Il Forum eurasiatico di Verona guarda alla Russia nonostante le sanzioni

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di Lorenzo Salimbeni

Poco dopo l’emissione delle nuove sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Federazione russa con riferimento al presunto avvelenamento di Aleksej Navalnyj e giusto in tempo prima che il nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri determinasse nuove restrizioni allo svolgimento di convegni, fiere ed eventi culturali, ha avuto luogo a Verona il 22-23 ottobre il XIII Forum Economico Eurasiatico. Gli organizzatori sono Associazione Conoscere Eurasia, Fondazione Rosсongress, Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, tra i co-organizzatori troviamo l’Unione Russa degli Industriali e degli Imprenditori ed i partners sono Intesa Sanpaolo, Rosneft, Gazprombank, VTB, Credit Bank of Moscow, Fondo di investimenti REGION, VHS.

Questo appuntamento promosso da Antonio Fallico (Presidente di Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia) ha tradizionalmente rappresentato un momento di confronto e di proposta di nuove sinergie tra l’Europa e Mosca, pure nei momenti di contrapposizione che hanno seguito l’annessione della Crimea alla Federazione russa in seguito ad un referendum che le istituzioni di Bruxelles non hanno mai voluto considerare legittimo. Le sanzioni emesse allora hanno colpito pesantemente l’import-export tra l’UE (e l’Italia in particolare) e la Russia, nonostante triangolazioni attraverso la Bielorussia ovvero altri Stati membri dell’Unione Eurasiatica abbiano consentito di contenere i danni economici. Tali sanzioni sono state più volte rinnovate (con il consenso italiano, anche da parte di governi in cui sedevano ministri che apparivano contrari a tali misure) e più recentemente inasprite in seguito alla vicenda che ha interessato Navalnyj, esponente politico che sembra avere maggior seguito all’estero che in patria.

Anche se i lavori dell’assise veronese hanno affrontato in più sessioni il crescente ruolo all’interno della massa eurasiatica della Cina e del suo colossale progetto infrastrutturale meglio noto come la Nuova Via della Seta, la Russia non è stata trascurata. Fallico ha in particolare sottolineato «quanto sia sempre più centrale il bisogno di cooperazione e di dialogo» nella fase di uscita dalla crisi economica e politica che ha accompagnato la pandemia di Covid-19. La frattura tra l’UE e la Russia crea un varco nel quale può inserirsi la potenza economica della Cina, il cui rimbalzo post-lockdown ha già conseguito sorprendenti percentuali di crescita del PIL rispetto alla recessione che interessa il resto del sistema-mondo che ha registrato solo alcuni timidi segnali di crescita. Sono intervenuti in teleconferenza relatori di spessore come Denis Manturov (Ministro dell’Industria e del Commercio della Federazione Russa), Andrey Kostin (Presidente del Consiglio di Amministrazione VTB), Igor Sechin (Presidente e Amministratore Delegato di Rosneft), Marco Tronchetti Provera (Co-Presidente del Comitato Imprenditoriale Italo-Russo per la cooperazione economica), Vladimir Chubar (Presidente della Credit Bank of Moscow), Veronika Nikishina (Amministratore Delegato del Russian Export Center), Elena Burmistrova (Vicepresidente del Comitato di Gestione di Gazprom), Andrei Slepnev (Ministro del Commercio della Commissione Economica Eurasiatica), Vladimir Chizhov (Rappresentante Permanente della Russia presso l’UE), Konstantin Kosachev (Presidente del Comitato Affari Internazionali del Consiglio della Federazione Russa) e Garegin Tosunyan (Presidente dell’Associazione Banche Russe).

L’augurio che l’asse Bruxelles-Mosca si rinsaldi, al di là di quelle che sono alcune significative collaborazioni bilaterali (in primis tra Berlino ed il Cremlino con particolare riferimento al gasdotto North Stream II), è stato formulato pure da Zeno D’Agostino, numero uno del Porto di Trieste e della connessa Zona Franca. Lo scalo giuliano, a lungo corteggiato dalla Cina affinché entrasse a far parte in via esclusiva della Collana di Perle, la quale rappresenta la catena di porti che corrono parallelamente alla Via della Seta dal Mar Cinese Orientale al Mediterraneo, ha invece di recente scelto un altro interlocutore privilegiato. Recuperando la sua vocazione mitteleuropea, Trieste, elevata a Porto Franco dall’Impero d’Austria nel 1719, è stata fatta oggetto di un investimento miliardario da parte di HHNA, player della logistica nel cui capitale societario domina l’Autorità portuale di Amburgo. La collaborazione con la Cina rimane aperta, ma questa nuova sinergia connette maggiormente il porto adriatico con la rete dei corridoi europei, specialmente con quelli rivolti verso l’Europa orientale e la Russia. Di fronte alla competizione economica sempre più serrata tra Stati Uniti e Cina, il vicepresidente della Europea Sea Ports Organizations ha auspicato un recupero della collaborazione con la Russia: «Abbiamo assistito al paradosso dei nuovi sovranismi che in Europa cercano di recuperare indipendenza da Bruxelles e si sono ritrovati a cercare, col cappello in mano, l’aiuto di un nuovo signore. L’Europa deve essere l’opposto: far leva sui propri valori irrinunciabili e su quelli basare con coerenza, con determinazione, la propria politica estera. Con i due big, ma anche con la stessa Russia. Così recupererà credibilità e ruolo nell’Eurasia; così aiuterà questa area a trovare una propria dimensione che possa riaprire i giochi a livello globale. A vantaggio di tutti, Cina e USA compresi»

Auspici di ripresa delle relazioni italo-russe ed euro-russe provenienti dal mondo imprenditoriale e dei trasporti che le istituzioni europee non possono continuare a trascurare, anche per non peggiorare una situazione economica che nuovi possibili lockdown anti-covid rischiano di compromettere ancor più pesantemente.

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