Recensione |“Interpretazione della filosofia diplomatica cinese nella nuova era” a cura di Zhang Qingmin (Anteo Edizioni, 2021)

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Interpretazione della filosofia diplomatica cinese nella nuova era (Anteo Edizioni, 2021) a cura di Zhang Qingmin è una guida fondamentale per capire quali sono la visione e i concetti cardine che guidano la politica estera cinese sotto la leadership di Xi Jinping.

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La Repubblica Popolare Cinese si è oramai affermata come grande protagonista della diplomazia internazionale del XXI secolo. Grazie a iniziative come la Belt and Road Initiative, la Cina si è ricamata un ruolo di primaria importanza sullo scacchiere internazionale, mettendo a repentaglio il ruolo egemonico che gli Stati Uniti si erano costruiti dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

Alla luce di queste considerazioni, Interpretazione della filosofia diplomatica cinese nella nuova era (Anteo Edizioni, 2021) è una guida fondamentale per capire a fondo le caratteristiche della politica estera cinese, analizzando la visione e i concetti cardine che orientano Pechino nella sua azione diplomatica. Il libro, curato da Zhang Qingmin, raccoglie gli scritti di importanti esponenti del governo cinese, come l’attuale ministro degli Esteri Wang Yi e il suo predecessore Yang Jiechi, ma anche le analisi di alcuni dei più importanti esperti del mondo accademico.

Da questa raccolta di articoli appare evidente come la visione della Cina si contrapponga a quella della superpotenza egemone che invece gli Stati Uniti hanno tentato di costruire nei decenni precedenti. Al contrario, “il piano della Cina è quello di costruire le nuove relazioni internazionali con la cooperazione e la strategia del vantaggio per tutti” (p. 24), come afferma il ministro Wang Yi. “Per dirla semplicemente, un tale nuovo tipo di relazioni internazionali mira a sostituire il confronto con la cooperazione, e l’esclusività con una cooperazione vantaggiosa per tutti. Ciò che rifiuta è la pratica del gioco a somma zero e l’approccio del vincitore che prende tutto” (p. 25), spiega il massimo diplomatico della Repubblica Popolare.

Questi principi, secondo la visione cinese, dovranno guidare tutti gli aspetti della cooperazione estera, come la politica, l’economia, la sicurezza e la cultura. Wang Yi, in particolare, analizza questi punti (pp. 28-34):

– in politica, dobbiamo stabilire nuove idee per costruire partnership;

– nell’economia, dobbiamo creare nuove prospettive per lo sviluppo comune;

– in termini di sicurezza, dobbiamo creare una nuova situazione in cui i paesi condividano la sicurezza;

– nella cultura, dobbiamo creare una nuova atmosfera di tolleranza e comprensione reciproca tra civiltà diverse.

All’interno dell’opera, si analizza tanto la politica estera cinese sia nei confronti delle altri grandi potenze (Stati Uniti, RussiaUnione Europea), quanto quella che riguarda i paesi confinanti e la regione Asia-Pacifico, oramai divenuta il centro nevralgico della geopolitica mondiale. Le questioni riguardanti l’Asia-Pacifico vengono in particolare affrontate nel testo a firma di Kong Xuanyouviceministro degli Esteri. Kong ci ricorda che l’Asia-Pacifico “è la regione in cui i paesi dei mercati emergenti sono più concentrati. È la regione in più rapida crescita al mondo e svolge un ruolo importante nel promuovere lo sviluppo e la crescita dell’economia mondiale” (p. 63).

Tuttavia, la regione Asia-Pacifico è anche una vasta area ricca di contraddizioni e differenze, che spesso portano a forme di concorrenza e a tensioni tra i diversi paesi che la abitano. “Alcune questioni storiche come i retaggi della seconda guerra mondiale, i conflitti della guerra fredda e le controversie sulla sovranità territoriale fermentano di tanto in tanto” (p. 66), afferma Kong. Per questo motivo, la Cina si impegna ad applicare una politica di buon vicinato, favorendo la risoluzione pacifica dei conflitti e l’integrazione economica regionale: “L’amicizia di buon vicinato è un importante sostegno per la pace e la stabilità in Asia. I cinesi apprezzano la buona tradizione di essere buoni per sé stessi e anche di essere buoni per gli altri e di essere vantaggiosi per tutti” (p. 72).

