fallimenti e di uno scenario peggiore di quello del 2008. Una delle ragioni principali è che la FED (Federal Reserve), nelle sue dichiarate intenzioni di frenare l’inflazione, continua ad aumentare i tassi di interesse e l’intero settore bancario diventa esposto a rischio, soprattutto perché molti mutui e prestiti contratti da famiglie e imprese potrebbero non essere ripagati.

In realtà, le azioni della Federal Reserve degli Stati Uniti sono molto criticate da economisti famosi, tra cui il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che già prima dei fallimenti bancari del 10 marzo aveva affermato che un aumento così elevato dei tassi di interesse è assolutamente ingiustificato e avrebbe avuto nel prossimo futuro un effetto devastante sull’economia mondiale. L’attuale inflazione, secondo lui, non è causata da un eccesso di domanda aggregata e non può essere fermata da un aumento dei tassi, ma è causata principalmente da problemi con la catena di approvvigionamento, iniziati ai tempi del Covid e aggravatisi con il conflitto in Ucraina.

Tuttavia, i problemi di approvvigionamento hanno ragioni profonde e complesse; si tratta di una tendenza iniziata molto tempo fa, che si è aggravata con il shutdown durante il Covid. Tra le ragioni ci sono la deindustrializzazione di molti Paesi occidentali e la loro dipendenza soprattutto dal settore finanziario e tecnologico (in quanto finanziariamente più redditizio dall’industria) insieme alle politiche climatiche e alla transizione verso l’energia verde in tutto il mondo. Ha il suo ruolo sia per la deindustrializzazione che per l’alto prezzo delle risorse energetiche anche la transizione verso l’energia verde, benché ben intesa in una prospettiva a lungo termine, ha attirato molti finanziamenti, compresi quelli statali, e ha portato a un forte calo degli investimenti nelle industrie energetiche tradizionali, come il petrolio, il gas e persino l’energia nucleare.

Non è ancora chiaro come si evolverà la situazione finanziaria negli Stati Uniti e nel mondo, sebbene le istituzioni finanziarie sembrino aver preso sotto controllo la situazione. Tuttavia, una cosa è chiara: l’aumento dei tassi di interesse non rallenterà l’inflazione, ma ne produrrà solo di più, accompagnata da altri gravi problemi come la disoccupazione per la popolazione, la crisi del debito per i Paesi ed i fallimenti per le piccole e medie imprese e le famiglie, che si troveranno ad affrontare un difficile accesso a capitali costosi e l’incapacità di ripagare prestiti e mutui.

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