Sudan: il Premier abbandona la “transizione democratica”

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di Sorel Kathy Mbah

‘’La sopravvivenza del Sudan è minacciata…il Paese è ad una “svolta pericolosa che minaccia tutta la sua sopravvivenza’’.

È con queste parole pessimiste che Abdallah Hamdock ha consegnato il grembiule di capo del governo nei giorni scorsi. È da ricordare che il Premier era stato arrestato in ottobre prima di essere riportato al posto di capo dello Stato un mese dopo.

Con questo atto che si può definire “disperato”, l’ex capo del Governo ha confessato la sua incapacità ed impotenza a condurre il Paese verso le elezioni generali e democratiche dopo la caduta emblematica del presidente Omar Al Bashir, il quale è stato deposto nel 2019 dall’esercito sudanese.

Abdallah Hamdok si è dimesso dopo un’altra giornata di proteste di massa nella capitale Khartoum. Questa ennesima manifestazione è scoppiata in seguito al nuovo colpo di Stato perpetrato il 25 ottobre 2021. In effetti, è da ricordare che il Premier è stato arrestato insieme a tutti i membri del governo da un gruppo di soldati guidati dal generale Abdel Fattah Al-Burhane.

La situazione che prevale oggi in Sudan, ovvero il fallimento del processo di transizione, potrebbe essere spiegata dalla natura stessa del processo che era in corso. Dopo la caduta nel marzo 2019 di Omar al-Bashir, destituito dopo trent’anni di regno, il Paese è stato guidato da un governo di transizione con alla testa un Primo Ministro civile, Abdallah Hamdok, e un Consiglio di Sovranità, composto da presone tratte dai ranghi della protesta e dei soldati, presieduto dal generale Abdel Fattah al-Burhane.

Una collaborazione incoerente basata sulla sfiducia reciproca

Questo forzata coabitazione ha fatto sì che le due parti non si considerassero come partner, ma piuttosto come potenziali nemici. In effetti, negli ultimi mesi si sono progressivamente deteriorate le loro relazioni. Da una parte un Primo Ministro che non ha esitato a criticare a più riprese l’esercito e i servizi di sicurezza, mettendo in primo piano il loro peso sproporzionato nell’economia, in particolare nei settori strategici.

Dal canto loro i militari, che sono stati costretti dall’ampiezza della contestazione ad includere i civili nel processo di transizione, non erano pronti a perdere il loro controllo sul potere e l’economia.

Con la Giunta militare ormai al potere e le dismissioni di Hamdok, a Khartoum si preannuncia una situazione politica più che mai complessa e incerta.

Postilla Redazione CeSEM

Nel frattempo il nuovo governo di Khartoum si sta muovendo sul fronte diplomatico: in un’intervista esclusiva a Ria Novosti, al-Bhuran ha affermato di voler continuare a mantenere i legami tra il suo Paese e la Russia. In particolare si è parlato della ormai nota – e revocata la scorsa primavera – base navale russa sul Mar Rosso. Al-Bhuran ha riferito che la struttura dovrebbe essere costruita ex novo a Port Sudan, facendo parte degli attuali accordi con Mosca seppur in fase di trattativa. Il leader sudanese ha anche ribadito che Khartoum ha una cooperazione “di lunga data e continua” con la Russia e che “la sosterremo pienamente, perché la Russia è sempre onesta nelle sue relazioni con noi e cerca di sviluppare la cooperazione e le forze armate sudanesi”.

Da questo punto di vista è interessante sottolineare la presenza nel Paese di elementi del Gruppo Wagner, la più nota compagnia privata militare russa; oltre ad avere compiti che riguardano la messa in sicurezza degli interessi minerari della Russia, essa ha anche fornito assistenza alle forze armate locali, molto probabilmente non solo per l’attività di addestramento. Una cooperazione che non riguarda solo l’ambito militare; Al-Bhuran ha infatti ribadito che è stato intrapreso un percorso di dialogo con Mosca per cercare di attrarre investimenti nel Paese principalmente nel settore minerario, energetico e agricolo.

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