Wang Cungang, professore della Facoltà di relazioni internazionali e politica dell’Università Tongji di Shanghai, offre “una visione olistica della diplomazia cinese a partire dalla riforma e dall’apertura” (p. 81), analizzando la politica estera cinese in rapporto con la situazione di incertezza che domina nel mondo. “Dalla metà degli anni ’80, l’ordine globale è entrato in un nuovo periodo di transizione. Dall’inizio del XXI secolo, un gruppo di mercati emergenti e paesi in via di sviluppo rappresentati dalla Cina hanno intrapreso la corsia preferenziale dello sviluppo e molti centri di sviluppo si sono formati in tutto il mondo”, afferma l’autore. Questa situazione ha aumentato il tasso di incertezza nel mondo, mettendo a repentaglio il modello economico e diplomatico che aveva dominato nel mondo nei decenni precedenti: “Sebbene l’ordine globale basato sul liberalismo sia gradualmente fallito o addirittura parzialmente collassato, questo non è stato abbandonato, e il nuovo ordine globale è ancora difficile da finalizzare a breve termine. L’esperienza storica mostra che il periodo di transizione dell’ordine globale è solitamente anche il periodo di accumulo di conflitti e di un’elevata incidenza dei conflitti. Oltre al fatto che la riorganizzazione del potere globale avviene nel contesto della pace generale, il rapporto tra i grandi paesi in fase di riorganizzazione può essere più sottile e più complicato rispetto a fasi storicamente simili e il gioco strategico tra loro è più intenso” (p. 85).

In questa situazione di grande incertezza mondiale, la Cina agisce come fattore stabilizzante e portatore di certezze. Secondo Wang, infatti, la Cina ha sempre seguito un percorso coerente nella sua politica estera, e questo lo si può notare analizzando la sua evoluzione dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese sotto la leadership di Mao Zedong, passando per la riforma e l’apertura promosse da Deng Xiaoping e proseguendo con i leader successivi, Jiang ZeminHu Jintao e Xi Jinping

Liu Jianfeiprofessore dell’Istituto di Strategia Internazionale del Partito Comunista Cinese, analizza in maniera approfondita le relazioni bilaterali tra Cina e Stati Uniti. Secondo l’autore, la Cina è favorevole alla costruzione di rapporti tra le maggiori potenze che siano stabili ed equilibrate. “A livello oggettivo, la Cina dovrebbe promuovere la costruzione di una comunità di destino condiviso, ed è impossibile escludere gli Stati Uniti, il paese con la più grande forza globale al mondo oggi” (p. 138), afferma l’accademico. “Sebbene non possiamo aspettarci che gli Stati Uniti cooperino attivamente con la Cina per raggiungere questo obiettivo, si spera che almeno non diventino un ostacolo”.

La diffidenza degli Stati Uniti nei confronti della Cina, che ha raggiunto il suo apice con la guerra commerciale lanciata nel 2018 da Donald Trump, è spiegabile perché la spettacolare ascesa di Pechino sullo scacchiere globale sta mettendo seriamente a repentaglio la posizione egemonica di Washington: “Sebbene gli Stati Uniti continuino ad essere i primi al mondo, il divario con la Cina si sta riducendo rapidamente ed è solo questione di tempo prima che la Cina li superi. Di conseguenza, anche le relazioni sino-americane sono passate da una relazione tra un normale grande paese e una superpotenza, a una relazione tra una potenza in ascesa e una potenza affermata” (p. 141). Tuttavia, la resistenza degli Stati Uniti al cambiamento non potrà durare a lungo: secondo Liu, il modello unipolare è destinato irrimediabilmente a lasciare il posto a un modello multipolare.

La Cina, dal canto suo, oltre a curare le relazioni con le altre grandi potenze, continua a dare un ruolo primordiale ai rapporti con i paesi in via di sviluppo, visto che Pechino si autodefinisce “il più grande paese in via di sviluppo”. Ad affrontare questo tema è Luo Jianboprofessore presso l’Istituto di Strategia Internazionale del Partito Comunista Cinese. “Il sentimento speciale della Cina nei confronti dei paesi in via di sviluppo risale in primo luogo all’identità della Cina” (p. 151), esordisce Luo. “Nella visione della diplomazia cinese, il concetto di “paesi in via di sviluppo” porta sia una memoria storica che una necessità pratica e quindi ha uno speciale senso di appartenenza, intimità e identità. Per questo la Cina sarà sempre con gli altri paesi in via di sviluppo e come sempre rafforzerà l’unione e la cooperazione con loro” (p. 153).

Analizzare gli sviluppi del mondo contemporaneo senza prendere in considerazione la Repubblica Popolare Cinese è oramai impossibile, e palesa una cieca visione occidentalocentrica. Interpretazione della filosofia diplomatica cinese nella nuova era è un opera che permette tanto ai novizi di approcciarsi alla diplomazia cinese contemporanea, quanto ai più esperti di approfondire alcune questioni inerenti alla materia.

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